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19 giugno 1701 Marco Zen

Dispaccio del 5 settembre 1702

N. (senza numero)

Serenissimo Principe,
sabbato decorso, doppo pranzo, arrivò in Trieste il Conte Rabbata, Capitanio di Gratz, col seguito di circa settecento soldati con voce che possa calarne qualch’altro numero, né precisamente si traspira il fine di tale suo viaggio, mentre alcuni dicono per Sopraintendere al Generale Erbestein, o per dargli cambio atteso che viene malveduto questo da triestini et altri motivano che possa inquirire contro d’esso dell’operationi passate sopra vane indolenze portate dal Capitanio di Trieste, per nome di quella città, continuando in tanto le condotte di proviande in quel luoco.
La notte stessa di sabbato, unitesi tre piccioli legni armati de triestini, cioè un bregantino e due brazzere con circa 150 soldati, parte nacionali e parte crovati, si fecero vedere alle rive del mare verso Pirano, dove scoperti da uno di quegl’habitanti che si portava in campagna et avvisatane la terra, fu imediate dato il tocco della campana a martello, e fattesi grande confusione et sollevatione nel popolo con qualche sbarro senz’offesa d’alcuno, restò da ciò divertito l’avvanzamento di quella gente, che si crede potesse a quell’hora portarsi verso le Rose per tender insidie et imboscate contro francesi in caso fossero venuti a terra per far aqua o legna, et abbrugiare la barca della quale si servirono già di palandra per bombardare Trieste, per il che si sono molto doluti, et hanno fatte pungenti e temerarie dichiarationi, particolarmente contro piranesi, essacerbati pur anco perché questi possano havere soministrato tavole a’ francesi per formare la palandra sodetta, come in altre mie humilissime rappresentai all’eccellentissimo Senato.
Domenica mattina, verso il mezo giorno, fece rittorno il Kavalier di Furbino in quest’acque colla sua nave, colla quale s’era portato in Ancona, in tempo che là precedevano tre bregantini di segnani, e doppo haver l’altra nave ancorata in Porto Rose, sbarrato contro de medesimi circa 20 canonate, che però non colpirono per essere distanti, e scarseggiavano le navi stesse di vento, s’avvanzorono detti bregantini verso Pirano, dove quei sudditi, fattisi vedere tutt’armati, diedero motivo a’ segnani medesimi di allontanarsi e riddursi a Trieste, facendo pur questi rissentite dichiarationi per un tale atto di ostilità.
Domenica, doppo pranso, si fecero veder poi li triestini e crovati col bregantino e due brazzere alla Ponta Grossa, luoco di questo territorio, dove sbarcati si portorono in quelle case vicine, asportando polami senza pagamento e causando confusione e sconcerto in quei sudditi, per le continuate dichiarationi che ivi fecero contro il publico nome, con minaccie d’incendii a’ luochi del confine, detrahendo particolarmente a causa della solevatione contro di loro seguita la notte antecedente in Pirano, e si fermorono colà sino al tardi.
La scorsa notte di domenica sopragiunsero tre galeote grandi in rinforzo de francesi, dicessi però tolte a Dolcigno, montate da 150 soldati circa l’una, due de quali sono armate di milicia francese, e la terza de napolitani, divulgandosi che possa essere in viaggio altra galeotta francese con due navi.
Altro di notabile per hora non mi traspira, quantunque incessanti sianno le dilligenze che dal mio debito vengono estese per rittraherne i lumi più certi, non mancando intanto di nuovamente applicare gl’ordini molte volte avvanzati a publici rappresentanti littorali per l’uso della maggiore desterità e cautella, per divertire che da sudditi non venga intrapresa verun’accione che secco porti imaginabile impegno a favore o danno dell’uno o l’altro de partiti contendenti, ma sia procurato sempre di scansare gl’incontri tutti d’inconvenienti, e particolarmente nella terra di Pirano, dove serpendo un odio particolare verso triestini per le continuate dichiarationi di questi, pare che provi difficoltà quel publico rapresentante di contenerli nella dovuta moderatione, insinuata da me coll’uso di tutto il vigore anco ad uno de Sindici di quella terra, capitato qui hieri personalmente, né mancarò d’accudire particolarmente a quest’importante fine per togliere l’occasione de sinistri e di tali pericolose sollevationi, per uniformarmi con ciò intieramente a supremi venerati sentimenti dell’eccellentissimo Senato. Gratie etc.
In questo punto mi capita l’unito foglio del General Erbestein da Trieste, che contiene una modesta indolenza per l’accaduto a Piran, al quale ho creduto rispondere, cohonestando (?) il successo, col tenore dell’unite, in atto di buona vicinanza e col fine di impedire maggiori sconcerti, rincontrandosi nel tempo stesso da me l’insinuationi più vigorose alla prudenza dell’eccellentissimo signor Podestà di Pirano, acciò vengano in quella terra totalmente levate le rimostranze d’ostilità, né mancarò d’accudire, come faccio incessantemente, perché restino disimpressi li sudditi dal timore che concepiscono dall’osservatione de legni armati, dalle dichiarationi de triestini et accrescimento di milicia verso il confine, augurandomi in ciò quella buona sorte che vaglia per rendere a Vostra Serenità ed a cadauna dell’Eccellenze Vostre i testimonii più costanti del debito che m’accompagna verso il publico riverito servicio. Gratie etc.
Capodistria, li 5 settembre 1702.

Marco Zen, Podestà e Capitanio.

Allegati: dispaccio di Erbestein al podestà di Capodistria, e risposta di quest’ultimo (3 cc.).

ASVe, Senato, Dispacci, Istria, b. 83.
Trascrizione di Umberto Cecchinato.