14 settembre| 1703 Francesco Pasqualigo
Dispaccio del 12 febbraio| 1704|
N. (senza numero)
Serenissimo Principe,
non ben equilibrate le rendite annuali di questa publica Cassa, con li pesi gravosi e molto superiori che deve sostenere, humiliai a’ publico riverito lume nell’ossequiosissime mie di 30 settembre passato un esato billancio per gl’opportuni compensi; e fui anco, in venerate ducali di 27 ottobre susseguente, constituito in speranza sarebbe la Publica Sapienza andata versando al necessario provedimento, incaricandomi in tanto di sollecitare l’esationi da publici debitori, onde potessi haver modo di sostenere il publico adorato servitio.
Mentre però con rassegnat’ubbidienza m’ero accinto all’essecutione del commando, ho, nella matteria delle sovventioni somministrate dalla publica generosa carità ai nuovi habitanti in questa provincia, non solo trovat’esser stati dalla felice mente del fu eccellentissimo signor Girolamo Caotorta, mio precessore, con la sua zelante vigilanza, scoperti invalsi disordini, ma non regolati, di rilevante consequenza a’ publico pregiudicio, sì nella vendita de beni di publica ragione fatta da essi habitanti, come nella renitenza de compratori di soccombere per li terrenni medesimi al pagamento delle sovventioni precitate; ma insieme, emanato dall’auttorità suprema di Vostre Eccellenze successivo decreto in ducali di 7 giugno 1692, che prescrisse all’Eccellenza Sua di rilevare in catastico la qualità e quantità de beni predetti, come da possessori goduti, e con quali investiture.
Io però, con l’oggetto d’internarmi in affare di tant’importanza e drizzare ogni passo al miglior servitio della patria adorata, ho applicat’ogni mio studio a rinvenire il cattastico stesso, ma ogni diligenza post’in uso è riuscita inofficiosa, come ne meno v’è memoria se sia stato formato.
Per mio riverentissimo senso crederei che l’instituirlo rissultar potesse di singolar publico profitto, perché oltre il ponere in chiaro li beni di publica ragione a perpetua memoria, et l’assicurare li crediti ben rilevanti di Vostra Serenità per l’imprestanze praticate, si potrebbe per mio riverente parere obligar anco cadaun possessore de beni stessi a contribuire annualmente in questa publica Cassa qualche segno dell’alto Dominio, o pure astringerli a rinovare l’investiture ogni certo limitato tempo, a maggior sicurezza del publico interesse.
Punto di non inferior momento considero pure quello delle case concesse dalla pietà publica a’ cretesi nella città di Parenzo. Con più mani di venerati decreti l’Eccellenze Vostre prescrissero ad essi l’obligo d’habitarle, cominandoli la pena di decadere dal benefficio affitandole ad altri, dovendo cadere gl’affitti a pro di questa publica Cassa. In attesa ad ogni modo non scorgo venir praticati esborsi, tuttoche venghi contravenuto, per quello rilevo, dalla Publica Volontà; anzi, pare che alcune siano stat’inalzate et abbollite dalle pietre quelle memorie che contrasegnavano le ragioni della Serenità Vostra.
Come però in questa distanza non ho potuto di tale verità maggiormente assicurarmi, così, dipendendo questa da una diligente inquisitione, non posso che rassegnarmi ai publici sovrani prescritti, diversamente riflettendo che molto consentaneo sarebbe il catasticare in luminosa maniera anco le case predette, e per troncar in avvenire la radice al publico pregiudicio, imporre a possessori d’esse obligo eguale a quello de nuovi habitanti precitati, acciò col tempo non perissero le publiche ragioni.
Anco nella matteria de dacii e fischi de rei contumaci rilevo un difetto di somo momento, che per capo di publico servitio chiama opportuno compenso. Trovavasi negl’anni andati assistita questa rappresentanza dal ministero d’un Fiscale, che nell’occorrenze sosteneva il publico interesse, ma professatosi d’aggravarlo in decime et annate, tuttoche egli non essigesse alcun salario, renonciò tale carico, ne più si trovò alcuno che volesse assumerlo. Il zelo del precitato eccellentissimo Caotorta spiegò a publico lume l’inconveniente, et la Publica Sapienza, nella compresa necessità di veder assistite le publiche ragioni, decretò nel dì 12 giugno 1693 che dagl’eccellentissimi signori Proveditori et Aggionti sopra Danari fossero suggeriti quei ripieghi che havessero reputati opportuni et aggiustati.
Non nata però giamai sopra punto sì essentiale alcuna deliberatione, mi conosco in obligo di farne all’Eccellenze Vostre humilissimo cenno, tanto più che vedo portata denoncia in questa Cancelleria d’usurpo di beni confiscati che dovevano divolversi in Cassa publica; pregiudicio che procede dalla mancanza di Fiscale, come lo stesso deve seguire di tanti altri di ragione di rei capitalmente banditi.
Per mio humilissimo sentimento reputarei però molto conferente al publico interesse l’ellettione provisionale di tale ministro sino a nuove publiche deliberationi, acciò le ragioni di Vostra Serenità non restassero maggiormente abbandonate.
Havendo voluto finalmente instruirmi anco della matteria tanto gelosa et importante de confini, ho scoperto trovarsi con indecenza essistere appresso quest’ordinario Archivista in confuso, e disperse tra vollumi, scritture di tanta conseguenza, come pure li registri delle ducali, dissegni et altre publiche memorie particolarmente della Valle di Montona, senz’haver egli ricevute le necessarie consegne nell’intrapresa del ministero seguita due anni sono. Carte però sì pretiose, come meritano esser custodite con distinta gelosia, così giudicarei proprio riponerle in armaro a parte, et fatto formare con qualche moderata recognitione un diligente repertorio per havere in ogn’occorrenza sempre pronto ogni lume, prescrivere che li Cancellieri, di reggimento in reggimento, havessero a praticarsente la consegna per dover renderne sempre conto, rimanendo poi li vollumi civili e criminali all’Archivista predetto.
Consacro tali miei humilissimi sensi all’intendimento sovrano dell’Eccellenze Vostre, come parti prodotti da quel zelo che m’accompagna e che da me sarà sempre inseparabile per il miglior publico servitio, rassegnato però io sempre alle loro sapientissime et infallibili deliberationi. Gratie.
Pinguente, li 12 febbraio 1704.
Francesco Pasqualigo, Capitanio di Raspo.
AS Venezia, Senato, Dispacci, Istria, b. 85.
Trascrizione di Umberto Cecchinato.