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1609 Marco Barbaro

Relazione

Ceffalonia. 1609 a dieci febraro. Relatione della Ceffalonia presentata adì sopraddetto nell’eccellentissimo Collegio dal nobil homo signor Marco Barbaro ritornato da quella provedaria et nel medesimo giorno in esso eccellentissimo Collegio letta

 

L’isola della Ceffalonia, Serenissimo Principe, illustrissimi et eccellentissimi Signori, dalla qual’ al presente ritorno di provveditore et posseduta da questo Serenissimo Dominio fino dall’anno 1500 in qua, che fu levata di mano di Turchi, è posta nel mar Ionio et è assai nominata nell’historie, poiché oltre l’esser’ antichissima, vi furono già in essa quattro città, delle quali con gl’occhi istessi ho veduto molte vestigie. Gira il suo circuito  160 miglia incirca, la sua lunghezza è di 80 et la larghezza 40. Di questa donque dovendo io discorere, lo farò con ogni maggior brevità et procurerò di dar alla Serenità Vostra et alle Vostre Eccellenze facile, sucinto et veridico conto di tute quelle cose, ch’io stimarò degne della Loro inteligenza, pretermettendo quanto giudicarò superfluo et lontano dal debito di quela mia relatione.

Essa isola dunque di Ceffalonia è divisa in 19 pertinentie regulate con separati nomi et sotto ogni pertinentia vi sono molte ville. In quelle et nel territorio tutto vi possono essere intorno 45.000 persone d’ogni età et d’ogni conditione et di quelle varie et diverse professioni, che porta il bisogno et è il costume d’ogni città.

Gli habitanti della Fortezza Vecchia et quelli fuori nei borghi, che sono gli principali et più commodi et che vivono con qualche civiltà, son’ assai ben’affatti verso la Serenità Vostra et si dimostrano pronti nell’occasioni al servitio di Lei. Il simile fanno ancora alcuni  altri, che sebben’ habitano per il territorio sono però commodi et civili et del Conseglio di quella città.

Del numero de questi può la Serenità Vostra nell’occasioni valersi di 4 in cinque mille persone et come per huomini da spada riuscirano mal’ atti per esser poco essercitati nell’armi, altretanto sarebbono bonissimi per huomini da remo, poiché la maggior parte di loro è assuefatta al mare et usa a vogare nelle loro fregate.

Sono al presente descritti in quella sua isola soldati d’ordinanza al numero di 1000 sotto il comando di Giovanni Battista Grillo et Zuanne Corto, capitanii mandati ultimamente dalla Serenità Vostra, dalli quali ho  fatto con ogni maggior diligenza essercitarli et sono stati riveduti da me più volte. Ma s’io debbo dir il vero, è militia di poca riuscita et poco si dilettano dell’arcobugio, anziché ne sono 300 et più che non s’ hanno potuto essercitare per mancamento d’arcobusi non ritrovandosene in quelle monitioni et come più volte ho datto riverente conto alla Serenità Vostra, onde sarà gran suo servitio che quanto prima sii mandata cos^ neccessaria provisione, perché non riesca infrutuosa la spesa di capitanii et la gente non sii inutile nell’occasioni che occoresse.

Sopraintendente di dette militie et di quelle del Zante è don Andrea Chelmi il kavalier, antico servitore della repubblica et che tiene ottima intentione verso il servitio pubblico.

Tiene ancora la Serenità Vosrta in quella sua isola per custodia d’essa un governatore della cavallaria et 12 capitanii, sotto il comando de quali vi sono 85 stratioti salariati et 150 decimali che servono con una debole ricognitione di 4 stara di formento et doi d’orzo et altra poca essentione sopra le decime del vino et dell’oglio. 

Di questa militia doverei discorer a lungo, ma, poiché la Serenità Vostra n’ ha commesso la ricognitione et regulatione all’illustrissimo signor provveditor dell’armata, non dirò altro per hora se non che nel corso del mio reggimento è stata migliorata assai di cavalli et di essercitatione, essendo stata riveduta ben spesso da me et fatta riuscire più atta et vigilante nel pubblico servitio. Ma quando anco sopra essa occoresse al presente alcuna più particolar informatione, sarà da me datta dove mi sarà commesso et con quel riguardo solo che debbo haver al benefficio delle cose della Serenità Vostra et alla conservatione et buona custodia di quell’isola.

Vengo hora, Serenissimo Principe, alla Fortezza Vecchia nella quale v’habita il reggimento. Essa è posta sopra la sommità d’un monte et il suo cinto è di 360 passi incirca, lontana dal porto d’Argostoli da sei miglia. Alla custodia d’essa vi sono duoi capitanii con vinti soldati per cadauno, sicché potrebbe, sebben debole di muraglie et con molt’altre imperfetioni, conservarsi et sostenersi da qualsivoglia incursione de nemici per qualche giorno, poiché da batteria da mano sarebbe assai sicura et volendosi battere con artegliaria, per la longhezza et difficoltà delle strate strette, sassose et montuose, vi vorebbe molto tempo a condurle. Aggiongasi che restando l’importante fortezza d’Asso nell’isola, non sarebe buon consiglio dell’inimico a perdervi il tempo.

Oltre gli sodetti capitanii di soldatesca, vi è nella medesima Fortezza un capo di bombardieri salariato con quattro altri stipendiati bombardieri.

  Vi sono ancora descritti 60 scolari bombardieri che nell’occasioni di bisogno sarebbono di buon servitio et che questi anco con ogni spirito n’ho procurato l’essercitatione. 

Nella medesima Fortezza vi sono corsaletti et altre armi, con le quali si potrebbono armare 200 soldati in circa.

Vi è parimente una stanza vecchia et ruinosa in volto, nella quale vi è buona quantità di polvere et è in vero in luoco di gran pericolo, poiché percotendo ben spesso la saetta in qualche luoco della Fortezza, quando (Dio guardi) toccasse nel ditto volto andarebbe tutt’essa Fortezza in aere et il borgo vicino ad’essa con danno notabile et esterminio de più nobili habitanti. Per il che sarebbe se non bene, che la Serenità Vostra vi pensasse qualche rimedio et dividere essa polvere in altri lochi, sicché si potesse ostare alli pericoli che potessero occorere.

Di provisione poi di vivere in occasione di bisogno in detta Fortezza non vi è altro che 86 stara di meglio incirca, deposito suo antico, il qual’ anco non è compitamente buono per non esser stato rinovato già molto tempo.

Debbo anco dire che le case destinate per la soldatesca vanno la maggior parte rovinando di maniera, che se la Serenità Vostra non ne commette quanto prima l’accomodamento vi vorà poi grandissima spesa a farlo et come già con due mani di lettere deti riverente conto alla Serenità Vostra et all’eccellentissimo Senato, mandando insieme inclusa la polizza data da periti della spesa che vi vorebbe per ripararle et ridurle nel suo buon stato.

Nelli magazeni della detta Fortezza si fanno, Serenissimo Principe, eccellentissimi Padri, condure dalli datiari le decime delli formenti et orzi che nascono nell’isola, che si dispensano poi per il pane de capitanii, soldati, bombardieri et altri stipendiati; il formento a lire 11 soldi 10 il staro et l’orzo per la mittà. Quando la Serenità Vostra et le Vostre Signorie eccellentissime si rissolvessero di dar un’obligo particolare d’una bisognosa et considerata quantità ad essi datiari, lasciando l’altra summa in loro libertà da essere però dispensata nell’isola, io m’assicuro che ’l datio delle biade acrescerebbe doi in tre mille ducati all’anno et pure la militia n’haverebbe il medesimo benefficio et com’io ne darò anco maggiore et più particolar informatione, quand’alla molta et singulare prudenza della Serenità Vostra et delle Vostre Eccellenze paresse bene havervi qualche consideratione.

Ma lasciando di più parlare d’essa Fortezza et ritornando ad’altri particolari dell’isola, dico che com’è abondante d’ogn’altra cosa necessaria al viver humano et particolarmente d’ogli, uve passe, moscati, ribuola et vini neri, che sono dispensati all’armata della Serenità Vostra et in quantità anco condotti in questa città, così al presente produce poche biade non già perché manchino luochi attissimi a produrne, ma per cagione che alettati gl’isolani dal tratto molto che fanno dell’uve passe riducono gli buoni terreni a tali impianti, di maniera che restano solamente seminati gli poco fertili et montuosi et de qui nasce che hanno bisogno d’esser suffragati dal paese turchesco di terraferma di dove sotto il mio reggimento sono venuti formenti in quantità tale che d’avantaggio hanno empito tutta l’isola et al presente vale poco più d’un crociato il staro, cioè lire 7 soldi 10 che tanto si valuta in quelle parti.

Debbo tuttavia dire che questi agiuti della terraferma non sono sicuri, poiché in occasione di guera col Turco verrebbono a mancare et gl’isolani perciò patirebbono molto et saria neccessario che la Serenità Vostra facesse far provisione per il loro vivere d’altra parte dove ricordando riverentemente stimo che si debba in ogni maniera commetter nove et rigorose prohibitioni di tali impianti, poiché essendo questa materia di tant’importanza et il transgresso cosi comune et universale difficilmente quel reggimento vi può metter mano, sicché basti al rimedio senza la suprema autorità della Serenità Vostra.

Tiene poi la Serenità Vostra in quella sua isola alcune saline poco discoste dal porto d’Argostoli, le quali solevano già far sale per uso d’essa et d’avantaggio. Ma al presente, perché l’acqua marina et le pioggiane per mancamento d’argini entrano liberamente et con furia nelli loro vasi, se ne fa in poca quantità; et dove l’affitto d’esse soleva essere intorno ducati dusento all’anno, facendosi la condotta di cinque in cinque anni, sono ultimamente statte affittate con grandissima fatica ducati 65 solamente, sicché sarà neccessario che la Serenità Vostra habbi in consideratione l’accomodamento, altrimenti si perderanno affatto et per quanto sono informato con 300 ducati o poco più si riduranno nel primiero stato et il datio d’esse s’affitterà come di prima.

Suole la Serenità Vostra in tempo di bisogno armar nell’isola di Cefalonia tre galere, gli sopracomiti delle quali sono fatti dal Consiglio di quella città. Sopra esse non voglio discorer altro se non ch’io credo che con nova occasione d’armarle si troverrà gran difficultà, poiché per li mali trattamenti provati ultimamente da poveri obligati alla galera non andariano a servire se non a viva  forza et com’il tutto anco è capitato all’orecchie della Serenità Vostra et delle Vostre Eccellenze.

Dovrei, Serenissimo Principe, dir’alcuna cosa del Consiglio di quella città che riesce tumultuoso et nel quale con molta confusione v’entrano alcuna volta fino delli contadini delle ville portati dal favore de grandi et dalle fattioni. Ma poiché è matteria che deve trattarsi da gl’ambasciatori di quell’isola, no ne dirò altro al presente et riserberò ad’altro tempo altra più particolar informatione.

L’isola del Teacchi [Ithaki] detta altre volte Itaca et già patria d’Ulisse è sottoposta al reggimento di Cefalonia. Circonda essa miglia sessanta incirca et al presente vi possono essere quattro in cinquemille habitanti et sebben essa isola è per il più montuosa, tuttavia si va hora riducendo in buona coltura et in particolare vi fanno molt’uve passe et riescono le migliori di tutta la Cefalonia.

Al governo di quella vi va un capitano che vien eletto dal Consiglio di quella communità et vi rissiede per un’anno, ma è poco temuto o rispettato da quei populi, li quali si fanno lecito qualsivoglia cosa et a dirlo liberamente sono di mala conditione.

Gli clarissimi consiglieri di Zefalonia vanno a quella visita et con l’autorittà di tutto il reggimento ascoltano et ispediscono le cause tanto civili quanto criminali.

Vengo hora, Serenissimo Principe, alla Sua camera fiscale, nella quale per l’ordinario la Serenità Vostra riceve ducati 22 mille all’anno incirca dalli suoi datii, sebbene sotto il mio reggimento sono stati accresciuti fino a ducati 30 mille. Io la trovai essausta di si fatta maniera al tempo del mio ingresso, che bisognava tardare tutti li pagamenti ordinarii di stratia soldatesca d’Asso et altri salariati.

Debbo anco dire che con molto travaglio del mio animo ho veduto in camera cosi tenua esservi debitori per più di 30 mille ducati, molti de quali sono resi inessigibili. Ho operato però di maniera, sebbene con disgusto de debitori assuefatti a non pagare se non a loro volontà, che nel corso di pochi mesi furono portati in essa camera da debitori vecchi più di seimille ducati che sono stati cagione con l’accrescimento de datii, che si potesse a tempo debito sodisfare a tutte le spese d’essa camera et nel saldar delle casse nel fine del mio reggimento v’ho lasciati intorno 12 mille ducati.

Sono in quella pervenuti parimenti doimille et più cecchini delli condannati per uve passe et di transgressori che in vilipendio del reggimento in sprezzo delle leggi, contra gl’ordini dell’eccellentissimo Senato et replicati sotto li 20 agosto 1609 et con tanto et sì notabil danno de datii publici, si facevano lecito d’estrahere gran quantità d’uve passe in contrabando et condurle a Chiarenza [Glarentza], luogo de Turchi et poco lontano dall’isola, sopra vasselli inglesi. Né diligenza humana poteva ostarvi, poiché per la grandezza di essa isola, per li moltissimi lochi dove si possono caricar le fragate, oltre li cargadori ordinarii d’Argostoli et Val d’Alessandria, et particolarmente in tempo d’estate et col benefitio della notte tanto si possono far li contrabandi quanto con grandissimi difficoltà venir in luce di quelli et come con lunghe lettere ne fu informata la Serenità Vostra et l’eccellentissimo Senato.

Hora se bene transgressori di sì mala qualità sono stati giustamente puniti, molti con l’esser banditi et altri di pena pecuniaria per reintegration de datii et in tutto conforme alle leggi così vivamente commesse dalla Serenità Vostra et dall’eccellentissimo Senato al reggimento di Zefalonia, tuttavia hanno ardito  di placitarne sopra queste piazze, come che fosse demerito far il servitio pubblico et che merittassero premio et non castigo della deffraudation de datii et del sprezzo fatto delle commissioni tante volte replicate dalla Serenità Vostra. Io nel mio particolare, Serenissimo Principe, eccellentissimi Signori, non voglio dolermi di simili accuse, poiché con quelle scopre il mondo la verità dell’attioni mie et si vede chiaramente che non vi sii stato assenso, intelligenza o participatione nell’esser stati caricati l’anno passato dell’uve passe dell’isola della Cefalonia tanti vasselli forestieri di contrabando a Chiarenza [Glarentza] et com’alcuni mal affetti potevano persuadersi.

La nuova imposta pertanto concessa ultimamente dalla Serenità Vostra alle Sue isole del Zante et Cefalonia col beneffitio de suoi datii, ha insieme apportato universal’allegrezza et sodisfatione a tutti quei popoli levatone alcuni pochi che sprezzando le leggi commettevano et arrichivano de simili contrabandi. 

Fin’hora però non partorisse quel buon’effetto che l’isolani s’andavano persuadendo, cioè che l’Inglesi venissero nelli porti della Cefalonia a levar l’uve passe et portar’ all’incontro altre merci a loro bisognose; et come solevano far per il passato, poiché fin’hora doi vasselli soli vi sono capitati et n’ hanno levato poca summa a bassi pretii, si spera però che sarano necessitati ad andravi vasselli inglesi et saetie francesi et che sarà levata da quelli l’uva passa restata nell’isola.

Nella Cefalonia si fa quattro et più millioni d’uva passa all’anno, della quale ne vien condotta in questa città doi millioni in circa all’anno et l’altra era estrata per contrabando.

Nella camera poi di Cefalonia, Serenissimo Principe, non si vede moneta venetiana, ongari o cechini, ma solamente reali a lire 7 quattrini diese l’uno, che innanzi li ultimi ordini della Serenità Vostra valevano anco lire 7 quattrini 10.

Vi è ancora in quella camera un deposito di quattro et più mille ducati cavati di parte di stara tremille di meglio che fu mandato dalla Serenità Vostra in quell’isola l’anno 1604 sotto il reggimento dell’illustrissimo signor Andrea Contarini, mio precessore, in occasione di bisogno et carestia.

La valuta sua è in reali a lire 7 quattrini 10 l’uno et così fu ritrovato da me nel tempo del mio ingresso.Questo danaro si trattiene infruttuoso per il che può la Serenità Vostra metter pensiero di dispensarlo in alcuna cosa di Suo bisogno et servitio.

Vengo hora a concludere per ultimo di questa mia relatione, dopo ch’io havrò fatte alcune poche parole della fortezza d’Asso, che l’isolani greci hanno non solamente il vescovo loro ordinario, ma ne sono degl’altri divisi ne monasterii dell’isola, li quali sodisfanno bene al loro caric, con un’altra quantità de religiosi che vi sono.

Il vescovo fatto dall’università di tutti i religiosi dell’isola vive con grand’auttorità et è molt’honorato et rispettato et deve haver introrno millecinquecento ducati d’entrata. Convengono venir a sacrarsi da lui da messa non solamente quelli del Zante et di Cerigo, ma anco di tutt’il regno di Candia, che li contribuiscono tre cechini per cadauno et di ciò (oltre l’auttorità) cava parte della sua entrata.

Vi è un’altro vescovo che governa hora un monasterio di monache, che vien detto di Malà [Omala], che sono assai riche, ma tenute con poca strettezza, poiché vanno liberamente fuori per la campagna et dicono che le fanno anco lavorare per mortificatione. Habita il vescovo con suoi callogeri nel medesimo monasterio, il quale lasciano assoluto patrone di tutte l’entrate né di quelle deve render conto, sicché può arichir se et tutti li suoi parenti.

Questo sebben’ è di patria della Cefalonia, tuttavia è stato longamente fuori et ha governato popoli sottoposti al Turco. 

Vi sono doi altri vescovi venuti ultimamente nell’isola, l’uno de quali s’ha posto al governo di certi calogeri d’un loco detto San Giovanni di Nerò [San Giovanni di Kryoneri] et egli ancora è stato assai per il mondo et è stato vescovo nel paese turchesco.

L’altro, che si fa chiamar di fameglia di Lascari et che afferma haver parenti nel paese turchesco, s’ha messo in certo monasterio a Samo detto Santi Fanenti, nel quale vi sono molti callogeri greci et è prelato di buona qualità et di lettere et a me ha detto, ch’egli la fa alla franca, sebbene son si palesa agl’altri Greci.

Et per quanto discorendo alcune volte con questi prelati ho potuto sottrare ogn’un di loro afferma, che sarebbe atto di metter insieme in tempo di guerra quantità di persone delli paesi che hanno praticato in servitio della Serenità Vostra. Ma il vedersi tanti vescovi et forestieri in quella Sua isola, stimo materia assai importante et da esser rimmessa al prudentissimo giuditio della Serenità Vostra et delle Vostre Signorie eccellentissime et per questa cagione ho voluto ancora significarglielo per ultimo, che trattandosi di religione potevo parlarne in prima.

Soggiongerò ch’il vescovo Franco figliuolo del spetiale Dal Mondo da San Zuanne Polo sono dieci et più anni che non vi rissiede. Ma quel ch’è male la religione nostra va assai mancando in quell’isola, poiché sebben’ il vescovato rende mille et più ducati d’entrata, tuttavia in quella non vi è alcun prete et nell’isola non vi sono altri religiosi che tre miseri frati dell’ordene di San Francesco, che habitano in certo monasterio posto nei borghi della città et possono vivere commodamente dell’entrate d’esso. Ma non contenti di ciò, al presente servono l’uno per capellano del reggimento, l’altro per vicario del vescovo et il terzo per guardiano, sicché si può considerare che in alcuna maniera non possono servir al culto divino come bisognarebbe et pure vi sono nella Fortezza Vecchia et nei borghi et in altri luochi dell’isola intorno tresento Italiani. 

Mi resteria hora, Serenissimo Principe, eccellentisimi Signori, di dover dire molte cose della fortezza d’Asso et dar conto di molte sue imperfettioni, poiché è pur vero che le mure d’essa già tanto tempo non son ben fenite, che per la maggior parte non sono terrapienate, che per questa cagione minacciano in alcuni luochi rovina, che le piazze tanto neccessarie per l’artegliaria non sono fatte, che in occasione di bisogno perciò si potrebbono poco adoperare, che in certa parte d’essa manca 170 passi di muraglia ad attacarsi con l’altra, che in alcuni lochi parimente vi sono alcuni grebbeni congionti per li quali si può intrar et uscir comodamente, che li vasi o cisterne d’acqua non sono perfettionati, che le stanze et alloggiamenti per soldati et bombardieri non sono abastanza, sicché ad alcuni bombardieri con fedi de clarissimi provveditori d’Asso la camera della Ceffalonia conviene pagar l’affitto. Ma poiché queste cose tutte sono state vedute et penso riferite da eccellentissimi Senatori che passano di tempo in tempo a veder quella fortezza, sopra d’essa non passerò ad  altra consideratione bastandomi d’haverle con ogni verità. Ma con brevità di parole darò conto d’altri particolari occorsi et osservati sotto il mio reggimento.

Tratiene dunque la Serenità Vostra per custodia di quella fortezza ducento soldati, cento de quali sono sotto il commando del governator d’essa et gl’altri cento sotto duoi altri capitani et apena cento per la grandezza di quella possono supplire per la buona custodia d’essa.

Sotto il mio reggimento è occorsa la morte del governator d’essa Matteo da Capua ch’era antico et buon servitore della Republica, per il che si principiò anco a sbandar la sua compagnia et a mancar il servitio publico et havend’ io voluto mandar a quella custodia qualche soggetto intendente et d’auttorità fin’ad altro ordine della Serenità Vostra, parse a quel illustrissimo signor provveditore di non voler assentire et pur altre volte da provveditori di Cefalonia in simili occasioni si mandavano governatori, capitani et quel più che fosse occorso per il bisogno d’essa. Sopra di che fu anco datto particolar conto da me alla Serenità Vostra et all’eccellentissimo Senato. Ma non essendo venuta altra rissolutione con la gionta dell’eccellentissimo signor general Capello a Corfù fecci saper a sua eccellenza il mal stato di quella fortezza et la necessità urgente d’un governatore et di soldati, il quale subito poi a me spedite il capitano Flaminio Casolati per vice governatore et altri quaranta soldati che mancavano, che hanno prestato buono et ottimo servitio.

Ma veramente queste differenze et pretense auttorità potendo un giorno causar qualche pericolo in s’importante fortezza, sarà gran servitio della Serenità Vostra terminarle quanto prima et che si possa anco sodisfar alle venture necessità da chi sarà ordinato da Lei.

Nella medesima fortezza vi è mancamento grande di tavole, chiodi, badili, zaponi, pali, pichi et altre cose che sono necessariisime, poiché giornalmente vi si fabrica et bisognando comprar il tutto da mercanti il pubblico ne sente grandissimo interesse, pagando il doppio di quello vale la robba.

Debbo anco dire che nella visita fatta da me di quella fortezza, rivedendo gli depositi della polvere li vidi in stato di poco servitio. Ma le polveri ridotte in molto peggiore, poiché erano fatte dall’humidità simili al fango né s’haverebbono potuto in alcuna maniera adoperare quando fosse venuto il bisogno. Procurai in tanto il suo miglioramento mandando denari, perché fossero solleggiate et parte anco rafinate et parimente tavole et chiodi con le quali furono fatte caselle da riponerle, poiché gli barilli vecchi dal star in continua humidità erano di già immarciti, ma questo non basta.

Delli depositi ancora ricordai col conseglio di periti che fossero fodrati di tavole, che s’inalzasse li loro solari et le mura sopra le quali sono posti et che fossero levate et rimmesse pietre et altro atacato ad essi, sicché restassero in isola ne fossero sottoposti a tant’humidità et come dal tutto detti riverente conto alla Serenità Vostra.

Da questi solleggiamenti continui, Serenissimo Principe, si fanno horribilissimi calli d’esse polveri et con notabil danno del pubblico servitio.

Tutto questo negotio è in mano de cancelieri de’clarissimi provveditori d’Asso, che di duoi n duoi anni ne fanno la consegna, quali sebben io presupongo per huomini da bene. Tuttavia, negli altri luochi vi sono persone deputate et che hanno particolari obligationi et questo tanto basti haver acennato alla singolare prudenza della Serenità Vostra.

Per il vivere della soldatesca di quella fortezza sono destinati li formenti et orzi di tutte le pertinenze vicine a quella et in tutto conforme all’uso et pretio della Fortezza Vecchia. Di questi anco si potrebbe dar’un particolar et considerato obligo a’datiari, sicché supplisse alla medesima soldatessa, che come volentieri sarebbe acettato da loro altretanto m’assicuro ch’acresserebbe molto il datio delle biade.

Aggiongasi che quelli poveri habitanti non sentirebbono il continuo peso di cavalieri et offitiali et altri che per occasione di farle condure danno loro continuo interesse et fanno molte volte dell’estorsioni.

Nella detta fortezza non vi è altra provisione che millecentocinquantanove stara di meglio, residuo di quello che fu mandato dalla Serenità Vostra del 1604 in quell’isola, del qual’anco si potrebbe commandar la rinovatione.

In essa fortezza poi, Serenissimo Principe, che pur’è di circuito di doimille passa, vi sono fabricate intorno cento e trenta casette solamente di masiera seca et habitate da duecento persone in circa, gente però povera et miserabile et che cava il vitto dalle fabriche et anco dal lavoro delle campagne vicine. A molti furono fatte per il passato molte compartite, perché vi fabricassero, ma poco se n’hanno curato o curano et quel ch’è peggio non pagano nella camera della Ceffalonia quella recognitione alla quale s’hanno obligati.

Aggiongo che per certa credenza sparsa nell’universale, che all’Argostoli si debba far’altra nova fortezza, non si trova più che voglia fabricar in Asso. Di maniera che quella fortezza resterà dishabitata et bisognosa di tutte le cose se la somma auttorità della Serenità Vostra non vi mette mano o col farvi andar ad assistere il reggimento di Zeffalonia o almeno col far astringere quelli che hanno havuto compartite, perché facciano le loro fabriche et sodisfaccino a quanto sono obligati.

Resta ch’io dichi, che oltre la grossa somma di danaro che la Serenità Vostra ha speso nelle fabriche d’Asso, sent’anco al presente continua et molta spesa et se non si provede la sentirà per lunghezza d’anni et potrei anco dire che si farà perpetua, per il ché gettando gl’altri rispetti et racordando riverentemente dirò che nel principio d’essa fabrica passavano le cose regulatamente, si fabricava nei luochi destinati, vi erano collonello, scontro, scrivan et pagador che tenevano le raggioni publiche, erano incontrate et reviste le spese. Ma hora il tutto passa con poca regula, si fabrica dove si vuole, le principiate si lasciano imperfette, vi è un semplice scrivano per le spese, gli libri portati in camera di Cefalonia non si riveggono in altro che nelle summe. Per tutte queste cagioni dunque stimo necessario bisogno che la Serenità Vostra volendo continuare nelle fabriche mandi in Asso soggetto d’auttorità et intelligenza, che destini et concludi dove si deve continuare esse fabriche, che oltre quelle non si possi far spesa et con quell’altre provisioni appresso che saranno stimate più a proposito per il buon fine di quella fortezza et per sollevatione alla Serenità Vostra d’una continua et grandissima spesa et per la quale la camera di Zefalonia resta essausta et con difficoltà può supplire ad altri necessarii et bisognosi pagamenti, che per piena informatione della Serenità Vostra et delle Vostre Eccellenze arrivano a quattromille et più ducati per reggimento, che tanti a ponto sono stati mandati per effetto di fabriche al clarissimo Cornaro ultimo provveditore. Sente parimente d’interesse per la medesima fortezza la Serenità Vostra ducati novemillecinquecentosettantasei all’anno, ottomillecinquecentoquarantaquattro de quali servono al pagamento di tutta quella militia et mille et trentadoi per il salario di quel provveditore et suo canceliere.

Che sarà tutto quello ch’io ho stimato mio debito di rappresentare succintamente alla Serenità Vostra et alle Vostre Signorie eccellentissime in proposito di fortezza tanto stimata et col riguardo solo del publico servitio, riserbandomi ancora nell’occasioni a più particolar informationi, quando però dalla Serenità Vostra mi sarà commesso et ordinato. Grazie.

 

All’inizio del fascicolo carta con la nota: 1603 9 gennaio. Compartita di miglio mandato in Levante. Ceffalonia et Asso fortezza 3000.