24 marzo| 1709 Ferigo Calbo
Dispaccio del 23 aprile| 1710|
N. (senza numero)
Serenissimo Principe,
la corrente stagione, prescritta alle solite mostre dell’ordinanze, mi conduce con pena alla necessità di non dover sopportare a peso del mio humilissimo ossequio l’importanti sconcerti che qui producono le persone principali che le comandano. Esse sono due, il Capitanio et il Sargente, l’elezione de’ quali qual’or successe il caso, derivò sempre per atto clementissimo della publica gratia, con le consuete approvazioni dalla nomina di questa carica. Mancato nel decorso settembre di vita il fu Sargente Gerolamo Manzioli, seguendo io l’orme tenute da’ precessori, lasciate impresse su gli uniti registri, non potuti haverne i più antichi per mancanza de’ libri ch’essistono in cotesta Serenissima Dominante, passai all’elezione del successore, segnata in Pietro Gaetano, suo figlio, trasmessa sino a quel tempo all’Eccellentissimo signor Savio di Vostra Serenità all’Ordinanze, per l’onore della sua approvazione. Io reputai di publico servitio la di lui sostituzione al padre deffonto, non solo per le benemerenze anche di molt’altri ascendenti suoi, che lo resero per lunga serie d’anni accetto e pienissimo a Vostra Serenità, ma con la giusta confidenza, ch’esso Pietro Gaetano havesse a prestarlo egualmente ottimo, e pronto ad ogni publica occasione e occorrenza. Quando su di tale speciosissi(mi) fondamenti speravo riverirne il generoso concorso di Sua Eccellenza, mi comparve Rizzardo, uno de’ figlioli di Valerio Verzi, attual Capitanio, con il decreto d’esser egli stato prescielto alla Sargentina avanti che fossero state ricevute dall’Eccellenza Sua le lettere di questo Reggimento, carpita l’elezione con l’uso della sola fede della morte del Manzioli dal medesimo Eccellentissimo Savio, cui giova credere non habbi alcun altro simile esempio nella sua raggionataria, et al quale occultò il predetto Verzi le rifferite umiliate circostanze per superarlo. Questo non è tuttavia il punto più esentiale, né quello che muove il mio zelo; poi che se ben la ragione d’infiniti esempi, anche in altri più rilevantissimi casi, mi documenta delle sovrane costanti intenzioni dell’Eccellentissimo Senato di non voler pregiudicate le cariche nelle prerogative che godono, sia in vigor di decreti, o in forza d’una lunga consuetudine, che fu interpretata sempre benignamente per una specie di legge, con tutto ciò, la mia humiltà non ardirebbe d’usarla, superiore a qual si sia riguardo l’obligo della mia venerazione, e di quel divoto riconoscimento di dover obedir ciecamente; ma altre più faconde stringentissime considerazioni, attinenti al miglior servitio di Vostre Eccellenze, et alla quiete tanto importante de’ sudditi, vogliono ch’io rassegni all’inchinata sapienza dell’Eccellentissimo Senato gl’alti sconcerti che ne fillarebbero dall’accennata carpita elezione de Vostra Serenità.
Io so bene esser costume del Levante e della Dalmatia d’admettere ne’ Capitani dell’ordinanze la libertà d’elleggere gli offiziali subordinati, e che la carica di Sargente la fanno occupare per il più da’ figlioli, fratelli o congionti. Passa colà senza una certa maggior inspezione la pratica per essere semplicemente suffraganea questa condition di militia, ch’è divisa in ogni territorio in più Compagnie, comandata da più Capitani, e che può essere ad ogni accidente tenuta in moderazione dalla militia che vi è pagata. Qui cambia figura il caso. Tutta la militia e tutta la scarsissima forza di questo Capitanato, se ben al confine, consiste nell’unica e sola Compagnia dell’ordinanze comandata dal prenominato Capitanio Valerio, padre dell’eletto Sargente. Io supplico l’Eccellentissimo Senato di credere non muovermi alcun imaginabile senso l’esclusione che egli darebbe alla nomina di questa carica, non conoscendo affetti per la sussistenza di qual si sia, unico oggetto delle mie ossequiose rimostranze l’adorato interesse di Vostra Serenità, e la manutentione a ch’io sono strettamente obligato dalla publica tranquillità, e dalla quiete. Constituita la famiglia de’ predetti Verzi in numero di molti frattelli e nipoti, tutti d’un indomito genio, e che pretendono posto d’una dannata indipendente superiorità ad ogni altra persona, non curano di rendere il dovuto rispetto al publico Rappresentante, e nella certezza di non haver vigoroso braccio per tenerli moderati, perché, da loro dipendenti le forze maggiori, si mostra alcuno d’essi anche capace d’ogni più estrema precipitosa intrapresa. Nell’ultimo Carnevale decorso, astretto ordinare la rettenzione di Pietro, fratello del predetto Rizzardo, per gravi insulti e strappazzi da lui praticati in specie ad alcune gentil donne, non hebbero punto di ribrezzo lo stesso Capitanio Valerio e Scipion, altro suo figlio e fratello, rispettive sulla piazza publica, e sotto l’occhio medesimo della giustitia, di violentar i ministri, da essi aggrediti et offesi con legni, a lasciarlo fuggire. Come sopra di questo fatto, gravissimo per le circostanze da quali fu accompagnato, ha questa carica l’onore d’ubbidire commissioni speciose dell’Eccelso Consiglio di Dieci, con la sua auttorità e rito, così sarà in riflesso alla Publica sempre adorata Maturità se habbi tra tanto a sofferirsi stabilita la Sargentina nelle mani del predetto Rizzardo, anch’esso d’egual mal inclinato temperamento, perché dipendendo l’intiera disposizione della Compagnia di quest’ordinanza dal padre, e dal figlio habbi la carica a versar sempre per loro colpa nell’inquietudini con publico diservitio, e discontento de’ sudditi, turbati ben di frequente da alcuno de predetti Verzi nella libertà e nella pace.
Pinguente, 23 aprile 1710.
Ferigo Calbo, Capitanio di Raspo.
Allegati: ducale che nomina Rizzardo Verzi sergente (1 c.); copia tratta dai libri dell’ordinanze del capitanato di Raspo (1 c.).
AS Venezia, Senato, Dispacci, Istria, b. 90.
Trascrizione di Umberto Cecchinato.