21 giugno| 1709 Piero Loredan
Dispaccio del 5| marzo| 1710|
N. (senza numero)
Serenissimo Principe,
si renderebbero troppo colpevoli le mie direttioni, se ommesso l’esercizio delle proprie incombenze, posposti i riguardi del giusto e sconcertato l’ordine per la buona condota nel governo di questi sudditi, dovessi, con discontento de’ buoni e fomento de’ tristi, lasciar correre le delinquenze senza castigo, quando io pressiedo benché debolmente in publica figura con l’obligo d’aministrare un’incontaminata giustitia, dalla quale non sa vivere separato il mio cuore. Afflige sommamente l’animo mio, Prencipe Serenissimo, l’udire giornalieri lamenti de’ sudditi spogliati de’ loro effetti, e particolarmente d’animali, ne’ quali consiste il proprio essere, minacciati, malmenati e sottomesi al giogo dell’altrui violenza, senza potere né meno presentare le loro indolenze, con la certezza d’essergli tolta la vita. Quest’essentialissimi mottivi, adunque, nel sanno dispensamento della partecipatione che umilmente rassegno, assumendomi pure l’obligo di raguagliare le particolarità più degne, per quelle deliberationi che fossero stimate più conferenti dalla sempre venerabile virtù e prudenza dell’Eccellentissimo Senato. S’attrovano sotto quella giurisditione diecisette teritorii, e se bene in ciascheduno d’essi vi sia qualche persona di mala vita e pessimo costume, gli altri vivono con obedienza; solo quelli di Marzana, gente infesta, assuefata a’ ladrocini, oppressioni e barbari eccessi, fanno arbitro il loro volere, conculcando gli ordini e proclami, si dirrigono a misura di ciò sono persuasi, sia con il riguardo di abominevoli provechi, o di far apparire la loro auttorità superiore anco a chi rappresenta le publiche veci. Questa povera città con pochi habitanti, fra quali si numerano al più dodici cittadini benestanti, con fabriche dirocate, circondata da mura ruinata, non è da stupirsi se di notte vi s’introducano malviventi a daneggiarla, con rottura anco delle porte, come successe più volte ne’ pochi mesi ch’io mi ritrovo a questa regenza, avanzandosi numerosi non meno a sforzare le priggioni, per potere vantarsi gloriosi nella liberatione de’ rettenti loro partiali obligati in queste carceri, confidando nella disarmata auttorità della Rappresentanza, al servizio della quale si ritrovano per ordinario due o tre huomini, et anco con difficoltà a causa della tenue paga, che ascende a soli due ducati al mese per ciascheduno, dovendosi pure da medesimi detrahere la prima e doppia summa (?). La vastità poi di questo porto con gli altri di questa giurisditione, vengono frequentemente scorsi da legni che, contro i publici divieti et a grave pregiudicio, contrabandano di biade, vino et oglio per non esservi custodia e vigilanza valevole per impedirne la contrafatione, considerabile rendendosi particolarmente la libertà de’ Rovignesi, quali in gran numero di barche nella pesca delle sardelle conducono seco il sale, et a loro commodo acconciandole ne’ barili, le portano in paesi esteri, usurpando in tale maniera i dritti dovuti al publico patrimonio, che per l’informationi prese rillevarebbero a ducati dodici mille all’anno in circa, né questo potrebbe impedirsi che con l’assistenza in quest’acque d’una barca armata. Esteso dalla mia umiltà con la brevità possibile tutto ciò verte (?) di non poco riflesso, haverei d’aggiungere cosa di maggiore rimarco, che tralascio per non rendere contaminato il mio animo, e per non interompere maggiormente le nobili e gravi occupationi di Vostre Eccellenze, che ben si supplico ossequiosamente a volere degnarsi di raccoglierne i fatti da altro mio riverentissimo foglio, inchinato al tribunale Eccelso de’ Capi, con la certezza che la sovrana auttorità di quel sacrario vorrà poner freno alle troppo avanzate sceleraggini, insidiose anco alla Rappresentanza; ciò non ostante, con petto forte formando base la giustitia viversi con la gloria di sacrificare più tosto la vita che cedere la raggione delle leggi, e delle publiche commissioni. Gratie etc.
Pola, 5 marzo 1710.
Pierro Loredan, Conte e Proveditor.
AS Venezia, Senato, Dispacci, Istria, b. 90.
Trascrizione di Umberto Cecchinato.