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26 settembre 1795 Andrea Querini

Dispaccio del 31 gennaio 1796

N. 12

Serenissimo Principe,
sistemate con efficaci custodie e non consuete discipline la linea confinaria di Sign, l’urgenza di un pari bisogno impegnandomi a nuovo esercizio di faticosa attività affrettò le mie mosse alla visita di questa frontiera.
Non ancora ripristinati gli Ottomani negli antichi loro possessi, era limitata a breve spazio l’estesa del [cordon] Veneto; giacchè l’Austriaco sostenendo coll’armi le proprie occupazioni dal punto di Uniste fino al Triplo presidierà la sicurezza del pubblico territorio.
Dietro la seguita demarcazione de’ confini, l’improvviso ritiro dei Cesarei dalle detenute località, riavvicinando sull’antico sistema gli Ottomani lasciò esposta a rischio di contaminazione la maggior parte di questo distretto; e mi fu forza ridur a settantaquattro i dieci sette caselli che prima furon creduti sufficienti a tutelar da questo lato la gelosa materia di sanità.
Posti in azione i territoriali animati con una libbra di pan biscotto, ed assentito fra le più discrete misure un qualche sussidio in denaro, seppe la loro energia verificar l’intiera erezione dei residui difettivi caselli, riattar le bazzane, ricostruir quasi di nuovo il lazzaretto campestre, riparar le mancanze de’ quartieri e consolidar sei appostamenti militari, somministrando, a titolo di peso angarico annesso alla specialità della Craina, le tavole e tutt’altro legname occorrente ai designati indispensabili lavori.
Qualunque meglio combinata regolazione dipende dalla puntualità incorrotta delle figure ispezionate; ammesso chiunque addietro non ben corrispose alla gelosia della propria destinazione, e sopraggiunti a tempo da Zara cinque uffiziali Italiani, da Spalato due nazionali, e l’alfiere Zulati da Cattaro in unione ai capitani Marc’Antonio Scutari, e Capadoca con plausibile condiscendenza ambedue assentiti prontamente da Sua Eccellenza Capitano in Golfo dietro le mie ricerche, mi tranquillizza la scelta di cadauno, sotto la direzione dell’abile ed illibato tenente collonnello Sinobad, che alla soprintendenza de’ Confini aggiunge quella pur della linea.
Vi occorrono 469 individui, giacchè la ho configurata sul modello della vicina di Sign per riparti e divisioni.
In mancanza di truppa oltramarina, la armano i territoriali: e sebbene sia popoloso il territorio, e fissata l’alternativa del turno dopo quindici giorni, pure non sanno addattarvisi, a fronte delle cinque gazzette e della libbra di biscotto al giorno accordata a cadaun funzionante dall’Eccellentissimo Magistrato alla Sanità, i molti esenti che allignano sotto diversi pretesti in questo territorio.
Se io rinnovo alla Sapienza di Vostre Eccellenze questo interessante articolo, ed i rispettivi miei voti, perchè si acceleri la diffusion della riforma esaurita con viste di equità, di buon governo e di giusta livellazione dall’Eccellentissimo Inquisitorato ai Rolli, e perchè abbia effetto il relativo Sovrano Decreto 5 settembre 1793, mi vi determina la gelosia delle attuali esigenze, e mi vi sprona la mia sensibilità commossa dal sovraccarico de’ pesi angarici, che tutti ricadono in aggravio della gente più squallida, e mendica.
Questi essenziali oggetti mi hanno indotto ad anticiparne l’osservanza, e mi lusinga che anche i terrieri di questa Craina piegheranno docili al comando, come oggidì vi si adattano quelli di Sign da prima insofferenti, ed inquieti.
Nella piazza di Livno non è ancora cessato il contagio: minorano le morti, ma vi manca la popolazione.
In Prossaz, e Scoppie tuttavia infierisce il morbo: si è pur introdotto a Saizza; e gli effetti ne sono desolatori.
A Travnik tuttavia soccombono tre quattro individui al giorno; ma quegli abitanti vivono in apprensione sul ritorno del Visir (nel di cui campo s’intruse con molta perdita di gente il morbo) perchè temono che di nuovo riaccenda l’incendio.
Mi dirigo domani alla frontiera d’Imoschi, e da lì ripeterò a Vostra Serenità i riscontri dell’assequiosa mia rassegnazione, ed impegno verace per le pubbliche cose.
Mosso appunto da questo sentimento non devo ammettere a Sovrana notizia dell’Eccellentissimo Senato l’ingrata emergenza, che con forme proditorie di odiosa ostilità sviluppò recentemente a danno del suddito negoziante da Dobrota (?) Luca Morovich per opera di Jaffer Caplan, oggidì asceso al grado di Pascià della Vallonia, a me partecipata con merito di esattezza dall’Illustrissimo Provveditore Estraordinario di Cattaro.
Era solito il suddito commerciando frequentar co’ suoi bastimenti le scale della Turca Albania.
Nell’anno 1784 il caplan a’ Zorzi Morovich, padroneggiante un trabacolo del (?) Dabinovich, propose Società di Negozio, e fu stabilita Compagnia pel commercio di Pece, che durar doveva (?) il periodo di tre anni successivi.
Con intelligenza del turco comandante il Dabinovich vi associò per terzo compagno certo Giacomo Obradovich Albanese, commerciante a Trieste, onde nell’impossibilità, in cui egli era di trattenersi continuamente a quella parte, vi fosse a quella scala persona atta a ricevere i carichi derivanti da Valona, ed a procurarne lo smercio fra quelle misure di prezzo che lo stesso Jaffer aveva già determinate.
Prima di compiersi il triennio, fu dal turco comandante spedito, in qualità di suo proccuratore certo Islam Agà, ed incaricato per la consumazione dei conti della compagnia.
Esaminate le partite, liquidata ogni cosa, fatti i dovuti pagamenti, e pareggi, furono separatamente rilasciate sotto li 3 e 12 novembre 1787 le rispettive scritture di saldo, e quietanza al Dabinovich tanto dall’Obradovich, quanto dal proccuratore Islam Agà, le quali, oltre la firma delle parti, furono pur sottoscritte da testimoni.
Dopo quasi sette anni, senza che mai il Pascià abbia spiegata alcuna pretesa, sebben più volte in tanto periodo di tempo abbiano per oggetti di traffico approdato alla Vallona i bastimenti del Dabinovich, spiega il Pascià la smentita (?) di due milla zecchini di credito per immaginario avanzo dall’avuto comun commercio della pece.
Si riduce quella scala il Morovich nell’anno 1794, ricerca di cambiar due mille talleri in piastre: Jaffer si offre di farglielo, ed invita a terra il suddito; questo gliene spedisce mille con due marinari; egli pretende l’intiera summa, e quindi li fa arrestare.
Il Morovich passa a terra per liberarli, ed invece lo fa assicurar in catena, gli minaccia la morte, se subito non verifica l’esborso dei residui mille talleri; come fece per dura necessità, oltre l’aumento d’altri 67 per benefizio de’ suoi sicari.
Tanta perfidia comprovata da ineccepibili documenti compromette la lealtà di buona vicinanza, la sicurezza del commercio, e la vita de’ bocchesi negozianti a quelle scale.
Lo spirito di vendetta e d’interesse, sè preponderanti nel cuor di que’ sudditi, può ingelosir le viste del Governo, ed è perciò ch’io invoco le pubbliche istruzioni; per mia guida e conforto de’ sudditi: rassegnata già la seria incidenza al (?) Eccellentissimo Magistrato de’ V Savj alla Mercanzia, ed anche all’Eccellentissimo bailo per quei rapporti che rispettivi incombono alle viste politiche, ed a tutela de’ sudditi e del traffico. Grazie.
Knin 31 gennaio 1795 more veneto.
Andrea Querini Provveditore Generale in Dalmazia e Albania.

Nota: Arrivato il 13 febbraio 1796.

AS Venezia, Senato, Dispacci, Provveditori da Terra e da Mar e altre cariche, b. 467 (ex 662).
Trascrizione di Guglielmo Zanelli.