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14 settembre| 1703 Francesco Pasqualigo

Dispaccio del 8| luglio| 1705|

N. (senza numero)

Serenissimo Principe,
un commando degl’Eccellentissimi signori Savii Essecutori all’Acque e Reggimento all’Arsenal, essecutivo di sovrano decreto di Vostra Serenità, per il taglio di vintiotto mille tolpi ne boschi particolari della provincia per il riparto di cotesti lidi, la difficoltà rilevata di poter rinvenire questo numero, et l’incarico pervenutomi già alcune settimane di stabilire qualche appalto di tolpi esteri, hanno servito al mio zelo divoto d’efficcace stimolo d’andar essaminando la matteria per penetrare la vera causa da cui procede la scarsezza di tale qualità di legname in paese sì copioso di boschi, et ubertoso di piante.
Instruitomi però in affare di tanta consequenza, trovomi in obligo di consacrarne alla Publica Suprema Sapienza il rissultato per i necessarii compensi.
Sino nell’anno 1587 fu spedito dall’auttorità sovrana dell’Eccellentissimo Senato in questa provincia il nobil huomo ser Nicolò Salamon, con il titolo di Proveditor sopra Boschi. Girò egli tutta l’Istria, e formato un distinto cattastico di tutti li roveri, tolpi e semenzali che giacevano ne boschi e terrenni particolari, ne lasciò copia in quest’archivio a lume della carica da Vostre Eccellenze con più decreti delegata in tale matteria, ma senza però alcuna terminatione che dasse mettodo alla presservatione di capitali così preciosi.
In progresso di tempo scematisi questi andavano avvicinandosi alla totale sua perdita per la licentiosa libertà de Proveditori de Terrenni nel recidere il legname; ma la vigilanza zelante dell’Eccellentissimo signor Andrea Erizzo, fu mio riverito precessore, attenta al publico interesse, stabilì nell’anno 1669 a’ 13 aprile regole salutari reputate valevoli a reddimerli.
Vostra Serenità, tuttavia, riflettendo pietosamente alla sterilità del paese, alla povertà delle genti che trahevano gran parte del loro alimento dalle legne da fuogo che raccoglievano ne stessi boschi, decretò nell’anno seguente 1670 a’ 17 settembre, sopra informationi degli Eccellentissimi Magistrati predetti dell’Arsenal et Acque, con l’oggetto di togliere in ogni tempo a’ particolari i dubii delle molestie, e render lo stato più copioso di piante, che quelli che seminaranno et allevaranno nelle campagne e loro terrenni boschi nuovi di roveri, siano e s’intendano questi di loro particolar ragione, così che possino a loro beneplacito tagliarli, esitarli e disponerli; e ne boschi ch’all’hora già esistevano, potessero farsi li tagli con le dovute licenze ad uso de particolari medesimi per molini, squeri et altro conforme l’ordinario.
Quando però decreto sì specioso doveva produrre l’ottimo effetto per cui fu segnato a publico e privato benefficio, mal interpretato, ha dato fomento alla quasi totale desolatione de boschi, perché non solo non ne sono stati, per quello rilevo, allevati di nuovi, ma fatti anzi da molti patroni rivedere li vecchi, seguito il bosco di pochi roveri reput(ati) buoni, o per venir buoni per l’Eccellentissima Casa dell’Arsenal, ottenero le licenze da questa carica di valersi delle legne inutili; ma non limitatosi il tempo, sono andati e vano tuttavia liberamente tagliando, essendo(vi) tal’uno che con licenze ottenute sino già vinti e più anni va continovando li tagli. Da disordine di tanto rimarco poi deriv(a) che non nascendo più novellami, né potendo crescere semenzali, li boschi declinano alla loro distruttione, e Vostre Eccellenze vano perdendo tanti preciosi capitali, che coltivati potrebbero massime nelle parti litorali della provincia somministrare copiose proviggioni di tolpi e roveri alle publiche occorrenze.
Con il parere però anco di questo Capitanio della Valle di Montona, per mio humilissimo sentimento reputarei sommamente conferente all’interesse di Vostra Serenità fossero nuovamente cattasticati tutti li boschi in luminosa e chiara maniera, e bollati tutti li roveri, tolpi e semenzali atti al servitio, rimanessero li patroni formati debitori sopra un libro per dovervi di tempo in tempo contrapuntare il credito in occasione di tagli publici, o di qualche strana influenza, che le scemasse il numero, e finalmente che ogni certo limitato tempo li Capitani della Valle andassero a rivederli e, trovando crescenti buoni o per venir buoni, darne a questa carica la relatione per farne le necessarie note nel predetto libro a cadauna partita.
Per quello riguarda poi il suffragare, a norma del precitato decreto 1670, con licenze di tagli di legne inutili le miserie de sudditi degne veramente degli effetti della Publica Carità, crederei somamente giovevole e cauto il limitarsi il tempo di mesi sei in cui dovessero praticarsi, perché con questo e con li sudetti mettodi, avvalorati da rigorose pene contro chi ardisse transgredirli, Vostra Serenità col benefficio del tempo potrebbe promettersi abbondanti proviggioni di tolpi e roveri, senza procurarle in Stati alieni con tanti dispendii, et li sudditi render soccorsi le loro indigenze senza dubii di molestie.
Io però humilio tali miei sensi divoti e zelanti alle ponderationi sovrane di Vostre Eccellenze, in prova sempre più certa delle mie fervide attentioni al publico adorato servitio, e perché l’infallibile loro sapienza prender possi quelle deliberationi che fossero reputate più consentanee all’interesse del Prencipato.
Prossimo essendo poi il spirare dell’annuale condotta di questi dacii del formento, vino, animali, pane e beccarie di questo castello, e della muda e taverne del Carso, mi sono in varii giorni festivii conferito al luogo dell’incanto per abboccarli.
Il mio zelo divoto, ch’è tutt’ardore per il miglior servitio di Vostra Serenità, se nell’anno scaduto hebbe il contento di sostenere essi publici patrimonii a lire tremille cento e ottantacinque, con qualche accrescimento alle passate condotte, ha di presente, doppo reiterati esperimenti, sortito la gloria con l’uso de maneggi tenuti a parte d’aumentarli nelle sue tenue rendite di lire cento e quatro, non ostante la strana influenza de tempi corsa, e che tuttavia continua, con sommo pregiuditio delle campagne e de raccolti. Deliberati in tanto da me per lire tre mille duecento ottanta nove, et assicurati con con (!) idonee e sufficienti pieggiarie, ne consacro all’Eccellenze Vostre ossequiosa notitia, perché possi esser decretata la loro approvatione quando tale sia il publico venerato sentimento.
L’Auditore della giurisditione di Pas, Stato arciducale confinante, m’offerisce un condannato al remo, et assicurandomi della di lui habilità al servitio m’avisa rilevare la spesa ducati trenta. Io però ne rassegno a Vostra Serenità il ragguaglio, perché essendo publica volontà io habbi a ricevere, et a farne seguire l’esborso d’essa somma per conservare la buona corrispondenza con esso Ministro, mi siano accennati i publici supremi sensi onde possi prontamente esseguirli. Gratie etc.
Pinguente, li 8 luglio 1705.

Francesco Pasqualigo, Capitanio di Raspo.

AS Venezia, Senato, Dispacci, Istria, b. 86.
Trascrizione di Umberto Cecchinato.