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8 aprile 1651 - 1652 Marco Bembo

Dispaccio del 12 giugno 1652

N. (senza numero).

Serenissimo Principe,
hoggi capitatomi un esploratore confidente dal paese, mi rifferisse con qualche veridico fondamento che tra li popoli Clementi sopr’Albania et quel Sangiaco Giusufbegovich sia seguit qualche principio d’hostilità, come pure con quelli di Podgoriza che han dato ad uno a l’altro ferito d’essi popoli et questi il sacheggio a doi villaggi del medesimo Sangiaco con morte di quindeci suoi colloni. Di già mottivo il Conte da Cuzzi, che andava nutrendo le forme per caggionare ciò ad oggietto di conseguir la disunione tra loro essi, et haver a tal fine chiamato il medesimo Illico da Cuzzi, quale sii andata solo, tenend’artifficiosamente cellata la sua opera in questo; prego Iddio veder stabiliti questi rumori fra loro, che saran li primi, nè sentiti inanti che sarian a sollievo del Publico servitio per più riguardi et per ciò, quando segua la verità, di molto merito puota dirsi l’impiego del detto conte Illico, in che di già l’indursi a sicura promessa, col mezo in tutto valevole del Cavalier Bolizza, come con distintione raguagliai la Serenità Vostra.
Nelle ducali benignissime di 26 aprile et 4 maggio ultimamente decorsi, tengo l’espressioni del gradimento stimatissimo di Vostre Eccellenze verso l’operationi del mio naturale dovuto zelo nel servitio della patria, di che con tutta la sommissione me le humilio. Per quello divisava il Sangiaco Giusufbegovich, con secrete pratiche, l’indure li Zuppanni alla nova soggiettione del suo commando, resti lodato Iddio, reciso il (?) a suoi fini coll’aresto delle tre negotiatori nel fatto et del quanto supposto loro compagno, caduti in queste forze tutti in un tempo stesso, non havendoli per lunga tolleranza accompagnata dalla desterità possibile, dato causa d’insospetirsi, come distintamente rapresentai alla Serenità Vostra in lettere precedenti di 16 maggio, onde non solo non è stato insinuato tal morbo fra gl’altri capi Zuppani, ma questi divulgando l’infedeltà de gl’accennati per le dillucidationi havutesi d’ogni particolarità de più parti del paese, bramavano vederne crudelissimo spetacolo et essi farseli ministri della morte. Ho da più altri segni compreso la constanza che nutriscono, facendoli per ciò continuatamente io conoscere le più affettuose rimostranze et quinto che sarà il formentone con li risi, andarò osservando l’apperture per confermarli sempre più nella certezza della liberale publica assistenza, et d’esserli nelle loro necessità pronto il caritatevole sussidio dalla mano della Serenità Vostra; et per risparmiare poi questo capitale a miglior occorenze, quando non scorga in essi il bisogno o causa premente, al publico rispetto al quale n’ho acuratissima mira. Nuovamente m’impone l’eccellentissimo Generale la trasmissione d’essi rei col processo, come pur io di già le havevo motivato et tanto dovurò essequire coll’occasione prescritami, dalla cui gran virtù havuran a delliberarsi gl’espedienti nel caso il quale, si come di principio quand’era occulto a gl’altri e che puoteva temersi alcun adherenza considerabile fra quei popoli, persuadeva assicurarsi de rei medesimi con pretesti d’altre cause, come facci, et tenerne cellata la vera ragione fino a migliore opportunità, così di presente ch’è fatto palese da stessi popoli et che niuna dependenza ne sia a favor delli detti Rapresentanti; anzi implorarsi per il loro castigo severeissimo, parmi per mio humilissimo sentimento che dalla morte di questi felloni, dandoli luoco alla giustitia, per la qualità dell’eccesso succederebbe per essempio a gl’altri nel stabilirne più perfettamente la cognitione del proprio debiot a sudditi, verso il servitio della Serenità Vostra, com’all’incontro in caso diverso, puotia per altri accidenti dillatarsi più francamente l’introduttione di si pessimi tentativi fra quella gente, il che tutto per il dono che in tutti gl’incontri m’è permesso dalla benignità singolare dell’Eccellenze, ho dovuto mottivarle per quello più opportuno conoscesse la sua sapienza.
Le ho pure più rapresentato l’urgentissimo bisogno di tende, remi et di diversi armizi per le barch’armade, et di già anco stessamente de remi per la gallea arbesana, alla quale mancano per più della metà, oltre molti altri quasi inutili fra li puochissimi che ne ha, cioè a soli aceri per banda, a segno ch’è vicina a reddursi in questo porto, inhabile al servitio per li fatta mancanza, onde considerin l’Eccellenze Vostre quanto prema a Publici rispetti renderla celleremente proveduta, ch’apunto l’eccellenza medesima m’aggiunge haver scritto che a dritto camino da Venetia doveva capitare qui, per non tardar maggiormente, mentre la missione si facesse per via di Zara et per le barch’armade, dovendole fare la permuta coll’inviamento d’altre a questa guardia come novamente m’accenna, puotrò in Provincia supliss’al lor bisogno.
Verso l’Arcivescovo di Durazzo non solo, ma ogn’altro più stimato capo nel paese, ho sempre usato tutti gl’atti di cauta desterità per tenerli ben disposti al Publico nome; ne facio et continuarò lo stesso in tutte l’occaasione che nasceranno, come dall’Eccellenze Vostre m’è comesso a servitio maggiore della Serenità Vostra.
Li ducati quatro mille delliberati per quest’occorenza havurò già la publica sapienza da miei distinti raguagli et dalla note di questa Camera compreso, quanto suplir possano se havurò sodifar li bediti contratti, in questo solo non posson adempiere per la metà et se non nella soventioni del pressidio et delle otto barch’armade con la gallera per mesi doi malamente servir puotranno; a questo imploro il sapientissimo rifflesso di Vostre Eccellenze onde si conosca, non mi resta più modo a ritrovar dannari nelle mancanze, ma so quello possi quando la provigione non mi giunga dalla benignissima lor mano, conforme al bisogno, pienamente più volte distinto di queste coninue et ordinarie occasioni. De formenti non veggo pur mentione, ne sendovene in questo fontico che per soli dieci gioni ancora, converò in luoco del pane distribuir nelli terzi a soldati li biscotti, con che si ridduran questo a fine che però in ciò stessamente si ricerca alcun proprio et opportuno provedimento dalla sapienza dell’Eccellenze Vostre. Gratie etc.
Cattaro a 12 giugno 1652.
Marco Bembo Proveditor Estraordinario.

AS Venezia, Senato, Dispacci, Cattaro, b. 3.
Trascrizione di Giulia Giamboni.