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24 marzo| 1709 Ferigo Calbo

Dispaccio del 15 giugno| 1710|

N. (senza numero)

Serenissimo Principe,
fra gli esercitii del mio humilissimo debito, non ho mai sofferti oziosi al servitio venerato di Vostra Serenità quelli d’accelerar le condotte de’ legni destinati all’importante costruzione delle publiche navi. Diffettivi ancora gli ultimi appalti, seguiti sotto gli Eccellentissimi precessori, giacevano in abbandono dentro la publica Valle di Montona, e ne’ boschi del territorio di Città Nova, nel numero considerabile di più centenara, i legni stessi recisi, esposti all’ingiurie de’ tempi et al pericolo di marcire.
Preffissomi di ripararlo, oltre le spinose difficultà che per ordinario s’affaccian sempre nel maneggio di questi affari, mi si rese vie più combattuto l’intento dall’esser mancati di vita gl’appaltadori principali, ed i pieggi constituiti in angustie, decaduti con gli anni di credito e di fortune. Con tutto ciò operoso instacabilmente (!) il zelo, doppo la penosa pensione d’un fisso attentissimo impegno, superai di veder intrapresa l’estrazione dalla Valle e da’ boschi accennati de’ legni tutti caduti già sotto il ferro per uso della Casa dell’Arsenal, ed ultimata con egual contento la loro condotta alle rive.
Prima di comandarla, col dubio che qualche legno potesse nel corso di tanto tempo haver scapitato, ordinai fossero riveduti, con mira che alla perdita del legname reso per avventura inutile, non havesse il publico a sopportar in aggionta l’aggravio non così tenue del loro trasporto. Né fu in fatto troppo scrupolosa la previdenza, poiché ne scoprì il Capitanio della Valle più d’uno, della maggior grossezza e qualità, ridotto a quest’ultimo miserabile pregiuditio. Sorbita la colpa del danno dal lungo inescusabile diffetto degl’appaltadori, conobbi non meno dell’interesse e servitio di Vostre Eccellenze astringer li pieggi a supplire ai pesi tutti degli appalti per gli altri trovati buoni, che giusto egualmente d’obligarli all’emenda, trattenute in Cassa publica per i legni peritati dal Capitanio medesimo inutili intieramente, e marciti, le summe non poche del loro valore.
Caricati e spediti in tanto alla Casa dell’Arsenal li molti che di tempo in tempo s’andavano giungendo alle rive, vi si avanzaranno del pari con egual diligenza li pochi restanti, che sono pur pronti all’imbarco.
Col primo burchio che arrivò giorni fa alla bastia, vi furono addricciati (?) anche gli olmi dell’ultima carratada, destinati per il premuroso travaglio di trombe da navi, e con altro approdato al caricator di piscine, oltre qualche numero de’ roveri d’un vecchio appalto, altri dieci otto, et un bracciol della miglior perfettione, quali, sradicati da molti anni dal vento nel bosco di Cavaler, rilevai che, non essendo mai stati considerati all’occasione delle carrattade precedenti, erano prossimi a perdersi; conseguito l’adempimento di questo servitio dalla mia ferventissima applicazione con usi di risparmio e di zelo, e col contento di non haver reso sensibile alle Comunità obligate il peso della loro condotta.
Ordinato ultimamente da quell’Eccellentissimo Reggimento il taglio di due mille cornolari, oltre la speditione già fattavi d’altrettanti, l’ho commesso immediate alla puntualità del Capitanio de’ Boschi, che l’ha essequito di più centenara che si sono spediti, con speranza che, a momenti terminato, siano tutti all’imbarco.
Nel tempo che vigilava il mio ossequio a rendere proviste l’essigenze di quella Casa, non trascurò l’ugual stringente premura de’ tolpi per i publici lidi. Animato il partitante a proseguir le condotte, le va a parte a parte avanzando per ultimarle, tutto ch’essendo per l’angustie del Magistrato Eccellentissimo all’Acque in considerabili avanzi, mi porga scuse d’impotenza alla continuatione senza di qualche gratioso suffraggio.
A tutela de’ tolpi stessi e cervati vincolati da reiterate recenti ed antiche leggi a questa publica distinta indigenza, obedendo le mie sommissioni il regio decreto dell’Eccellentissimo Senato di 29 novembre decorso, n’ho fatto con positivo proclama rinovar la notizia, unitavi l’inibitione del taglio de’ cornolari egualmente con esso decreto comandata.
Avvezzi li sudditi della provincia a disporre senza certa riserva del legname tutto de’ boschi distrutto e consumato, nei più con la fabrica perniciosissima de’ carboni, tutto che non sia nuovo, né particolare il divieto promulgato in tant’altri tempi universalmente esse leggi, pare in ogni modo, che se ne racontano non accostumati in passato esseguirle.
Coll’evidente fomento de’ particolari, molti dall’ingordigia del proprio interesse, e dai vantaggi del traffico che le resta di tal modo impedito, sono comparsi molti col nome de’ comuni, perché apena publicato il proclama, le fosse acconsentito violarlo e fossero sofferti nella libertà contumace sin hora usata.
Altri, pur spinti al riccorso, lo scortano con l’asserta ragione di non haver nelle loro ville per alimento de’ loro fuochi altra qualità di legname che di cervato. Quando ne verificassero il punto, si renderebbe più onesta l’instanza, e meritarebbero all’indispensabili necessità qualche opportuno provisionale compenso. Pare che si potessero in tal caso andarli consolando, sino che allevassero legne dolci, abili al loro bisogno, con l’assenso al taglio de’ cervati più inutili, che si trovassero sparsi nelle campagne o costiere, e fuori de’ boschi, de’ quali, a proporzione dell’indigenza, fossero concessi per gl’instromenti rurali, et occorrenze ancora de’ molini, ad immagine di ciò che dalla Publica Benignità fu prescritto per questi, e per ogn’altro edifficio, ch’esiste in altri territori, ne quali ha pur luoco la legge.
E come studia la mia fervorosa applicazione d’unire nel potere, a gl’importanti riguardi dell’interesse e servitio di Vostre Eccellenze, gli atti ancora della maggior carità, e del sollievo alla nota miseria de’ comuni della provincia, così suggerirei humilmente che rilasciandosi qui, com’è solito, le licenze, seguisser con le precautioni opportune senz’alcuna loro imaginabile spesa, ed a quella tenuissima ed insensibile delle stampe havesse a supplire la Cassa publica. Ella sarebbe abbondantemente compensata dal maggior incomparabile benefitio che ne ritrahebbero il Magistrato Eccellentissimo all’Acque, e la Casa dell’Arsenal col legname alle loro dispositioni destinato, e che si renderebbe con ciò sottoposto ad una più vigorosa riserva e custodia. Gratie.
Pinguente, 15 giugno 1710.

Ferigo Calbo, Capitanio di Raspo.

AS Venezia, Senato, Dispacci, Istria, b. 90.
Trascrizione di Umberto Cecchinato.