20 marzo 1701 Tommaso Morosini
Dispaccio del 20 marzo 1701
N. (senza numero)
Serenissimo Principe,
dal Podestà e Capitanio di Capodistria con lettere di 27 febraro passato, capitatomi li 4 corrente, hebbi solo notitia esser insorti sospetti di mal contagioso in Costantinopoli, isole dell’arcipelago, villaggio di Ratiani e città del Serraglio, eccitando il debito di mia attentione a stabilir cautelle tali che valessero a preservar la comune salute, e che non fosse permessa pratica a legni provenienti dal Levante, Albania, Dalmatia, Fiume, et altri luochi austriaci senza fedi di sanità. E come che la materia, per se stessa gelosa, ben erudiva la mia debolezza a praticar le riserve più aggiustate, così ne rilasciai gli ordini più opportuni, ma parendomi stravagante il cenno nella parte del doverseli dar pratica con le fedi, rescrivendo al medesimo Podestà e Capitanio per messo espresso a spese di questa comunità, gli insinuai spiegarmi meglio l’ordini sovrani, quando ne tenesse, mentre mai fu costume darsi da questi Signori alla Sanità prattica anco con fedi a bastimenti del Levante, et Albania, per poter dirigermi a norma de medesimi.
Stavo attendendo risposta a sì necessaria ricerca, quando mi pervennero nove lettere li 6 pur corrente, co’ quali mi partecipa haver ricavato da costituto di patron di marcilliana, che il Magistrato eccellentissimo alla Sanità habbi sospesa la Dalmatia, l’isole del Quarner, Fiume, Bucari, et altri luochi littorali austriaci, che riguardano la Croatia, e Bossina, dove si fosse scoperto il mal contaggioso, ricercandomi di impedir l’accesso a’ porti di questa giurisditione, persone, mercanti e bastimenti di detti luochi, e perché restai privo di risposta al primo particolare, che fu confuso col secondo, per non lasciarmi scoperto da questa parte comandai immedia(ta) l’erretione di restelli in tutte le ville di questo territorio, doppie guardie a cadaun porto, obbligando all’uso delle fedi, vietando la prattica a legni di tutti li luochi predetti, et a qual si sia austriaco tanto con fedi che senza, facendo serrar le ville con aggiustati ripari, ridducendo sino gli habitanti dispersi a ritirarsi nelle ville più vicine, ovvero a eleggersi un soprastante, come fecero, di modo che nulla di più stimò la mia applicatione potersi aggiungere di cautella in simile importante materia, fuorché l’obbligar questi cittadini nobili a scorrer la vastità di questo territorio e riveder ogni porto, e posti a scanso di ogni disordine, il che con prontezza sino il giorno d’hoggi vanno effettuando a spese proprie, come a spese della comunità, e de ville del territorio stesso furono stabiliti li restelli senza immaginabile publico aggravio. Adempito a sì necessario requisito, mi giungono nove lettere del già detto rappresentante, perché fosse eseguito ciò che precedentemente haveva fatto pratticare, esprimendosi che di breve s’havrebbe portato personalmente a riveder i confini, e quando l’attendevo con le commissioni sovrane per meritar aggradimento del mio operato e di questi fedeli cittadini, mi veggo comparire inanzi un Vice Capitanio di cernide da lui eletto, che senza lettere requisitoriali ma con ordine stravagante di mandato concesso con l’auttorità sola di Podestà e Capitanio di Capodistria, che ben la Serenità Vostra potrà desumerlo dall’ingiunta copia, quale facendola più che da rappresentante pretende erigere ovunque le piace restelli, accrescer, diminuir guardie, comandar a’ miei sudditi, esigere cieca obbedienza, restando alla fede di questo appoggiata sì importante materia, comminando pene a di lui disubbidienti d’esser moschetati, così che ogni suo volere habbi ad esser ubbidito, levando in tal guisa, quando avesse a sussistere detto mandato, a questa carica la sopraintendenza con il decoro, non essendo riconosciuto, per tal fontione in conto alcuno, con pericolo che i territoriali stessi non usi che ad ubbidire il nome del suo Rettore, o altro Giudice estraordinario spedito da Vostra Serenità, possino incorrere in qualche disubbidienza, anco con giustizia, e restar puniti per soggetto che non è accreditato d’alcuna legittima regia auttorità, come altresì ubbidendolo potrebbero succedere inconvenienti tali che le diretioni mie già prescritte erano sufficienti a vietarli, restando con ciò confusi gli ordini con prevaricazione de sudditi nell’eseguirli. Tale pregiudicio non può esser compatito dalla mia debole cognitione, che ha sin hora affaticato per conseguir il publico aggradimento. Humilio pertanto alla Serenità Vostra le lettere del Podestà e Capitanio, mie risposte con il mandante stesso, acciò compresa dall’alta maturità di Vostre Eccellenze la verità de fatti, degnino assieme render animata la mia riverenza a sempre più adoprarmi nel servitio adorato del mio Prencipe, con il compenso dovuto ad un tanto inconveniente. Gratie etc.
Pola, 20 marzo 1701.
Tommaso Morosini, Conte e Proveditore.
Allegati: dispaccio del rettore di Capodistria Alessandro Basadonna, del 27 febbraio 1701, che avvisa Morosini del pericolo di contagio e lo induce a prendere provvedimenti per prevenire la diffusione dell’epidemia nei territori di sua competenza; segue la risposta di Morosini datata 4 marzo (1 c.). Altro dispaccio di Basadonna contenente istruzioni per ulteriori provvedimenti per arginare la peste; segue risposta di Morosini, datata 6 marzo 1701 (1 c.). Documento che conferisce al capitano Zulian de Belli i poteri contestati da Morosini (1 carta).
ASVe, Senato, Dispacci, Istria, b. 82.
Trascrizione di Umberto Cecchinato.