19 giugno 1701 Marco Zen
Dispaccio del 2 marzo 1702
N. (senza numero)
Serenissimo Principe,
all’incarico che la Serenità Vostra compiaque appoggiare alle mie debolezze con ducali 27 agosto, 24 settembre et altre nuove dell’anno decorso, ha procurato il mio debito di corrispondere coll’attenzione più dichiarata verso il publico servicio, per vedere rimontata tutta l’artigliaria di questa città, suo castello e di quello di Muggia, che s’attrovava del tutto abbandonata, e benché l’opera si rendesse per se stessa difficile per il difetto de’ periti e d’altre cose che si rendevano indispensabili per vederla rimessa, ad ogni modo coll’impiego del capo Giovanni Mucio Pusterla qui spedito d’ordine publico dal Magistrato eccellentissimo all’Artigliaria ho potuto facilitarne l’esecuzione, e rendere l’artigliaria medesima in quella buona propositura che di presente s’attrova.
Quarantatre pezzi sono in tutto, compresi quelli del castello di Muggia. Questi al numero di dieci sono stati totalmente perfezionati, e provveduti dell’intiero bisogno anco di carte, manoelle et altro, formati li letti e rodoloni tutti nuovi, mentre così richiedeva la necessità, e gl’ho fatti colà trasportare per aqua in ore della minor osservazione e colla maggior cautela, colla quale saranno pur anco in breve montati dal capo suddetto nel castello medesimo.
Delli 33 pezzi che servono per questa città e suo castello, vinti se n’attrovano già montati, e per gli altri tredeci sono pronti li legni, disegnati li letti, formati li rodoloni et approvato ogni altro requisito, venendo giornalmente accudito alla loro perfezione, così che spero possa rendersi tutta in breve tempo ad uso delle publiche occorrenze, ed in tal modo ben munita, questa piazza, che se n’attrovava per altro in totale deficienza, com’è ben noto all’eccellentissimo Senato; anzi, perché alcuni letti vecchi sono stati conosciuti per anco capaci a sostenerla, benché in parte pregiudicati dal tempo, ho fatto che vengano rissarciti e formate pur anco li letti nuovi di riserva, così che in ogni evento vi sia l’intiero bisogno in sito massime reputato di tant’importanza.
Per il divisato restauro poi di questo publico castello, considerato per l’unica difesa dalla parte di terra, venerati da me li publici comandi d’approntar materiali per quell’operazioni che fossero state giudicate opportune dal Conte Polcenigo, che fu qui personalmente ad osservarle, ho fatto in diligenza unire mille e cento moza in circa di calcina, che alla misura di costà viene ad essere un mastello e mezzo in circa per mozo, fatta bagnare e riposta in sito più vicino e comodo al castello medesimo, havendo pure fatto condurre 28 barche di sabbione et approntate molte pietre, provvedendo nel tempo stesso buona summa de’ legni per palifficare al numero di 800 in circa, oltre 20 roveri grandi segati, ridotti in tavoloni da essere conservati ne’ publici magazeni, onde possano servire al bisogno, mentre per altro n’erano de simili materiali tanto necessarii totalmente sprovvedute quelle publiche municioni. Oltre l’osservazioni che di tempo in tempo sono andato praticando personalmente all’operazioni suddette, ho voluto anco in questi giorni visitare e rivedere le cose predette, per poter soggettare, come humilmente faccio, alla Serenità Vostra tali devote notizie, onde risulti all’eccellentissimo Senato la positura dell’operazioni sin hora fatte, e possa la publica auttorità prescrivermi ciò che fosse della sua suprema intenzione intorno quel più che potesse occorrere de’ materiali o altro, sopra la massima che fosse stata deliberata d’intraprendere il restauro e difesa del castello di questa città, e di quello di Muggia, in consonanza delle sovraccennate riverite ducali 27 agosto passato, non havendo, dopo la partenza del Conte Polcenigo suddetto dal quale fu esaminato e rilevato il bisogno, inchinato sopra ciò i publici venerati sensi.
Nel taglio, sega e condotta di molti roveri per la rimonta dell’artigliaria suddetta e legni per palifficare, mercedi giornaliere di tante operarii e maestri, tutti accordati colla mira del minor publico aggravio, nella provvigione e condotta delle mille e cento moza calcina, pietre, sabione, lavoro di ferramenta et altro, come l’oggetto mio principale è stato studiare il possibile vantaggio, così mi risulta il contento di non vedere per anco consunti li ducati mille di ragione obbligata dispensatimi colle ducali 27 agosto, non essendo sin hora la spesa che a ducati 800 circa, riservandomi, quando siano ridotti a perfecione di rimanenti tredeci letti di artigliaria che restano a perfecionarsi, di soggettare la nota intiera e distinta, onde maggiormente risulti con quanto fervore habbi procurato impiegarmi e, colla più accurata economia, vantaggiare il publico interesse.
Conosciuta necessaria anco della publica prudenza l’escavatione del terreno che rendeva non poco pregiudicio e danno d’intorno la publica mara verso il Belvedere, n’ho fatto seguire in più volte e colla minor osservatione l’effetto, coll’impiego de’ villici che sono volontariamente e di buon cuore concorsi senza publico aggravio, così che, riveduta da me pure personalmente l’opera stessa, trovo essere riuscita uniforme al bisogno.
Vengono pure da me sollecitati anco li reggenti della comunità di Pirano a supplire a quanto dalla Serenità Vostra fu prescritto, così per la rimonta di quell’artigliaria come per l’escavatione del canale et altro, né mancarò, in occasione della solita visita che dovrò praticare di breve per la provincia, d’osservare ocularmente a qual segno si siano avanzate quell’operationi.
Faccio proseguire intanto il taglio commessomi de legni da palifficare per le piazze di terraferma, e come buon numero d’essi s’attrova già ne boschi tagliato, così nella difficoltà della loro condotta a cargadori per impotenza d’animali d’aratro che, per difetto dell’alimento a causa della sicità dell’anno decorso, si rendono incapaci alle fatiche del giogo, procurarò di facilitare colla possibile celerità perché vi siano ridotti, e n’humiliarò all’Eccellenze Vostre solecito il raguaglio per la speditione de barchi a ricceverli.
A questi confini poi non si scuopre novità maggiore oltre la continuatione de trasporti di biade che si fanno dal Vernich a Trieste, dove sono già ritornate per nuovo carico le barche che fecero la prima condotta a Ponta di Goro, vociferandosi che possano far nuovo carico nella corrente Quadragesima, essendo la maggior parte bastimenti di sottovento, cioé di Fermo e delle riviere pontificie, et una sola peota di quella città, anzi tengo per sicuro dal Conte Francesco Dal Tacco, Proveditore a’ Confini, che le botte che di presente vengono condotte a Trieste siano la maggior parte ripiene di fieno in corda, spedito dall’Ungaria.
Della giurisditione di Castel Nuovo altro non s’è inteso dopo la visita e calcolo fatto da’ Commissarii di Gratz, solo che li Conti Petaz si ritrovino a quella Camera, e che colà pure si siano portati li scritti ragusei per avanzarsi poi a Vienna, quali per quanto si dice sono stati a ricevere alcune minere d’argento vivo, in luoco detto Idria, sotto Lubbiana.
Nel porto di Fianona, dove assiste per sopra cargo un tal detto Deforo, ungaro da Fiume, sono state caricate biade diverse, cioè formento e segala, oltre 500 barile di vino, e condotto il tutto a Porto Re, dove s’intendeva dovessero esser altre barche; et a primi di febraro, nel porto suddetto di Fianona, altra barca fiumana caricò 400 stara circa tra frumento, vena, segala, orzo e spelta, oltre molta carne intalata, e s’intese, che dovesse tal carico esser trasportato verso Ferrara, ma che prime disegnassero ridurre parte di detta biada in farina a Fiume.
Anco nel porto di Leme capitarono due marsiliane di Fiume, una de’ quali fu caricata de formenti e segale conduttevi a schena de cavallo dagli arciducali, dolendosi questi altamente non solo per vedersi privati del poco loro alimento, ma dell’aggravio ancora delle condotte che convenivano fare senz’immaginabile recognitione, esaltando in talle incontro il nome della Serenità Vostra, e decantando la felicità de’ sudditi di questo Serenissimo Governo. L’altra marsiliana poi attendeva per il carico di spalte, orzi e biave da cavallo, e dolevasi il peota d’essa di essere lungamente trattenuto, anco dopo 14 giorni di stalìa, spendendo voce che il sopra carico doveva essere un tal Antonio da Linz, fattor del Principe d’Ausper, e che in Fiume facesse l’unione di tali provvigioni, dove pure s’attendessero molti soldati per trasportarli nel Regno di Napoli; come però fu reputata per istanza la dichiarazione sudetta, così non risulta fondamento maggiore che l’espressione stessa sia stata fatta dai marinari di quella marsiliana, quale s’è inteso habbi fatto pur il carico, e che in tutte due habbino levato tre mille stara in circa delle biade sodette.
Non lascio infine d’humiliare all’eccellentissimo Senato come, fuggiti diversi scapoli marinari e soldati dalle publiche navi e galere ch’erano in porto Quieto, ed havutane la notizia che fossero anco di contumacia, oltre gli avvisi che sollecitamente portai con mie lettere a tutti li rappresentanti della provincia per l’insecutione loro et arresto, m’è sortito farne fermare in questo mio territorio tre d’essi, e, fatti custodire in carcere separato colli riguardi di sanità, rimarco la commissione di cosetà (!) eccellentissimi Sopra Proveditori e Proveditori, di mandare costà li priggioni stessi et li processi per la loro speditione, il che sarà da me eseguito con prima occasione, terminando in questi giorni la contumacia senza che, grazie a Dio, si sia scoperto verun accidente pregiudiciale alla comune salute, havendo rilasciati ordini risoluti e penali agli habitanti che confinano al Quieto, acciò debbano invigilare, né permettere che tali persone s’internino fra terra, a scanso de’ maggiori sconcerti.
Non mancarà in tanto il mio debito di prestare a tutto l’attentione maggiore per rilevare colla possibile sicurezza le novità più certe, che saranno soggettate di tempo in tempo a’ riflessi sapientissimi dell’eccellentissimo Senato, esecutivamente alle venerate sue commissioni che rimarco in più mano de ducali. Gratie etc.
Capodistria, li 2 marzo 1702.
Marco Zen, Podestà e Capitanio.
ASVe, Senato, Dispacci, Istria, b. 83.
Trascrizione di Umberto Cecchinato.