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1660 Antonio Bernardo

Relazione

Relazione de ser Antonio Bernardo proveditor, ritornato di proveditor in Dalmatia et Albania

Paolo de Garzoni secretario

 

Serenissimo prencipe,

Quattro anni ho consumato nel governo e diffesa delle provincie di Dalmatia et Albania, e posso dire che secondo la continuatione della presente lunga guerra è andata infiacchendo le forze della Republica così nel più calamitoso tempo mi sia toccato di sostenir il servitio della patria et supplirvi in gran parte coll’industria, sudori proprii, estreme fatiche de sudditi et con una eccessiva parsimonia, dove ho veduto arrivare il braccio del poter publico et stimando per le massime della conservatione, dentro le strettezze correnti, debita la notitia delli mettodi pratticati di là dal mio zelo, vengo a spiegarli con questa relatione, in cui per non attediarle molto, rifferirò succintamente anco il stato nel quale ho ritrovato et lasciato le provincie medesime, con quel di più che pare alla mia debolezza poter riuscir giovevole per il mantenimento loro.

Trovai le piazze con puochissima gente, puoche monitioni da viver, diffettive quelle da combatter, con puochi sudditi diminuiti dalla guerra, da gl’armamenti di galere, parte dalla peste et finalmente debolissime de fortifficationi che hebbero già qualche principio, ma sconvolte poi di tempo in tempo dalle sempre varie opinioni degl’ingegneri per le discrepanze inconciliabili che regnano fra di loro, correggendosi e biasmando giornalmente uno all’altro li dissegni e le fatture, havendo colle riforme continue continue consummato inutilmente grand’oro di publica ragione e delle communità, da che seguita la guerra.

La prima campagna del mio generalato, scopertesi le rissolutioni stabilite alla Porta di Costantinopoli per l’instigatione di Voino, rinegato di attaccar Cattaro e nell’istesso tempo alcun’altra piazza in Dalmatia, con apparecchio fatto di grossa armata (che per voler del signor Iddio naufragò a cavo Passera) de navi e galere di Barbaria, per occupar il Golfo, assediar et batter le piazze anco per mare et impedire il transito a soccorsi che si mandassero da Venetia, immediate formai una diffusissima relatione che mandai a Vostre eccellenze, accompagnata da mie lettere di numero [manca], di tutto ciò che bisognava in ogni genere di occorrenze; con distintione di quello che vi era in essere et vi mancava a piazza per piazza et la sua continenza servir può in tutti li tempi per lume pieno da comprendere in quanto consiste il corpo di qualsivoglia urgenza.

Sviscerò all’hora la publica providenza ogn’applicatione per ben munire le piazze, ma non supplendo li soccorsi di gran lunga per ressistere a fronte della prepotenza ottomana, mi indusse la necessità di appigliarmi a partiti dell’industria per vincer con questa più che coll’armi le forze nemiche, levandogli le più vigorose e le più essentiali di tutta la Hercegovina, di tutti li monti di Barda nell’Albania, che avanti la venuta dell’essercito turchesco, guadagnai con larghe promesse (se ben poi con insensibili ricognitioni adempite), confederando li popoli di quelle provincie col partito della Republica, perché neghino l’obbedienza al dominio ottomano, impugnino l’armi (come hanno fatto) contro di esso, facendo pur prevaricare contro il bassà di Scutari, generale dell’esercito destinato all’impresa di Cattaro, il bassà di Hercegovina Cenghiich et finalmente col mezo di Giusuf Begovich suo congionto, quello di Bossina, che d’ordine del Gran signor venuto era in suo aiuto, fin vicino al stretto delle catene, mantenendo finalmente cadauno di essi (tutto che infedeli) le promesse fattemi col pegno della vita de ostaggi depositati in mio potere, de soggeti qualifficati; vinti essi bassà dalla speranza che havevano di riportar in fine regali di gran rimarco, convertiti poi in frivoli cortesie, fatte havere al solo bassà Cenghiich, specifficate già a publica notitia; onde con questi regiri m’aiutai a presservar Cattaro dall’attacco che perseverò due mesi continui, guadagnando a tal segno li confederati predetti, che al numero di 10.000 feci unir et spiccar tutti armati per venir ad assalire (secondo rappresentai all’hora diffusamente) il campo nemico. Una parte del quale già concertato haveva di seguitar il partito loro, se ben poi un gran fracco di pioggia, che continuò più giorni et che ingrossò il fiume, qual havevano principiato di sguazzare, ne divertì l’avanzamento. Ma ad ogni modo il timore della loro divulgata venuta costrinse gl’assediatori di levarsi et abbandonar l’impresa, onde per tutti li casi che questa venisse ritentata (come ne dubito molto) perché turchi che sotto vi han lasciato della riputatione, vorranno ivi più tosto che altrove applicare di redimerla; ricordo di doversi pratticar l’istessa industria, di cercar a contaminar li loro commandanti, sconvolger le forze, tenir disgiunte quelle di Hercegovina col mantenir ben affetti li capi mediante qualche regalo di quando in quando et conservarsi principalmente sempre confederati durante la guerra, li bravissimi predetti popoli di Barda nell’Albania, cuzzi, clementi et tanti altri, coll’assegnamento fatto a 18 capi loro, di quattro reali per testa al mese et di 10 ducati ad uno de principali che levò di mio ordine la testa a Voino, rinegato sudetto in tempo che fatto commandante sopra tutte le militie, veniva a consigliarli et trattar con loro di ritornar in gratia del gran signore per scostarli dalla unione colla Republica.

Né ommetter devo in ordine alli vantaggi da pratticarsi la notitia del strattagema, di cui parimenti mi son valso in quella campagna; di mandar a batter Castel Novo col cannone della puoche navi che havevo da diffender dal divisato assedio il stretto delle catene, perché si come io fui necessitato puochi giorni avanti che si presentasse l’attaco sotto Cattaro, partire frettolosamente da quella città che allestivo dalla diffesa et accorrer in soccorso della piazza di Spalato, che assalì all’hora con altro essercito il bassà di Bossina, così liberata questa dopo il mio ricapito a capo di 10 giorni di travaglio, sendomi convenuto ritornar volando a sostentar Cattaro, mi riuscì in luoco di esser divertito io da alcun’altro nuovo attentato di esso bassà contro Dalmatia, costringer lui di venirsene più che di prescia a diffender all’intrapreso predetto battimento Castel Novo; ottennendo successivamente all’hora colli progetti, quali facevo caminare, che egli non passasse come ho suaccennato a prestar immaginabil aiuto, tutto che commessole dalla Porta per l’acquisto di Cattaro. Così schermendo fra la debolezza delle forze che havevo, i colpi et sostentando col spirito benché debole la diffesa et il servitio della patria et se bene gran capitale havevo presso di me per ogn’incontro del valore notorio del signor don Camillo Gonzaga, di degna memoria, arrivato puoco tempo prima di Dalmatia, oppresso però da gravi indispositioni, ad ogni modo stimò egli tanto li vantaggi delle intelligenze et confederationi sudette, che prima di certificarsene non intese né volse acconsentir d’impegnarsi a venir a diffender quella piazza.

Terminata con buona fortuna et honore dell’armi di Vostra serenità quella campagna, insorgendo per la ventura minaccie e preparamenti maggiori, da dar un attacco generale nell’una e nell’altra provincia, si applicassimo a ripigliar la revisione e la fortificatione di quella e delle altre piazze. Formò e diede subito delle principali distinta informatione che fu trasmessa all’Eccellenze vostre et poi si diede aggiatamente di riflettere alle imperfettioni che havevano per una general rifforma che ve ne bisognava, dove con mutatione di piante, dove con smantellamento di opere pregiuditiali e dove con nuovi corpi de fortificationi reali. Ma considerato il tempo inopportuno, coll’oppositione delle continue insidie di potente nemico, le ristrettezze che rimarcava del publico errario et il puoco numero della gente che si teniva da intraprender fatture sì grandi che a ben finirle ricercano età intiere, gran’oro e moltitudine de operari, che vedeva non potersi havere, si è ristretto a lineare quelle operationi bensì cospicue et presentaneamente più necessarie, ma però di circostanze che la molta virtù sua ha stimato fra tanti contrarii, manco battute dall’impossibilità di pratticarle spetialmente per le piazze principali, con studio e mira particolare nella ordinatione loro, di più tosto minorare che accrescere obligatione di maggior numero di gente da diffenderle, perché secondo li corpi delle città, senza li membri ugualmente richiedono per tutto il circuito forze bastanti da contendere, così quando hanno congionti al di fuori li propugnaccoli, distribuiti colle debite distanze, manco militia vi vole, ridducendosi in loro la principal parte del travaglio e difendendo da se ad ogni lato le linee che fiancheggiano.

Di Budua principiando l’osservatione si è concluso non potersene far capitale alcuno: è una terra per la maggior parte circuita dal mare, con muraglie debolissime, fragili, senza terra pieno e non fiancate da diffesa alcuna, predominata da un monte vicino, di dove può esser battuta col cannone et in puoche hore aperta et presa. Come pure il castello situatovi dentro, istessamente imperfetto, attaccato alle mura, che rifferiscono parimente sopra il mare. Tuttavia riesce a sudditi di valido ricovero da scorrerie e batterie da mano, come pure in caso di potente invasione per riffugio alli popoli, venuti già a divotione zuppani, pabori, mahini et alli benemeriti pastrovichi. Né complendo perciò al publico decoro e servitio abbandonar così facilmente quelle ultime sponde, con quali allargano vostre eccellenze il stato loro in Albania circa 30 miglia di là da Cattaro, né perder insieme il benefitio che ha l’armata marittima di Vostra serenità d’un porto sicuro, vicino a quella terra, non essendovene d’altri che unicamente quello da riddursi di là a far levata per levante et all’incontro nel passar da Corfù per le basse nessuno più vicino né più commodo da salvarsi in caso di borasche si è consultato doversi conservare fin che si può colla puoca artiglieria minuta che vi è dentro, la qual in caso d’insostentabile ressistenza si potrebbe dalla parte da mare o con vascelli o con altri legni recipienti ritirare et salvare insieme colli diffensori, non laudando di impegnarvi che puoca monitione acciò in eventi sinistri non servisse di giovamento al nemico. Ma per difficultarle possibilmente l’impresa si è giudicato bene a consolatione anco di tutti quelli sudditi di far rifortifficar (come si è fatto) la muraglia dove era cadente, assicurarla in buona parte con terrapieno verso il monte, di dove può esser tormentata et separar con un fosso e pallizzate con tutta la linea che se ne congionge con terra ferma. Chiama però tutto quel povero afflitto paese, come più volte ho scritto, una speciosa assistenza del paterno zelo di Vostre eccellenze, mediante il governo di un rappresentante provido et cospicuo, perché standovi tanto vicino tutto il christianesmo dell’Albania, ben effetto, potrebbe a mio debol senso andar facilmente inalzando qualche braccio potente contro turchi a benefitio della patria.

Di Cattaro osservato il sito pessimo, essagerato dal signor don Camillo per il più indiscreto, scabroso et il più infelice che mi habbia prodotto la natura, sepolto fra monti che lo predominano, dove non arrivò ancora humana credenza, che vi si potesse condurre (come fu fatto) il cannone, gran ragioni portò che non fosse da sostentarsi, né piazza da impegnarvi generali dentro a diffenderla: prima perché le sue mura piantate senza terrapieno di sorte sopra la più accuta sommità, che la cinge di ruppi precipitose, d’un erta montagna fossero così fragili e per la mala qualità della materia, e per la loro vecchiezza, che cadendo da se medesime non se ne poteva sperar ressistenza al cannone et poi perché in occasione che la potenza ottomana si applicasse, volerla anco per solo asedio, coll’impedirle i soccorsi, possa farlo con puoca difficoltà, serrandole il canal al stretto delle catene, rimmarcando molto la perdita che si farebbe di gran quantità di artiglieria, che vi è nell’istessa piazza, suo castello e posti molti per la montagna; consigliando in fine che per conservar più sicuramente quel contado col paese adgiacente, resosi già sotto il dominio veneto et quel canale principalmente che è di tante consequenze, si dovesse divisare, più tosto, che spendere li 50 in 60.000 ducati, che vi si vorrebbero per migliorare (se ben anco malamente) le diffese della piazza; valersene a trapiantarla fuori di detto stretto al scoglio di San Daniele, contiguo a terra ferma, centro proprio da meglio conservar tutto esso paese et da ressister all’insidie de turchi per terra e per mare. Ma perché li loro disegni, che si vedono intenti di rittentarne un anno o l’altro l’acquisto et le strettezze correnti non concedono tempo né modo di applicar l’animo a queste operationi fatticosissime et altre tanto dispendiose, ha lasciato in scritura ben maturata prescritte le forme con quali si dovesse non solo rissarcire la piazza col castello, dalle rovine pattite sotto l’attacco, ma rifortifficarla in ogni parte et aiutare dove il sito permette, con terrapieni et altre operationi, secondo a punto si è adempito, trovandosi hora in stato di altretanto più gagliarda diffesa quanto debole si esperimentò al tempo che fu travagliata. Ad ogni modo, stando sempre sottoposta al pericolo di restar serrata al stretto predetto, sarà parte propria in ogni tempo di chi assisterà al governo, mirar con occhio molto attento che per tempo venga bastevolmente proveduta di militie di fortuna, monitioni da guerra et da viver, per loro e per le genti d’armi del contado che vi si ricovrassero dentro, mentre gl’inutili in caso di travaglio si doveranno ritirare o per la Dalmatia o in Istria, e in così fatto stato stimarei potersene poi appoggiare la diffesa con qualche speranza di buona fortuna ad un valoroso commandante o sia governatore dell’armi sotto rappresentante, che habbia requisiti di zelo e di corraggio, congiontovi l’aiuto necessario de buoni bombardieri e bombisti et di qualche numero ancora de condotti e stipendiati di esperienza, da servir con dipendenza secondo portasse la necessità, non già con titoli che possano suscitar competenza e confusione come suol succedere quando vi siano molti a commandare. Considerar però devo a publico lume d’esser così importante la conservatione di quella città che se cadesse (Dio non lo permetta mai) in poter dell’inimico sarebbe, per mio debol senso, forse la più deplorabile perdita che potesse far Vostra serenità in tutto il stato da mare, mentre per consequenza capitando quel canal 18 miglia lungo in predominio de turchi, acquistarebbono un porto sicuro da riccoverarsi dentro qual si voglia gran armata et fabricarne commodamente di nuova colli materiali di legnami, pegole e ferramenta che vi si cavano puoco discosto et così, piantando ivi un piede fermo alla bocca del golfo, per andarle serrando coll’altro sicuro all’uscita e regresso, sotto il callore che le restarebbe libero dalla piazza di Castel Novo, venirebbe ad interromper ed attraversare la navigatione per levante, con altissimo publico et privato pregiuditio. Gli aghè per ciò del medesimo luoco di Castel Novo, ad alcuna cosa non applicano più quanto di indurre li commandanti di quel governo, a rittentare l’impresa di essa piazza di Cattaro, che quando non le sia tergiversata, come si è fatto dalle intelliggenze et confiderationi con li sudditi loro; possono farla commodamente senza altri aiuti di Costantinopoli, colla gente delli sanzaccati vicini che la circondano, particolarmente del ducato di Scuttari, qual può solo fare 25.000 combattenti, che abbraccia colle otto città di Antivari, Dulcigno, Scuttari, Drivasto, Zabiach, Podgorizza, Medun e Città Nova senza 3.200 che vi sono prossimi al detto sanzaccato, sotto Boiana, Durazzo, Alessio e Croia. Ma vi si aggiongeriano anco le forze di Hercegovina et se non di tutto il paese di Mustar, Gabbolla et altri luochi più discosti, che si estendono verso Almissa; vi sariano certamente quelle più prossime alla marina di nove grossi villaggi et di Castel Novo, che ne faranno altre 3.800, onde con 32.000 combattenti che da ogni lato cingono Cattaro e col cannone tanto prossimo essistente in esso luoco di Castel Novo, può l’inimico sempre che vuole, vogliendo la congiontura di penetrar quando la piazza sia come si trova per l’ordinatione puoco ben proveduta de viveri e de altri più essentiali requisiti, capitar in puochi giorni ad assediarla e farla cadere.

A riguardo di questi sempre imminenti pericoli io mi applicai subito arrivato al governo di quelle provincie, di congiurare li popoli più bellicosi dell’uno e l’altro de sudetti sanzaccati per l’acquisto che loro pure, al pari di me, sospiravano della piazza di Castel Novo, perché levata che si a turchi la sicurezza di quel ridotto, quale tiene essi christiani in freno, resteriano questi sciolti dalla tirannide, e liberi potriano per la propria salvezza non più seguitare le insegne mahometane, contro Cattaro in particolare, come sono violentati; ma a costo del proprio sangue impugnarne la diffesa et di quel vastissimo canale insieme, della cui porta si può dire che ritiene hora la chiave il nemico. Ma non potutesi haver a tempo le provisioni che bisognavano per quando nel cuore dell’inverno che le nevi creano alte, se le doveva dare l’assalto, ritardando il recapito hora de vascelli, hora de gl’instromenti militari che si sono richiesti, hora de sovvegni del soldo et in fine del pane, che quando vi andai l’ultima volta non ve ne fu da mantenir né pur li legni armati, né tampoco li pressidii che ne languivano nell’una e nell’altra provincia, non che da sovvenire la gente in campagna, restò perciò interrotta l’impresa et penetratisi li dissegni di essa dal bassà di Bossina et da quello di Hercegovina operarono tanto il primo con li rigori et l’altro colla desterità, promesse di perdono e di buon trattamento, che ridussero alla primiera soggettione qualche parte di essi popoli. Ma dall’hora in qua ripigliando l’uso di angariarli colla solita natural barbarie, si sono questi concitati a sdegni maggiori di prima, unendosi hora tutti essi popoli di Hercegovina, non solo a quelli de monti di Barda, mantenutisi sempre costanti, ma di tutto Monte Negro, che prima gli erano sempre contrarii, non volendo per modo alcuno soggiacer al predominio dell’estorsioni e tributi, con quali cerca la rovina loro il Iesuf Begovich, già suo protettore, ritornato ultimamente da Costantinopoli a capo di due anni di absenza, rimesso nuovamente dal gran signore per bassà di Scuttari, onde può desiderarsi congiuntura più propria di questa (qual veramente si doverebbe fomentare a tutto potere) par coglier una occasione di speditione che si facesse di soccorsi per levante di vascelli con militie; et opportunamente con essi et coll’assistenza di tutti li detti popoli veder di tentar (servate le cautele più volte rappresentate et descritte ultimamente anco dal signor Onofrio dal Campo, quanto può ragionevolmente sperarsi colla protettione del signor Iddio, dalla fortuna et dall’adherenza di forze che si haveriano per terra et per mare. Et quello che non si fa da Vostra serenità con tali mezi contro Castel Novo, non posso se non grandemente dubitare che lo faccian di breve li turchi contro Cattaro per restar patroni liberi di tutta l’Albania, di tutti li porti et acque fino al seno della Dalmatia.

Spalato, piazza ritrovata senza alcun valido requisito per non esser le sue mura terrapienate, né rittenir fortifficationi esteriori, guardata solo da quattro ristrette e deboli torri, collocate sopra quattro angoli della sua pianta, incapaci di ricever il cannone, che bisogna per ripararsi dalle batterie nemiche. Non ha fosso perché non si può escavare, incontrandosi nel sasso vivo. Vi è però stata fabricata una strada coperta, con pallizate; ma non è propugnacolo che sussista per il fin principale di trattenir il nemico lontano, sendosene veduta la prova quando il bassà di Bossina capitò col suo essercito ad attaccar la piazza sudetta, che di primo abbordo si portò alla medesima strada coperta, facendosi padrone de borghi, e sarebbe successo l’istesso della città se non capitavo da Cattaro, per così dire volando, in suo aiuto, e non fosse stata pure soccorsa, come è nato a Vostra serenità, anco dall’illustrissimo signor Angelo Orio, conte e proveditor di Liesena. Il signor don Camillo, ad ogni modo non ostante le sudette imperfettioni et l’oppositioni che seco attrahe il sito, concepì particolar genio al mantenimento di questa piazza per molti rilevantissimi riguardi, ma in particolare per più sicuro sostentamento di Clissa, per l’utile che cava la Republica in tempo di pace da una scalla di tanto nome, per la conservatione delli castelli e fortezza del sasso, quali senza Spalato, rimanendo privi di ogni soccorso, caderiano in mano dell’innimico, oltre di che sariano troppo vicine le insidie et le infestationi continue, con quali successivamente si ablocarebbe la città di Traù, come pur Almissa, in mezzo de quali è situato; et in fine per la preservatione del stato, delli sudditi, della riputatione dell’armi, e per non lasciar a turchi poner il piede in quella provincia, impossessarsi nel seno di essa d’una piazza, colla cui caduta caderebbono conseguentemente anco le altre sopr’accennate, colli porti da mare, territorii et campagne le più belle e più fertili che vi siano in tutta la Dalmatia dopo quelle di Zara. Così applicando l’animo di fortifficarla per all’hora se non colla riforma delle antiche mal poste linee del corpo principale, qual ricerca tempo et oro molto, ma con alcuni corpi esteriori vi dissegnò tre mezze lune et sopra ogn’altra cosa fissò nelle premure di doversi principalmente prosseguir l’opera del forte Grippe, intrapresa sopra il monte vicino, qual predomina la città, che se bene fu mal principiato, procurò non di meno aggiustarlo a più regolati vantaggi, aggiongendole Balloardi da fiancheggiarlo lineati in terra dalle sue proprie mani, acciò si andasse possibilmente di tempo in tempo ridducendo anco fra le irregolarità che porta il sito a requisiti di fortezza sostentabile. Io mi accinsi subito di andar essequendo li sensi providi del notorio suo maturo intendimento, terminando prima il corpo principale della fortezza istessa in brevissimo tempo, introducendovi dentro il cannone, acciò per la prossima campagna di all’hora, che si preparava travagliosissima, si ritrovasse in stato di diffender la città. Et dove arrivar non poteva il calore degl’aiuti di detta fortezza sino alle mura deboli e le più lontane verso il borgo di San Francesco, feci queste assicurare nel miglior modo che ha permesso la scarsezza del tempo, con terrapieno al di dentro, alzandovi due cavallieri da potervi situare sopra le contrabatterie et al di fuori con una delle tre mezze lune qual fu instituita per il supposto prossimo bisogno, sino ad altra miglior riparatione.

Providde però il signor Dio che quell’anno li dissegni de turchi restassero sturbati dalla guerra mossa contro il prencipe Ragozi. Et io cogliendo il beneficio del tempo intrapresi le opere di maggior essenza: una fra le altre all’istessa parte più debole verso San Francesco, dove con rimovimento della meza luna, di cui cessò il bisogno, vi piantai in conformità delle regolationi del signor Gonzaga medesimo un balloardo reale, assumendovi dentro li materiali dell’istessa meza luna. Et servirà questo membro di altretanto singolare validissima diffesa a tutta quella linea quanto inutile vi si vede et è stata dichiarata una delle quattro suaccennate torri, la quale se ben per sé stessa cadente, anderà demolita, terminata che prima sia di tutto punto quest’opera, già inalzata, così d’incamisatura, come di terrapieno a buon termine. Haverà poi da prosseguirsi il rimanente delle operationi, tanto esteriori quanto internamente secondo li precetti che ne ha lasciati la virtù memorabile di questo signore.

Ma perché la fortezza di Grippe ha da servire di principal antemurale et il nemico per buona ragione applicherà in primo luoco più tosto a tentar l’acquisto di essa che della città, qual vi resta scoperta et esposta alle offese dell’istessa fortezza, ho compartito la maggior parte delle mie diuturne fatiche per finirla celeremente, fabricandovi li predetti balloardi, che vi ha lineato (come ho detto) il signor Gonzaga, spianando intorno di essa le alture che le pregiudicavano del monte, dove è stata situata, seguitando in sasso vivo a forza di mine di proffondarvi l’escavatione del fosso, facendovi dentro anco l’alloggi necessarii per il pressidio che la custodisce, una vasta cisterna per l’acqua, che tanto bisogna et a gloria del signor Dio una chiesa, per invocar il braccio del divino aiuto in sua diffesa.

Ma non potutesi ultimare totalmente le opere finali per mancanza di tempo et scarsezza di denaro, spetialmente sopra la superficie delle mura, alcuni parapetti che vi vanno di lotte o creta, la quale però anco in tempo del travaglio si può disponere, havendosene pronta la materia intorno la piazza; mi prometto che a tutto darà ottima perfettione il valore et il zelo insuperabile dell’eccellentissimo Cornaro, mio successore molto ben instrutto di simil maneggi, sendovi poi da far passar di là il restante del cannone destinato et spedito per le stesse fortifficationi, qual si trova tuttavia a Zara, fatto scarricar ivi fino a tanto che vengano terminate.

Clissa, discosta sei miglia da Spalato, ma dalla marina delli castelli e canal di Salona tre in circa solamente, situata sopra la estremità di un horrido monte, fra più alti che la predominano, incapace per sé stessa di real et valida diffesa, non comportandola il sito. Dopo il suo acquisto, fatto dal glorioso valore dell’eccellentissimo signor procurator Foscolo, fu principalmente sotto la prudente direttione et virtù dell’eccellentissimo signor Marco Bembo, quando ne sosteneva il commando, rifortifficata, riparandosi a molte imperfettioni che haveva. Alcuni degl’ingegneri di quel tempo hanno poi voluto inoltrarsi di andarvi aggiongendo tre posti di più, chi ricordandone uno, chi l’altro e chi il terzo, per far spiccar cadauno il proprio spirito, credendo coll’ampliatione della piazza accrescerle altre tanta diffesa. L’esperienza ha fatto conoscer il contrario, perché tutti essi tre posti avvanzati, per mezo de quali si passa nell’andar dentro e fuori di essa, estendendosi dall’alto al basso, uno dietro l’altro et accostando a piedi del vicino monte, ad altro non potevano servire che ad impegnarvi et perdervi senza alcun frutto tutta la gente che vi andasse per diffenderli, poiché dalle vicine alture del monte medesimo potevano per fronte e per fianco esser li diffensori senza oppositione battuti dalla moschettaria nemica, colla consequenza di restar superati li posti a primi assalti e servirsene poi l’innimico a più facile acquisto della piazza. Si stimò perciò da più saggi capi di guerra (secondo nel principio del mio generalato ne diedi riverente ragguaglio a vostre eccellenze) doversi smantellare li detti posti, pernitiosissimi, come fu essequito, restando in piedi nell’emminenza più acuta del monte il corpo principale della fortezza, col posto Bembo et di Oprah distinti, altretanto benefici et ressistenti. Et con tal rifforma fu ridotta Clissa a più ristretto et più forte recinto, dimminuendosi al publico di due terzi la spesa del suo mantenimento et per gl’eventi di avversa fortuna il pericolar della maggior quantità di depositi, soldatesca et del cannone più grosso, che ho fatto rittirare a Spalato. Non ci è dubio che la piazza patisce delle imperfettioni per la mala quantità del sito; difficoltà di ricercar soccorsi; incapacità di alloggiar cavallaria, da ingelosire e travagliare colle sortite il nemico, potendo facilmente privarla della communicatione de aiuti, coll’accamparsi nel mezo della pianura, fra il posto di essa et il ponte di Salona, si che con lungo travaglio et quando rissolvessero i turchi di svernare ivi ad assediarla, non so come potrebbe durare a mantenersi, cadendo fra si fatte costellationi anco le prime del mondo. Ma considerato all’incontro il capitale che in tanto se ne può fare nelli trattati di pace, il decoro che se ne riceve  per il nome grande che ha presso gl’altri prencipi, d’esser in potere della Republica. Et il frutto che con la sua conservatione et vicino calore, cavano li sudditi et li murlacchi, da spatiosissima campagna, che cuopre verso Spalato dalla golla de monti, overo vallone aperto che chiude, per cui colla propria situatione (benché molto emminente) frena la libertà del passo alle più facili et sciolte venute, dell’innimico, riuscendo le altre molto più difficili, scabrose et lontane; stimo che sia minor male il procurar di sostentarla col figurato pericolo di una incerta perdita, che potria esser diffesa dal signor Dio e dalla fortuna, di quello che colla già discorsa sua demolitione discapitare volontariamente in un tempo con invilimento de sudditi et de murlacchi medesimi; gl’accennati benefitii et cedere a libera invasione de turchi in concomitanza anco li territorii convicini di Traù e Spalato, che mai puotero essi danneggiare nel corso del mio generalato se non quella volta solamente, quando il bassà di Bossina, come mi son espresso avanti, capitò et si trattenne 10 giorni con essercito formale, a tormentar Spalato.

Non devo lasciar senza osservatione e particolar riflesso, per diversi rilevantissimi rispetti la fortezza del Sasso, compresa fra gl’altri acquisti fatti dal paese nemico, così denominata da un sasso insuperabile erto da ogni lato, situato in pianura a guisa di un scoglio, che fa piazza nella sua estremità, havendo l’ingresso difficilissimo di un buco che passa dal di sotto, ad altro per le viscere del proprio seno, che non capisce l’accesso, che malamente per più di una persona sola. Questo posto è importantissimo, essendo in mezo di una riviera fertilissima, chiamata Primorie, lunga 12 miglia, fra Spalato et Almissa, che dal mare ascende per lunghezza alla sommità de monti della provincia di Poglizza, servendo non solo da predominar le campagne ad giacenti, ma di gran contegno a turchi di non internarsi per di là, in quelle poi verso Spalato e Clissa, senza pericolo di esser colti dalle genti, che habitano dentro et fuori, sotto il calore di detta fortezza. Quelli però che stanno alla sua custodia e d’intorno, sono sudditi turcheschi, che con il capo loro denominato il harambassà Zuane Haglinovich, si resero al cader di Clissa quando vedevano le armi di Vostra serenità superar quelle del nemico. Ho scoperto nel corso del mio generalato, che questi per esser confinanti con pogliazzani, volevano goder la patronia assoluta non solo de campi, che come semplici contadini lavoravano al tempo che erano sotto il dominio ottomano, ma d’avantaggio sopra tutta la più florida parte di essa riviera, cercando di goderla totalmente con titolo perniciosissimo come terren di ragion turchesca, pervenuti in loro non in dominio di Vostra serenità, benché acquistati dalla Republica colla spada alla mano, onde venivano di tal modo a smembrare dall’assoluta potestà veneta il paese medesimo et in certa forma sé stessi, per soggiacer più al Turco et unirsi a poglizzani, che se ben tenuti per fedeli, come io pur li stimo, sono ad ogni modo come più lontani predominati da turchi, a guisa de loro sudditi, appicando concordemente di presservarsi per loro et dividersi tutta essa riviera; havendo io compreso questi loro uniformi oggetti dal passo che permettevano a gl’ottomani medesimi di venir sino alla marina senza ostacolo immaginabile, a tracciar con imboscate le barche et prenderle colli sudditi, che transitano necessariamente da un luoco all’altro. Pregiuditio in vero altissimo, che per non lasciarlo prender maggior piede, ho scielto una buona banda de genti d’armi, de murlacchi fatti haiducci di diverso confine, li più fieri et inconciliabili persecutori de turchi, che giornalmente nel sangue loro tingono le mani sotto la direttione di un tal harambassà Vido Buhovaz, che ha servito a piedi et a cavallo lungo tempo in terra ferma, obligandolo a fermarsi con loro nel seno di detta riviera e fabricar a spese sue, come ha fatto, una torre con ridotto, da predominar ivi il nemico facendole assegnar certa portione di detti terreni turcheschi, che bastino per loro alimento, dove prima stavano inculti, pratticati a tutte l’hore da turchi. Et si come per tal provisione più non si arrischiano questi di estendere, come facevano, giornalmente per quella costiera le loro insidie, così in vece di piacerne il benefitio al sudetto harambassà del Sasso et contentarsi della parte de beni che sono concessi a lui et sue genti, si è concitato sollevatione de alcuni adherenti ad impedire l’uso di detti terreni alli sudetti nuovi convicini habitanti, applicando con tutte le vie a distruggerli, di concerto colli medesimi poglizzani, aiutati da coperti pretettori, che aspirano di beneficarsene et necessitarli di lasciar di nuovo in loro libertà quel paese, essendosi esteso a tanto l’istesso harambassà del Sasso, che coll’armi alla mano et offese inferite, le ha protestato l’indignatione  di Ahmet Spahià, turco il più stimato et temuto di quei confini, se più ardiranno di ingerirsi in quelli beni, dicendo esserne padrone il turco medesmo, né havervi che fare li proveditor generali che ne vanno dispensando ad altri. Io ho fatto ritener costui condannandolo tre anni in galera a vogare il remo, con conditione che in  alcun tempo non possa ritornar ad habitar sopra i luochi sudetti; et sarei passato a più essemplar castigo se l’antepassate benemerenze di costui non me ne havessero divertito; nella sentenza non ho voluto manifestar apertamente queste sue mall’offerte, pernitiose avversioni, perché dandole merito presso turchi se egli fuggisse mai o si portasse di là, haverebbe un gran fondamento di accreditarsi per le vendette, a quali potria conspirare et per lo stesso riguardo è stato portato qui il processo che si presenta in Secreta, acciò non ne possa conseguire la copia, la quale, per esser stato formato senza rito della secretezza, non le potria esser negata restando in Dalmatia. Ma per ben assicurare le massime principali, che né si perda né conservi sotto pernitiosi titoli del dominio ottomano il paese predetto, ricordo riverentemente per più che necessario l’incarico all’eccellentissimo signor proveditor general attuale di continuare nelle diligenze per fa popolar la riviera medesima, con altri hayducci ancora, purché non siano dello stesso vicino confine, potendo levare di quelli che si trovassero alloggiati per le isole, invigliando di conservare in fede e nel possesso quelli che già vi sono stati introdotti colla confermatione delle loro investite.

Traù, per raggion di sito, possede requisiti grandi e se bene la natura e l’arte la favorì di aiuti, collocandola in mare fra terra ferma et l’isola di Bua, che vi è puoco discosta, si è trascorso però da qualche ingegnere coll’accrescergli le diffese, farle perder così salutar vantaggio occupando con alcune fortifficationi l’istesso mare che la circondava. Io se ben ho ritrovato già fatto il passo e la spesa; né potersi rimovere dal fondo del mare l’opere piantatevi dentro, presi con tutto ciò espediente col consiglio de periti di seguitar come ho fatto coll’ordine istesso e per la medesima linea a rifortifficare tutta la città a quella parte che fa fronte al nemico, alzandovi con terrapieno et incamisatura un balloardo reale, che si era già principiato in corrispondenza necessaria di quello che vi è stato fabricato sotto il generalatto dell’eccellentissimo Foscolo, facendo rinovar la muraglia delle cortine situate fra l’uno e l’altro, e sin dove se ne ha da erriger il terzo, applicandomi nell’istesso tempo di rimediare al male già principiato di questo interramento, dilatandomi sopra la parte apposita di terra ferma ad abbracciare e far escavare altre tanta e maggior lattitudine di terreno che non fu il spatio del mare già occupato. Si che questo moltiplicando di nuovo circondar la piazza, viene hora a discostarla 32 passa dalle rive di terra, onde secondo col benefitio del tempo si anderanno ultimando le restanti operationi stabilite dalli precedenti documenti del medesimo signor don Camillo; spero che riuscirà delle più ressistenti a qualsivoglia cimento, non potendo esser attaccata che per una sol fronte, né esserli impediti li soccorsi, sendo facile introdurli per la vicina isola di Bua, qual tien porti capacissimi per ogni gran numero de legni.

Sebenico è situato sopra un colle vicino al mare et a cavalier pur di un porto amplissimo da capir qualsivoglia più numerosa armata, tutto cinto da terra ferma, estendendosi le sue acque ad incontrar il fiume di Scardona 12 miglia lontano, senza haver per la necessaria communicatione altra uscita, che una sola molto angusta di un stretto e tortuoso canale predominato da rupi alte, lungo un miglio, corrispondendo l’apertura sua a traverso del porto pur dritta linea in faccia della città et seguitando poi a ritrovar il mare aperto, vien a sboccar sotto le mura della fortezza di San Nicolò di Sebenico, che non è gran tempo vi fu fabricato in penisola per impedir l’ingresso a legni nemici.

Se alle bocche del golfo nell’Albania si rende tanto importante la conservatione della piazza di Cattaro col suo canale per le conseguenze che ne ho descritte nella presente relatione, è altre tanto, e più da stimar quella di Sebenico, e del suo porto, essendo in mezo la provincia di Dalmatia più prossima 200 miglia a Venetia, e più avvicinata al cuore dell’Italia, che se mai capitasse (non lo permetta Dio) in mano de turchi, non potrebbe succedere avvenimento più infausto, ne più infelice per li flagelli che uscirano da questo seno vastissimo, contro il christianesimo, con predominio in primo luoco et occupamento del mar Adriatico, essendo così abbondante il paese convicino de boschi per ogni sorte di legnami, altresì di bittumi et di miniere per la ferrramenta, che congiontovi il commodo di lavorarvi li matteriali con edificii sopra il fiume predetto a Scardona, e del sito per squeri et arsenali sotto la città istessa, si potria fabricare qual’armata si volesse, e de vascelli e di galere: onde a primi passi dell’ingresso mio al governo delle provincie fermai più in quella piazza il piede che in alcun’altra; rivedendola minutamente cogli ingegneri et capi da guerra; e dopo matturo essame delle imperfettioni et bisogni, che haveva, si stabilì collla consulta, che si dovesse in primo luoco fortificare alla parte di San Francesco con due balloardi reali da fiancheggiare le mura, che non havevano alcuna valida diffesa per scoprir, e dominar un vallone che gli era mortale, dove meglio che in alcun’altro luoco poteva il nemico alloggiarsi et presentarsi commodamente senza ostaccolo per la riva del mare con approcci sotto le mura, come pur penetrare ad impossessarsi de borghi  della marina habitati per la maggior parte da morlacchi; quali havendo perso la fede al prencipe loro naturale non so come alla Republica fossero all’hora per mantenirla circondati et astretti, che si vedessero da angusia. Si diede per tanto in conformità delli dissegni abbracciati, la mossa alle operazioni; sopra quali mi convenne faticar ivi più, che in alcun’altra parte della provincia fino che ho ridotto a perfettione li membri medesimi et introdottovi dentro il cannone; se bene vi resta sempre dietro alcun residuo di qualche lavoro da disponere, stante il bisogno, che si ha di andar ad attendere senza perdita di tempo ad altre intraprese più importanti. Furono riveduti anco li forti di San Giovanni e del Barone prima però, che io restassi obligato al generalato quando essercitavo la carica di proveditor estraordinario in provincia, portandomi a servire in tal fontione l’eccellentissimo signor general Zeno, che la fecce col solito suo singolar zelo. Dipende da questi la salvezza di essa città, sendo situati a cavalliere di essa puoco distanti uno dall’altro, dividendola da loro un vallone, che vi è di mezzo nel quale stanno ricoverati li morlacchi. Et essendosi ritrovati in pesimo stato, non redenti ancora dalle rovine, con quali furono sconcertati delle batterie nemiche al tempo dell’attacco, meno rifatti in forma ressistente li propugnacoli, che havevano esteriormente tutti sconvolti dal travaglio; si stabilì coll’opinione concorde all’hora degl’ingegneri, che vi erano di doversi redimere delli pregiudicii patiti, tanto di dentro, quanto al di fuori et provedere con miglior modo alli diffetti scoperti nel cimento; onde subito datasi la mano all’opera, si sono andati aggiustando, essi forti et migliorando a più perfetta diffesa; havendo successivamente anco il signor don Camillo Gonzaga rimediato a molte imperfettioni che havevano; disponendo in oltre dopo la sua venuta per tutte le parti di quella piazza, rissarcimenti essentialissimi facendo sussistenti li corpi dove prima erano composti semplicemente da sassi volanti, che toccati da colpi di cannone haverebbero servito a dar la morte più tosto che salute ali diffensori, spianando eminenze in montagna molto dannose; ne discendo a particolarizare nel rimanente a sito per sito il proffitto, che apportano le ripartitioni fatte universalmente per aggravare con lungo attedio la benigna patienza di vostre eccellenze in ascoltarle. Ma gran pena ho provato avanti di potere veder perfettionati li forti sudetti, perché non havendo potuto ritrovarsi alla sudetta revisione il signor Onofrio dal Campo divertito all’accidente di offese, che ha incontrato all’hora col signor marchese Villanova et posteriormente anco per le sue dimore in Venetia, non si trovava la strada di far finire con suo genio alcuna cosa, che prima da lui non sia stata ricordata et censurata. Hora mi giova credere di ritrovarsi la piazza con li sudetti forti in buon stato et che li turchi difficilmente si impegneranno mai ad internarsi fra loro e la città hora ben assistita da ogni lato, per venir a tormentar questa et lasciarsi trafigger essi alle spalle, ma che primieramente rivolgeranno per necessità contro li detti forti sempre ogni attentato che spero le costerà in tutti li cimenti gran sangue e puoca fortuna.

La prima maggiore, che all’incontro punge si è la facilità, colla quale se gli potrebbono precluder li soccorsi, e farla pericolare sotto più lungo assedio che non fosse il modo di mantenirsi dentro, perché se il nemico prepotente in campagna si ridducesse con un corpo di essercito sopra il canale medesimo di cui si è discorso, potrebbe in due luochi più ristretti di esso, evitare l’ingresso nel porto. Il primo è all’imboccatura verso la città, dove anticamente vi erano due torrette; potendo fabricarvi due forti, uno per parte et estendervi una catena per traverso; et l’altro dove si potria fare il medesimo è puoco discosto a rimpetto di una capelletta nominata Santo Antonio; ristringendosi anzi più in quel sito, che in altro il canale istesso et con svantaggio tale, che per esser ivi le rive molto più alte, non se le potrebbe inferire dal basso dell’acqua, ne con galere, ne con vascelli di alto bordo offesa veruna, meno evitare in conseguenza la costruttione de ridotti che volesse fare per non potersi scuoprire il detto sito, ne dalla città, ne dalla fortezza di San Nicolò, che guarda l’altra bocca verso il mare. Il signor Camillo ha sudato nell’osservatione di queste oppositioni et pensando alli rimedii nel dubio che avvenga ben di breve la necessità di valersene ha somministrato per all’hora tanto un saggio ricordo, riuscibile, ma non del tutto sicuro, di spezzar le catene sempre che vi fossero alli due siti predetti, con impetuoso abbordo a forza di vento de due inutili ben grossi vascelli et col travaglio del cannone. Ma non essendo però da lasciarsi una piazza di tanta stimatione sotto così pericolosa contingenza, si è divisato in oltre da esso signore con opinione anco del signor Onofrio dal Campo, che quando vi sarà buona congintura, tempo, modo di denaro, gente et materiali approntati, si debba intraprender et finire con prestezza al monte labor un buon ridotto che con il cannone, qual vi si introduccisse et quello della fortezza di San Nicolò dominarebbe tutta la campagna, spetialmente dove potesse venire a collocarsi il nemico intorno le sponde di esso canale; dovendosi pur assicurare la bocca di esso con opere situate sotto il calore delle batterie del monte medesimo, non bisognandovi dall’altra sboccatura nessun ostacolo, supplendovi singolarmente bene la stessa fortezza di San Nicolò, le cui diffese, tanto di dentro quanto esteriormente ho migliorato molto spianandole una montagnola, che gli era vicinissima, dietro la quale poteva coprirsi l’innimico, e piantarvi sopra il canone per batterla. Restavi dunque da far la sudetta operatione per essimersi dai lacci di un assedio mortale, nella quale principalmente consiste la salute di quella piazza.

Zara piantata sopra una porta bassa, che sembra una penisola quasi tutta circondata dal mare; si unisce a terra ferma con una sol fronte, dove è situato il suo forte, diviso col fosso, e contrascarpa, secondo è appunto dalla città, che seguita dietro. Delli requisiti che possede tralascio di discorrere, ma mi ridduco ad una oppositione perniciosissima, che non haveva, ne pure un palmo di fortifficatione esteriore, ma stando senza alcun ostaccolo libera tutta la campagna della spianata, abbondante di terreno, dava commodo al nemico di avvanzarsi coperto da un lungo filone di grebbano che vi era prossimo, all’abbordo del fosso; in modo, che poteva privare colle sue batterie il forte della diffesa et col beneficio della notte accostar li mantelletti alla muraglia per lavorar di mina et passar poi all’assalto. Che impadronendosi del forte, e della molta artiglieria, che vi è sopra, non so qual bene si potria sperare dalla piazza principale; si è deliberato in consulta per assicurare la conservatione di estendervi fuori (come si è fatto) un’opera reale tutta interrata, con il suo fosso escavato in sasso vivo, con pallizzate, e parapetti dentro et di fuori, incamisatura che termina a raso della campagna senza che il nemico la possa battere, con disposition di sortite per la cavalleria, havendo spianato tutto il grebbano che servir poteva di pregiuditio et è sommamente piacciuta al signor Gonzaga, affermandola per la più valida et inespugnabile, che vi sia in provincia, perché singolarmente il forte colle sue propugnatini avvanzate et è diffesa all’incontro da esso mirabilmente, e per fianco et cavalliere col cannone, e col moschetto, che la predomina. Ho rimesso in piedi et ridotto in miglior stato, la galiola, overo trincerone terrapianato, che uno degli anni passati precipitò in mare, dove è situato sopra porto, che cuopre, e diffende dalle batterie di terra ferma il fosso, e strada coperta del forte medesimo, nel quale ancora ho fatto fabricare una cisterna di capacità immensa per l’acqua, mentre in tempo di estate se ne prova scarsezza grande et in occasione del travaglio prendendosi quella della fontana in campagna che prestarebbe in predominio dell’innimico, non potrebbe la mancanza, che partorire effetti di male consequenze. La piazza hora sta (lodato il signor Dio) di tutto punto allestita per qualsivoglia cimento, havendo, così attorno la città, come anco il forte vecchio rinovati con imbrasure, e spianate per l’artiglieria li parapetti, che erano molto sconcertati, rissarcendo le mura per lungo tratto, che dirroccavano verso il porto nella più pericolosa linea aiutandone la diffesa, con aggiustamento di sortite et di varie opere ancora. Tralascio poi il ragguaglio di altre parimente si vedono impresse per tutte le parti della provincia mentre fra li rispetti di non attediar troppo l’Eccellenze vostre mal posso racchiudere in breve racconto li passi, le fatiche, e li cotidiani non risparmiati sudori di quatro anni continui. Concluderò bene che le opere fatte sotto la mia carica oltre la sicurezza che apportano, servono indubitatamente da poter più facilmente et con minor numero di gente diffendersi, perché, come un corpo infermo senza le braccia non può ripararsi da colpi di chi corre a ferirlo, così ogni piazza senza le forifficationi esteriori et principalmente senza li balloardi è appunto un corpo infermo non batstante mai a ressistere da sé per qualunque interno vigore, che habbia agl’assalti di potente nemico. La sola fortezza di Grippe principiata alquanti anni sono, senza la quale Spalato mai si potria sostentare, è distinta di qualche obbligatione per maggior numero di gente. Ma se vi si compensa quanto col restringer Clissa se ne sia scemmato di sua guarnigione si ridduce la summa da un presidio all’altro a differenza di puochissima per non dir insensibile consideratione.

Hora figurato havendo fin qui il stato de corpi di tutte le piazze dell’una, e dell’altra provincia, scorrerò con brevi passi di ragguagliarle a parer de capi di guerra quanta soldatesca di fortuna vi bisogna da competentie guarnirle; et dividendo qual numero ve ne vuole per le semplici cotidiane guardie et quale per l’occasione de attacchi, ne specifico il compatimento a piazza per piazza.

Per Zara di guarda semplice colle sue mute, armando tutti li posti; soldati 930; et a diffesa 3.500 per il meno, senza li paesani, oltre li soccorsi, che pronti (secondo il maggior bisogno) si devono sperare dalla vicinanza di Venetia con l’assistenza necessarissima di due galere almeno et di 400 cavalli per le sortite.

Per Sebenico et fortezze adgiacenti di guardia 850 et da diffesa senza li paesani 6.000, se bene ve ne fu di gran lunga maggior il numero, quando valorosamente con gran ardore diffese quella piazza, il zelo dell’eccellentissimo Foscolo et sono anco necessarii, almeno 200 cavalli per le sortite; due vascelli, e tre galere, per tormentar il nemico, e diffender il canale.

Per Traù coll’ordine medesimo da guarda cotidiana 500 et da diffesa 1.500, oltre li paesani et il benefitio de soccorsi liberi sotto il colore di due galere.

Per Clissa ad armar le guardie colle sue mute, secondo li due delle altre piazze, soldati 250; e per diffesa 400; ma per travagliar il nemico nelle campagne di Sallona, sariano tre galere di gran giovamento in quel canale.

Per Spalato e per la fortezza di Nuova di Grippe fanti 800 di guarda et da diffesa 4.000, con 400 cavalli et l’istesso numero di galere.

Per Almissa, in armar le guarde fanti 200; et per diffesa 300, oltre li paesani.

Per Cattaro, suo castello, quello di Perasto et alle cattene, di guarda vene vuole 520; e da diffesa 3.000 presso li sudditi nativi, che stanno in città; quali saranno circa 1.000 altri; ma vi si vorriano in aggionta due vascelli di altro bordo, tre galere per la piazza et suo canale, come pur altra squadra de legni di là del stretto verso le bocche.

Per Budua finalmente si ricerca in armar le guardie colla muta necessaria a similitudine di altre piazze soldati 150, e per diffesa 300 almeno, oltre li paesani, con qualche vascello, una o due galere da ritirarvi in caso di soccombenza, la gente et il cannone.

Si che tra tutte nell’una, e nell’altra provincia, vi va di fermo da 4.500 fanti in circa per la sola diaria fattione di guardie et 18.000 per il travaglio contro l’innimico. Questi però non potendosi haver tutti così facilmente, vi sarà da pratticare per partito di necessità in caso di scarsezza di far soccorrer le piazze attaccate da quelle, che si lasciassero illese. Ma le due di più importanti consequenze, Sebenico e Cattaro, con Clissa per terra; non ammettono questo mezo termine, mentre doveriano esser provedute per tempo di tutte le cose necessarie et haver sempre un deposito intatto de viveri et de monitioni da combattere, che faccia almeno per otto, o 10 mesi. All’incontro fra tutte le otto piazze dell’una et dell’altra provincia non arrivando la soldatesca di fortuna da terra, comprese le tarre solite, che a 3.498 fanti; debole et diffettiva per tal scarsezza se ne rende la guardia, non che la diffesa. Ne si figurino Vostre eccellenze poter mai conseguir buon servitio dalle cernide di terra ferma nelle parti da mare tanto abbonito da essi; perché lontani dalle case loro talmente s’inviliscono, che al tempo del travaglio più tosto che combattere, abbandonano le armi et se medesimi; accorandosi di passione, per dubio, chi di perire, chi di non riveder più le proprie famiglie; et se portano qualche soldo, lo consumano in pochi giorni, senza contegno nel giuoco, e nel vino; al quale non suefatti si ammalano e periscono in breve tempo. Più tosto la contadinanza dell’Istria si va accomodando all’impiego et se non riesce così bene, come bisognarebbe, all’uso dell’armi; vale altrettanto sotto le altre fationi, spetialmente quella de guastadori tanto necessarii in ogni tempo.

De bombardieri peggio non si può stare, e per la pochezza del numero, e per la imperitia loro; non più che 145 ce ne era ultimamente nell’una e nell’altra provincia, che tanti almeno ce ne dovrebbero esser, in caso di travaglio, per cadauna delle piazze principali, dove vi saranno poco meno di altre tanti pezzi di cannone, quasi tutti di portata, che a ben maneggiarli ci vuole l’aiuto di tre o quattro bombardieri: convien perciò, che si applichi la pubblica vigilanza di mandar per tempo il rinforzo necessario di tal militia tanto importante con qualche numero de capi principali ma raccoglier quelli, che sono di buona isperienza, tenendosene per tutte esse piazze bisogno estremo, precisamente per Zara di altri 30 almeno; per Sebenico 20; per Traù 10; per Spalato 12; per Clissa quattro; per Cattaro 20 et di quattro bombisti.

De condotti et di stipendiati se ne manda, e ne capita. Sono puochi per la parte del valore et diversi, che senza isperienza ben spesso occupano posti di cariche e governi di piazze, tutto che non ne siano capaci. Vengono alcuni per facilitarsi prima la consecutione de stipendii in Venetia, ma non per starvi, che due, o tre mesi; chi capitando tardi passata la metà della campagna; e chi al finir di essa; facendosi poi mandar licenze, che ottengono di ritornarsene a goder la quiete et esser a noiare di nuovo Vostre eccellenze colle premure et altri sovvegni. Sarebbe per mio debol senso publico servitio non moltiplicar nell’espeditione di soggetti sì fatti; che senza qualità ornandosi (come ho detto) con qualche impiego, che se le conferisce tal volta per non trovarsene de più appositi; ad altro non servono, che a generar confusione. Ma riddursi più tosto a puochi, che siano valore, e di esperimentata dirrettione, da fermarsi al governo delle piazze. Ne sarebbe, se non molto salutare qualche provisione, che alli stipendiati non debbano correr li mensuali, se non per quel tempo, che attualmente dimoreranno nell’impiego, all’ubbidienza de publici rappresentanti dove fossero destinati; non ostante qualsivoglia licenza che ottenissero di portarsi per loro interesse altrove fuori di servitio. Per la stessa fruttuosa pragmatica stimarei altretanto giovevole il pratticar assignamenti per via di mensuale con chi cerca di servire, non di condotte per il quinquenio solito; risservando questa prerogativa in abbracciar personaggi, che se la meritano per più alta conditione, o altro particolar pubblico riguardo. Et se bene pare, che nelli mensuali si prenda stipendio maggiore, che nelle condotte, ad ogni modo li pagamenti poi sono quelli, che aggiustati alla ristrettezza de tempi correnti, uguagliano in pratica ogni alteratione.

De viveri puoco posso discorrere, perché oltre 1.000.000 de biscotti, che lasciai a Zara, e 500.000 in circa a Sebenico; et la provisione, che ne feci convogliere per questa campagna in Clissa; le altre piazze non havevano a pena, senon per qualche settimana; onde reitero li riflessi principalmente sopra Cattaro, e Sebenico, che non doveriano lasciarsi senza li depositi necessarii, oltre quanto vi va per il consumo cotidiano.

Trovansi pur diffettive, non senza pericolo di gravissimi pregiuditiii secondo diverse volte ho scritto de molti apprestamenti da guerra di artigliaria; ferramenta; ballaria, instromenti militari, materiali da fuoco, e de legnami. Di nuovo ne riconsidero il bisogno consistente nelle note già fatte dal signor Onofrio dal Campo, e passate a publica notitia.

Li sudditi che habitano dentro la città, e fortezze, sono la maggior parte talmente affilli dalla povertà; dagli accidenti della guerra; et qualche visita provata di peste; che per il puoco numero loro; mancanza di traffichi; et debolezza di fortune, havendo li spiriti oppressi, non si può riceverne quel proffitto, che se ne conseguiva in altri tempi, se non d’una fedeltà certa, accompagnandola colle fatiche nelle cotidiane operationi intorno le fortifficationi. Ma li territoriali ressistono molto meglio coll’industria, coltivando la campagna, che se gli mantiene ogn’anno, sempre più libera, non cessando di andar in partita con haiducci, provecchiandosi con depredationi; et invasioni nel paese nemico.

Li murlacchi prepotenti di numero alli sudditi vecchii, con quali però habitano dentro le ville de contadi della provincia, hanno il maggior sforzo loro sotto Zara sendovene de atti all’armi circa 1.700, ma colle donne et figliuloli inhabili ancora, saranno vicino a 5.000 anime; hanno tra loro et li medesimi antichi habitanti formato un corpo di cavallaria per 600 huomini in circa, persuasi et costretti a provedersene da poter diffender meglio la campagna, o stare alle scorrerie nemiche; inseguir, e tagliare le partite loro; noioso però le riesce il peso di mantenir li cavalli et cercano di liberarsene, ma ne ho rinvigorita l’obbligatione coll’indurli di capitar tutti in spianata sotto la città et ivi uno dopo l’altro passar avanti di me la banca; persuadendo li capi a conservar questo instituto per salute propria; mi trattorno di volerli tenere per servire con essi a publica dispositione quando siano riconosciuti con qualche mediocre portione di quella paga, che si dà ordinariamente alli soldati di cavallaria; ma son andato portando il tempo avanti con tratti di buona intentione fino che ne ho addormentato li pensieri. Parmi però che quando si vedesse avicinare l’occasione di travagliare, saria publico servitio riddurli in tante compagnie, non per sempre; ma per quelli mesi, che se ne potesse haver bisogno; e con assegnamento del pane et di due reali per testa al mese; che con tal frivole paga, resteriano come militie peculiari di Vostra serenità et stimo anco di maggior frutto, in luoco delle compagnie ordinarie di cavallaria, che costano due volte più di spesa al publico errario; ma quello che vi si agionge, di altre più importanti consequenze, si è; che ritenendosi fra morlacchi questo corpo per più prediletto, e ridducendosi per proprio interesse a distintione di altri di maggior affettione verso il prencipe, che aiuta di nodrirlo, valerà singolarmente per tenir li rimanenti nell’obbedienza, mal conosciuta fin hora da loro et assicurarsi con li mezi dell’emulatione, che si concepirebbe fra di essi della prevaricatione, che di quando, in quando le viene insinuata da turchi di ritornarsene all’antico nido; mentre sin’hora uniti senza disparità di interessi conservati si sono in una libertà troppo pernitiosa, non dipendendo dall’auttorità publica, se non quando vogliono; né riconoscendo altro capo che il serdaro che vuol dire general direttore, e commandante sopra tutti loro; et questo fu ultimamente Gianco Metrovich ucciso l’anno passato, che stando sempre in campagna, ostentava una potestà assoluta, andando sempre dove voleva con tutti essi morlacchi et pretendendo anco esser seguitato da sudditi vecchi, minacciando et castigando con pene pecuniarie gli inobbedienti intorno a che mi è convenuto prender qualche ispediente per estinguer la memoria di si fatti essempii et haverei fatto alcun’altro passo, ma restò divertito dalla morte del serdano sudetto titolo, che io dopo di lui non ho voluto conferire né doverebbe per mio debol senso, mai più esser concesso ad alcun’altro, ma lasciansi; che li harambassè assistino alla dirrettione, con dipendenza da publici rappresentanti. Ma prima che insorga in luoco di lui qualche spirito che pianti per sé la pietra del dominio sopra la gente sudetta stimo necessario, che qualche positivo avvertimento fosse impresso per sempre nele commissioni de successori et che all’eccellentissimo signor proveditor generale si motivi quanto si stimasse più proprio in tal proposito.

Per gl’altri contadi non vi è questo numero prepotente de morlacchi, ne tanto alta la pretendenza di reggersi a proprio assoluto beneplacito. Sotto Sebenico ve ne sarà da 4 in 500 atti all’armi dentro li borghi, che sono dominati dalla città, e suoi forti. Qualche altro puoco numero se ne trova per le ville di quella giurisdittione, habitando vinti a suditi vecchi, che saranno fra tutti 1.000 in su buoni da combattere.

Nelli territori di Traù, e Spalato, dove vi sono alquanti castelli, e posti alla marina validi da ressister ad ogni scorreria, sarà pure qualche centinara di essi Morlacchi a cohabitare insieme colli sudditi vecchi ugualmente suefatti all’armi, e fra tutti formaranno un corpo di 1.400 huomeni di arme.

Nel borgo sotto Clissa ve ne saranno 130.

Sopra l’isola di Liesena in faccia delle Bocche di Narenta circa 200.

Nel contado di Cattaro vi saranno da 300 fra stradiotti e morlacchi, e puoco più de altre tanti sudditi nativi senza li perastini.

In Budua vi si riducono poi le genti resesi già a divotione della provincia di Zuppa, pobari, mahini et altri, che colli habitanti nativi arriveranno a 500 in circa.

Con tutti questi corpi di gente forense, tanto in Albania quanto in Dalmatia, ho senza intermissione atteso di inquietare giornalmente, e mal trattare il paese nemico internandone le partite sin sotto il serraglio, a tagliare e far schiavi li suoi sudditi; allargar le depredationi; saccheggiar le terre; mal trattare ogni haver loro, con modi così ferventi, e fruttuosi, che prima ho conseguito il fine di andargli indebolendo le forze colle uccisioni et con schiavi fatti passar in galera; e poi accrescer vigore a quelle di Vostra serenità colli morlacchi che per tutte le parti della provincia si sono accresciuti a molto maggior numero di quello, che ne trovai al mio arrivo nelle provincie; innasprire coll’insanguinamento continuo, maggiormente l’animo loro di seguitare le hostilità, farle campar la vita in questa forma, risparmiare al publico errario gran parte de sovvegni di biade spedite per loto et convertite a solievo di tanti altri poveri salariati; et finalmente costringer più di 50 ville, fra l’una e l’altra provincia, di humiliarsi all’insegne venete; non prestar immaginabil braccio a turchi; e contribuir cadauna qualche puoco tributo nelle camere, per fede di preservare nella impegnata dipendenza: et molto ha giovato a questi eventi il mio moto continuo ad ogni parte et che gl’intervalli della permanenza, habbia fatti nella città di Spalato, luoco, che non può esser più aggiustato al publico servitio per la ressidenza de proveditori generali, tutto che riesca di maggior travaglio, e dispendio, assistendo in tempo medesimo a quattro piazze manco di due hore di camino discoste una dall’altra, 100 miglia più vicino all’Albania, come pur tanto prossimo poi a Sebenico, quanto vi è a Zara puoco meno; havendo anco sotto l’occhio le isole insidiate da corsari che non ben scoperti se le può far avvanzare in hore l’insecutione de legni di Vostra serenità.

Colle sette galere et 26 in 28, tra galere, brigantini et altri legni simili, si va suppliendo poi universalmente meglio, che si può alla diffesa delle provincie et alla custodia del golfo lungo 500 miglia, standovene una squadra di otto, o 10, con una galera alla guarda delle Bocche di Cattaro, per freno all’infestatione delle fuste di Castel Novo; altri due o tre se non più secondo il maggior bisogno, scorrono le acque in capo dell’isola di Liesena, per stare all’uscita di corsari di Narenta; alcuno ne deve stare sotto Almissa per diffesa di molini, e della fiumara. Qualche d’uno ce ne vuole a Pago per la guarda de sali; altro numero fra Sebenico e Spalato, per li canali di Sallona et Scardona, con una galera per li frequenti convogli de provisioni, che si spediscono a Clissa; una pur per non dir due sempre ve ne sta in viaggio, andando a levar et condurre li sovvegni di danaro da Venetia; una obligata al proveditor generale per portarsi dove più occorre et il primamente ridducendosi a tre galere et a sette in otto legni piccoli, convien con questo puoco nervo ressistere a tutte le moltiplici fattioni, che giornalmente insorgono di scostare, e condure le provisioni, che bisognano da piazza a piazza et istessamente li materiali per le fortifficationi; soccorrer li sudditi aggrediti per li luochi vicini alla marina; inseguir le fuste corsare, che particolarmente a Santa Maura, Dulcigno et altri luochi sudetti, usciscono ad infestar la navigatione, prendendo li vascelli, le mercanzie, vite et sostanze de sudditi et de negozianti; che essendo troppo vasto il mare, da guardare con li puochi legni, e circuire da 1.000 miglia, e più le rive di tutto il golfo dall’un, e dall’altro lato, non è possibile sottrarsi dalle sempre volanti insidie di detti legni corsari, che per l’ordinario di giorno mai alzano vela, ma bassi quasi a livel d’acqua, velocissimi a remi, scorrono a guisa di serpenti ad accostarsi et assalire le machine de vascelli che vedono a velleggiar di lontano, mai fermandosi, che puoche hore in un luoco et se tal dì temono di esser stati scoperti a qualche varco, non lascian passar la notte che vogliono ritrovarsi la mattina seguente a seconda di qualsivoglia vento, che regni a 50 fino a 100 miglia lontani. Tra tutti questi contrarii non si è però mancato di applicar li mezi possibili per la loro estirpatione; havendoli sempre arrivati con buona fortuna il valore dell’eccellentissimo signor Pietro Querini fu governator in golfo, prendendo cinque o sei legni tra fuste et galeate con la maggior parte della gente; chi restando molto in fattione, chi fato schiavo; chi annegato; et fuggendone puochi. Ne ha mancato certamente di far anco la parte sua suo illustrissimo signor Francesco Barbaro suo successore, moltiplicando nelle fatiche, nelle diligenze con coglierli, tracciandoli fin sotto le istesse piazze loro in Albania, acquistando qualche legno la sua diligenza ancora. Ma se non si formano due squadre di due galere, e di quattro o cinque altri forbiti legni per cadauna, non sarà mai possibile disusarle dall’intrapreso corso, mentre l’allettamento dell’utile et la confidenza che hanno nella bravura de propri legni, li persuaderà sempre di continuar nella loro vocatione, e tanto più, che isperimentano nell’incontro quelli di Vostra serenità altre tanto fiacchi e deboli, non essendo così rinforzati, come li turcheschi di gente in quel numero et qualità, che vene bisogna, per non attrovarsi chi voglia venir a servirvi dentro di vogare il remo et far da soldato senza respirar mai, per il pan biscotto et per otto soldi al giorno, che tante volte languiscono mesi intieri senza poter haver ne pur questo puoco terzo della loro paga.

Vengo finalmente a dimostrare coll’occluso distinto ristretto quali, e quanti sono le forze peculiari di Vostra serenità da terra et da mare, con quanto ci va per mantenirle, ridotte ultimamente al minor numero, che ve ne sia stato sotto il mio generalato sopravanzate dagl’attacchi, dalla grossa speditione che me ne fu ordinata di 1.500 per levante, dalle fugghe et morti cotidiane; et faccio nell’istesso tempo cedere, che a mantenir colli terzi, colle meze paghe semplicemente questo solo restante numero di 4.527 fanti o de pressidii et legni armati colli condotti et stipendiati vi vuole di cotante 15 o 16.000 ducati al mese, senza quel molto di più, che vi va in spese straordinarie spetialmente delle fortifficationi universali et nell’haver suffragato de competenti aiuti li publici rappresentanti a conto de loro salarii, distinguendo anco la ratione ordinaria del pane prescritta secondo vederanno l’Eccellenze vostre per cadauno, tanto in biscotto, quanto in farine, formenti et altre biade solamente per lo stesso infirmo numero, benché tanto maggiore ve ne fu sempre per tutto il tempo del mio governo et pure il soldo inviatomi non è stato più di 10 in 12.000 ducati a ripartirlo in mensuali, sendomi ad ogni modo convenuto supplire per altre tanta summa di più a saldare come ho fatto puntualmente ogni uno di dette militie con denaro effettivo per li stessi terzi, e meze paghe, oltre li mercenarii et le predette spese straordinarie de fortifficationi in particolare. Ne haverei potuto mai giunger a tanto colli soli capitali dell’errario di Vostra serenità, benchè aiutata si fosse la cassa con ali, o con qualche debolissimo sopravanzo delli piccoli datii puoco meno, che affatto annientati dalle convulsioni della guerra; se non mi fossi prevalso anco delli proventi di ragione di qualche communità, prohibendo a medesimi rappresentanti a non poter disponere d’alcun publico capitale, se non colla norma precisa de miei comparti e troncando affatto l’uso di molte spese straordinarie che a tempi passati asorbivano migliara de ducati all’anno.

In merito de cittadini, che hanno servito nelle cariche tanto ordinarie, quanto estraordinarie, essendo stato da me di tempo in tempo già rappresentato a publica notitia, avanti che repatriassero, non devo più lungamente attediare Vostre eccellenze col diffundermi a farne nuova digressione. Ma mi ristringo sopra gli attuali che vi ho lasciato per le piazze principali.

Particolarmente a Cattaro vi è Pietro Gabrieli il cui zelo supplisce certo a tutti li numeri di un prudentissimo governo.

E Nicolò Bernardo provveditore estraordinario per Traù et Spalato così ben applicato a sostenir il servitio di Vostra serenità, e col valore non ordinario de proprii talenti, e con fatiche incessanti, che non vi è lode, che non meriti.

E Marco Malipiero conte capitanio di Traù et Nicolò Calergi proveditor a Clissa fanno spicar parimente un ardor indefesso in sostenimento delle piazze che reggono.

A Sebenico vi ho lasciato ser Tomà Pizzamano conte e capitano, e ser Angelo Gabrielo proveditor estraordinario vigilantissimi nel servitio dell’Eccellenze vostre.

Et a Zara ser Antonio Zeno, il quale in vero mi è riuscito talmente singolare in qualsivoglia fontione, che puochi pari a lui ho ritrovato nell’attitudine, e valore, mentre quasi tutto il tempo del generalato, sendo io stato absente da Zara metropoli della provincia, ha dirretto in conformità de miei ordini li sbarchi et imbarchi di tutte le provisioni da viver et da guerra, spedite da Venetia et ripartite per la provincia, havendo nel migliorar le diffese della piazza faticato molto et finalmente portatosi egli medesimo con buon ordine in compagnia a mostrar la faccia al nemico, quando già due anni a tiro di cannone si avvanzava con grosso essercito verso la città. Et finalmente atteso rimarcabile il merito de rappresentanti dell’isole per il zelo con cui hanno ancora faticato in servitio della patria et continuano spetialmente gli attuali, che sono ser Leonardo Bollani conte e proveditor a Liesena; ser Lorenzo Pizzamano conte alla Brazza; et ser Alvise Zorzi conte a Curzola, mentre mi è riuscito di risparmiare al publico errario denaro infinito, conseguendo, mediante la loro molta desterità et applicatione una quantità incomprensibile da materiali tanto necessarii per tutte le predette fortifficationi della provincia, fabricationi et condotti da sudditi, senza agravio di Vostra serenità. Che se mi fosse bisognato intraprenderle senza questi mezi et operare solamente a forza del soldo publico, al sicuro tutto quello, che mi è stato inviato da sostentar le provincie, che fu circa 12.000 ducati al mese come ho detto, non suppliva per l’importar delle universali fatiche, preservando di tal maniera all’Eccellenze vostre più centenara di milliara de ducati et ridducendo pur coll’industria anco questo gravissimo peso de dispendii a summa leggierissima per non dir insensibile.

De venturieri non hebbi altri patritii, che prima il nobile ser Michiel Priuli, che ho condotto meco et mi prestò gli aiuti del valor suo tutti li cimenti, fra i quali mi sono ritrovato le campagne più travagliose; et successivamente il nobil huomo ser Pietro Lion, che vi venne dopo, havendo impiegato l’uno e l’altro al commando di due navi da guerra in tempo, che mi portai alla diffesa di Cataro, dove con virtù et intrepidezza non ordinaria, hanno travagliato indefessamente durante l’attacco, combattendo in faccia delle batterie nemiche, sturbando gl’assalti all’essercito nell’hore, che stringeva la piazza.

Per terzo vi è stato ser Agostin Lando, il quale in tempo, che turchi applicavano ad insidiar Clissa, abbracciò l’incontro di andarsi a risserar dentro per sostentarla sino all’ultimo spirito. Et è pur qualificato il merito del nobil huomo ser Giacomo Barbarigo et di ser Zuanne Moresini governatori di galera, che a vicenda colle loro legni obligati sono stati alla persona mia in ogni fattione, impiegandosi frequentemente anco all’insecutione de corsari.

La militia oltramarina, crovata et albanese, che conserva l’antica divotione di servir a Vostra serenità merita di esser con predilettione distinta et sostenuta, come io di singolar fede la isperimentai a cimento di congiontura grave de sospetti, che correvano sopra gli oltramontani, spetialmente sopra li francesi, che si erano ammutinati colle armi alla mano al tempo dell’attacco di Cattaro, sendomi valso per necessità de medesimi oltramarini a diffender dentro la città interrati fra le altre militie le brecchie fatte agl’assalti del nemico. Si va però annichilando ogni giorno la detta natione, non applicando più alcuno di far gente, per poter vivere li capitani et offitiali colla sola meza paga tanto inferiore a quella, che godono gl’altri de diverse nationi, havendo un capitanio oltramontano 60 ducati di paga al mese, 40 tutti li capitani straordinarii et un oltramarino 10 solamente che mal può conseguirne semplicemente la metà et perciò di quando alcuno chi ha più spirito, prende partito di andar a servire sotto altri prencipi. Il capo loro, che essercita la carica di colonnello è buon et meritevol vecchio: ma è fatto impotente, onde proprio sarà di far seguitar l’antico instituto, che ogni natione, tanto la crovata quanto l’albanese habbia il suo governatore.

Ne tacer devo in fine il merito di ministri havuti nella corte di mia intiera sodisfattione; havendosi essercitato il signor Giovanni Capello nodaro della cavallaria ducale nella fontione di secretario che per esser la più importante fra li requisiti, che ricerca di puntualità et di impiego incessante ha egli incontrato colla virtù, e colla modestia la mia gratitudine; onde non men per questi riguardi che per il nuovo merito, qual si ha acquistato presso la publica gratia, col portarsi a servire in armata l’eccellentissimo signor capitano delle navi Priuli in qualità pur di secretario degno si rende veramente di esser riconosciuto con qualche testimonio della publica munificenza, come in occasione di simili impieghi è stato sempre solito di pratticarsi con altri benemeriti del suo ordine. Per cancelliere poi et ragionato hebbi li fedeli Giovanni Antiquario et Giulio Zibletti quanto puntuali altre tanto pur diusti nel servitio di Vostra serenità che con instancabile assiduità hanno sostenuto ancor essi fra pericoli sotto l’agitatione delle mie fatiche li pesi della carica.

Se poi non ho potuto io arrivare colla debolezza mia di ben supplire al servitio della patria, sarà effetto proprio della bontà dell’Eccellenze vostre compatire (come la supplico) l’imperfettioni mie et appagarsi d’un zelo altrettanto ardente, col quale ho travagliato senza respirar mai, soccombendo colle mie fiache fortune ancora nella forma nota ad ogni uno agl’insoliti dispendii, che porta seco il viaggiar incessantemente col seguito de condotti et stipendiati battuti dalle angustie del soldo et primi per conseguenza del modo di sostentarsi. Ma benedir devo ogni mia fatica, ogni patimento, pericolo et attione della vita et delle sostanze; mentre dopo riconosciuto con tanti premii dell’inestimabile benignissimo loro gradimento, si sono compiaciute sigillar finalmente il corso del mio lungo servitio da più verdi anni, sino alla vecchiezza col sollevo concessomi. Gratie.

Data a 20 maggio 1660

Antonio Bernardo proveditor ritornato di proveditor general in Dalmatia et Albania