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1721 - 1722 Daniele Venier

Relazione

Relazione di Venier tornato di Provveditore estraordinario di Cattaro
22 novembre 1723

Serenissimo Principe.
La carica di Proveditor estraordinario di Cattaro nella Provincia Superiore, quant’è illustre per l’auttorità che sostiene doppo la Primaria Rappresentanza, altrettanto è malagevole per le gravi ispettioni che la tengono occupata, per la ferocia delle popolationi sudite de confinanti e per la vicinanaza d’un Principe potente e de commandanti insidiosi, destinata la mia insufficienza dalla benignità dell’eccellentissimo Senato a sostenerne il peso, ho procurato per il corso di 25 mesi, che il bene dei sudditi et il vantaggio de Publici interessi, fossero il principio e la regola di tutte le mie applicationi. Benchè nell’attualità del servitio habbi con miei riverenti dispazzi rappresentato quanto rifferivasi a questi due punti, vuole ad ogni modo la sacra disposition delle leggi, che nell’atto m’umilio a questo Regio soglio, rassegni tutti quei lumi che vengono suggeriti dalle materie e da ogni parte costutiva l’ardue incombenze di quell’incarico. Reputo però superfluo il ripetere la descrittione ch’altre volte è stata esattamente fatta della Provintia, come lascio a più alti riflessi la situatione e le sue consequenze. All’importanza di queste non corrisponde per verità lo stato, provedimento e custodia delle Piazze. Sopra cadaun diffetto ho versato in più mano de miei dispazzi, ma spetialmente e con studio particolare nel numero 36 in cui ho procurato far cadere ogni circostanza a cognitione di Vostre Eccellenza.
Dai Publici generosi rescritti ho rilevato l’aggradimento agli umilissimi suggerimenti e decrettata la massima per i più pronti rimedii. Nell’essecutione di questo posso credere saranno donate le prime applicationi alla riguardevole Piazza di Cattaro e perciò ardisco d’uggerire doversi il principal impegno nel castello (recinto e posti del monte) ove fra gl’altri diffetti vi sono varii siti di agevole e facilissimo scallo. Ho fatto seguire qualche ristauro, ma non ho potuto impegnarmi ne più essentiali, perchè vennero di mancarmi i mezzi. Incessante bensì è stato il travaglio per l’artigliaria essendovi in Cattaro di presente l’intiero bisogno de letti, oltre altri fatti trasportare a Castel Novo, ove ho lasciato le maestranze per essere già approntati e ridotti in fettoni li legni neccessari, anco per quella Piazza.
Il scarso numero de presidii chiama egualmente la Publica providenza. Ho umiliato nei numeri 3 e 36, che servono di posto fisso con un armo molto inferiore al bisogno, quindi derrivano essentiali disordini, li soldati non possono essere disciplinati, periscono nel patimento continuo o si riducono alla disperation di fuggire, si consumano le truppe et in fine non possono conciliare il rispetto de confinanti, nè l’ubbidienza de sudditi. E pure dai punti ch’anderò rifferindo raccoglierò la maturità dell’eccellentissimo Senato, quanto sii neccessario alle Bocche un conveniente corpo di militie Italiane, per guarnire le Piazze, e qualche maggior numero de Legni armati, per meglio sostenere li riguardi del servitio, dell’interesse e del Publico decoro. Gli sudditi di quella Provintia sono universalmente di feroce temperamento e la disobbedienza in essi è consquenza, se non legittima almeno neccessaria, quando massima non scorgano il vigore che si riesca per li più opportuni rimedii.
Riesce poi di pessimo essempio il dover trallascairli, mentre si moltiplicano li colpevoli e vien creduto quasi impotente il braccio del Prencipe ad essercitar il castigo. Quindi però oltre i delitti privati ne derivano i publici, commettendosi continui contrabandi in grave pregiuditio del Prencipe. Su questo punto tanto importante alla Publica economia ho fissatto nel corso del mio impiego, con studio particolare e l’havrò rilevato la Publica sapienza dal mio dispaccio numero 10. Il provedimento all’hora da me preso per divertire il passaggio de Pastrovicchi con tabacchi nel Friuli e Stati Austriaci adiacenti a sortito la Sovrana approvatione e l’osservanza del decrettato (?) gioverà certamente se non a togliere intieramente le contrafattioni, almeno a renderle meno frequenti. Molte ne vengono commesse anco da quei del Canale, si de Cattarini, Parzagnotti e Dobrachiani, appresso quali è il sforzo del negotio. La publicatione de proclami e la soministration delle pene non bastano a fermare il licentioso libertinaggio. Per l’informationi rittrate sopra a quattro mile barille d’oglio ascende la rendita annuale delle Bocche e questo pocco meno che intieramente viene estrato. Se poi si osservano li libri delle cancellerie (?) e le vachette [libretti o registri] de datiari non si ritrovano licenze e pagamenti ed ecco defraudato il datio di Cattaro e della Dominante. E’ però neccessario impedire li contrabandi prima escano dal Canale e rintracciare in luochi opportuni li bastimenti de Pastrovicchi, quando partono per osservare se sono muniti delle licenze, colle misure da me stabilite, e nel regretto per invigilare alla condotta di ferro, azzali [acciai] e canne da schioppo, ch’è d’ordinario loro negotio colla Turchia. Due galeote che servono appresso la carica, non sono bastanti e vi vogliono legni sempre in moto e di continuo destinati a quest’ispettione.
E’ vero ch’anco l’abuso delle Publiche gratie contribuisce al danno delle rendite. Godono sino da tempi remoti li Pastrovicchi, Perastini e li villaggi del Sboro di San Michiel, il spetioso privileggio dell’essentione de datii. L’indulto dovrebbe cadere sopra li soli prodotto che nascono ne territori respettivamente de’gratiati, comm’appunto resta chiaramente espresso nelle recenti gratiose comessioni fatte da quei di Topla, Risano, Zuppa e Montenero; niente di meno si proffessa estenderlo su tutti gl’effetti di negotio. Ho durato (?) un fatticoso studio per non vedere ulteriormente pregiudicati quei datii, ritrovati nella decadenza umiliata col dispaccio numero 3, ma quando l’uso dell’esentione fusse ridotto a così ampla intelligenza, ciò basterebbe per intieramente annientarli. Ogn’uno che fosse commodo di dinnaro, potrebbe far servire al proprio interesse personne privileggiate che non havessero il modo di trafficare, così che tutto passarebbe esente e restarebbe delusa la Publica generosa intentione. A presservatione però del Regio patrimonio, sarebbe opportuna una spiegatione se Pastrovicchi, Perastini e Sboro di San Michiel debbeno godere l’esentione per tutti i loro negotii o per i soli prodotti et effetti che conducono per loro uso, come parmi ragionevole e giusto, prescrivendo nel tempo stesso le regole più sicure, onde non resti deffraudata la Publica volontà.
Corre nel proposito un altro disordine nei Perastini ed in quelli del Sboro di San Michiel, questi vogliono fare continuar il privilleggio in alcune famiglie della loro popolatione, ch’anno trasportato li domicilii in altri luochi della Dalmatia, e quelli vorrebbero far commune la gratia anche alle genti di quei villaggi, che si radunano sotto la loro bandiera. Anco queste due circostanze sono degne della Publica dichiaratione a scanso de contese e de pregiuditii. Qualunque abuso passa facilmente in esempio e questo serve poi di fomento negl’altri privilleggiati. Pur troppo sono assenti anco quelli di Topla a dilattare la concessione. A maggiore intelligenza però devo premettere, che concorso l’eccellentissimo Senato a stabilire in communità il luoco di Topla suburbio di Castel Nuovo, viene latamente interpretato il decretto e si comprendono nella communità istessa tutti li villaggi del territorio. Con questo fondamento poi l’esentione, accordata alla communità istessa in ossequiate ducali 18 luglio 1718, resta pure a tutti il territorio commune. Dipende dall’oracolo della Publica sapienza il togliere gl’equivoci e dichiarare se per communità specificata di Topla nei Publici documenti si intenda il Territorio tutto di Castel Novo, composto di moltissimi villaggi, mentre sarà più facile addattare a norma del Publico sentimento l’esentione espressa nelle ducali accennate. Devo intanto scanso (?) del proprio debito umilmente considerare, che questo spetioso titolo esteso a tutto il territorio, non serve che di confusione e di publico disservitio, prettendendo li territoriali con pernitiosissimo effetto, non poter esser obligati all’angarie, ed a me anco è successo d’incontrare un’ardita negativa di dar mano alla condotta de legni fatti tagliare per servitio della Piazza.
Ho premesso la necessità di maggior numero di legni armati appresso la Carica per ragion del servitio e per agevolare l’estirpatione de contrabandi, ma egualmente oportuno riuscirebbe per la gelosa materia della salute. Lasciando senz’esame li disordini, che dalla parte di terra succedono, perchè aperto da ogni lato il confine, libere le venute, è difficile di por in prattica dilligenze bastanti a togliere l’inconvenienze, riffletterò a quei solli del Canale (umiliati anco dall’eccellentissimo Magistrato alla Sanità) che vogliono un vigoroso rimedio. Oltre li bastimenti di quei suditi, vi capitano dall’Albania frequenti Legni Dulcignoti. Gl’uni e gl’altri di notte tempo possono scaricar merci dove più fosse di loro interesse, breve essendo il traghetto, temeraria l’insolenza ed in loro mani la commodità, restando gl’effetti all’espurgo ne bastimenti. Gl’ordini e li castighi cominati dalle Publiche terminationi non hanno forza dove può haver parte l’interesse e v’è per guida un licentioso costume. Dai sostituti non è d’attendersi una fedele custodia, perchè se non sono vinti dall’utile, possono essere persuasi dal timore. Il liquidare le trasgressioni e castigare li dellinquenti, non è facile, perchè la massima più osservata fra quegl’habitanti è di darsi mano, non di svellare le delinquenze. E però l’unico possibil remedio sarebbe, quello d’impiegar Legni armati dove e quando lo consigliassero l’occasioni, per impedire qualunque pericolosa irregolarità.
Quanto sono attenti li suditi delle Bocche a pregiudicare il publico interesse, altrettanto è fedele il loro vassallaggio e la divotione verso il Publico nome. Ne sono fra d’essi de faciorosi, tutti fieri et indomiti, niente di meno tutti pronti e rassegnati, quando lo abbisogni il servitio del Rappresentante, distinguendosi spetialmente quelli del Canale, che sono li più docili e meno inculti. Fra li suditi vengono anche presentemente considerate le quattro popolationi pendenti: Zuppani, Maini, Pobori e Braicchi. Li primi sono li più numerosi e benchè ne tempi passati commettevano frequenti insolenze, l’ho ritrovati assai rimessi (?) ed in molt’incontri con piena obbedienza a miei ordini. Affligge tutt’esse popolationi l’incertezza del loro destino e dubitano un giorno pagare colle vite e colle sostanze la presente loro felicità per haver ricusati tanti inviti de Turchi. Sono stati molte volte chiamati colle blanditie [lusinghe], molte colle minatie et eccittati al pagamento de karazzi. Sempre m’hanno fedelmente reso consapevole e consegnati li fogli loro inviati, rispondendo con costanza di non riconoscere altro sovrano che Vostra Serenità. Ho sempre rettribuito con tratti di cortesia e d’amore verso così divote dimostrationi, animandoli a perseverare nella fortunata loro soggettione. Più volte li Turchi si sono dichiarati di voler obbligarli colla forza, il che se mai intraprendessero, benchè non sii credibile nella pendenza alla Corte, devo ragionevolmente giudicare che non vorranno attendere l’irrutione dell’armi.
Faccio questo divoto cenno havendo di tempo in tempo supplito colle notitie neccessarie all’illustrissimo Senato. Anco de Montenegrini suditi della Porta ho fatto varie volte mentione, anzi ho dovuto rappresentare l’insolenti loro molestie e rassegnare l’umilissimo mio sentimento, particolarmente nel dispaccio numero 72.
La massima può esser parto di mente perfetta, ma l’ho creduta confacente al servitio di Vostre Eccellenze. La dissimulatione de loro trappassi non valerà certamente che ad animarli a sempre maggiori, nè può bastare la desterità nè giovare la dolcezza, quando sono inutili le tante beneficenze ricevute e le gratie mensuali che il rappresentante loro dispensa. Com’ho  già rappresentato nel dispaccio numero 43, non furono mai esclusi, di mio ordine, dalla città, che li soli (G)regusi (?) pure ardirò credere, che per ragione di buon governo, non dovrebbe accordarsi l’ingresso che ai soli capi delle popolationi e custodirsi colla dovuta gelosia una Piazza così importante. La maturità venerata dell’eccellentissimo Senato mi previene in quei giusti rispetti che suggerisce la qualità delle genti e la circostanza d’un avanzato confine. Per altro versando sul sistema presente, non credo potesse sperarsi la quiete, che quando si persuadessero a consegnare ostaggi di cischedun commune, in pegno della loro moderatione, ma come io ho incontrata tutta la ressistenza, appena ne feci qualche lontana proposiitone, così subito non siino per rissolversi e che sempre continueranno li pericoli e le doglianza de sudditi.
Può essere ad ogni modo che la distinta virtù dell’eccellentissimo successor Loredan, vi ritrovi qualche opportuno ripiego e che tocchi alla di lui somma prudenza conseguire il gran bene della sicurezza del comertio e di vedere cessati gl’homicidii e le rappine. Intanto ho il contento di non haverle lasciata alcuna molesta vertenza con Turchi. Diverse ne sono state da me sopite e massime quella fastidiosa della nota rappressaglia fatta da Pastrovicchi, senza che nè al Publico nè al privato sovrastino maggiori disturbi. Molti a me toccò di soffrirne o per gl’accidenti del confine o per adempimento delle commissioni della Suprema Carica. L’avidità de commandanti, l’avanie [vessazioni, soprusi] naturali della Natione et il desiderio di non lasciar passar ricorsi alla Porta, m’hanno più volte tenuto in agitatione et obligato ad incomodi viaggi e dispendii. Ha quella Carica frequenti mottivi di trattare col Passà di Scutari nell’Albania, con il Bei di Trebigne confinante con Castel Novo e con diversi altri inferiori commandanti. Tutto prendono per prima mira il loro interesse e benchè conoscano il giusto per forza di ragione, tentano ad ogni modo, per forza di potere, che tutto servi loro di ragione. Io nei casi occorsimi ho sempre carteggiato con termini civili, ma forti, et ho compreso che nelle cose ragionevoli si lasciano persuadere, se conscono non farsi caso delle loro prettese e se incontrano un contegno franco e sostenuto. Li regalli soliti di farsi a Passà, convienne continuarli per uso, ma non è da sperarsi che servino di facilità alle premure nascessero. Ne ho veduta l’esperienza inannti li Passà cambiati in tempo della mia Carica, da quali non s’è potuto conseguire il castigo de scelerati Dulcignoti, tutto che dovuto per le capitulation della pace e commandato con repplicati firmani [decreto] della Porta. E’ bensì seguito l’effetto desiderato, ch’hanno tralasciate le molestie incomintiate nel golfo et alla Scalla di Durazzo. In tempo del loro corso havevano predate alcune grosse darsene et una di queste ho fatto comprare da sudito delle Bocche. Sarebbe desiderabile che seguisse lo stesso anco dell’altre, perchè in ogni caso mancasse loro simili legni, capaci di gravi danni nel golfo. Ho havuto qualche sentore ch’alcuni d’essi Dulcignoti navighino incogniti con felucche [piccoli velieri] di negotio Ragusee, ma non ho potuto stabilirne la verità. Non manca certamente quel Governo (?) dar braccio a tutto ciò che può agevolare l’affluenza del negotio alla sua Scalla. La conserva egli con studio assai geloso, havendo nell’anno scorso insidiate sino alcune pocche merci che calavano a Castel Novo, con permissione del Bei di Trebigne, contro cui ha perciò reclamato il Passà di Bossina. Appunto in altri tempi la Publica prudenza ha degnato de suoi rifflessi quella Piazza et ha ritrovato di suo interesse erriggervi lazzaretti et incaminar una Scalla. Fu questa interotta, non meno dall’insidia de Ragusei che dalle conbustioni del Montenero, ma ritiene la Serenità Vostra le stesse Regie ragioni per riaprire il comertio e vendicare li pregiuditii, che s’avanzano alla violatione del più riguardevole diritto, col traghitto delle merci per sottovento. Ho toccato questa materia all’illustrissimo Senato, nel dispaccio numero 5, et havevo introdotto maneggio col capitanio d’Onogossie, a cui dalla Porta era stata conferita la direttione delle Scalle, ma nel tempo stesso, essendo sortito al Bei di Trebigne di rihaverla (huomo all’hora vinto dalle prattiche de Ragusei) ho dovuto abbandonar l’attentato (?) e perdere ogni speranza.
Se in presente piacesse all’illustrissimo Senato donare le mature sue applicationi all’affare, crederei che nei disgusti insorti tra il Bei sudetto e li Ragusei, si incontrassero minori difficoltà. Ottimi sarebbero gl’effetti, quando venisse richiamato il traffico a quella parte, si popolarebbe maggiormente il pese, riceverebbero qualche respiro dall’attuali miserie quei suditi, goderebbero dell’utile tutte le Bocche, risultarebbe vantaggio alla Cassa e sarebbe in qualche parte divertita la prohibita navigatione. Non credo possino dubitarsi oppositioni all’idea dalla Porta, non essendo cosa nuova la Scalla di Castel Novo e dovendo in forza della pace essere libero il comertio a suditi dell’uno e l’altro Stato.
Resta da rifflettere se si possa sperare concorso di merci e negotio. In altri tempi non era affatto derelitta la Scalla e dovrebbe anco in presente confidarsi qualch’affluenza.
Per assicurarla però conviene condursi (?) coll’arte istessa de Ragusei et allettare il direttor delle Scalle, coll’evidenza del suo proffitto. Egli potrebbe ricavarlo dalle mercantie e dal terzo de sali, il spazzo de quali riuscirà abbondante e copioso, quando fosse dispensato sale bianco, ch’è più accetto e desiderato.
Per attrahere maggiore il concorso potrebbe la Publica grandezza ridure la vendita a minor prezzo de Ragusei, il che mirabilmente influirebbe al vantaggio. Lo provedono essi da Barleta e però devono sostenerlo là dove Vostra Serenità n’ha li magazzeni di propria ragione. La circostanza servirebbe senza dubio di sollecito a compratori et all’Emino che fosse deputato e colla quantità maggiore del spazzo, si risarcirebbe con usura la diminutione del prezzo. Incaminato che sii il principio, ben trattati li suditi Ottomani, facilitato tutto ciò che può renderli contenti, resi più dolci gl’aggravii che alla Scalla di Ragusi, può sperarsi in seguito tutt’il buon esito.
Sarà già a notitia di Vostre Eccellenze che li lazzaretti sono caduti, onde per prima dispositione d’invito bisognarebbe dar mano a qualche ricovro per le robbe e per le genti. Anco dall’Albania potrebbero confluir degl’effetti, quando massime vi fossero mercanti in Castel Novo, con qualche soldo, mentre tutti quelli che con pocchi colli non possono attendere, o in Briana o in altri luochi, il passaggio de bastimenti per la Dominante, l’esito e la missione del soldo, in mancanza di luochi più vicini, passano a farne la vendita a Ragusi. In tutto poi v’è necessaria l’industria e maneggio per conseguire li possibili vantaggi. L’affare meritarebbe d’essere più diffusamente trattato, ma non mancano modi alla Publica auttorità per ricavare più distinte et esatte informationi.
La relatione presente corrisponde all’insufficienza con cui ho sostenuto l’impiego. Sono stati in esso i miei giorni un moto continuo della più efficace intentione di ben servire, ma quanto vi fosse stato di buono, tutto deve rifferirsi alle primarie dispositioni dell’eccellentissimo signor Proveditor generale, bench’io ne goda il vantaggio del Publico compatimento. Il padre ottuogenario nel corso tutto della sua vita ha essercitati con costanza, con zelo e con fede importanti e difficili magistrati della Patria. Sottopostosi a sostenerne il peso, anco nella presente cadente età, ha istillato nel mio cuore ardentissimo desiderio d’imitare un così honorato esemplare.
Incaminai i primi passi ne tempi più difficili portandomi volontario fra l’armi della Dalmatia, indi destinato prima da miei voti che dal commando del Supremo inclinato (?) Rappresentante in Proveditor di Citluc [Citluch] impegnai la salute nell’inclemenza del clima, l’honore e la vita nei pericoli sovrastavano alla Piazza da un nemico potente in tempo di molestissime circostanze. Resterà in glorioso rettaggio del tenero figlio, le clementissime espressioni con quali fu rettribuito in aureo decretto quel spontaneo cimento e servono di stimolo alla mia divota ambitione, le copiose dichiarationi d’aggradimento ch’ho venerato in più mano d’ossequiate ducali, per il recente servito. Se non dovessi per legge di natura e per istinto di sangue offerire alla Patria tutti li miei pensieri, fattiche e sostanze, lo dovrei animato dalla ricca mercede ch’ha ricevuto la sola buona mia volontà, non restandomi che aspirare al sacriffitio intiero di me stesso, quando sii commandato servire alli vantaggi e glorie di quest’Augusta eccelsa Republica. Gratie.
Data li 22 novembre 1723
Daniel Venier ritornato di Proveditore Estraordinario di Cattaro.

AS Venezia, Collegio, Relazioni, b. 65.
Trascrizione di Lia De Luca.