15 maggio| 1704 Vincenzo Longo
Dispaccio del 9| luglio| 1704|
N. (senza numero)
Serenissimo Principe,
con mie lettere sino li 8 giugno scaduto, consegnate a patron Zuanne Cerigotto dalla Zuecca, rassegnai all’Augusta Maestà di Vostra Serenità la pretensione di questo reverentissimo don Pio de Cavalieri, Auditor General Capitolare, di voler far giuditio sopra contraditione nel suo offitio annotata, da Lunarda figliola di Zuanne Salata, col fondamento d’esser stata ingannevolmente deflorata da Steffano Masseroto quondam Michilel, e la maniera con cui in ciò mi sono diretto. Unito alla notitia sudetta ho pure alla publica sovrana maturità humiliato il preteso disordine del sudetto reverendissimo Auditor General Capitolare di voler ne’ casi accorrono gli essami d’ecclesiastici, esser da questa carica con lettere dimissoriali riconosciuto, ma di cosa alcuna non ha la mia riverenza venerata deliberatione di sorte. Per essigere però dalla Publica Sovranità l’oracolo a di cui norma la mia divotione possa dirigersi, humilio novamente in copia le precedenti lettere acciò rilevi più diffusamente la vera essenza de fatti precitati. Gratie etc.
Rovigno, 9 luglio 1704.
Niccolò Longo, Podestà.
Allegati: dispaccio di Nicolò Longo, podestà di Rovigno, datato 8 giugno 1704 (1 c.).
Serenissimo Principe,
il giorno spirato, in tempo che questa carica n’haveva tutta l’ignoranza, fu esposto per nome di Steffano Masseroto quondam Michiel, di questa terra, per essere stato annotato li 3 del mese sudetto da Lunarda figlia di Zuanne Sallata, non solamente atto di contraditione nell’officio di questo reverendissimo don Giovanni de Cavalieri, qui Auditor General Capitolare a sponsali, e matrimonio ch’intendesse il sudetto Masseroto di far con altra donna, stante l’impegno che ha con essa Lunarda, ma pure per parte di questa presentata scrittura, con la quale invece di voler convalidar l’atto di contraditione sudetta, per l’impegno asserito adusse il motivo della stessa esser il lievo del di lei honore, pratticato con finta promessa matrimoniale da Masseroto medesimo li 8 decembre dell’anno scorso alle hore una di notte alla sua habitatione. Ma, perché a me parve materia non aspetante a giudicio ecclesiastico in vigor delle leggi, nel giorno medesimo scrissi al sudetto reverendissimo Auditore per l’annullatione di essa contraditione ed ogni altro atto sussequente, salve le ragioni alle parti aggravate di portar le sue indolenze, trattandosi causa di stupro, avanti il suo Prencipe naturale od a questa rappresentanza, come giudice laico e consequentemente competente, al che esiggei immediata risposta, che dovessi pazientare sino che havesse il rescrito da monsignor illustrissimo Vescovo. Hoggi però mi arriva altro foglio del predetto reverendissimo de Cavalieri, in cui s’esprime non haver havuto intentione d’ingerirsi in quello concerne l’asserto stupro, ma solo sentir la causa della semplice validità od invalidità della contraditione dalla Sallata interposta, poiché tal causa non mira ad altro che al sacramento del matrimonio, col pretesto del quale procura assumersi una auttorità che non se gli appartiene. Se la causa havesse altro motivo che di stupro haverebbe fondamento di ciò rescrivere, e se seguisse nel foro sudetto il laudo di ditta contraditione, per consequenza è dichiarato reo il Maseroto, cognitione che non può fare se non il giudice laico, al che pure mai potrà venire senza che non preceda con essami del stupro la prova. Questi sono stati i motivi che hanno mosso la mia debolezza, per manutentione dell’auttorità prettoria e del Principe, a scrivere nella conformità motivata al detto reverendissimo Auditore, che non solo in simil caso, ma pure in consimili possibilmente con destrezza procura arrogarsi ciò che non se gli aspetta. Pretesa che ha fra le altre è l’abuso prohibito da tante leggi di voler che questa reggenza, in casi che bisognassero essami de ecclesiastici, tanto civili che criminali, che prevedano lettere dimissoriali e che gli ne dimandano la licenza di farlo, senza il qual preteso requisito ricusano universalmente tutti gl’ecclesiastici di capitare.
Alla sovrana sapienza però di Vostra Serenità humilia il rispeto mio riverentissimo dell’emergenze peritate le notitie, colla mira di venerare con la più cieca obbedienza le supreme sue infalibili deliberationi, che imploro a norma delle mie rassegnate dirretioni per il miglior servitio di Vostra Serenità. Gratie etc.
Rovigno, 8 giugno 1704.
AS Venezia, Senato, Dispacci, Istria, b. 85.
Trascrizione di Umberto Cecchinato.