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24 marzo| 1709 Ferigo Calbo

Dispaccio del 7| giugno| 1709|

N. (senza numero)

Serenissimo Principe,
estese in corrispondenza al comando ultimamente riverito del Magistrato Eccellentissimo all’Acque, significato dalla mia sommissione a Vostra Serenità nelle precedenti di 3 stante, solleciti gli ordini al Capitanio de’ Boschi d’Istria d’indagare in quali d’essi potesse effettuarsi il taglio di qualche buon numero di tolpi per l’emergenze de’ publici lidi, mi fa giungere con passione i suoi dubii di provarne dificultà nella somma scarsezza nella quale ha osservati li boschi sin ora da lui visitati.
A quest’incontro m’accompagna relazione d’haver scoperto sabbato scorso nell’acque della Valle di Siviole sotto Piran due brazzere, che caricavano palli di varie sorti, tra quali di rovere cervato prohibito; una che li conduceva a barca all’ora carica, capace di circa settanta passa di legne, ch’esisteva sul ferro in quel porto, e l’altra che li scaricava in un magazeno, anch’esso quasi all’intiero occupato, oltre altri sessanta quatro palli tutti di rovere cervato parimente d’un piede in circa di volta, verdi e di poco tempo recisi, tratti colà su le rive e d’haver perciò tutto fermato, e bollato a disposizione della giustizia.
Il luoco dell’arresto, altre volte all’eccesso scandaloso, per il publico dannato marcato che vi si faceva ogni settimana di roveri o d’altro legname vietato, che chiamò non meno il zelo benemerito e singolare dell’Eccellentissimo Andra Erizzo, all’hora Capitanio, che la voce sovrana dell’Eccellentissimo Senato, a togliere con risoluto comando il corso all’abuso produttivo dell’intiera destruzione d’un materiale tanto importante, rimarcato dalla publica auttorità col nome specioso di Sacro; ed il pesante riflesso, che reintroducendovisi l’odiosa libertà delle rendite perterebbero l’Eccellenze Vostre in momenti non solo i tolpi, i cervati, tanto premurosi per la diffesa de’ publici lidi, ma li roveri maturi ancora, che sono l’unico fondamento per la sussistenza delle publiche navi, ha persuaso il mio humilissimo debito di spedir immediate sul luoco a formar il processo, acciò l’uso della sofferenza non serva di falso argomento a contumaci d’una tacita approvazion della colpa.
Ho pur commesso al Ministro che ne perfetioni colà altro cominciato sopra relazione precedente di esso Capitanio per trasgressioni di pari importanza, che rappresentò venir comesso ne’ travagli ordinarii di que’ squeri, e d’avanzarsi poi a Parenzo ed in villa di Vragnosella, dove ha questa giustizia denoncie del taglio d’intieri boschi, risaltando da una stima massime de’ danni prodotta dal padrone d’un feudo boschivo, esservi stati arditamente tagliati cento e venti roveri del piede nel solo anno prossimamente decorso.
Io ho riputata indispensabile l’espeditione anche in questi due luochi, poiché, non essendo stato possibile né meno al zelo singolare e distinto dell’Eccellentissimo precessore di far formare li processi a questa parte per la difficultà d’obligar li testimonii, luntani alcuni quaranta e più miglia, a comparirvi, vanno tutt’ora li rei d’eccessi così rimarcabili e odiosi, con perniciosissimo essempio, fortunatamente impuniti. Al vasto giro della provincia essigge qualche volta quest’irreparabile necessità di spedir sul luoco il Ministro, per non lasciar abbandonata una materia del sommo peso, che la Serenità Vostra ha rimarcato sempre e che raccomandata a questa carica da’ multiplici sovrani decreti e recentemente anche di 14 aprile 1707, e 27 aprile scaduto, l’accompagna il mio humilissimo debito con pari applicata attenzione all’oggetto esentialissimo di restituire nel combattuto spinoso proposito l’osservanza dovuta alle leggi con tanto publico danno frante e violate, e di porre per quanto acconsenta il potere, argine che ripari capitali publici così preziosi dall’invalsa contumacia del taglio, e della corrente ruinosa d’un mal costume. Grazie.

Pinguente, 7 giugno 1709.

Ferigo Calbo, Capitanio di Raspo.

AS Venezia, Senato, Dispacci, Istria, b. 89.
Trascrizione di Umberto Cecchinato.