2 luglio| 1705 Tomaso Morosini
Dispaccio del 5| gennaio| 1706|
N. (senza numero)
Serenissimo Principe,
la carità verso li sudditi innocenti, e la clemenza verso li contumaci, egualmente dimostrate dalla Serenità Vostra nella facoltà a me impartita, in ducali 17 settembre passato, d’accordar le liberationi a’ banditi della provincia, hanno chiamato sopra Vostra Serenità le universali beneditioni di questi popoli, parendoli venuto il fine della miserabile schiavitù nella quale erano tenuti dalli banditi, che a trupe non solo infestavano le campagne, ma tenevano quasi in assedio le città, non sicure né le sostanze né le vite dalle loro rappressaglie. Né io ho mancato di contribuire ogni opera, invitando e ricevendo li rei con le prescritte misure di giustitia e di carità, non abbandonando fra tanto il castigo e giuste essecutioni contro li più arditi e licentiosi. Con tali maniere ho il contento di veder mutata la conditione di questa provincia, e riddotta doppo un’estrema miseria ad un’intiera libertà. Con tutto ciò qualche numero de stessi banditi ancora pertinace, benché o retirati ne’ vicini Stati imperiali, o quieti per timore nella stessa provincia, uniti alli rei che dalli molti processi inespediti dalli miei precessori vanno nascendo, agionta la felicità de' contumaci, azzuefati vivere de' contrabandi e di rapine, et inoltre la facilità del perdono, concorono a persuadere che senza svellere totalmente la radice del male, ricaderà facilmente la provincia nelle prime miserie com’è sucesso altre volte, particolarmente doppo le due ultime liberationi dal 1699 in qua, quali benché vicine una all’altra, abbondanti però di rei, e liberati e pertinaci; parmi dunque non dover più differire, in obedienza de' publici commandi nella stessa ducale 17 settembre, di avisare con che qualità di forze possa ciò essequirsi, e crederò prima necessario di humilmente considerare le forze presenti et ordinarie di tutta la provincia.
Una galeota con la quale non solo si deve custodir da' contrabandi l’Istria, ma anco le rive del Friuli; sette sbiri, necessarii sempre in questa città per gl’effetti di giustitia; le cernide, solo corpo che per numero e per qualità potrebbe somministrar il necessario vigore alla giustitia, è reso infruttuoso, perché senza disciplina e senza commando; dalli Capitani e Sargenti incontrato l’impiego, non per essercitarlo, ma goder il stipendio, quale benché tenue et esatto con dificoltà, ad essi però sufficiente, usi stare nelle case native fuori delli quartieri delle compagnie, contro i publici replicati decreti. Qualche accrescimento di paga provederebbe le ordinanze di officiali d’accredita esperienza, quali direti in quattro luoghi della provincia, si rendarebbero capaci di essequire non solo questo particolar bisogno di solevarsi contro li malfattori e perturbatori della publica quiete, ma anco ad ogn’altro publico comando, et a quelle incombenze che al presente con publico grave dispendio sono appogiate ad altri officiali, potendo anco il Governator delle Armi di questa città essercitare la sopra intendenza di tute le ordinanze, già di sua antica e peculiar incombenza, come dalle sue commissioni. Qualche numero pure d’ufficiali di campagna che havessero modo di scorrer continuamente per il paese, contribuirebbe molto all’effetto stesso. Nella vicina mia mossa ad essequir il publico comando sopra le cernide, non mancarò di riddur l’opera alla maggior perfettione e stabilir li più fermi fondamenti alla sicurezza di questi sudditi, et al dovuto rispetto alla giustitia et a’ publici rappresentanti, non vi essendo veramente altro timore in tutta la provincia, se non di questa carica, munita di tutta l’autorità, ma non di tutto il modo per esercitarla nei luoghi lontani.
Capodistria, 5 gennaio 1706.
Tomaso Moresini, Podestà e Capitanio.
AS Venezia, Senato, Dispacci, Istria, b. 87.
Trascrizione di Umberto Cecchinato.