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19 giugno 1701 Marco Zen

Dispaccio del 16 dicembre 1701

N. (senza numero)

Serenissimo Principe,
nell’uso continuo di quelle diligenze che vengono da me praticate coll’attentione più interessata verso i publici riguardi a questa parte, mi risulta il contento di poter confermare sempre più alla Serenità Vostra la quiete a questi confini, lontani da novità moleste, che possano portare verun disturbo alla tranquillità de sudditi.
Vivono bensì gli habitanti di Trieste in una continua gelosia, mentre tanto di giorno, quanto di notte, praticano da qualche tempo in qua continue le guardie a’ posti, e si vocifera che per loro sollievo da tale funtione possa essere spedito qualche numero competente di militia per supplire alla funzione medesima.
Sentesi, che il general d’Ausper stato chiamato alla Corte cesarea vi si sia colla diligenza delle poste portato, né se ne traspira il motivo.
S’osservano a’ confini della giurisditione di Castelnuovo col territorio di Raspo li commissarii spediti dalla Camera di Gratz, cioè il signor Giulio Datini fratello del signor Alessandro che va ambasciatore per Cesare in Costantinopoli, et l’esattor di Trieste, che vanno con molta accuratezza raccogliendo le notitie più minute da Zupani delle ville, e calcolando le rendite di quel luoco che al presente è di ragione del conte Adelmo Petaz, col quale ne viene maneggiata la vendita per la stessa Camera di Gratz, et come s’é per il passato patentemente scoperto che habbi ella sempre studiato di confinare da ogni parte con questa provincia, così facendo l’acquisto medesimo ne conseguirebbe anco interamente l’effetto. L’oggetto poi, che muove la Camera stessa, credesi sia quello di stringere maggiormente con le nuove mude divisate li passi agli austriaci, et impedire le condotte de sali, che da questa provincia per colà vengono fatte da stessi sudditi imperiali, vedendo massime che tali diligenze con tutt’esattezza praticate dalla parte di Trieste vagliono ad accrescere et aumentare l’esito de loro sali, col divertirne da quei confini l’introdutioni.
In Fiume non sono capitati di presente proti né operarii sudditi della Serenità Vostra, ma vi s’attrovano da qualche anno in qua accasati, dicesi come banditi, Iseppo Samagna e Zuane Carnizza, nativi della Dalmatia, et in Segna altro proto di nome Zuane Perspecle, pur dalmatino.
Nel corso di quest’anno sono stati in quei porti fabbricati cinque bastimenti, cioè marsisiane e petacchi, a conto però de particolari, cioè d’un tal Pietro Danati, Moreto Colicich e Nucio Calavrese, et al presente sono in squero altri bastimenti, credesi della natura medesima, principiati col beneficio de legni tagliati già tagliati ne boschi di Fiume, come partecipai alla Serenità Vostra sotto li 25 novembre e 24 ottobre decorsi, e particolarmente in quello abbondantissimo di Clana, vicino a Castova, che confina con Fiume in sola distanza di miglia cinque, essendo stati essi legni in parte condotti nel luoco sudetto di Fiume da poco tempo in qua, e li rimanenti s’attrovano ne boschi, capaci di tutti per fabricar ogni sorte de bastimenti, e li proti sudetti si vagliono d’operarii del paese.
Continuano peraltro le solite condotte de grani, tanto a Trieste quanto a Fiume, anzi che dalle prattiche private e caute che tengo col nobil huomo messer Giovanni Battista Querini, Podestà d’Albona, rillevo che sì come il Capitanio di Pisino, che col suo contado colà confina, et altre signorie vicine, sono solite conseguir annualmente dal detto rappresentante la licenza di transitare per il tener di Fianona con qualche quantità di biada, habbino nel corrente accresciuta la summa, e che sin hora ne siano state condotte stara 1.800 formento, parte de quali di publica ragione, oltre quantità de vini più dell’ordinario, conducendo il tutto così a Fiume, come a Segna, anzi che essendovi già giorni nel porto di Fianona due barche di Fiume, che caricavano vini, capitato un caicchio con alcuni soldati della galera del nobil huomo Balbi, le havevan levate questi le vele, cosicché accorsi gli arciducali dal detto Podestà d’Albona, coll’uso di tutta la desterità gliele fece restituire.
Fatto da me penetrare al sudetto Capitanio di Pisino senza por in carta, in ordine alla facoltà dell’eccellentissimo Senato, impartitomi con ducali 26 novembre scaduto col mezzo di persona indifferente, che trattandosi de grani annuivo che ne potesse far fare il carico nelli porti di Leme e Fianona, n’ha egli dimostrato gradimento, esprimendosi che haverebbe dato principio all’imbarco. E perché per la speditione da me fatta della Brazzera col ragguaglio, che rassegnai con mie lettere di 24 sudetto, dell’instanze del Capitanio medesimo, e occorsa la spesa di lire 53, imploro con tale opportunità dalla Serenità Vostra che siano bonificate nella retta de miei conti.
Non lascio pure d’accennare a quella publica notitia qualche espressione caduta e riferitami dal conte Dal Tacco, che sperano gli austriaci che siano per esserle accordati bastimenti veneti per il trasporto de loro grani.
Coll’ingiunta dei 7 corrente, presentatemi solo al dì 12 da persona che per altri affari capitata in quella città non ebbe tempo di attenderne concludente risposta, s’aggrava il Capitanio di Pisino, che sia stato levato da soldati veneti un suo suddito di nome Gioseffo Giacherle, mentre era capitato con un suo fratello a lavorare a Fontane, luoco di questa provincia, ma come io gli ho risposto con termini generali e cortesi, et con promettergli l’impieghi del mio potere per rintracciare la persona medesima, così non mi sortisse sin hora haverne alcun lume, mentre questi officiali della Barca Armata non sanno rendermene conto, protestando non haver essi la persona stessa né praticata tale operatione; mi sono esteso a procurar anco in Pirano appresso il Capo Leva Venier, ma di là pure tengo avvisi che non habbi egli havuto l’incontro suddetto, onde non mi resta che procurarne qualche notitia in Udine da dove sogliono capitare purtroppo in questa provincia persone a far soldati anco con forme dannate et improprie, spopolando questo povero paese purtroppo scarso de sudditi, con scandalo e scontento universale, riportandomi intorno a ciò a quanto dalla publica sapienza mi potesse essere prescritto a norma migliore de miei passi.
Ogni altro lume che potranno riportare le mie continue applicationi, coll’impiego anco del conte Dal Tacco, Proveditor a’ Confini, che vi presta tutta l’attentione, sarà di tempo in tempo soggettato alla suprema maturità dell’eccellentissimo Senato, in adempimento del mio preciso dovere, e per essecution delle venerate commissioni della Serenità Vostra. Grazie etc.
Capodistria, 16 decembre 1701.

Marco Zen, Podestà e Capitanio.

Allegato: dispaccio del capitano di Pisino che denuncia il sequestro di Giuseppe Giacherle da parte delle autorità veneziane, datato 7 dicembre 1701 (1 carta).

ASVe, Senato, Dispacci, Istria, b. 82.
Trascrizione di Umberto Cecchinato.