1747 - 1749 Vincenzo Gritti
Relazione
Relazione di Vincenzo Gritti ritornato di Provveditore a Cattaro
1 giugno 1750
Serenissimo Prencipe.
Nel mio ritorno dalla Carica Estraordinaria di Cattaro, essendo chiamato dal debito che m’impone la legge a refferire a Vostra Serenità lo stato di quella Superiore Provincia, ed a rassegnarle li mezzi opportuni per conciliare gl’oggetti del Suo Reale interesse e servizio, mi si copre d’osequioso rossore la fronte nel riflesso del difficilissimo assunto e nella cognizione che mi riesce tanto sensibile, d’aver sostenuto con debole et imperfetta condotta quelle importanti e spinose incombenze.
Nota alla Signoria Vostra la situazione vantaggiosa di quella gelosissima Piazza, quantunque per effetto del zelo provido dell’eccellentissimo signor Proveditor General Boldù abbia ritrovato con durevole e consistente ristauro nelle proprie fortificazioni, è non ostante rimarcabile il diffetto che le deriva dagl’imbonimenti, quali giornalmente s’aumentano, per il torrente che scorre alli suoi lati di Gordichio e Fiumera. Conosciuta la necessità di pratticarvi l’escavazione e di addattarvi il conveniente provedimento, ordinai al Tenente colonnello ingegniere Conte Marcovich, soggetto d’abilità e d’esperienza, coll’incontro, che fu a quella parte, l’estesa dell’ingionto disegno, onde risulti più chiaramente l’esposto bisogno ed il calcolo, che pur unisco della spesa occorrente per ripararlo. Dipende per altro dal Sovrano arbitrio di Vostra Signoria il deliberare nel proposito, giacchè io non ho che il solo et unico fine di non vedermi risponsabile di qualche mancanza, per averla incautamente sorpassata col silenzio.
Le case interne di quel recinto sono per la maggior parte atterrate, o dagl’incendi del fulmine o dalle scosse de terremoti, e ridotti in basso numero li nobili di quella città, impoverita dall’impotenza di continuare il comercio, vi si contano egualmente in essa pochissimi abitatori. Crederei per tanto utile che dalla Publica Auttorità fosse comandato, che con nuova aggregazione si rinvigorisse quel Consiglio e, che con la mira d’accrescervi gl’abitanti, venisse minorata l’imposizione de dazii a qualunque persona, che vinta dall’allettamento del proprio proffitto, si determinasse di fissarvi il soggiorno.
è per altro molto infelice lo stato di quelle genti, per la vicina popolazione del Montenero, che inquieta e dedita alle rapine, non lascia di tempo in tempo di promuovere rapressaglie, omicidi ed insulti, in offesa e pregiudizio de sudditi.
Barbari coloro di natura e nodriti con gl’errori del Rito Greco Serviano, legati fra essi di sangue, d’amicizia o d’interesse, per non aver negl’incontri di rottura a guardarsi non men dall’esterno che dall’interno nemico, sarà sempre salutare la negativa a quei Montenegrini, che volessero di nuovo in Cattaro piantare domicilio, acquistare stabili o terreni al di fuori. Ne conobbe la maturità dell’eccellentissimo Senato i pericoli allorchè col venerato decreto ... [così nel testo] 1732 fissò massima d’evincere col Publico soldo quei beni, che per defficienza di modo, non era concesso di redimere alla mano privata de proprietari. Infirmata l’idea a colpa forse de seriosi impegni sopraggiunti in altre bande, conoscierà la Sapienza ossequiata dell’Eccellenze Vostre, se compila addesso il richiamo all’esecutzione del decretato e se coll’aggravare l’annuo prodotto de terreni si verebbe in breve tempo a risarcire l’errario del dispendio cui venisse per simili ricuperi di soggiacere.
Io intanto ho il conforto d’aver contribuite con fortuna le mie divote applicazioni, nel comandatomi maneggio per il riscatto col publico dinaro d’una casa et alcune botteghe acquistate per l’addietro dal Vescovo di Cettigne. Distrutte in seguito assieme con alcune altre, gioverà certamente lo siano anche le restanti, giacchè piantate attacco le mura della Piazza, vi facilitano l’accesso e le fughe del presidio, servono d’officina ai contrabandi, di ricetto ai pericoli di salute e di comodo alle insidie massime da Montenegrini ad ogni picciolo sconcerto, tese indistintamente contro la vita di quei abitanti e milizie.
Quantunque in forza d’una condotta mista di rigore e dolcezza, mi sia fortunatamente riuscito d’achetare li gravissimi disordini insortivi in passato, non ostante quando Vostra Serenità non sia in grado di soministrare rinforzi di milizie, per custodire vigorosamente il posto gelosissimo della Trinità, reputo indispensabile un qualche assenso agl’abitanti medesimi d’esercitar negl’incontri d’attacco, senza risserva et in modo libero, la diffesa, onde reprimere l’audacia de Montenegrini.
Molesta quella Craina a sudditi pure del Gran Signore, con le frequenti sorprese delle caravane Turche e ressistenti alla contribuzione del Cararo, non v’è pericolo d’alcun reclamo, eguali Comandanti Ottomani nel desiderio di sentir corretto e represso l’ardire intolerabile di quei ribelli.
In modo diverso continueranno senza ostacolo e con danno sensibilissimo l’effusioni del sangue, animati coloro dall’esperienza di poter a man salva comettere li delitti e prettendere compensazione dalle ragionevoli vendette de sudditi.
Sarà poi pur conferente a publici e privati riguardi, non s’allontanino da quella Provincia le povere famiglie dei per altro molto arditi Albanesi, rifuggiati in Perasto, al che tendono i desideri e le avvanzate pretese de Montenegrini, ripugnanti apertamente di seco loro riconciliarsi, come li soli che per il loro genio rissoluto e feroce, li han sempre tenuti e puonno tenerli in freno e soggezione.
Dietro però quella massima ed a senso delle precise rispettabili istruzioni di Vostre Eccellenze, ho potuto con esultanza particolare dell’animo mio (a fronte dei più validi ostacoli) veder compresi anch’essi nella fede reciproca ultimamente accordata fra Montenegrini e gl’altri sudditi seco loro in dissidio, come già rassegnai a Publico venerato lume.
Dio voglia che al caso della concertata vicina trattazione dell’universale concordia, riesca alle zelanti applicazioni del nobil huomo mio successore, a cui ne restò la cura di conseguire una perfetta riconciliazione, anche rispetto agl’Albanesi. Ma l’esperienza mi documenta quanto poco durevoli sono gl’aggiustamenti ottenuti con l’uso delle arbitrarie, giacchè il giudicato non esigge l’effetto, ch’è il risarcimento dal canto de Montenegrini, gettandosi perciò il Publico seben lieve dispendio, ne cuoprindosi che leggiermente il fuoco, facile, per l’inquieto loro temperamento e per il genio suscettibile e vendicativo de sudditi, a divampare in momenti e sempre con danno maggiore di questi ultimi.
Il predetto Vescovo Lava, o incapace di tener a dovere quella Craina o inclinato allo studio di non promovere che lusinghe, non è quel mezzo che influir possa a conseguire e conservare la comune tranquillità.
Tutta volta gioverà sempre il traccheggiar seco lui e balndirlo, trattar per altro con mano bassa li più torbidi fra quelle genti, e qualor alcuno de Capi si rendesse utile a frenar li sconcerti o a divertir movimenti insidiosi, sarà proficuo e servirà di stimolo agl’altri, l’esempio d’impegnarlo alla continuazione di così laudabile esercizio, con le rimostranze visibili d’un qualche Publico dono.
Le popolazioni più considerabili del Canale consistono in quelle di Perasto, Dobrota e Parzagno.
Dedite quest’ultime alla mercatura, rendono con li frequenti contrabandi molto perniciosa e corregibile la loro condotta. Toltevi però alcune poche famiglie benestanti, che continuano il loro soggiorno e trafico ne respettivi luoghi sudetti, tutte le altre sono pntem.te [presentemente] ridotte in somma povertà, parte delle quali vive bensì col negozio, ma assistite di soldo da quei compatrioti che attendono alla mercatura in parti lontane, o dentro o fuori del Stato, dove e come più comple al loro interesse, notabile anzi il trapianto suppostomi d’alcune in Ponente, Malta ed in altre estere contrade.
Da tali aiuti e corrispondenze nascono poi quelle tante insidie al Publico patrimonio, quei languori del suddito comercio e quelle contreffazioni pericolose di salute, che nessuna legge, nessuna attenzione e nessuna mano, benchè la più autorevole, ha potuto fin qui arrivar a perfettamente deludere et impedire.
Addognimodo una vigilanza da me indefessamente prestata, anco all’importante materia de dazii, ha servito a minorare notabilmente li pregiudizii e gl’eccellentissimi signori Revisori e regolatori ebbero di tempo in tempo argomenti visibili delle mie applicazioni, pur in questo premuroso proposito.
Perasto per altro è una comunità composta di uomini di valore e che coltivano sentimenti d’una perfetta venerazione al Publico nome; ma non può negarsi che per sostennere un’apparenza di decoro e di stima superiore alle altre, non cuopra tal volta sotto il velo di mendicate scuse e pretesti il censurabile dissegno d’inobbedienza agl’ordini dell’Estraordinaria Carica.
Ma se per le premesse distrazioni di gente e di soldo è si può dir spirante l’industria et il comercio del Canale di Cattaro, più infelice senza paragone è la sorte delle popolazioni di Risano et del suo confine, non che di quello di Castel Novo. Gente quella quasi tutta miserabile e mal proveduta di terreni, a causa delle situazioni per lo più rudi et alpestri, non ritrovando suffraggi alle parti Littorali è costretta di ricever a colonia e lavorar terre de confinanti. Diffettivi poi i sudditi alla corrisponsione delle patuite Domenicali a Turchi proprietari de fondi, da qui insorze la frequente sospensione de concorso a quelle due Scale delle vittuarie dall’Ottomana Erzegovina, il che porta per necessaria consequenza le vicendevoli ostilità e repressaglie, che succedono tutto il giorno a quel geloso confine, custodito per altro con impegno dal corraggio e dalla fede di quei sudditi.
Impossibile però a tener in moderazione gente bellicosa, confinante e famelica, per minorar quanto si può il grave male, oserò d’umilmente suggerire alla Signoria Vostra per unico rimedio la costosa formazione di nuovo catastico delle terre di Castel Novo e Risano soggette a terratico. Se teli venissero in qualche tempo d’esser le Publiche deliberazioni, giovarebbe il comando a chi pressiedesse alla grand’opera sul luogho, che a proporzione de spazii coltivabili e delle anime di cadauna famiglia fossero tutte poste in eguaglianza col smembrare a chi soprabbonda e soccorrere chi scarseggia o languisce affatto del suo bisogno.
Risano poi è situato in un seno poco distante da quella terra, abbonda di gente del carrattere che ho già descritto e che a fronte delle più efficaci e risolute Publiche prescrizioni tiene, per gl’ennunciati motivi di miseria e d’impontualità, di continuo irritati li vicini.
Quali fatiche m’abbi costato lo studio di dileguare li torbidi che vi avevano suscitati li Turchi, e quello di farli notabilmente discendere dalle loro enormi e non mal fondate pretese, la Signoria Vostra avrò tutto presente alla sua memoria, avendole difusamente esposte nel riverentissimo dispaccio numero 35, riguardante il componimento da me trattato e ridotto a felice fine con comandanti della vicina Erzegovina. Posi in vista nel medesimo incontro, attesi anche gl’eccitamenti Mubasir (?), la neccessità di fissare a quella parte una rigoroza Compagnia di presidio, onde disporla nei due porti da me con Publica approvazione proviggionalmente erretti negl’angusti posti di Crivomi [Crimovizza] e Lidenizze [Ledenizze], e per frenare la lubricità de sudditi e per imprimere soggezione a confinanti, se mai meditassero d’accingersi a nuove sorprese.
All’estremità del Canale v’è la Piazza di Castel Novo, gloriosa conquista del secolo decorso, ma ridotta in oggi rovinosa e cadente nelle mura del suo recinto, et in faccia d’essa v’ha l’imboccatura del Canale medesimo, custodita da una semplice galeota, che si tattiene di posto fisso nel porto Rose.
Di genio parimenti fervido e portate al rissentimento quelle popolazioni, Publici e tutti essenzialisismi riguardi vorrebbero la destinazione colà d’una galera dipendente dal Proveditore estraordinario, con la mira di opporsi validamente alle superchierie ostili, che potessero di nuovo tentarsi da sudditi contro legni Dolcignoti, che vi frequentano et in molto numero il concorso.
Tanto appunto potrebbe succedere ad ogni notizia che si spargesse, di qualche insulto patito da sudditi alle Scale dell’Albania, documentando abbastanza il recente successo della polacca Perastina, che li legni armati di rango inferiore non servono ad imponere soggezione et a divertire simili sulfurei quanto rifflessibili accidenti.
Interrotto all’ora alle Scale medesime il comercio, con Publico e privato notabile pregiudizio, continua lo sdegno e il desiderio di vendetta negli animi perversi delle genti di Dolcigno contro Perastini, Stoliviani e Risanotti, impressi che di quelle tre popolazioni fosse composta la maggior parte del’equipaggio dell’accennata contumace polacca, tanto più perciò necessario il fissare a portata del bisogno mezzi valevoli ad allontanare i temuti inconvenienti.
Nella giusta premura di non lasciar sospeso e pregiudicato il traffico a Durazzo e giacente l’ord.ne [ordinazione] della volta, mi sono nel modo più efficace e vigoroso adoperato onde spedire a quella Scala, come in più incontri m’è fortunatamente riuscito, bastimenti coperti da quelli di Dobrota o da persone non soggette per le cause indicate allo sdegno de Dulcignoti, nel rifflesso di conciliar l’interesse di Vostra Serenità, senza pericolo di risvegliar motivi d’oposizione e di risse.
Queste appunto allorchè succedono favoriscono le mire de Ragusei, studiosi non meno nell’aumentare la fabrica de bastimenti di portata che attenti a disturbare per vie oblique così l’ord.ne [ordinazione?] della volta predetta, fissato con ordini risoluti della Porta ad uso de Legni Veneti e massime Bocchesi, come il comercio Veneto con l’Erzegovina, anche delle sole vittuarie, che accedono alle accenate Scale di Risano e Castel Novo, giacenti altresi per opra loro da molti anni e può dirsi dalla loro instituzione inoperosi quei Publici Lazareti.
L’espressa Scala per tanto di Durazzo è agitata ben spesso dal genio torbido e venale de Dolcignoti, numerosi di trecento e più bastimenti, e di osservabile turba di marinarezza, non che insidiata seco loro di concerto dagl’artifizii del Vice Console di Ragusa Cabassi. Mirano dunque concordi questi due partiti con l’imbarco arbitrario sopra Legni di loro nazione delle mercanzie per tradurle a Trieste, o sottovento niente meno che a pregiudicare il Publico ne suoi diritti d’introduzione, che a sovertire l’ordine medesimo per togliere a poco a poco anche quest’unico suffraggio all’ennunciate miserie de Bocchesi.
Sarà forse fatto degno il punto d’una seria meditazione dell’eccellentissimo Senato, giacchè, insidiato a quelle popolazioni per terra e per mare il modo di sussistere, la necessità, che va al di sopra ogni legge, può ridurre i più miserabili a disperati partiti, et a quello massime di darsi per vivere all’odisissimo et alla quiete Publica tanto pericoloso mestiere del corso.
Uniformandosi però a miei documenti, il Console Veneto in Durazzo Cumano ha potuto disturbar di tempo in tempo egualmente i dissegni de Dolcignoti, che del Raguseo Cabassi, e conservare sino alla mia partenza inalterato l’ordine predetto.
Ottenuto poi dal valore dell’eccellentissimo Bailo Cavalier da Lezze, nuovo vigoroso Firmano contro essi Dolcignoti, che sotto l’ombra della mercatura covano le insidie e le proteggono occorrendo con la forza, giova a credere valerà l’Imperiale comandamento a moderare le loro male inclinazioni, necessaria perciò riputando una buona intelligenza col Passà di Scutari, tuttochè da coloro però temuto, quando non sia egli uomo di credito presso la Porta e di gran partito in Dolcigno.
Oltre l’accenata necessità d’una valida custodia nel Porto Rose, si renderebbe pure utile la permanenza continua di qualche Legno armato anche in quello di Budua.
Ella è una Piazza, che per molte aperture et altri diffetti delle sue mura, richiederebbe almeno un proviggionale ristauro, giacchè in quelle acque succedono ben spesso molesti attentati de vicini Pastrovichi, egualmente contro sudditi che contro i Dulcignoti ed altri Turchi. Ne miei divotissimi dispacci ho rappresentati alla Signoria Vostra gl’accadutivi sconcerti, a quali, benchè mancante di mezzi, ho addatata la possibile riparazione, a scanso di peggiori avenimenti, recente pure il buon esito derivatomi dallo studio di far restituire ad Al Reis d’Alessio (?) et ad Ussain, mercanti d’Antivari, tutti gl’effetti e soldo loro nel noto svaleggio asportati da Pastrovichi medesimi.
Giovarebbe per tanto il proposto provedimento a divertire simili attentati, non meno che ad impedire li sbarchi notturni e clandestini in quel recinto di robbe, specialmente suscettibili e sospette, soliti per mancanza d’ogni custodia in quel Porto succedere, con pregiudizio delle gabelle e de Publici diritti e con pericolo della comune salute.
Anche li Pastrovichi, poi che in tempi non molto remoti coltivavano la mercatura et erano accreditati per la loro pontualità, hanno in presente del tutto abbandonato il comercio. Perciò tengono in vece una condotta che odora di piratica, comprobata pure dall’aggressione delle avvisate Tartane Dolcignote, per le quali, in tempi non molto remmotti, ha dovuto la Publica cassa soccombere a rilevante dispendio, poco o nulla curando essi gli ordini e le minaccie neppur delle Cariche superiori, portando con mali esempi e con scandalo per così dire in trionfo la più nera e correggibile inobedienza.
Niente meno arditi e colpevoli sono gl’abitanti di Zuppa, comunità assai popolata e mediocremente proveduta di fortuna, in grazia della situazione e della fertilità dei suoi terreni. Sarebbe desiderabile non fosse di continuo involta in contese con le montane e suddite popolazioni, nè venisse aggravata da parte più povera con apparenze di giustizia da prepotenti, posti già in vista ne miei osequiosissimi dispacci. Più delle altre però puonno esiggere anche i Publici riflessi le famiglie Lazarovich e Gliubanovich, giacchè non ebbi certamente da esse che motivi d’augurarmi un contegno migliore in linea di moderazione e d’obbedienza. M’ha giovato per dir vero negl’incontri di Publico e privato servizio a cura di spargere fra loro il seme della divisione e molto vi contribuì la sospensione, cui tutora sussiste, delle loro paghe. Al qual passo, quando fosse persusa Vostra Serenità di ripristinarli nel godimento di tali beneficenze, parmi influir potesse a renderli meno indocili et ad insinuar ne loro animi lo spirito di rassegnazione, il precetto Sovrano, che ogni trimestre sia loro dalla Carica estraordinaria rilasciata fede d’essersi diportati con la dovuta e pronta suddita obbedienza a suoi ordini, con quel di più che paresse alla maturità dell’Eccellenze Vostre di prescriverle, col quale riscontro e non altrimenti poter di tempo in tempo conseguire le Publiche grazie.
Quantunque con l’uso delle arbitrarie e con quello della reciproca fede mi ha riuscito di rallentare le animosità e le vicendevoli repressaglie tra essi e li Pastrovichi, non ostante atteso il temperamento fervido e la reciproca inclinazione alle vendette, momentanee essendo anche fra loro le riconciliazioni, valerebbe a conservar l’una e l’altra popolazione in dovere, un competente numero di milizie a cavallo; custodia questa esperimentata assai proficua anche nei tempi andati, non meno nel far argine alle irruzioni de Montenegrini, che nel disturbar gl’inconvenienti fra sudditi e nel facilitar al di fuori l’adempimento solecito delle Publiche ordinazioni. Potrebbe in oltre la milizia stessa stringere all’esercizio de loro doveri li popoli di Pobori, Braichi e Maini, quali non hanno in fatto che il solo nome di sudditi della Signoria Vostra, trascurando li loro capi di rassegnarsi alla Carica estraordinaria e di eseguire i Publici ordini.
Per l’indomita natura de popoli, feroce di molestie, quella lunga confinazione sarà sempre utile a mantenervi possibilmente la quiete una perfetta intelligenza co’ comandanti vicini e che le reciproche differenze de sudditi siano ne loro nascere, sul luogho e col mezzo de respettivi Capi, accomodate, onde scansare a tutto potere ch’elle arrivino a disturbar le orecchie de Prencipi e delle loro Primarie rappresentanze.
Direttomi in questa guisa ho deluse in più incontri le mire venali de Turchi, attenti a sublimare le cose per riccavarvi maggiori profitti.
In mezzo a tante difficoltà, che circondano quel difficile spinosissimo carico, ricorrendo ad un’incessante vigilanza e applicazione continua, ho potuto, non senza grave travaglio dello spirito e pregiudizio notabile della salute, impedire le straggi e gl’incendii minacciati da Montenegrini in quelle tenute; rittener li sudditi dal rissentimento in offesa de Dolcignoti; conciliare il premuroso accomodamento, non senza rimarcabile risparmio Publico, co’ comandanti della vicina Erzegovina, per le tante reppresaglie, omicidi e svaleggi pratticati da quelli di Risano nello Stato Ottomano; promovere nel modo possibile col mezzo delle più destre ed accurate insinuazioni l’interrotta continuazione del trafico alle Scale dell’Albania; frenar col castigo le introdotte conftrafazioni e finalmente, fra le scorrette licenze che corrono a quella parte, garantire e difendere con gl’opportuni provedimenti e ripieghi li riguardi esenzialissimi della salute.
Riconosco per altro dalla prottezione di Dio Signore, cui piace di protteggere le buone intenzioni degl’uomini, da prudentissimi documenti derivatimi prima dalla Carica superiore in Provincia indi da quelli degl’eccellentissimi Sindici Inquisitori, che fanno risplender con tanto applauso e publico frutto il loro illustre Governo, il buon esito della propria condotta, a motivo di cui in più mani ossequiate ducali di Vostra Serenità ho riportato con mia confusione evidenti prove del Suo clementissimo compatimento.
Duolmi ben vivamente d’aver lasciata quella Provincia, per defficenza de mezzi, in varie occasioni dal mio divotissimo zelo implorati, nelli stessi pericoli di sconcerti ne quali l’ho ritrovata, ma mi conforta il rifflesso che successomi nel impiego dificilissimo il nobil huomo Valerio Anselmi, saprà con le doti di virtù e di prudenza che possiede, conservarvi inalterata la quiete, rifformare gl’abusi radicati e con dirrezione molto più utile et avveduta, che derivò dalla ben nota mia insufficienza, promovere in forma stabile con di lui merito, non meno il Publico che il privato interesse. Grazie.
Venezia primo giugno 1750
Vincenzo Gritti rittornato di Proveditore estraordinario a Cattaro
AS Venezia, Collegio, Relazioni, b. 65.
Trascrizione di Lia De Luca.
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