8 aprile 1651 - 1652 Marco Bembo
Dispaccio del 12 aprile 1652
N. (senza numero).
Serenissimo Principe,
comparse in questa città già un mese circa, venendo d’Albania, un tal Capitan Primo Bianchi, accompagnato da lettere del Monsignor Arcivescovo di Durazzo, comorante nei monti di Corbino, resosi da molt’anni benemerito della Serenità Vostra, come le sarà ben noto, con quali strettamente lo raccomandava al signor Cavalier Bolizza che immediate me ne diede di ciò parte; et haveva appresso altre lettere in via di patenti del medesimo Monsignore e del Monsignore d’Allessio, che lo raccomandavano a publici Rappresentati. Egli fu già anni gravemente bandito per gravissima delliquenza, com’intendo, di che bramava la liberatione, nè io havendoli puotuto porgere il solievo, stimai nondimeno profficuo il dissimulare la notitia per non essercitar il rigore di giustitia, in soggietto ispedito da prelati, cotanto benemeriti massime nelle presenti molestissime congionture per altri più rellevanti Publici rispetti. Aggiongeva appresso la dispostezza ardentissima e continuata d’esso Monsignore di Corbino nel veder sottratti quei popoli dalla tiranide othomana, sotto la publica protetione e che li andava nudrendo in speranze che la Serenità Vostra non sia per abbandonare intrapresa si segnalata, del che però niente scrivend’esso Monsignore, io suspesi la credenza, et egli vedenfo non puoter io coadiuvarli nel stato qual era rissolse ritornar in dietro per riportar dal detto Monsignore espresse instruttioni et condursi poscia dall’eccellentissimo signor Provveditore Generale, per attendere la medesima di lui liberatione. Gradii il pensiero, nulla dovend’io tralasciare, con che possa proffitare a publici interessi. Incaricai per ciò un efficace forma li capitanii Pietro et Andrea Medin dal Castel di Lastua a Pastrovichi, acciò con loro caichio ben armato, traghetassero esso Bianchi alle rive d’Albania, ne egli dissegnava sbarcare col concerto d’attenderlo per ritorno, che prometteva in puochi giorni, et essi Medini con lodevole dilligenza tanto essequirono, spedendo con loro caichio ben armato li di marzo decorso, così che il giorno seguente arrivati vicino la Porta de Redoni, dietro alla stessa iscuopersero un caichio de Turchi Dulcignani in forma di fusta che subito le venne incontro et fatti rivendevoli spari d’arcobuggiate, avedendosi però li Turchi inferiori di forza, sbigotiti da spari di periera dal caichio di Medini, atteriti voltarono verso terra et arrivati su quella spiaggia sbarcarono, abbandonando il caichio così che sopragionti li nostri, li riuscì sola l’impadronirsene del medesimo, prendendelo a remorchio et, poscia in loro opportuno sbarcato il Capitano Bianchi, col suo cogn(?), furono necessitati da eminente Boranza sopragionta senza puoter attenderlo giust’il concertato ritornare a Pastrovichi, da dove poi capitati qui mi hanno presentato esso caichio preso ch’è in forma di fuotarella, agilissima da puoter ben’armarsi a dieci remi et valevole all’infestatione de naviganti nei legni non armati. Di evento felice io ho goduto al sommo anco per la riputatione delle Publiche Armi et alla stessa famiglia Medin, che anco in altre occasioni ha dimostrato la propria fedeltà e valore; ho attestato il gradimento in piena maniera et assicuratili che dalla Serenità Vostra sarà riconosciuto il loro (?) con ampla remuneratione, si come implorano d’avantaggio gl’effetti della Publica Munifficenza, spiacemi all’incontro il caso accaduto al Capitano Bianchi, quale non havendo al ritorno trovato il caichio altro stabilito, essendo stato astretto col cognado far il viaggio per terra per avvicinarsi a confini de Pastrovichi, fu soprafatta da grosso numero de Turchi, che si giudica lo attendessero in aguado, ne si sa come avisati, è restato morto da medemi, nulla havendoli giovato il gietarsi nel fiume per che è stato interfetto d’arcobuggiate dentro l’acqua, et il suo cognado assistito da Dio Signore, è stato presservato et li giorni passati capitato in questa città. Duolmi dell’accidente per il riguardo di lettere che li haveranno trovato, se ben devo credere che essendoli state appresso per due hore in acqua, come rifferisce esso suo cognado, possino essersi disfatte da non puoter più legersi. All’eccellentissimo signor Generale ho portato in mie riverentissime lettere ogni precisa notitia dell’istesso, si come che fo all’Eccellenze Vostre in sodisfatione de miei riverentissimi doveri. Gratie etc.
Cattaro a 12 aprile 1652.
Marco Bembo Proveditor Estraordinario.
AS Venezia, Senato, Dispacci, Cattaro, b. 3.
Trascrizione di Giulia Giamboni.