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19 giugno 1701 Marco Zen

Dispaccio del 30 maggio 1702

N. (senza numero)

Serenissimo Principe,
oltre quanto dalla Publica Sapienza mi fu comesso per divertire che questi sudditi non habbino ad ingerirsi con alcuno de partiti contendenti, ho venerato i comandi dell’Eccellenze Vostre in ducali 20 corrente, che a maggiore dichiaratione della publica volontà soggiongono il permettersi che possano, in caso di necessità di qualche rinfresco, farne la compreda, secondo la possibilità de luochi, e colli riguardi della sanità, il che ho imediate significato con mie lettere a’ rappresentanti littorali, accio che, approdando legni esteri, possano far valere con cautella tale publico sentimento, e particolarmente usarlo colle fregate con bandiere di Spagna, né mancarò io in tanto di prestare tutta l’attenzione per l’intiera osservanza di tali supreme prescritioni. La mattina dei 20 corrente si riccoverarono nel porto di Veruda in Quarner due tartane grandi cariche di sale, quali furono pocco doppo sequestrate da una delle navi francesi che prima l’haveva inseguite, da cui spedita una lanza per abbordarle, uno di quei marinari si diede a nuoto passando in terra, ma fatto sbarco di gente la lanza medesima, ed inseguitolo restò anco preso e condotto colle tartane medesime alla nave stessa, che seco le remorchiò a Rovigno, dicendosi che le dette tartane siano messinesi, e portassero in tal occasione bandiera bianca con dissegno però d’approdare a Fiume.
Mentre venivano custodite dalla nave le tartane sodette in faccia del porto di Rovigno capitorono a quella parte di dì 24 corrente una fusta e quattro bergantini di Segna, con buon numero di armati, parte de quali fatto sbarco in terra in distanza d’un miglio di quel luoco, esplorando et osservando in sito eminente se vi fossero li francesi, ed accertatisi della loro dimora, s’avvanzorono tutti li segnani sopra il scoglio di Santa Catterina in faccia di Rovigno, al numero di 150 circa, ivi con tiri di falconetto che riddussero in terra e con molti sbarri di moschetto, dimostrorono li segnani d’invitare a cimento li francesi, quali doppo haver fatto diversi scarichi di canone, tagliate le gomene, così della nave che delle tartane, seco conducendole s’allargorono in mare, et li segnani raccolte l’ancore e gomene de francesi, considerate di valore sopra ducati mille, l’inbarcarono sopra trabacolo da Sottovento, che nolleggiarono in quel porto, ridducendosi parte d’essi col trabacolo a Trieste, dove per l’incontro sodetto furono ricevuti con dimostrazione di molt’allegrezza.
Dicessi che tali segnani possano essere li stessi che pratticorono l’imboscata, e ch’hebbero il vantaggio sopra francesi in Arbe, come ultimamente ho rappresentato alla Serenità Vostra, e che anzi trattengano appresso di loro dieci schiavi francesi fatti nell’occasione predetta, trattandoli con disprezzo, fra quali vi possa essere il nipote d’un Capitanio d’una delle navi.
Nel numero de segnani predetti v’erano par anco il patrone e marinari del fregadone già bersagliato e preso alla riva del porto di Parenzo, dove li medesimi, portatisi nel giorno di 25 corrente con tre tartane grandi et una peota armate, e montate da buon numero de soldati, e sbarcati al luoco solito di sanità, il patron sodetto fece instanza d’abboccarsi con quel publico rappresentante, dal quale riccevute colle cautelle proprie, ricercò la restitutione d’alcune robbe di pocco valore, lasciate in abbandono col copano che gli servì di fugga, e che s’attrova tutta via sopra di quelle rive, al quale come le fu risposto che non haveva di ciò imaginabile noticia, così soggionse il medesimo publico rapresentante che quando le robbe sodette vi fossero, gli sarebbero anco statte restituite, come imediate seguì nella maggior parte del rimanente de quali, forse consunte da diversi che le traffugò, s’espressero alcuni segnani, stando al luoco di sanità, che ne volevano conseguire il pagamento al loro rittorno in colà, essagerando in tale occasione del publico rappresentante e di quella città, con dichiarationi che volevano essere rissarciti da questi per il valore del bastimento e robbe mancanti, partendosi tosto verso Trieste, chiamando all’obbedienza una peota di questa città, ricercandola se havesse vedute le navi francesi; ed in tale occasione fu conosciuto per capo d’esse tartane il Capitan Candolo da San Zorzi, di Noiar, luoco del Friul imperiale, che per quanto a giorni passati mi sortì penetrare faceva lavorare nel luoco medesimo coll’impiego di quelle maestranze due tartane, una de quali era fra le tre prenominate, osservata nuova, ornata con segni rossi e bianchi, e marcata con aquile.
L’essagerationi predette de segnani in Parenzo e loro sbarco, che fecero in terra nelle vicinanze di Rovigno, com’ha causato non pocch’apprensione in quei popoli, così ha dato motivo alli publici rappresentanti di repplicarmi l’instanza per la speditione di polvere, balle e michie, requisiti de quali ne sono totalmente prive quelle municioni, a che ho creduto proprio di piegare con moderata provigione nei riguardi massime d’accrescere il corragio a quegl’habitanti, con ordine però agl’istessi rappresentanti di non servirsene, che all’occasioni d’indispensabile bisogno, in diffesa della vita e libertà di quei sudditi, anzi d’usare la più cauta osservatione, acciò cessi il timore e resti divertito il motivo d’alcun inconveniente, e come li vedo già ben instruti nel modo di contenersi, essecutivamente alle supreme commissioni della Serenità Vostra, così voglio credere siano per regolarsi lontani d’ogni impegno.
Se sono rinnovate le condotte di proviande in Trieste, e si solecita il carico d’esse sopra poche marsiliane e trabacoli che s’attrovano in quel porto, per scortarle col mezo de piccoli legni armati verso Ponta di Goro all’essercito in Italia, procurandosi da triestini la compreda di brazzere per spedirle ad esplorare gl’andamenti francesi, ed assicurare in tal modo le condotte medesime, havendo terminato essi triestini la concia et armo della loro fusta di 20 banchi, et allestita un’altra peota di dieci banchi, e penetratosi da me che un tal paron del Moro di questa città sia subito tratto a nolleggiare un trabacolo di Lion Gentili, hebreo di costà, quale prima veniva montato da un marinaro di Trieste, e che colà s’attrovi al carico di proviande, non trascuro d’usare tutta l’arte per riddurlo cautamente di qua coll’oggetto di divertirlo desoramente (?) da un tale impegno. S’attrovano nella città sodetta di Trieste 400 soldati circa, e 200 altri ne sono in marchia per quella parte, dove si preparavano alloggi per qualche numero de cavalli, dicendosi che 300 ne possano essere di questi a Postoina, villa di là distante una giornata, dove vengono trattenuti per non esservi in Trieste il modo e le pattuglie necessarie, o che in difetto de quartieri per la fanteria conveniva starsene questa dispersa sopra l’ostarie, et altrove, con incomodo non pocco di quei sudditi. Rimesso il disordine della sospensione del comercio degl’imperiali colla terra di Muggia, da me humilmente accennato in lettere 21 corrente, concorrono quelli per terra giust’al solito a provedersi di sale, vino et altro per uso loro, ed ho il contento che con ciò resti rimossa istessamente la prettesa de dacieri del sale, che instavano d’essere per tal causa rissarciti d’ogni danno che havessero potuto rissentire, et divertito pur anco a quella parte ogni maggiore sconcerto.
Pervenuto a francesi l’ordine di restituire li bastimenti col carico al paron di Castello et a quello di Caorle, levati e spediti ad Ancona per essitarli, si sono dichiarati pronti li francesi medesimi di tant’adempire, esprimendosi che saranno per soccombere con effettivo contante al valore di tutto ciò che mancasse.
Altro per hora non insorge di rimarco, e particolarmente a’ confini di terra, dove presto tutta la maggior attentione per iscoprire qualunque novità, coll’oggetto di poterne ragguagliare prontamente l’eccellentissimo Senato. Gratie etc.
Capodistria, 30 maggio 1702.

Marco Zen, Podestà e Capitanio.

ASVe, Senato, Dispacci, Istria, b. 83.
Trascrizione di Umberto Cecchinato.