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19 giugno 1701 Marco Zen

Dispaccio del 4 maggio 1702

N. 1

Serenissimo Principe,
tutto che non corrano a questa parte novità di molto rimarco sopra i motivi delle presenti emergenze, ad ogni modo non lascio d’humiliare alla Serenità Vostra ciò che dopo l’ultime mie riverentissime di 21 aprile spirato mi è sortito raccogliere.
Le navi francesi, benché si siano qualche poco allontanate da queste vicinanze, non lasciano però di farsi vedere ora in un luoco ora nell’altro di questo golfo, né tengono più l’ordine di trattenersi a lungo in alcun sito come solevano prima praticare.
Fecero verso la metà dell’aprile decorso l’arresto di un fregadone segnano e d’una peota di Buccari, oltre l’altro fregadone a Parenzo, né sin hora traspira il preciso disegno loro sopra gli stessi bastimenti, atteso che incontrano qualche difficoltà nell’esitarli, havendo io divertito in tempo che le navi stesse qui s’attrovavano, che non fosse comperata una peota imperiale, che i francesi esibivano di vender a questi marinari, quale hanno poi esitata nel porto d’Orsera ad un tal patron Onorà di Parenzo, il che penetrato da quel publico rappresentante già da me avvisato a divertirne in cauta maniera i contratti, e dal patron Onorà condotta nel porto di Parenzo la peota stessa, fu tosto incaricato a dover di là partire alluntanandola da quelle rive per scansare quanto più sia possibile quei sconcerti che potrebbero essere accaduti per le pretese che ne havessero havuto gli austriaci. Lasciatisi poi vedere nelli giorni di sabato e domenica della decorsa settimana li francesi con due navi nel porto di Rovigno, hanno sbarcato in terra colle lanze non pochi di loro, usando libertà maggiore di pratica di quello habbiano fatto per il passato in altri luochi dell’Istria, non ostanti i rispetti di sanità, senza però apportare molestia veruna a quegli habitanti.
Persona religiosa partita d’Albona il giorno di San Marco 25 spirato riferisce in suo costituto che, colà pervenuti alcuni perastini con carico di formento ad uso di quel fontico, discorrevano publicamente che havendo le navi francesi fermato un bastimento di Fiume e condotto nel mandrachio di Cherso, si fossero uniti per ricuperarlo 150 segnani tutti armati, 50 de’ quali introdottisi nella città, gli altri 100 si fossero dispersi per quell’isola, facendo danni considerabili, per il che quel publico rappresentante si fosse trovato in necessità di far allestire i cannoni, e prender l’armi a quegli habitanti, non sapendosi ciò che d’avvantaggio possa essere dopo accaduto, solo che nel tempo stesso avesse il medesimo rappresentante spedito in diligenza tale avviso all’eccellentissimo Proveditor Generale in Dalmatia, spargendo voce i perastini suddetti che a difesa de’ litorali austriaci fossero destinate alcune navi inglesi, e che i francesi attendessero pure altra squadra di navi con galere e palandre.
Tengo molti rincontri, che i francesi professino particolar sentimento del caso già da me humiliato alla Serenità Vostra accaduto a Lussino della morte del loro Capitanio et arresto d’un ufficiale et altri soldati, e che possano meditarne vendetta particolarmente sopra li segnani, havendo il signor di Furbin li 15 aprile scritta lettera risentita alli rettori e governatori di Fiume, nella quale detesta l’attione da quelli praticata con espressione che egli non haveva sino all’hora usato alcun atto simile con i sudditi dell’Imperatore caduti nelle di lui mani, ricercando perciò la libertà de schiavi e la pena dovuta agli interfessori del Capitanio francese, per divertire in tal modo quella vendetta che giustamente havesse egli potuto farne, né per anco mi traspira in quali sensi gli sia stato risposto, ma bensì che gli austriaci siano intenzionati di continuare sempre più negli attentati contro francesi, havendo io relazioni da più parti, che possano li segnani coll’unione di molte barche tentare per aqua l’arresto di lanze francesi quando s’allontanassero dalle navi, e tendere insidie anco per terra, ovunque li trovassero, quando smontassero per far aqua o legna, motivandosi che tengano quest’ordine preciso dal Capitanio di Pisino, che è stato a visitare personalmente quei litorali.
Nel contado di Pisino e luoghi adiacenti s’incamminavano le leve di soldatesca, dicesi per spedirla verso Fiume et altri luoghi dove fosse occorso per opporsi a’ tentativi francesi, ed in Trieste sono arrivati 150 soldati del Generale d’Ausper con un comandante Lambergh, dicendosi che possano calarne altri 500, e furono licenziati li 200 condottivi dal Conte Della Torre, avendo in tanto Sua Maestà Cesarea comandata la nota degli atti all’armi ne’ castelli e territori circonvicini.
Quelli di Trieste vanno spargendo d’attendere vascelli olandesi per trasportare le proviande colà raccolte all’armata in Italia, dichiarandosi che quando gli mancassero detti vascelli saranno spedite per terra in soccorso dell’esercito imperiale.
È capitato ultimamente in Trieste un comandante con titolo di Generale sopra le Proviande, onde sempre più si discorre che siano per arrivare i vascelli esteri a scortar e caricar viveri per l’esercito. Hanno i triestini chiamati tutti i loro nobili al Conseglio, e perché molti sono dispersi a Lubiana, Gratz, Pisino et altri luochi, non essendo comparsi gl’hanno privati di nobiltà, e fatto in loro luoco, e particolarmente un tal signor Ignazio Zuliani, quale sendosi arrolato soldato in Palma, e di là fuggito, s’è portato ad unirsi a’ francesi. Pensando detti triestini far fabbricare una galeotta con vinti quattro banchi per potere con essa inseguire le lanze francesi, disegnando intanto di far restaurare una fusta vecchia che veniva custodita in un magazzeno vicino a quel porto, riflettendo essi però molto alla novità udita, che certamente siano in viaggio due palandre francesi, sebbene sperano nell’aiuto de’ vascelli olandesi, che si credono vicini.
Dalli publici rappresentanti di Parenzo, Muggia et Albona mi viene con molta premura rappresentato lo stato pessimo nel quale s’attrovano quei luochi, e publiche armi, essendo massime privi di munitione, ricercandomi perciò qualche proviggione di polvere col motivo anco d’incoraggiare quei sudditi; ma come ho creduto di risponder loro con termini generali, così mi conosco in debito di soggettare a publico lume anco questi motivi, per non mancare a quelle parti tutte di puntualità che potessero risultare di publico servizio.
Venerdì decorso fu fermata dalle navi francesi, che al numero di tre s’attrovavano nel porto d’Orsera, la barca del patron Girolamo Tagliapietra da Buran, carica di 50 barille vino in tre botti tolto a Cavorle, che conduceva per vendere, e gli levarono il vino stesso perché non havesse bollette né passaporto, gettandole due d’esse botti vuote nel mare, a pretesto che potesse condurle a Fiume, havendo ciò praticato già un mese d’altre 60 barille fermate in Quarner al patron Zuane Marinella da Caorle mentre si portava a Cherso, e nel giorno susseguente di sabbato, chiamata la brazzera del patron Iseppo Scarpazza di questa città da una nave francese, ritrovate in quella quattro botti di vino da lui levato a Monfalcone per condurlo a Rovigno o Cherso, gli fu tolto pure, col sospetto che potesse condurlo a Fiume e col pretesto sudetto, che non tenesse bolletta né passaporto, non abbadando alla fede di sanità, et a lettera particolare, che lo stesso patron Scarpazza teneva diretta al luoco medesimo, trattenendole pur anco un forziere de’ mobili diretto con lettere al Podestà de’ Due Castelli, cittadino di questo Conseglio, anzi aperte le lettere suddette da francesi, fu licenziato senza pagamento, havendo ottenuto l’uno e l’altro in gratia la salvezza delle loro barche, minacciate d’incendio dalli francesi medesimi, così che in questa città gli stessi paroni hanno impresso non poco timore agli altri marinari, che mi ricercano essere suffragati de’ passaporti, quali ho creduto sino ad hora non concedere senza un positivo publico comando, come in più mano di mie soggettai all’eccellentissimo Senato, dal quale imploro  con tutta la sommissione il modo di dirigermi, per non eccedere coll’uso di tale passaporto le commissioni, ingiontemi nelle venerate ducali di 28 spirato, d’assistere a legni suddetti, né pregiudicare all’auttorità suprema della Serenità Vostra.
In questo punto inchino le ducali dell’Eccellenze Vostre di 29 spirato, che dispensano ducati quattrocento di ragione obbligata in difetto del libero per supplire al bisogno della restante rimonta dell’artiglieria, costruttione de’ restelli, fabbrica de castelli, et utensili per le cernide che occorressero destinarsi, e per le paghe di queste, ma come nelle ducali medesime vengono eccettuati i soldi per lira e cinque per cento, così m’avanzo ad humilmente riflettere che altra natura di danaro non ritiene questa Cassa, poiché non ha del libero nemmeno per i soliti aggravi, essendovi molti creditori d’essa che non possono conseguire la sodisfattione e tanto più, quanto che il dazio dell’oglio inaffittato, che è l’unico sforzo della Cassa medesima, non corrisponde colla sua rendita, che scarsamente riguardo le pocche speditioni che se ne fanno in Friuli, così che per tale mancanza mi trovo pure nell’impossibilità di contribuire al condotto Antonio Sala il suo stipendio mensuale, quando dall’eccellentissimo Senato non me ne venga facilitato il modo, rincrescendomi che nella ristrettezza di questa povera Cassa sia costretto a riuscire molesto alla Serenità Vostra.
Nell’atto di spedire le presenti, trattenute dalla contrarietà de tempi, mi perviene avviso che in questi giorni dal Capitanio di Pisino fatti avanzare ad Orsera 30 in 40 uomini sotto la direzione d’un Sargente e loro Caporale, per ivi sorprendere qualche corpo de francesi che colà liberamente praticano, e ritrovandosi alcuni di questi a travasar vino, avvisati dell’arrivo de tedeschi, si ritirorono colle lanze alle navi, dalle quali fatto subito lo sbarco di 200 soldati marchiorono in tre corpi per assalire gli inimici, ma questi ebbero tempo di ritirarsi senza che sia seguito verun incontro, tutto che rintracciati per qualche tratto di quel territorio dai francesi medesimi. Le tre navi, che colà dimoravano se ne sono partite due in Quarner, e l’altra si dice verso Goro, lasciando in luoco stesso d’Orsera in quelche agitatione per l’espressioni fatte dal Cavalier di Furbino, e riferite a monsignor illustrissimo Vescovo di Parenzo, et questo piuttosto di genio austriaco che francese, che ancora prenderanno il totale possesso di quel luoco, e forse un giorno lo daranno alle fiamme, e perché da detto prelato e dal suo governatore fu con placidezza ammonito un tal Michiel Filippin loro suddito a desistere dalla continua pratica sopra le navi de’ francesi, ricettandoli anco nella propria di lui casa, mentre ciò rendeva non poco pregiuditio a quel luoco, ciò da lui riferito al Cavalier di Furbin, s’espresse questo assicurandolo di sua prottettione con dire, che farebbe meglio monsignor Vescovo ad acquietarsi, altrimente lo ridurrebbe a stare colla testa bassa; da che sospetta il prelato medesimo che detto Filippino abbia portate le cose con alteratione, venendo considerato questo per la pietra dello scandalo, e forse per l’origine di qualche sconcerto, per essere egli il trucimano de francesi nelle vendite che procurano questi de legni austriaci attrapatti, essendosi espresso anco detto Cavalier Furbin di volere al suo ritorno in Orsera farvi piazza d’armi con ponervi il presidio, onde teme il prelato medesimo che possa succedere a quel sito per tali emergenze qualche incursione degli imperiali confinanti. Tanto mi partecipa il governatore suddetto per nome anco del medesimo prelato.
Mi traspira che a questi confini della provincia possano essere spediti 4 mille uomini da Sua Maestà Cesarea, e s’accresce sempre più il concetto che da segnani, fiumani et altri s’armino barche contro le lanze francesi coll’oggetto di seguitarle ove si portassero.
Ho intanto deliberato di spedire qualche proviggione di polvere a Parenzo, per rendere consolato quel publico rappresentante che me ne replica le instanze, procurando insinuarle il tener luntani quei sudditi dall’apprensione et timore d’alcun sinistro, e nello stesso tempo prestare l’attentione maggiore a’ confini per iscoprire l’arrivo di militie, e disegni che venissero fatti, mentre io intanto nell’uso d’ogni possibile diligenza sarò per venerare le publiche sapientissime deliberationi dell’eccellentissimo Senato. Gratie etc.
Capodistria, 4 maggio 1702.

Marco Zen, Podestà e Capitanio.

ASVe, Senato, Dispacci, Istria, b. 83.
Trascrizione di Umberto Cecchinato.