8 aprile 1651 - 1652 Marco Bembo
Dispaccio del 6 giugno 1652
N. (senza numero).
Serenissimo Principe,
il dubbio del invasione inimica a questi confini, si come portava questioni di consequenze gravissime et d’importantissimi pericoli in riguardo alle corispondenze pratticatesi tra li Sangiachi di Scutari et Herzegovina, che uniti potevano (?) forze prepotenti, riduce tutto il paese ad angustie callamitose; così Dio lodatto, declina di molto dal conservarsi per gl’avisi che mi pervengono da discussione di essi due Sangiachi, resisi mal affetti reciprocamente in questo statto di cose pur che si restringa il sospetto alle sole machinacioni dell’acenato Sangiaco di Scutari Giusufbegovich, che certamente aspira alla recuperatione di Zuppa et ad ogni altro attentatto possibile sopra queste parti, di già rapresentatto a Vostra Serenità con più mano di reverentissime mie et, si come io nulla trallascio per assicurare tra la debbolezza delle publiche forze con l’avantaggio de sitti, quella diffesa et resistenza che può costituirsi più vallida sotto il divino patrocinio, così riflettendo il proffitto grande che può ricavarsi dal dis(?) dalle die lui truppe li popoli di Barda, bellicosi sopra gl’altri tutti di questi contorni, persisto con l’impiego sempre frutuoso del Cavalier Bolizza, nelle prattiche già signifficatte a Vostre Eccellenze, col Conte Illico da Cuzzi, principale et stimattissimo appresso loro, acciò non degenerando da proprii doveri verso Dio et la Publica maestà col sostentar immutabile la di(?) stessa (?) il proprio meritto per sperare opportunamente le condegne retributioni. Egli si dimostra ottimamente disposto, ma per totalle sicurezza, replica pure l’instanza de panni dessiderati, considerando che quella gente assueffatta a godere recognitioni etiamdio da Turchi medemi, quando se ne prevalgiano, si repputa spiezzata, mentre non si vede remuneratta. Non è mottivo che più mi affliga di quello che tende a publichi dispendii che vorei poter divenire con ogni proprio incomodo et pericolo, a ciò obligandomi devotissimo zelo verso la patria Serenissima, ma quando le contingenze non permettono trascurare del tutto le proposte per tropo interessatte di chi può gioccare molto, convengo sottoportle almno a riflessi sapientissimi di Vostre Eccellenze per conformarmi io sempre alle loro perscrittioni, trattenendo intanto il Conte con ufficiosità amorevoli, senza alcun impegno.
In ugual forma ho pure procedutto con la famiglia Caruzzi di gran tempo meritevole della Publica protettione et che pressumma accresciutti altamente i proprii meriti col disfacimento delle fuste di Dolcigno, già avisatto a Vostre Eccellenze l’eccellentissimo signor Procurator Proveditor General Foscarini con sue lettere di dieci del passato, si è compiaciutto pre scrivermi a dover in premio di tal opra contribuire due vesti di pano per ciascuna delle due parti pretendenti o il suo vallente restringendo la recognicione medesima sul suposito di poter essersi conseguitto disfacimento si importante da caso fortuitto et non da mano opperante, incaricandomi ad ogni modo a renderli contenti con placidezza di parola, per tenirli ben disposti ad ogni altro publico servicio, tanto io ho essequitto, mentre ad altra gloria io non aspiro che d’ossequio esemplare qual regola la più infervoratte mie applicationi versoil bene della patria. Li Caruzzi però non hanno potutto contenersi da doglianza vivissime, nel presuponersi defraudatti della certezza di tanto merito d’essersi reputatta vile et abietta l’accione loro alla buona condotta della quale pretendono haver con rara generosità sottoposto la vitta et le fortune proprie. Le prattiche da me tenutesi puochi giorni antecendeti a quel successo con essi loro, mediante il prette fratello et cugino de medesimi respetivamente espressamente ispeditole con concerti verifficanti nell’opra et l’eccidenza de tagli dei cavi giustidicatissi con esami sufficienti già rimessi all’Eccellenze Vostre, si come non posso ridurmi ad imbiguità le stesse proprie buone direcioni del loro opperare, così non hanno permessomi il porle in dubbio, il merito insigne di cui giustamente si gloriano, che senza essitatione presapongo veramente suo.
Ho ad ogni modo insistitto efficacemente per divertire le loro doglianze et disporli a ricevere con ameno contento quel tutto che viene dalla Publica regale munifficenza, la loro casa in tante altre orationi havendo goduto frutti amplissimi della medesima, che in più felici congionture potrano sperare sempre con la perseveranza de loro degni impieghi, s’humuliano a publici per benplaciti, ma non possono dichiarirsi consolatti. A Vostre Eccellenze lo rifferisco divotamente perchè nulla tacer li devo che concernere possa nei riguardi all’avenire Publico interesse, nel resto pur troppo io sodisfacendomi de più riservatti accennati publici, sempre desiderabili al buon cittadino che mi preggio di essere, avidissimo di conservare la città ad esaltatione et felicità della patria Serenissima. Gratie etc.
Adi Cattaro li 6 zugnio 1652.
Marco Bembo Proveditor Estraordinario.
AS Venezia, Senato, Dispacci, Cattaro, b. 3.
Trascrizione di Giulia Giamboni.