14 settembre| 1703 Francesco Pasqualigo
Dispaccio del 28 febbraio| 1706|
N. (senza numero)
Serenissimo Principe,
in venerate ducali di quattro cadente riverii con divotissimo ossequio il supremo commando di Vostra Serenità, che mi prescrisse, col lume del cattastico delle case comesse dalla pietà publica a’ Cretensi nella città di Parenzo, di rilevare la qualità et il numero delle alienate, a quante siano state, e da chi abbolite l’inscrittioni, la distintione dell’importar dell’affitto, il nome de’ possessori, da quanto tempo ne corrano gl’usurpi, se vi sia in detta città alcuno altro de’ Candiotti stessi, con quel di più che sortisse al mio zelo divoto di ritrahere in tale proposito per rassegnarlo ai publici sovrani riflessi.
Io però, essercitando gl’atti della mia perfetta rassegnatione al sovran incarico, non ho punto tardato di estendere le diligenze più accurate all’oggetto prescritto, ma come la distanza di questo castello dalla città di Parenzo non m’ha permesso ritrahere tutte quelle notitie che mi sono state ingionte, e che dal mio zelo divoto, ch’è tutt’ardore per il publico adorato servitio, sono state sollecitate, così sottometto alle sapientissime publiche ponderationi quei lumi ch’ho potuto in tale lontananza racc(ogliere), a maggior prova delle mie fervide attentioni.
Dal catastico, che s’attrova in quest’archivio altro non scaturisce ch’il numero delle case assegnate a’ Cretensi predetti, con li nomi delle famiglie beneficiate.
Molte di queste, com’humiliai a publica notizia, si sono estinte, altre altrove hanno trasportato il soggiorno, di modo che, per quello ricavo, trovansi di presente ridotte in solo dieci o dodici.
Per liquidare poi esatamente gl’usurpi, e venir in chiaro della quantità di quelle case, a’ quali furono abbolite l’inscrittioni che contrasegnavano le ragioni di Vostra Serenità, dell’importar delli affitti, de’ nomi de’ possessori, di quelle permutate, vendute e cesse in dotte senz’alcun titolo, e dell’incorporate con altre case private, come non può ciò ch’unicamente dipendere da una diligente inquisitione nella città predetta con li lumi de’ confini espressi nel cattastico precitato, così non poss’io che rassegnarmi alle sapientissime deliberationi dell’Eccellentissimo Senato.
Posso solo affirmare all’Eccellenze Vostre restar io assicurato che, venendo poste in vendita le usurpate e possesse senza li necessarii requisiti, contro la volontà publica, lasciando nel loro godimento le famiglie beneficate, che siano però comoranti in detta città, come fu decretato, potrebbe la publica Cassa, col beneffitio della popolatione che giornalmente in essa si va aumentando, ritrarne somme non di poco momento.
Per quello riguarda poi all’istanze de’ salariati e stipendiati per la sodisfattione de’ loro avanzi, incapace questa publica Cassa di suffragarli per trovarsi esausta et aggravata da spese eccedenti le sue rendite, come ne consacrai a notitia di Vostra Serenità il bilancio sino nel mio primo humilissimo dispazzo per i necessarii compensi, non ostante l’abolitione de’ soldati leggieri, dal mio zelo come superflui suggerita e dalla Serenità Vostra decretata, le humilio la nota distinta de’ creditori medesimi, prescrittami nelle precise ducali, onde la publica pietà possi facilitarmi il modo di consolarli. Gratie etc.
Pinguente, 28 febraro, 1706.
Francesco Pasqualigo, Capitanio di Raspo.
Allegato: nota dei creditori della pubblica cassa (1 c.).
AS Venezia, Senato, Dispacci, Istria, b. 87.
Trascrizione di Umberto Cecchinato.