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19 giugno 1701 Marco Zen

Dispaccio del 28 agosto 1702

N. (senza numero)

Serenissimo Principe,
palesano gl’imperiali a questi confini, e particolarmente quelli di Trieste, che il duca di Tolosa, partito da Palermo, siasi ridotto con la sua flotta in Puglia, e temono che possa rinforzare le navi di Furbin che si ritrovano in quest’aque; per il che viene solecitata la mossa di militia alle rive del mare coll’oggetto d’impedire qualumque tentativo de sbarchi francesi, prevedendo per altro che succeder possi a Trieste una nuova bombardatione, a’ riguardi di che vanno continuando a ritirare il meglio.
Alle rive poi del mare si fanno da triestini molte precautioni, alzando terreno e facendo trinciere per impedire per lungo tratto che non possa alcuno accostarsi a quella parte per aqua; anzi alla Ponta di Camarzo hanno costrutta una batteria di 6 canoni che guarda il mare, e viene scritto a persona mia confidente, che è la stessa da me già spedita in quelle parti a ricavare i lumi già rappresentati, che s’uniscono i due generali di Varadino e Carlistot col formar un corpo di numero di circa 15 milla soldati per calare alle marine, facendo condure nuova artigliaria per maggiore sicurezza delle medesime e per battere le palandre che s’accostassero alla città; e perché nella lettera scritta al confidente viene asserito che fra pochi giorni possa pervenire la militia sudetta verso questi confini, ho creduto non diferirne alla Signoria Vostra le presenti riverentissime notitie.
Persona di Trieste qui capitata riferisce per certo essere arrivato colà un Sargente Maggiore della sudetta militia a far preparar alloggi per la medesima, et da un cittadino pure di Trieste è stato confidato che il General di Varadino sia per muoversi di breve con 8 mille crovati, parte cavalleria e parte fantaria, per guardar e diffendere quelle marine, havere anco il Conte Adelmo Petaz et il Baron Varenzi spedito a Trieste 100 huomeni per cadauno levati dalle loro giurisditioni, non permettendosi dal General Erbestein che alcun suddito veneto s’introducca in Trieste nemen colle fedi già concertate di sanità. E perché sopra l’invitto fatto in quella città, che chi havesse pegni dovesse riscuoterli, non furono loro concessi, essendosi pentiti i triestini non si sa con qual mottivo, per il che i muggiesani restano molto amareggiati nel timore che venendo bombardata essa città, come sempre più si mormora, restino incendiati e dispersi i loro mobili.
In questi ultimi giorni spedì un tal Bernardo Prandi di Muggia, ch’è pure cittadino di Trieste, per levare con barca sua moglie che s’attrovava in quella città, et approdati al molo i barcaroli furono caricati di villanie da triestini, e due volte licenciati con cominatorie sopra la vita per ordine del signor General, quale, non ostante sapesse a qual buon fine fossero colà capitati, non vole permetterle che levassero la moglie d’esso Prandi, che fece poi il viaggio per terra.
Una delle navi francesi si trattiene in Porto Rose, et le altre due avanzatesi verso Rovigno, intendo si siano inoltrate in Quarner, et altri dicono pure che possano haver voltato il bordo verso Ancona, né mi traspira novità maggiore intorno le medesime.
Fermarono già qualche giorno una latina al cargador di Piscine verso Città Nova, di ragione d’un tal patron Zuanne Surin imperiale, quale caricava di fassi, e mentre osservò questo il bastimento francese bordeggiare al lai (?) della latina stessa, datosi alla fuga, lasciò in abbandono la medesima; anzi, perché questa era in secca, furono obligati per forza dalli francesi alcuni pescatori di Città Nova a remorchiar la latina stessa fuori della secca, et in tal modo condussero secco.
Mi sortisce in fine haver pur anco che da pocchi giorni vengano nuovamente condotte proviande in Trieste alla quantità di cinquanta carra alla giornata, il che rende molto scontento a quegli habitanti, quali da ciò argomentano sempre più lungo l’incomodo loro a quella parte.
Con tale opportunità devo a scanso del mio humilissimo debito rappresentare alla Serenità Vostra che, sendomi stato, con ducali dell’eccellentissimo Senato 27 aprile trascorso, commandato il differire la solita visita della provincia, nei riguardi delle emergenze correnti, et havendo da quel tempo in qua sempre versato il mio povero spirito nelle multiplicate publiche incombenze a questa parte, mi ritrovo tuttavia in difetto della medesima, havendo creduto non abbandonare il publico servitio, massime nei riflessi di quanto giornalmente va emergendo al confine di Muggia con Trieste, quali meritano sempre più una particolare personal attentione; et avvicinandosi il termine di questa carica, che doverò cedere a 19 ottobre prossimo, reputo di mio preciso dovere il rassegnare questo positivo riverentissimo motivo alla Serenità Vostra, perché la defficienza di questa importante incombenza, se ben adempita per quello ho potuto con indefessa applicatione anco fermo nella presente città, sia notta alla Publica Suprema Sapienza, dalla quale mi sia prescritta la publica volontà, acciò veda assicurata anco in questa parte la tenuta mia direttione dal publico riverito sentimento, né resti col ramarico di questo diffetto, nel quale sarei sempre incorso, coll’oggetto d’impiegarmi in altra non men importante incombenza, rassegnato però sempre ad ogni publico riverito comando.
Per il giro poi della publica scrittura imploro con profondo osequio la bonificatione della spesa di questa Camera, fatta in due brazzere spedite a posta con lettere alla Signoria Vostra nel partecipare la bombardatione di Trieste, et altre emergenze delle navi francesi.
Donino l’Eccellenze Vostre un perdono benigno alla presente digressione, prodotta dal zelo del publico servitio et dal debito di non mancare a tutto ciò che fosse prescritto alle mie divote incombenze. Gratie etc.
Capodistria, 28 agosto 1702.

Marco Zen, Podestà e Capitanio.

ASVe, Senato, Dispacci, Istria, b. 83.
Trascrizione di Umberto Cecchinato.