24 marzo| 1709 Ferigo Calbo
Dispaccio del 24 agosto| 1710|
N. (senza numero)
Serenissimo Principe,
sopra il molesto motivo della fiamma pestilentiale che serpe nel Regno d’Ongaria, giunto anche a questa parte un qualche lume delle provide zelanti precautioni di cotesto Eccellentissimo Magistrato alla Sanità, ne secondò il mio humilissimo debito le diligenze, e per incontrare senza ritardi il reale servitio della Serenità Vostra, e per rendere nell’importante gelosa materia guardati e diffesi ancora questi confini. Tuttoche con la pratica delle fedi s’usassero già alle frontiere, su le notizie rilasciate da alcun mese ch’ella fosse risorta in Buda, compresi li correnti sospetti più gagliardi e più fastidiosi, ho ordinato che fosse aggiunta immediate l’errezione formale de restelli alle stradde reggie, e col taglio di tutta l’altre interdetto il transito ed impedito totalmente da qualunque parte alle persone e merci che potessero prevenire dal predetto Regno infetto e bandito.
Per assicurarmi che l’essecutione rispondesse al comando, rilasciato a norma delle savie e zelanti direzioni tenute dall’Eccellentissimo Pietro Emo, fu ultimo Proveditore alla Sanità in Istria, essercitando questi Deputati della loro benemerita puntualità, si conferirono su la premura delle mie insinuazioni a visitar di persona li castelli del Capitanato, et i siti soliti custodirsi. Al loro ritorno mi certificarono con piacere haver ritrovato in ogni luoco le cose ben stabilite, a riserva di qualche leggiero diffetto scoperto in alcuni di Sovignano e di Rozzo, che ho fatto da comuni supplirvi.
Lo stesso riscontro mi rese il publico Valperto Bochina per le ville de’ Carsi, dove, spedito per ogni inconveniente che havesse potuto insorgere co’ confinanti, sul taglio massime delle stradde, mi rifferì esser stato a tutto puntualmente adempito, et essere li restelli da sufficienti guardie continuamente coperti.
Doppo ciò, su l’esame della situatione d’esse ville, credei opportuno destinar due persone d’abilità fisse al posto, una di Bergodar, l’altra di Dana, per rivedere e riconoscere le fedi, sendo queste le più esposte a gl’Imperiali, perché le più comode al transito loro per Istria.
Con tali precauzioni mi riuscì rilevare che dalle ville confinanti di Mune, iuspatronato delle monache di Fiume, e di Starda, del territorio di Castel Novo, usciscano (!) le fedi, che capitano a que’ restelli in scorta di persone anche da parti luntane, con dubio che al loro rilascio non s’avvertisca a tutta l’inquisitione ch’è necessaria per assicurarsi da qual luoco preciso si siano staccate, e se capaci di comunicazione. Somministrando ogni picciol ombra bastante fondamento di gelosia in materia, nella quale ogni esuberante diligenza non è mai superflua, ne ho fatto passar immediate una vigorosa rimostranza al Capitanio di Pisino, a cui sono dette giurisditioni sottoposte, con oggetto che, se anche non ha luoco il supposto disordine, sveglino le sue commissioni una più premurosa attenzione alla tutela ancor dei que’ passi.
Io confido fra tanto che, spargendo de’ suoi raggi pietosi la misericordia di Dio, sgombrarà ben presto un motivo tanto molesto all’obligo della preservazione comune. Nel mentre, sin dove potrà estendersi la mia habilità, scarsissima, ma infervorata sempre a misura del debito dell’occasione, distinta la presente per li sommi riguardi che l’accompagna il mio profondissimo ossequio, può accertar humilmente Vostra Serenità e l’Eccellenze Vostre di tutta l’opra dello spirito e del cuore, perché ne’ molti siti, massime del confine, dove la natura abbondò d’alpestri montagne, che non possono tagliarsi e che ad ogni passo vi potrebbe esser formato un sentiere, resti in ogni modo supplito dalla vigilanza e dal zelo alla possibile più desiderata custodia. Grazie.
Pinguente, 24 agosto 1710.
erigo Calbo, Capitanio di Raspo.
AS Venezia, Senato, Dispacci, Istria, b. 90.
Trascrizione di Umberto Cecchinato.