19 giugno 1701 Marco Zen
Dispaccio del 24 ottobre 1701
N. (senza numero)
Serenissimo Principe,
le ducali 15 corrente della Serenità Vostra, hieri pervenutemi doppo che con mie riverendissime lettere dei 18 decorso mi sono dato l’honore di humiliare a publica notitia ogni particolarità raccolta d’intorno le provigioni e mosse che vengono praticate da confini austriaci, danno motivo alla mia devota rassegnatione di rilevare quanto dal signor Ressidente di Napoli è stato esposto, e di replicare ciò che in più volte ho potuto raccogliere e che ho rassegnato a’ riflessi sapientissimi dell’eccellentissimo Senato, particolarmente li 18 luglio, 6 agosto, 16 e 25 settembre, e nelle ultime suddette di 18 corrente, cioè:
sino a primi di giugno prossimo passato, che furono condotti da Lubiana per acqua sino al Vernich 24 pezzi di cannon grosso, e che di là per terra venissero indirizzati, parte verso Trieste e parte a Fiume, coll’impiego di molti animali bovini, e che a Lubiana fossero pronte 400 botti di farina senza che per all’hora si sapesse per dove fossero destinate tali provigioni. Che in quel tempo medesimo fossero da Fiume spediti a Trieste in due petacchi, quattro mortari da bombe, qualche pezzo di cannon, non pochi azzalini e 200 moza di calcina, il tutto scaricato in quel castello, e che fosse divulgato, che attendessero bombe et altre munitioni da bocca e da guerra, nel qual tempo pure fossero accresciute le diligenze sul tener di Trieste per impedire a’ confini il trasporto de sali, che per i sudditi austriaci soleva farsi da Muggia di questa giurisditione, col destinare alle mude li liberaiteri, che sono soldati di quella natione, facendosi rinnovare le muraglie delle mude stesse che erano diroccate.
Doppo poi mi pervene a notitia che al Vernich fossero stati condotti per il fiume Sava mortari da bombe, et altre munitioni da guerra che colà venivano trattenute per disporle dove havesse ricercato il bisogno, perché gli era facile il modo di spedirle per Fiume, Gorizia e Trieste come susseguentemente anco è seguito.
M’inoltrai pure a riferire che a primi d’agosto fossero capitati a Trieste tre grossi pezzi di cannone, con disegno che havessero a servire per il forte esistente in sito superiore a quel castello, qual sorte per essere diroccato veniva rimesso, ristaurato et innalzato con nuova fabrica, per renderlo capace di molti pezzi d’artiglieria, nel qual sito veniva a scoprirsi comodamente la valle di Muggia et i legni che fossero per accostarsi a quel porto.
Furono all’hora pure prese in notta le persone tutte habitanti nel territorio sudetto di Trieste e luochi convicini, e risultò che tre mille d’esse fossero capaci et habili d’armi, e s’intese che fosse stato divulgato che potessero essere ad ogni occorrenza distribuite alla custodia di quei posti, e che, fattosi un consiglio secreto in quella terra, s’era trattato d’obligare ogni famiglia a ricevere in propria casa quel numero de soldati che le fosse permesso secondo le forze delle loro facoltà.
Humiliai pure all’eccellentissimo Senato che sotto la direttione del General d’Ausper nella Crovatia, e contorni di Carlistot potessero unirsi et essere pronti sei mille soldati, e che a quello fusse in ogni caso per unirsi pure il baron di Crovatia, ma che non havessero però fatta alcuna mossa, oltre il disegno di valersi di quella gente per qualunque occorrenza di Cesare. Che sopra Segna, Buccari e Porto Re fosse in quei boschi abbondantissimi legni di roveri divisato un taglio de medesimi, osservati già da proti a tal fine spediti a farne il bollo coll’oggetto di formar bastimenti grossi, o pure come altri dicevano, di far fuste nel luoco vicino di Fiume.
Portai similmente a publico lume che la camera di Gratz, non havendo sortito, per essersi opposte le signorie e feudatarii del Cragno, d’obbligare i communi a ricevere il sale annualmente a loro rischio, maneggiava d’offerire, e che qualche persona si fosse anco offerita di ricevere il datio dell’accrescimento fatto da pochi anni de sali, contro le publiche conventioni, coll’esborso di mezzo milione di fiorini.
Le ultime mie poi contengono che a Trieste fosse fatta la condotta di cento botti in circa di dieci stara per cadauna di farina, e che ne attendesse di breve maggiore quantità con trecento barilli di polvere, e che tali provigioni fossero destinate per altre parti e per via d’imbarco, dandolo massime a conoscere l’osservatione fattasi perché fossero state riposte sotto una publica loggia, e che fossero tali provvigioni delle stesse già unite al Vernich.
S’estese pur anco il mio debito ad accertare la Serenità Vostra, che a questi confini stassero i sudditi dell’una e l’altra giurisditione in tutta la moderatione e quiete, non essendosi mai scoperta novità pregiuditiale alla buona vicinanza, solo in quelli di Trieste si sentano spargersi concetti, che l’armi venete in terraferma siano più inclinate al partito di Francia, che a quello di Cesare. Come pure che si fossero lasciati vedere alcuni soldati di quel presidio a questi confini, et havessero data qualche gelosia, ma hora posso con fondamento dire haver io con certezza rilevato che fossero di quelli delle mude, passati in queste vicinanze a comperare vini per loro uso, essendo in tutti numero dodeci, oltre li cinquanta poco più che presidiano giusto al solito quel castello, non essendosi scoperto che in Trieste siano capitate militie, né che se ne attendano, ma solo che siano state condotte circa cento botti di farina, dicesi di quella che esisteva al Vernich. Dirò bensì risultarmi che dal generale d’Ausper siano stati uniti dodeci mille soldati, compresi li sei mille sopradetti, tutti crovati, ma che non habbiano per anco fatta veruna mossa per alcuna parte, e che colà vi s’attrovi un Commissario cesareo a procurare unione de grani, scoprendosi per altro verso Trieste alcuna altra novità, a che come io non trascuro di prestare incessantemente ogni maggiore attentione, così vedo egualmente il conte Francesco Dal Tacco tutto infervorato nel ben servire la Serenità Vostra, disegnando anzi egli a stimoli non meno delle mie insinuationi, che del proprio zelo d’avanzarsi nuovamente a’ confini per iscoprire ciò che potesse servire di maggior lume in tale materia.
Principiatosi a 14 corrente la solita fiera in questa città, che dura giorni quindeci, dove per ordinario capitano sudditi austriaci in non poco numero, faccio che da persone fedeli colle cautelle più proprie venga esplorato il loro numero e conditione, con particolare osservatione a quel numero e rincontro d’essi che di notte tempo si fermassero in questa città; e sempre sono stati in scarsissima quantità, né sin hora ho scoperta cosa che habbia potuto rendere verun sospetto o gelosia, sperando che nei pochi giorni che mancano non possa nascere alcuna novità.
S’inoltra l’humiltà mia ad implorare dalla publica suprema autorità la permissione generosa di poter conseguire da questa camera del denaro libero che sopravenisse, quella porzione de salarii soliti di questa carica, corsi e che correvano, come fu benignamente praticato anco con il mio precessore con venerato decreto 11 novembre 1700, mentre incontrando io di presente la difficoltà d’esigerli dal Magistrato de signori Camerlenghi di Comun costà, per essere esausta quella cassa, mi si renderebbe nel progresso tolta la speranza di farne praticare l’esatione, confidando che l’eccellentissimo Senato vorrà concorrere a quest’atto specioso di gratia.
Capodistria, li 24 ottobre 1701.
Marco Zen, Podestà e Capitanio.
ASVe, Senato, Dispacci, Istria, b. 82.
Trascrizione di Umberto Cecchinato.