19 aprile 1702 Antonio Dolfin
Dispaccio del 19 aprile 1702
N. (senza numero)
Serenissimo Principe,
aprodatto sotto il 16 corrente in questo porto un fregadone con otto o dieci persone del Stato imperiale, che per quello ricavo havevano qualche picciola summa di biada, questa dopo essersi in quest’aque fermato tutto il naviglio medesimo, la mattina seguente fece vela verso Dalmatia, ma con la prosecutione del viagio incontratto vento non troppo favorevole, et anche due fregade francese, che verso le acque di Orsera et questi contorni veleggiavano, tornò il fregadone sopradetto indietro, et diede fondi nuovamente nel luoco primiero, da dove non essendosi mai lontanato; comparsa oggi a questo porto, verso le ore 21 circa, una fregata francese, alla veduta della quale datasi tutta la gente che si trovava nel fregadone stesso alla fuga, restò quello in abbandono; al fine approdata una lancia della fregada francese al luoco della Sanità con diversa gente di detta nattione, fecero a questa carica intender di voler venir alla mia presenza; onde con li riguardi et cautele di sanità fatti introdurre, mi fu esposto, dall’Alfier di ditta squadra, là essendo per comando del suo Re stati spediti in questi mari suoi navigli, per conseguir li stessi et tenir li mari da bastimenti imperiali, et sapendo attrovarsi uno de’ detti in questo porto, per il rispetto et buona corrispondenza che tanto il suo Re, quanto la corona di Spagna professano alla Serenissima Repubblica, supplicava in nome di detta corona le fosse permesso il fieno del bastimento sudetto, per esser di ragione de’ suoi nemici, et che in caso questa carica non volesse permetterli, havuto in scritto tal sentimento, sarebbero con tutta rassegnatezza (!) per partire, senza far passo alcuno; io seneralmente (!) et lontano da qualunque impegno le risposi che, sì come questa rappresentanza è di ciò totalmente ignara, così alla stessa non incombe né permetterli, né inibirli, che perciò essendole massime chiaramente nota la neutralità della Serenissima Repubblica con dette corone, dovessero deliberar quello più proprio stimassero; così che dopo esser stati accorti nella forma che alla mia debolezza è parsa più propria, partirono con segni di molto agradito rispetto; et portatisi con la lancia sotto il loro naviglio, consumato il termine di mez’hora circa cominciarono cannoneggiar il fregadone stesso, dopo haver prima mandato un copano ad avisar le barche circonvicine si dovessero lontanare, voglio supor per vedere se nel medesimo vi era gente; et poi approdati con due lance et una peota al medesimo, quello assalirono et lo condussero sotto la fregada francese; onde del successo ho stimato di mio riverendissimo debito et indemnità, senza frapositione di tempo, portarne minutamente li raguagli alla Serenità Vostra per quali riflessi più proprii; sì come con tal incontro non posso in adempimento del debito che mi corre omettere di rappresentar alla Serenità Vostra che, gionto io a questa carica, scuopro questa città desolata d’ogni bisognevole, essendovi dalla parte delle mure della stessa in stato cadenti et parte diroccate; di modo che fui li giorni passati astretto far in luocho più sotto l’ochio instruir un torno di mura a secco; le porte in poco buon stato, et massime quelle da terraferma, tutte cadenti et senza cadenazi, di modo che, non potendo più servirsi, conviene questa città, ne’ correnti influenze, anco in tempo di notte, star aperta et a disposizione di chiunque vol entrarvi; le munitioni esauste del bisognevole; il reggimento privo di qualunque forza; causa la stessa che anco li sudditi si mostrano renitenti a’ comandi della giustitia, havendo oggi provato fatica et non poco disturbo per rinforzar sotto li posti di sospetto, et perché restino eseguiti li comandi del Magistrato eccellentissimo della Sanità; onde in qualunque altro incontro che fosse per nasser, non saprei in quanto mi potessi comprometter; particolari tutti degni d’esser soggettati a’ prudenti riflessi della Serenità Vostra, perché possino devenir a quelle deliberationi che sarano stimate più opportune coll’esecutioni de quelli riverissimo me l’inchino. Gratie etc.
Parenzo, 19 aprile 1702.
Antonio Dolfin, Podestà.
ASVe, Senato, Dispacci, Istria, b. 83.
Trascrizione di Umberto Cecchinato.