20 febbraio| 1617 Zuanne Pizzamano
Dispaccio del 28 febbraio| 1717|
N. (senza numero)
Serenissimo Principe,
si ha esteso l’aplicatione mia in qusti primordii della Carica, appoggiata da Vostra Serenità al fiaco mio talento, ad informarmi di quanto hanno permesso la ristrettezza del tempo e la moltiplicità dell’importanti incombenze, per rendere non solo alla sovrana cognitione quei particolari che reputo di publico essentialissimo servitio, ma per habilitarmi, scortato dagl’infallibili documenti della Serenità Vostra, con l’attività dell’obbedienza all’adempimento delle publiche venerate prescritioni. Questo castello hebbe le primarie inspettioni, come quello che per servire di ressidenza alla Rappresentanza, e per essere tanto propinquo al confine imperiale porta seco qualche riflesso. Il suo recinto è di struttura antica irregolare, e forma anco muro alle habitationi in molti siti ad esso congionte. Viene fiancheggiato da un baloardo che batte la campagna, e domina l’interno del forte, e da due torri, che custodiscono la venuta alla porta principale, due essendo queste che danno al porto l’ingresso e regresso.
È munito di vinti otto pezzi d’artegliaria di vario genere tutta di bronzo fuori che li mascoli per le petriere, e delle monitioni e materiali, descritto il tutto nell’ingionto foglio. Quella, esclusi quatro pezzi che guerniscono una delle torri, si custodisce con suoi apprestamenti nelli magazeni, pronta però all’occorrenza, alla risserva di cinque petriere che sono smontate, e così nelli depositi si risservano gl’altri requisiti.
La polvere in summa di libre cento settanta nove può suplire bensì per anni due in circa al bisogno de sbari nelle sollenità prescrite dalle leggi, ma per amaestrare con gl’essercitii le Cernide del territorio e del Carso, delle quali humiliarò a Vostra Serenità il sistema subito che v’habbi data la rassegna, e per quegl’accidenti che potessero avenire, non sarà mai per sufragare in alcuna misura, onde di questa dell’armi e degli aprestamenti contenuti nell’altro foglio corre necessaria quella proviggione, che venisse creduta aggiustata; e potrebbesi rimovere l’armi e materiali inutili rissultanti pure da altro foglio, perché ridotti alla Casa Eccellentissima dell’Arsenal, sarebbero forse valevoli da convertirsi in uso d’altre publiche essiggenze.
La sussistenza d’artegliaria, armi e monitioni in questa Castello, benché la qualità del sito e la figura che forma a questo confine lo ricerchino, non corrisponde però al totale disarmo di militie, non essendovi che un Capo Provisionato, che custodisce anco le monitioni, e quatro Sottocapi senza stipendio, e solo essenti dalle contributioni fuor che di quella della caratada. Vi formò per secoli, sin l’anno 1704, una specie d’armo la Compagnia de’ cavalli leggieri, che negl’ultimi tempi in numero di dodeci oltre il Capo e Ragazzo, con la paga di lire tre mila e disdotto annuale tra tutti, serviva anco al trasporto delle lettere in Provincia, nonché in altre publiche funtioni, et alla custodia decorosa della Rappresentanza nel giro a suplimento de’ sovrani incarichi; ma supressa per comando di Vostra Serenità, mancò la guardia al porto, sostituitisi per la comunicatione delle lettere e per il lievo del danaro dalle Comunità contribuenti a questa Camera due cavallari con ducati sei per cadauno al mese dalla Cassa. Sono per anco sussistenti perché indispensabili al bisogno. Come supliscano ai loro doveri, sin hora non posso scoprirlo; dirò bene con tutta rassegnatione che la durabilità degl’eletti in vita, espressa nella terminatione approvata dall’Eccellentissimo Senato con ducali primo febraro 1709 more veneto, può introdurre della negligenza e trascuraggine, che vietarò a tutto potere, onde il publico servitio si suplisca da loro con la maggior puntualità et accuratezza.
L’interno poi del castello medesimo giace nella più infelice destitutione, osservandosi in ogni parte case diroccate, diverse rovinose, e le stesse che vengono habitate in poca buona costitutione. Se il diffetto provenga dal scarso numero degli habitanti, da incuria o da impotenza per anco bene non lo discerno, benché l’ultima reputo sia la vera causa motrice dell’inconveniente. Intanto che studio, anco a decoro publico, in un luoco tanto contiguo al confine, di qual modo si potesse riparare, per humiliarne a Vostra Serenità il suggerimento, ordino con proclama che cadauno pretendesse interesse, nelle dirocate e rovinose particolarmente, produca li titoli del possesso, a mottivo d’haver il numero delle medesime e saperne il proprietario per quei riflessi che fossero più conferenti alla materia.
Ritrovo pure l’archivio instituito a custodia delle publiche scritte in così pessimo stato, che se con pronto modo non vi si dà ripiego, serperà via più il male già principiato in alcuno de’ volumi, in forma che all’occorrenza non potrassi havere lume delli documenti, tanto importanti a sostenimento delle publiche raggioni. Egli è situato in distanza da questa publica habitatione, sotto un volto angusto e senza respiro, alla risserva di quello riceve dall’ingresso, et incapace all’intiero delle scritture, che con absurdo in buona parte si trattengono nella casa privata dell’Archivista, che pure nella stessa conviene suplisca alle proprie incombenze, non dandone il comodo l’archivio medesimo, che scarso d’armarii, e non atto a riceverne, fa che giaciano molte scritture alla riffusa sul terreno con visibile detrimento. Da queste osservationi rivolgendo lo sguardo alla Camera la scopro sproveduta di ministro. Quanto questo sia d’essentialità per li giri della scrittura, e per suplire alle giornaliere comissioni degl’Eccellentissimi Magistrati, alcune de’ quali per tale mancanza languiscono inesequite, l’havrà la Serenità Vostra rillevato da più mani di lettere dell’Eccellentissimo Precessore Querini, che provò nel corso della sua carica non poche difficoltà per tale aministratione, alle quali mi vedo pur io esposto se con opportuno provedimento non viene riparata l’urgenza. La defficienza di tale ministro non permette che humilii a’ sovrani riflessi un conto certo, e legale dell’entrata, et uscita della Camera, ma lo restringa nell’ingionto foglio come meglio l’ho potuto spremere da’ libri per non correr totalmente diffettivo in quest’essentialità.
Niuna delle nature di soldo contenute nel foglio medesimo si ritrova giacente in Cassa; confido però che possa colarvene, per consolare li serventi, opportuna qualche summa, almeno dalli dacii, tutti affittati dall’accuratezza del Precessore, alla risserva di quello del vino, che per le difficoltà incontrate corre per conto publico, deputatovi però Essattore di fede e pontualità. In Cassa per altro permangono lire quatordeci mila tre cento nonanta sei soldi disdotto, raggion della caratada gettata in summa di lire vinti cinque mila nell’anno decorso, giusto al decretato da Vostra Serenità con ducali 3 maggio passato, che la comanda annuale nella summa stessa durante la guerra, e la metà solamente in tempo di pace. Con questa norma regolarò li miei passi opportunamente nell’anno corrente, onde sia pronto il danaro per saldare le condotte di legname nell’anno 1715 fatte, che ricercano ancora l’esborso di lire mille sette cento ottanta quatro; quelle di cento cinquanta roveri, e tanti altri olmi di estraordinaria grandezza, e settanta di questi per trombe appaltate nell’anno spirato per lire vinti cinque mila quatro cento settanta una dal Precessore, e non pagate a conto che (!) lire due mila settecentoquaranta come di tutto palesano li giri, e per suplire alli moltiplici taglii e condotte, da farsi giust’a’ sovrani decreti per le pressanti urgenze dell’armata et artigliaria, quando ne conceda intiero il modo la summa del danaro limitato nella gravezza, mentre ben si vede che delle lire vinticinque mila della caratada da gettarsi, e delle lire quatordeci mila trecento novanta sei soldi disdotto essistenti in Cassa, che ambidue la summa di lire 39.396, soldi 18, pagato il debito delle condotte appltate nelli due anni decorsi, non restaranno che lire quatordeci mila ottocento ottanta una soldi disdotto a dispositione per le venture. Tal aggravio sussistendo nella maggior summa rilleva, enumerando col fondamento del nuovo testadego li capi di famiglia della Provincia, per ogn’uno lire due soldi sei, e la metà solamente quando sarà nell’altra, non compresavi però la mercede degl’Essatori e Zuppani che hanno l’assegnamento del dieci e del quindeci per cento, secondo li luochi sopra l’intiero della summa, ma a ragguaglio dell’estimo di cadauno da perfettionarsi secondo il prescritto dalla terminatione del Precessore Querini, approvata da Vostra Serenità con ducali 29 novembre passato, che procurarò adempita in alcuno, si renderà maggiore il peso et in altri minore, fissa però sempre la summa da confluir in Cassa a publica dispositione, risservata però sempre per le spese delle sopr’accennate occorrenze, e per quelle mercedi già firmate dalla publica auttorità per il getto della caratada medesima. Inoltre ritrovo in cassa lire tre mille due cento settanta cinque distinate alle molteplici operationi da farsi nella publica valle di Montona, comandate dall’Eccelso Consiglio di dieci, a cui humilio quanto ho potuto discernere in qusti pochi momenti, formando a Vostre Eccellenze per non distraherle con più diffuso scrivere dalle gravi aplicationi, presto solo cenno in atto del mio riverentissimo debito. Molti crediti, che formano la summa di circa ottanta una mila lire, tiene la Camera stessa verso diverse comunità, e privati massime per soventioni, che la publica carità fece già anni per la popolatione della Provincia. Il Precessore ha esteso qualche passo per l’essatione; qual frutto habbi ritratto, non vedo se non qualche dispositione non avvanzata però all’effetto in un comune al pagamento con respiri. Io proseguirò la diligenza quando vi concorra il publico assenso; qual speranza poi di felice essito possa haversi, non so darne a Vostra Serenità alcun riscontro; la vedo bene combatuta dall’indigenza estrema, che travaglia l’intiero della Provincia. Con tale riflesso, e congitione non mancarò valermi delle maniere più soavi e destre per conciliare possibilmente il publico col privato interesse.
Passando poi dall’interne all’esterne inspettioni, cado nel spiacere di non poter per hora humiliare a Vostra Serenità la precisa costitutione de’ boschi della Provincia, de’ quali unicamente è demandata a questa Carica la sopraintendenza e la tutella. Nasce la dilatione dall’habitar in Umago il Capo alli stessi diputato, tutto che le sue comissioni lo vogliano all’obbedienza di questa Rapresentanza. In tale distanza non ponno a lui pervenire sollecita gli incarichi, e meno a questa carica pronte le di lui noticie degl’emergenti per li opportuni compensi, oltre che con facilità ponno nascere altri inconvenienti al servitio publico. Di quanto al mio giongere a questa parte l’ho ricercato ad informarmi mi ritrovo per anco all’oscuro, onde sopra questo particolare, benché di riflesso ristringerò lo scrivere, al solo porgere a publica cognitione, che il proclama stabilito con approvatione dell’Eccellentissimo Senato 31 marzo 1716 produca l’effetto più desiderabile all’immunità de’ boschi stessi, non ingannatosi il fervore del Precessore nell’estenderne le regole e cautelle più salutari, delle quali la mia attentione non tralascierà di sostenere la più pontuale osservanza, onde sempre più ne derivi quel frutto, che fu mirato nel consequire il proclama medesimo. In questa materia de’ boschi e roveri della Provincia, e così nell’altra delle Comunità, Fonteghi e Scuole di questa giurisditione, e di Pirano fu sempre constituto profficuo al publico importante servitio come mi documentano li sovrani auttorevoli assensi a cadauno de’ miei Precessori espressi, che questa carica come delegata si valesse dell’auttorità e rito dell’Eccellentissimo Senato in ogn’emergente de’ danni, pregiudicii et intachi, o male amministrationi respettivamente, e nel praticarne le revisioni, e visita. Ogn’uno l’ha con zelo e decoro essercitata. Né continuarà anco la mia rassegnatione, quando n’habbi la sovrana benigna permissione, l’uso in quelle misure caritatevoli nodrite dalla mente pia dell’Eccellenze Vostre, alle quali sono sempre pure fisse le mie dirretioni, per far comprendere in ogn’incontro a’ sudditi la publica paterna prediletione. Anco sopra il proseguimento di qulle diligenze con tanto frutto, e con la più lodevole distributiva estesa dal Precessore Querini con l’auttorità e rito sopr’accennato, e facoltà espressa nell’ossequiate ducali 29 marzo 1716, a scoprimento degl’usurpi de’ beni, e case di publica raggione; non che per la diffinitione del processato sopra male procedure di Marc’Antonio Venier, che delegato con la stessa auttorità e rito in ducali primo luglio 1711, e 17 decembre sussequente, oltre altre di conferma resta tuttavia per varie contingenze inespedito, inchinarò con rassegnatione quel sentimento che fosse per esprimermi la Serenità Vostra.
Alla quiete del confine versarà il mio indefesso studio, e col tenir ben coltivata la corrispondenza con li vicini comandanti, e col divertire a tutto potere quegl’inconvenienti che potessero alterarla.
Nelli castelli di Rozzo e Colmo, e degl’altri di questa giurisditione, mi risservo esporre a Vostre Eccellenze la positura subito che n’habbi prestata qualch’osservatione.
Questi prediletti sudditi poi saranno da me diretti, e riguardati con amore partiale e distinto.
Penetro che a loro pregiudicio dall’avidità d’alcuni, che provechiano negl’angustie altrui, siasi introdotto l’abuso di cotratti dannati dalle leggi di Dio e di Vostra Serenità, nel dar robba o danaro preventivamente sopra li proventi della campagna, da che derivi che di continuo languisca oppresso dalle miserie il contado. Procurarò internarmi più a dentro nella materia per sanare con opportuno rimedio il male, ond’anche in questo habbino mottivo di benedire la cordiale tutella, che le dona la publica caritatevole benignità, et vi sia il contento d’haver con essatezza fonte quanto ricerca il debito di Rappresentante la Serenità Vostra. Gratie etc.
Pinguente, li 28 febraro 1717.
Allegati: inventario delle armi presenti nelle armerie di Raspo (2 cc.); nota dei materiali e delle munizioni necessarie al castello di Pinguente (1 c.); nota delle armi e munizioni presenti nel castello di Piguente (1 c.); rendite e spese annuali della cassa di Raspo (1 c.).
AS Venezia, Senato, Dispacci, Istria, b. 94.
Trascrizione di Umberto Cecchinato.