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14 settembre| 1703 Francesco Pasqualigo

Dispaccio del 5| agosto| 1705|

N. (senza numero)

Serenissimo Principe,
avanzandosi a gran passi la desolatione de boschi particolari di questa provincia, et sugeritane a Vostra Serenità la rilevata cagione et i ripieghi che dal mio zelo divoto furono reputati consentanei per redimere dalla loro infelice constitutione tanti publici preciosi capitali, mi trovo incaricato in venerate ducali di 25 scaduto di raccogliere le più esate informationi, sì di leggi stabilite sopra il catastico Salamon da me già accenato, come de decreti dell’Eccellentissimo Senato e regole Erizzo, col di più che intervenisse alla cognitione della materia per sottoporne ai publici sovrani riflessi le necessarie copie a lume delle sapientissime publiche deliberationi.
Inchinato tale commando non ho fraposto punto di tempo nell’essequirlo, acciò che tutto cadendo sotto le purgatissime ponderationi di Vostre Eccellenze, comparisca insieme l’indefessa attentione del mio spirito ossequioso al miglior servitio della patria adorata.
Fatto per tanto un nuovo accuratissimo essame sopra affare di tanto rimarco, et sopra le publiche memorie che vengono custodite in quest’archivio, altro non m’è sortito di rilevare, se non una luminosa descritione de boschi particolari situati in questa provincia, come anco di roveri, tolpi e semenzali sparsi per le campagne in particolari terreni, seguita sino nel secolo antescaduto in tempo che dalla fellice memoria del fu nobil huomo ser Nicolò Salamon Proveditor sopra Boschi furono tutti catasticati, come humilmente spiegai a Vostra Serenità nelle mie ossequiose lettere di 8 spirato; ma però per diligenza fatta usare non s’è potuto ritrahere alcun lume di leggi, regole o terminationi, che fossero state stabilite senza detto catastico a preservatione d’essi publici capitali, solo qualche mandato penale, che da detto Proveditor sopra Boschi veniva rilasciato al Capitanio della Valle, per revisione de boschi et una licenza che rassegno alligata in copia, concessa in questo tempo a’ popoli d’Albona e Fianona, di convertir in legne da fuogo li roveri inutili.
L’indefessa vigilanza dell’Eccellentissimo signor Andrea Erizzo, fu molto riverito precessore, fatto poi riflesso con la sagia et accreditata sua maturità a sì rilevante materia, compresa imminente la perditione di tanti capitali, stabilì nell’anno 1669 a 13 ap(rile) con prudenza propria del suo zelo, l’annesse regole: onde valessero li minacciati castighi a frenare i trasgresi, et rimettere nel pristino perfetto stato li precitati publici patrimonii, ma nell’anno seguente, a suffragio delle miserie degl’habitanti di questa provincia Vostra Serenità decretò pietosamente quanto scaturisce dall’alligata copia, e che io pure con divoto ossequio nelle prenara(te) mie spiegai alla supprema notitia dell’Eccellenze Vostre.
Scorgo anco che alle ordinationi del predetto Eccellentissimo Erizzo non venendo contribuita la dovuta obbedienza, fu incaricato il nobil huomo Girolamo Caotorta, antecessore mio, dall’Eccellentissimo Reggimento dell’Arsenal d’estender l’uso delle proprie dilligenze per frenar i transgressi che venivan commessi a grave pregiuditio de bosc(hi), e di republicare il proclama Erizzo; e però egli con zelo essigu(ì) il commando, et a maggior presservatione de publici capitali, aggiunse altre regole che pure humilio alligate in stampa alle ponderationi sovrane dell’Eccellentissimo Senato.
Questo è quel tanto che ho potuto racogliere in ubbidienza al prescrittomi, e che con prontezza pari al mio riverentissimo dovere consacro a Vostra Serenità per quelle deliberationi che fossero reputate più conferenti al publico interesse.
Nelle predette ducali mi trovo pure con obligo di render informata la Publica Sapienza del numero de banditi che da dieci anni in qua sono posti nelle raspe, da quali reggimenti pronontiate le sentenze, qualli siano le loro colpe, e suggerir insieme a publico lume quei ripieghi potessero praticarsi respetivamente a loro solevo e per levarli dalla disperatione.
Come però per ritrahersi tali distinte notitie in provincia sì vasta copiosa di reggimenti, si richiede qualche tempo, così io non mancherò d’ubbidire al comando per veder una volta ridonata all’afflitto paese la pristina tranquilità, e godano i sudditi la sospirata quiete turbata da qualche tempo da sì trista gente con assassinii, homicidii, rapine e svalegii, non più sicure le strade, le vite, né le sostanze de sudditi, né men dentro le proprie case, come con più mani d’humilissime mie ho spiegato alla notitia sovrana dell’Eccellentissimo Senato, e dell’Eccelso Consiglio di Dieci.
In tanto scorgo che li capi più sanguinarii, et infesti siano Ion Palichiurco, Simon suo fratello, Steffano Chiurco, Andrea Chiurco detto Pugnaleta, e Valentin Furlan banditi con sentenze capitali dal reggimento di Capodistria nell’anno 1702 per homicidii barbari, et inhumani commessi nel territorio di Parenzo in compagnia d’altri, che parte patirono l’ultimo suplicio e parte sono passati ad altra vita.
L’Eccelso Tribunale, sopra mie distinte relationi, mira(ndo) con occhio paterno lo stato infellice di tante povere genti con l’unica mira di render libero il paese, e reprimere in vigorosa maniera l’ordine de contumaci, m’incaricò veramente in venerate ducali sino dì 19 decembre decorso d’applicar ogni studio a sì salutare oggetto.
Il mio zelo divoto, ch’è tutto ardore per il publico e privato bene, non fu tardo a calcar ogni via, acciò rimanesse essequito il publico sentimento, e restituita alla adollorata provincia la primiera tranquilità, ma muniti essi banditi d’adherenze e parentelle, et radicatosi in ogni uno il timore d’esser sagrificato alla loro inhumana barbarie, numerandosi più casi di chi con degno fine procurò dar mano alla loro estirpatione, hanno reso inutille e frustatorio ogni passo da me calcato a norm(a) del publico sovrano incarico.
Animato tuttavia dalla speranza che detti contumaci potessero tra essi perseguitarsi o allontanarsi dal paese, feci in varie parti della provintia, in obedienza a quanto mi fu dallo stesso Eccelso Consiglio prescritto, publicare proclami, acciò che l’alletamento della confidenza di poter conseguir la propria liberatione, facendo pervenire nelle forze alcuno de banditi principali, servisse tra essi di stimolo ad estirparsi.
Reso vano anco questo mezo, mi servii della auttorità impartitami drizzando qualche passo di giustitia contro li spalegiatori, ricetatori e Zuppani che toleravano il sogiorno di sì trista gente ne loro communi, col suposto potessero devenire in rissolutione d’arrestarli o estirparli; ma fattosi universale il timore di poner con gl’altruii essempii in contingenza la vita, hanno partorito vano ogni tentativo, di modo che non si sono punto ralentate le rapine e violenze che frequentemente s’oddono commesse.
L’ultimo spirato invito de banditi alla loro liberatione fece veramente concepire ottime speranze di veder libero il paese da gente sì infesta, e molti anco d’essi contumaci, per quello rilevo, erano di sentimento di rimettersi nella publica gratia, quando havessero potuto far manegiare la ricupera della loro libertà, o con questo regimento o con quello di Capodistria, ma non tenendo né l’uno, né l’altro alcun arbitrio, diffetivi essi banditi di corrispondenze nella Dominante, si sono abbandonati alla disperatione, continuando nelle loro fiere et inhumane procedure.
Quando però la Publica Sovrana Sapienza assentisse a diffondere a questa parte l’auttorità di liberarli con quegl’esborsi che fossero reputati addatati alla qualità de contrabandi, et alle loro forze, come rilevo altre volte praticato, crederei per mio humilissimo sentimento non difficile il vedere la provincia consolati tanti sudditi innocenti, et restituito il commercio, arrenato dal timore de svalegii.
Io però essequendo il prescritomi, consacro tale mio ossequioso senso alla sapienza infalibile di Vostre Eccellenze, rasseg(no) sempre a tutto ciò fosse dalla loro prudentissima maturità deliberato. Gratie etc.
Pinguente, li 5 agosto 1705.

Francesco Pasqualigo, Capitanio di Raspo.

Allegato: autorizzazione di Salomon, Provveditore sopra Boschi, agli abitanti di Albona e Fianona per il taglio del legname (2 cc.); copia del contenuto in parte dell’eccellentissimo Senato di 17 settembre 1670 emessa nel reggimento eccellentissimo dell’Arsenale di Venezia (1 c.).

AS Venezia, Senato, Dispacci, Istria, b. 86.
Trascrizione di Umberto Cecchinato.