1751 Valerio Antelmi
Relazione
Relazione di Antelmi Valerio
15 luglio 1753
Serenissimo Prencipe,
terminata dall’insufficienza mia l’incombenza di Proveditore estraordinario di Cattaro, nel supplire al debito d’umiliarmi a Vostra Serenità adempii. Ancorchè imperfettamente, quello che mi viene imposto dalla legge, al mio ritorno in Patria, di riferire lo stato di quella Superiore Provincia, a i modi opportuni di conciliare i reguardi del suo Reale Servitio ed interesse in quell’importante e gelosa frontiera.
Nota a Vostra Serenità, e per que’detogli che nel mio soggiorno a quella parte mi sono trovato in debito di rassegnarle e per l’esatte e diligenti relazioni de miei precessori, la situazione vantaggiosa della piazza di Cattaro, lo stato delle sue fortificazioni, quello dell’interne publiche fabriche di quei recinti e finalmente l’ormai troppo scarso numero de suoi abitanti, si nobili che cittadini, saranno egualmente a sua venerata cognizione li mezzi di provedere all’essigenze nelle quali s’attrovano; sicchè dispensandomi dalla superflua loro ripetizione, credo poi di non dover sorpassar con silenzio il rimarcabile diffetto che stringe la Piazza sudetta, per (?) gl’imbonimenti ch’ella tiene e che giornalmente s’aumentano ai lati di Gordichio e Fiumara.
Posta alle radici del Montenero, ha soprastanti le vicine popolazioni di quella Craina, di genio inquieto e feroce ed oltremodo portato agl’insulti et alle rapine.
Per l’attenzione ch’ebbi, di coltivare il buon genio del Vescovo Sava e quello d’alcuno di quei Capi, ho potuto tener lontane le loro infestazioni ed ho conosciuto per esperienza esser indispensabile a quest’effetto, oltre un prudente travheggio(?), di tener sempre impegnati, così il Vescovo che alcuno de Capi sudetti, con qualche allettamento.
Come però non è bastante questo solo mezzo a promuover la moderazione di quelle genti, così è necessaria con le medesime una condotta mista di dolcezza e di rigore, che giovarà sempre far provare sensibile ai più torbidi, a che agl’incontri delle loro insurrezioni s’esserciti da sudditi l’uso libero della diffesa.
Più che la frequenza dell’arbitrarie, credo utile la rinovazione delle fedi che di tratto in tratto vengono stabilite tra essi e le suddite popolazioni, duranti le quali pur che sussista più libera la communicazione ed abbia con qualche maggiore vigore la sospensione delle scambievoli ostilità; l’ultimo essendo poi ed il più efficace esperimento per ridurli al caso di recredenza, quello di negargli per qualche tempo le provigioni e l’ingrsso nelle publiche tenute, a quest’effetto specialmente non sarà che utilissimo il tener custodito da vigoroso Presidio l’importante Posto della Trinità.
Somministrando questo in modo più ampio e capace dell’altre venute l’adito alla discesa de Montenegrini, non è improbabile che coll’oggetto di venirne un giorno al possesso, andassero essi dilatandosi negl’usurpi di molte terre de particolari poste entro il publico confine dalla parte di Scagliari.
Liquidati ad evidenza gl’usurpi stessi, dal zelo applaudito dell’attuale eccellentissimo signor Proveditor Generale in quella Provincia, sarà impegno delle particolari solecitudini del nobil huomo Proveditore estraordinario mio successore, di render essequiti nel proposito gl’impegni firmati dalli due Vescovi e dal Sardar di quella Craina, per il rilascio delle terre accenate, ma nientemeno utile e conferente a publici importantissimi riguardi sarebbe il redimer dalle loro mani il possesso di vari acquisti di rimota e recente data, co’ quali tuttavia s’attrovano nelle parti più interne e più gelose di quel contado.
Sparsi in vari luoghi di quella provincia e specialmente nella Comunità di Perasto, li pochi sudditi Albanesi che s’attrovavano nella piazza di Cattaro, perchè non è ancora seguita la riconciliazione tra essi e li Montenegrini, alla quale quest’ultimi apertamente ripugnano, sarà sempre conferente a publici riguardi la mira di non perder quel corpo di gente che, sebben piciolo, merita un particolare riflesso, non solo per la fede e valore che lo distingue, ma perché è forse l’unico che può tener in timore e soggezione le torbide e violente rissoluzioni di quelli del Montenero.
Le comunità principali del Canale sono quelle di Perasto, Dobrota e Parzagno. Come la loro sussistenza dipende quasi intieramente dalla navigazione e dalla mercatura, così non è ordinario il vantaggio che promovono al comercio ed all’interesse del Publico patrimonio.
Tolta però qualche trasgressione, in cui è solito d’incorrere qualcheduno de loro abitanti, e che per divertirla basterà l’attenzione di tener in osservanza li publici salutari provedimenti, sono altresì que sudditi che principalmente si distinguono nel valore e nel fervor della fede e della venerazione che nutrono verso il Publico nome.
A queste succede quella di Risano, che per l’angusto suo distretto, confina imediatamente con le vicine Ottomane tenute.
Di qual tempra siano que’ sudditi e massime quelli delle Ville di Criurnie (?) e Ledevizze, che per non averne nel publico sono neccessitati di coltivar le terre del Turco confinante Stato, è informata a sufficienza Vostra Serenità da tante ingrate relazioni del loro contumace e sregolato contegno.
Coll’oggetto di tenerli preferibilmente in soggezione e divertir le molestie che coll’egresso dal confine sono soliti di promover nella vicina Turchia, esecutivamente (?) a Sovrane Publiche disposizioni è stato essequito il ristauro delli già provisionalmente erretti due caselli alli Posti di Criurnie (?) e Ledevizze, e sono stati anche pressidiati dal ristrettissimo numero in cui s’attrovano le due Compagnie Capitano Giva Andrea Gini de Cimarioli e Capitano Preredovich.
Tuttavia per togliere a quel molesto confine il pericolo di nuovi disordini e sconcerti e per conseguenza quello di gravi e fastidiosi impegni, sarà indispensabile di ridur in forma soda e consistente, et in siti e più propri e vantaggiosi, li caselli sudetti, per tenerli sempre armati da vigorose custodie, ne lasciar mai senza un vigoroso distaccamento il Governatore di quella terra (che mai sarà bene che sia di quel paese) onde coll’essecuzione delle publiche disposizioni tener possa in dovere anco gl’abitanti della terra medesima, egualmente rei che quelli delle ville, per l’occulta conivenza ed appoggio con cui sono fomentate e mantenute le loro contrafazioni.
Ha in seguito Vostra Serenità il territorio di Castel Nuovo, che s’estende sino all’estremità del Canale, ove essiste la piazza dello stesso nome, ed in faccia a quella l’imboccatura del Canal medesimo, custodita con utili essenzialissimi oggetti da una publica Galeotta, che si trattiene di posto fisso nell’importante e geloso Porto delle Rose.
Pregiudicata la Piazza sudetta ne suoi recinti, resi rovinosi e cadenti, massime per l’acque sotteranee, richidderebbe anche per questa ragione un maggiore pressidio, affine d’armare convenientemente i Posti più importanti, specialmente quello della marina, ove dovrebb’esservi un sufficiente distaccamento con un vice caporale (?) d’ispezione, per toglier il pericolo di gravissimi disordini ed inconvenienti, che alla giornata tenta di promuovere la temerità de Dolcignoti nel numeroso e frequente approdo a quelle rive di Tartane di quella torbida ed inquieta Nazione.
Gl’abitanti del territorio sudetto, custodi gelosi delle grazie della Publica munificenza impartitegli, corrispondono alla medesima con impegno particolare di fede e d’obbedienza e di rassegnazione alle leggi e prescrizioni di Vostra Serenità.
Non può dirsi così de Pastrovichi, che quantunque beneficati con distinte prerogative dalla Publica liberalità (?), avendo da gran tempo per le loro violenti dirrezioni abbandonati intieramente il traffico, continuano con una condotta torbida e contumace, viver a proprio talento tra la famigliarità di tutte quelle sceleragini che ponno derivare da una sfrenata licenza, senza mai curar qualunque più vigorosa disposizione (?) e comando, non solo di questa, ma nemeno della carica superiore in Provincia.
Egualmente lontani dalla suddita moderazione e dall’essercizio del proprio dovere sono li successivi popoli di Pobori, Maini e Braichi, giacchè non avendo che il puro nome di sudditi, non sentono altre leggi che quella del proprio capriccio e ricusano sempre li capi loro di rassegnarsi a qualunque publica prescrizione.
Altre le animosità, dissidi implacabili nelle quali di continuo s’attrovano tra se stessi, sono frequenti le molestie che con incursioni e spogli anche di sostanze apportano agl’abitanti di Budua, Piazza che per varie aperture e difetti, che tiene così ne recinti che nelle publiche fabriche, richiederebbe almeno un provisionale ristauro.
Oltre però la necessità ben grande di tener sempre un legno armato in quel Porto, onde divertire le gravi e fastidiose aggressioni de Pastrovichi, a danni egualmente de sudditi che de Turchi, unico mezzo per ricondur così essi che tutte le altre successive popolazioni ad un regolato suddito sistema, sarebbe un numero compettente di milizia a cavallo, che con frutto mirabile è stata tenuta ne tempi passati e che ha giovato sopratutto per mantenere l’obbedienza e l’adempimento di qualunque publico comando. Punto questo di somma essenzialissima importanza in quell’esposta e gelosa confinazione, non lasci di farne a Vostra Serenità et a Vostre Eccellenze con spirito somesso (?) e con zelo più fervido il più efficace e serio riflesso.
L’alienazione de sudditi dai riguardi sacri del rispetto e dell’obbedienza, è oltremodo osservabile in quella Provincia e come purtroppo se ne provano alla giornata li perniciosissimi effetti, così quando con breve e rigorosa mano non vi s’addatti il conveniente sollecito compenso, non ponno che temersi sempre peggiori le moleste e deplorabili conseguenze.
Uno de fonti principali da cui scaturiscono umori così velenosi, è l’abbuso che viene fatto da que’sudditi de privileggi loro concessi dalla Publica generosa condiscendenza, e come non può essere che sempre utile e conferentissima (?) l’attenzione di conservarglieli nella loro purità, così non sarà che funesta e rovinosa la trascuragine nel lasciarne correre l’abbusiva et arbitraria estensione.
E’ arrivata questa specialmente a radicare per così dire in tutte le comunità, terre, luochi, ville e casali di quella Provincia la perniciosissima prattica, anzi il reo riprovatissimo costume contrario alle publiche gelose massime et ai riguardi più delicati del Principato, di comerciare (?) con somma frequenza et a puro privato arbitrio e talento li loro Consigli, Zborri, Radunanze et unioni, non solo senza il Publico beneplacito, senza notizia, permissione e assenso delle publiche Rappresentanze, ma con discussioni per lo più e raccoglimenti di materie le più vietate e proibite, e con lo stabilimento sino in modi oculti e secreti di tutto ciò che può contribuire ai più rei dissegni, et a sottrarli dalla publica soggezione e dipendenza.
Per questa strada sono finalmente sortite in campo, con aperta ressistenza al proprio dovere, le torbide e contumaci dirrezioni di quelli cartelli e dell’altre ville componenti lo Zborro di San Michiele, e come nel pontuale da me prestato adempimento ed essecuzione delle publiche ricevute prescrizioni, io prevedevo debolmente un estremo che in fine non averebbe potuto sanarsi senza col ferro e col fuoco, così prima di render incurabile questa piaga, ivi (?) sono tornato in debito d’implorare li rimedi opportuni, con positivi ossequiosissimi dispacci ed informacioni, rassegnate non solo all’eccellentissimo Inquisitorial magistrato in Dalmazia, che all’eccellentissimo Senato, ma nè dall’uno nè dall’altro non mi è poi derivato alcun sospirato cenno nè riscontro.
Debilitato, non so se per le passate moleste insorgenze o per qualch’altro dannoso motivo, il comercio alle Scale dell’Albania, quel console veneto di Durazzo Cumano, quantunque attento e vigilante nell’essercizio delle proprie incombenze, par che non abbia la buona fortuna presso più commandanti di provincia, e vantaggi del traffico e l’essecuzione di tanti trascurati e negletti, sebben robusti e rigorosi firmani, ottenuti dalle fervide e zelanti solecitudini degl’eccellentissimi Signori Baili alla Porta.
Tra tante spinosità e malagevolezze che circondano quel difficile e scabroso impiego, ancorchè non abbia omesso l’uso di continue applicazioni e d’un incessante e non intermessa vigilanza, riconosco dalla protezione di Dio Signore e da successivi publici sapientissimi documenti, qualunque sia l’esito riportato dalle mie fiacche dirrezioni nell’aver per altro felicemente condotto a termine il lungo periodo di quella quantunque debolmente sostenuta Reggenza.
E se per deficenza degl’espressi necessari mezzi, ho (?) lasciato quella Provincia con li stessi pericoli d’inconvenienti e d’impegni, mi conforta il riflesso che avendomi succeduto nel governo della medesima il nobil huomo signor Zan Antonio Moro de signor Bartolo, saprà con le doti di zelo, di virtù e di prudenza che l’adornano, promovere non meno a publici che a privati riguardi que vantaggi che non hanno potuto derivare dalle mie imperfezioni. Grazie.
Venezia li [s.d.]
Relazione del Proveditor estraordinario di Cattaro Valerio Antelmi all’eccellentissimo Senato
AS Venezia, Collegio, Relazioni, b. 65.
Trascrizione di Lia De Luca.
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