1613 Girolamo Trevisan
Relazione
1613 a 3 ottobre. Relatione del nobil homo signor Girolamo Trivisan ritornato di proveditor della Ceffalonia
Havendo io servito alla Serenità Vostra per il spatio di doi anni et pocchi giorni di più come provveditor nel reggimento di Ceffalonia et comparendo hora ai Suoi piedi di ritorno da quello, alla presentia di questi eccellentissimi signori del Colleggio stimo convenir al mio debbito il rifferir quelle cose che nel corso di questo tempo sonno state da me osservate et riputate degne della Sua notitia et bisognose di rimedio et provisione. Né mi estenderò circa certi universali più volte intesi et molto ben noti, ma descenderò a quei particolari che giudicherò più importanti per fuggir di apportarLe odio et per non levarLe il tempo applicato ad altri multiplici et importanti negotii. Et se rifferendo alcuni inconvenienti et abusi non darò medesimamente conto a Vostra Serenità di haverli corretti, meritirò di esserne iscusato così perché in molti capi vi haverebbe voluto auttorità maggiore di quella che è ordinaria di quel reggimento, come perché essendo quel governo affatto privo di ministri che Le possino far portar rispetto et prestar obedientia, ho stimato manco pregiuditio della publica dignità il dissimular molte cose et finger o di non vederle o di non curarle, che volendo et non potendo rimediarvi far palese l’impotentia et debolezza dei publici rappresentanti.
Dirò adonque prima che quella camera ha di entrata circa 24.000 ducati più et meno conforme all’abondanza et strettezza delle raccolte, cavandosi questa tutta dalle decime di tutte le cose che si raccolgono sopra l’isola, le quali vengono deliberatamente all’incanto et al più offerente. La spesa non può esser de niente inferiore all’entrata, perché assendendo li pagamenti delle militie de provisionati del reggimento et d’altri alla summa de 22.000 ducati incirca sarebbe neccessario, che per la fabrica della fortezza di Asso vi sopra avvanzzasse qualche buona quantità di dinaro, non dirò per construir nove fabriche et per effettuar le cose di già ordinate, ma per mantiner le già fatte et impedirne la ruvina, onde quando anco la entrata fosse così certa come è la spesa difficilmente può supplir quella camera alle occorenze et al bisogno, ma essendo l’entrata o per dir meglio l’essatione dell’entrata piena di mille dificoltà, resta la camera sempre essausta et il provveditor con sommo travaglio, perché essendo li datiari per il più assai incommodi levano li datii ad ogni prezzo per valersi della commodità del dinaro, onde sopravenendole il tempo delli pagamenti restano per il più debbitori di grosse summe et chi volesse tentar di haver datieri più commodi o che bisogneria abbassar di molto li datii overo non si trovando chi li levasse, conveneriano andar per il publico con total ruvina della camera. Di qui nasce che vi sonno debbitori assai et per la maggior parte essigibile havendo quasi tutti commodità raggionevole di bene et di entrate, sebben si trovano ristretti quanto a dinari contadi, ma il voler far saldar le loro partite con la vendita de suoi stabili riesce impossibile, perché per il rispetto che l’uno l’altro si porta non vi è mai chi offerisca pur un quattrino et l’ho provato io più volte in mio tempo. Il far poi l’essecutioni personali è cosa difficilissima per mancamento di corte, che se succedesse di qualcheduno serviria per norma agl’altri di fuggir il venir in fortezza, fuori della porta della quale non accade pensar di ritentione, oltreche ogni rigor che si osservasse darebbe gran crollo alli datii. Si aggionge che tanti sonno li abusi introdotti dalli datieri nell’essatione delle decime a preggiuditio de poveri et contra la mente publica, che quando fossero levati conveneriano anco per questo rispetto deteriorare, perché massime nelle decime delle biave riscuotono al sicuro delle sette et forse delle sei l’uno, non delle dieci et sotto varii pretesti di contrabandi estorquono da poveri quello che vogliono et invece di far introdur nelli magazeni publici le biave, conforme al loro obligo, se le trattengono fuori con altretanto disturbo et travaglio del provveditor, quanto è il commodo che ne riccevono loro. Tutte queste et mille altre cose ho io veduto et le ho sofferte con somma afflittione, così per non haver modo da provedervi, come per dubbio di dar troppo gran crollo alli datii, quando havessi voluto impedirle. Io nel mio reggimento ho havuto gratia da Dio di haver buonissimo raccolto di tutte le cose, onde li datii sonno andati a prezzi altissimi et sebben li datieri sonno andati assai in resto, ho però riscosso tanto che ha supplito al bisogno, anziché havendo riscosso qualche cosa dalli debbitori vecchi et essendo andato risservatissima nelle spese, l’essatione che si è fatta in mio tempo è stata di quattro mille ducati più di quello che si è speso, onde la camera potrà restar per hora in qualche parte sollevata, massime potendo hora, che è il tempo della raccolta, l’illustrissimo raggimento presente riscuoter qualche altra summa de debbitori. Io stimarei che potesse coadiuvar in parte questa essatione de debbitori vecchi il darle qualche raggionevole commodità di tempo per farli loro pagamenti, conforme alla qualità et antichità delli debbiti, come quì a Venetia si accostuma di far giornalmente, il che non saria forse lontano dal dovere, perché vi sonno di quelli che nel corso di molti anni hanno pagato in camera fino a 200.000 ducati di datii da loro elevati o pocco meno et hora si trovano debbitori di tre o quattro mille ducati et non più et raccontano qualche mal incontro patito, che non so se sia vero, che quando fossero habilitati a saldar li loro debbiti in quattro et in cinque anni, credo che lo faciano, come più volte se ne sonno lasciati intender. Né credo che gioverebbe manco per l’essatione publica, se il scontro di quella camera fosse persona forestiera che non havendo interesse con alcuno vi attendesse con assiduità et che medesimamente havesse bisogno di sostentarsi con quella portione di penne, che della medesima essatione le potessero prevenire, ma essendo quell’ufficio, come quasi tutti gl’altri, appreso per gratia da benemeriti, viene affittato al più offerente et ordinariamente elevato dalli principali et più commodi cittadini, li quali non havendo riguardo a quel pocco utile né mettendoli conto di inimicarsi alcuno, niente si curano di riscuoter li debbiti et senza la loro opera manco giova il stimolo che sia datto dal reggimento occupatissimo sempre in altro.
Oltre la cassa corrente della quale ho parlato fin quì, vi è la cassa delle condanne peccuniarie, non solamente essausta et ristretta, ma diffettiva et ne dirò brevemente la causa insieme con quello che io stimo che si potesse fare per sollevarla.
Quando l’eccellentissimo signor procurator Pasqualigo fu provveditor general in quell’isola, trovò che havendo li provveditori all’hora il terzo delle condanne peccuniarie, si era introdotto di riscuoter la portione spettante ad essi se non in tutto in parte, poiché ben spesso convenivano contentarsi della mettà, del terzo et anco di meno et della portione spettante al publico pocchissima parte ne capitava in camera, onde ordinò che tutto ciò che di questa raggione si riscuotesse, dovesse esser intieramente contato in camera per esser poi con bolleta elevato il terzo spettante al provveditor. Ma parve all’eccellentissimo Senato di voler tener affatto lontani gli provveditori da questo interesse et levar anco alli consiglieri certe regalie che solevano haver nelle ispeditioni criminali, onde assignò al provveditor quaranta ducati al mese et alli consiglieri vinti per cadauno di salario fermo da esser cavati da questa cassa delle condanne peccuniarie et non d’altro luoco. Questa summa molto considerabile, che ascende a novecentosessanta ducati all’anno, oltre altri ducati cento applicati al capitano del devedo, pur delle condanne delli falliti dalle guardie, ha ridotto la cassa nella stretezza et nel mancamento detto di sopra, anziché dove prima molte altre cose si solevano fare di questo dinaro, si è convenuto farle della cassa corrente eccettuate, però, quelle che per specifica ordination o dell’eccellentissimo Senato o d’altro capo di auttorità fosse stato terminato, essendo quelle più che neccessarie per fuggir la confusione della scrittura et il tener le spese in vacchetta, contra gl’ordeni particolarmente dell’eccellentissimo signor procurator Pasqualigo et contra ogni raggione di buon governo. Voglio, però, creder che quando si trovasse modo di esiger se non in tutto in parte le condanne che si fanno et che fossero levati alli condennati li suoterfugii che hora hanno di sotrahersi dal castigo che le viene applicato, che è leggierissimo, impedendole l’abusar di quelle gratie che la benignità publica le ha concesso con altro fine, potrebbe restar questa cassa sufficientemente provista per li bisogni così del salario del reggimento come per altre spese che si convenissero far di essa et perché si vede per isperientia che li essatori di queste condanne, sebben vanno fuori per l’isola, se ne ritornano a casa con pocco dinaro allegando di non trovar modo né di riscuotere né di assicurarsi con pegni, il che può esser che sia vero in molti, ma si può anco dubbitar che riccevendo loro alle volte qualche emolumento a parte lascino di fare il debbito loro, crederei che potesse forse giovare il deliberar all’incanto et al più offerente di volta in volta subbito doppo publicati li arenghi il debbito delli condennati contenuti in quelli contro alli quali, procedendosi immediate all’essecutione, non vi mancheriano di quelli che lo eleveriano con qualche raggionevole avvantaggio né riusciria ciò di danno a poveri, poiché di questa maniera pagheriano una volta sola, che così è facil cosa che contribuiscano più di una volta et resti tuttavia il debbito aperto, oltreché non essendo mai le condanne equivalenti alle colpe, ma di molto inferiori, non vi sarebbe pericolo che restassero soverchiamente aggravati. Questa difficoltà adonque della essatione è la prima causa della miseria di questa cassa, della quale non è minore quella che refferirò adesso et è che essendo stato per benignità publica concesso alle rei condennati absenti peccuniariamente, come si costuma di fare nelli casi di furti di animali et di qualche rissa di non molto momento, habilità di quaranta giorni doppo la publicatione delli arenghi di poter venir a diffendersi, abusando quelli della gratia nel spatio di questi giorni si accommodano con li offesi et le danno sodisfatione per li furti commessi, onde facendo poi le loro diffese il querellante che è sodisfatto non risponde, sicché provano ciò che vogliono senza veruna difficoltà et convengono restar assoluti. Io per oppormi alla loro malitia ho terminato che tutti li processi di questa natura dovessero esser veduti dall’avocato fiscal per l’interesse della camera né potessero esser ispediti senza il suo intervento, ma niente ha giovato, perché chi non ha interesse non si può indur a far la fatica et quando è acquietata la parte offesa difficilmente si può venir in cognitione delle insidie che sonno tese alla giustitia. Altri che con tutto che sieno accommodati con li querellanti non possono fuggir il castigo per esser troppo giustificata la colpa, piantano una diffesa in processo, con la quale impediscono l’essecutione della sententia né vi essendo parte contraria che procuri l’espeditione, resta sopito il caso et questo occorre in tutti quelli che sonno più grossamente condennati et sonno più commodi, curandosi pocco o niente li mendichi et li miserabili di esser o pocco o molto condennati. A questo si potrebbe provedere, quando che fosse assignato tempo prefisso di un mese o pocco più a questi tali che pretendono diffendersi in virtù della gratia dell’eccellentissimo Senato, di far ispedir li processi doppo la loro comparatione, il qual passato s’intendesse poi la sententia irremissibilmente confirmata né sarebbe forse fuori di proposito l’obligarli a venir personalmente alle forze della giustitia senza poter esser admessi per procurator et senza poter haver habilità di partirsi dai luochi assignatili, perché di questa maniera conveniriano procurar di esser ispediti come al presente lo riccusano. Il terzo pregiudicio che ricceve questa cassa è delle appellationi che sonno interposte a Corfù delle sententie che non transcendono la summa di cento ducati che sonno, si può dir, tutte dove non vi essendo chi tratti le raggioni della giustitia restano sempre tagliate, sicché bisogna o restar di far l’essecutione o restituir il dinaro, quando anco di già fosse stato riscosso. Quello che io stimo che si potesse fare in questo proposito sarebbe o che fosse assegnato qualche salario ad alcuno de quelli avvocati da Corfù cavato da questa medesima cassa acciò deffendesse le sententie del reggimento di Ceffalonia in appellatione overo che dovesse haver portione di quelle condanne che restassero confirmate mediante il suo patrocinio et quando ciò non potesse bene, almeno fosse commesso al reggimento di Ceffalonia di mandare a Corfù insieme con li processi anco la informatione del caso in scrittura, come si costuma di fare alli eccellentissimi Consegli di 40 da tutti li rettori, la qual fosse veduta et letta et posta in quella consideratione che paresse al giudice di appellatione. Quando fossero levati questi abusi, mi rendo certo che questa cassa che hora non può supplir al solo pagamento del salario del reggimento potrebbe commodamente bastare et per quello et per molte altre spese che sarebbe raggionevole che si facessero di questo dinaro et particolarmente vi restarebbe dinaro di raggione delli tre ottavi applicato alli accommodamenti delli palazzi, alloggiamenti di soldati et altre fabriche publiche alla ruvina, delle quali, quando non sia proveduto, conveniranno in breve precipitare, non havendo io potuto per il mancamento di questo dinaro riparar manco le scose neccessarie, nonché attender alle utili et commode.
Quanto a spese supperflue io non cerdo che ve ne sia alcuna, poiché tutte furono rissecate dall’eccellentissimo signor procurator all’hora provveditor general Pasqualigo. Potrebbero ben molti di quelli che hanno le loro provisioni in camera esser più diligenti et più assidui nell’adempir li loro oblighi con maggior sodisfatione de rappresentanti.
Non cerdo manco che si potessero accrescer l’entrate publiche senza novo aggravio de sudditi. Solo sarà neccessario et per commodo dell’isola et per non lasciar perder al publico l’entrata di qualche centinaro di ducati all’anno procurar di far accomodar quelle saline che sonno nell’intimo recesso del porto di Argostoli, le quali per la morte del conduttor de quelle sonno andate a male, il che seguirà facilmente quando si rissolva la Serenità Vostra di permetter che sieno affittate per lunghi anni, poiché convenendo chi se ne vorrà ingerire far grossa spesa non potrà rissarcirsene se non in longhezza di tempo.
Oltre li debbitori de datii vi sonno in camera molti altri debbitori per ricognition di investiture di terreni havuti et da loro non pagate et sebbene potriano esser dinontiati et privati de loro possessi, stante le parti in questo proposito che volesse, però, rigorosamente essequirle priveria gran parte di quei cittadini de loro beni. Onde se paresse alla Serenità Vostra di dar habilità de sei mesi a tutti li debbitori di questa raggione di dover saldar le loro partite, passati li quali s’intendessero decaduti delle investiture, crederei che si dovesse riscuoter qualche summa di dinaro, sebben non di molto momento et si conserverebbe il publico in quel possesso di superiosità et di dominio, dal quale pare quasi che sia decaduto.
Oltre l’entrate dette di sopra vi è il datio della nova imposta per le uve passe che si estraggono per Ponente, così di Ceffalonia come dal Zante, et è affittato unitamente per 36.000 et cento ducati all’anno, come per li capitoli delli illustrissimi signori Cinque savii alla mercantia inviatimi. Ho veduto nelli quali vi è anco registrata una parte dell’eccellentismo Senato, per la quale il dinaro de questo datio si vede esser stato applicato alla camera di Corfù, ma non havendo io in mio tempo havuto alcun ordine publico di inviarglelo lo ho lasciato in quella camera dove tuttavia si ritrova et al partir mio era intorno a 10.000 ducati. Et perché il negotio delle uve passe di questo anno ha preso quella mala piega, che è notto a tutti, ritrovandosi sino al mese di maggio buona quantità di robba in Ceffalonia né vi essendo alcuna richiesta et correndo pericolo sopravenendole il caldo di guastarsi, si rissolsero molti di quelli interessati di nolleggiar un vassello, come fecero al Zante per Ponente, inviandola a quella volta per conto loro, ma perché l’isola si trovava in tanta stretezza di dinaro che non si può esprimer né havevano modo di far il deposito in camera conforme alli capitoli per il datio, presentorno perciò li dacieri una scrittura al reggimento, per la quale esponendo le cose predette supplicavano di poter caricar loro et lasciar caricar ad altri sino alla summa di 250 migliara di uva passa incirca con habilità di far il pagamento del datio con un pocco di commodità di tempo, per il che creduta da noi la scrittura et conosciuto il danno che soprastava così alli datieri come agl’altri et considerato che potesse riuscir di più servitio che danno publico facilitandole l’essatione del datio, le permettessimo il caricar la summa sudetta habilitandoli al pagamento del datio per tutto il mese di agosto, al qual tempo mi assicuro che sarà dato compitamente fatto. Questa summa sarà di 3.000 ducati o pocco meno, che aggionti alli dieci mille che sonno di già contati faranno tredici et al Zante, per quanto mi hanno affermato li datieri, erano stati contati altri 20.000 ducati che sonno trentatre. Il supplimento poi delli 3.000 et cento pensavano loro che potesse esser stato contato in questa città, ma in ogni caso si mostrano prontissimi a farne l’esborso immediate. La causa mo’ perché sia stata contata maggior summa in camera del Zante che di Ceffalonia se li datieri habbino o perso o guadagnato nel datio quest’anno, con qualche altro particolare intorno a questo negotio che è il fondamento dal quale dipende il ben esser di quelle isole et di Ceffalonia particolarmente, dirò un pocco più a basso bastandomi anco il detto fin qui quanto alle cose di quella camera.
Io ho goduto, gratie a Dio, tanta abondanza di grani così nell’isola come del paese vicino di terraferma, che ho havuto pocco bisogno di far grosse provisioni di biave, onde questo pocco capital del fontico con qualche centinaro de reali appresso, che io le ho somministrato, mi ha sempre commodamente provisto, ma quando le raccolte andassero diversamente et nascesse qualche disconcio che impedisse il traffico della terraferma, si troverebbe quel reggimento a stretto partito né haverebbe così facile il modo di supplir al bisogno di quei habitanti. Tutti li debbitori hanno bene, ma se li cittadini voranno continuar nelli loro rispetti et astenersi dal comprarli, credo che difficilmente potrà esser reintegrata quella cassa.
Né devo tacere che quando anco havesse portato l’occasione di far grossa provisione di biave, mi erano stati offerti delli migliara di tolleri et particolarmente dal signor Giovanni Cimera che è cittadino principalissimo et molto ricco per questo effetto, onde vivevo con l’animo riposato, sebben il bisogno non l’ ha poi riccercato.
Devo passar a dir qualche cosa delle confusioni, abusi et inconvenienti della cancellaria, che per dir il vero sonno tali et tanti, che per me credo che non sarà possibile regolarli se non con longhezza di tempo o, per dir meglio, con la mutatione di quasi tutti li ministri et gran parte delli ordini instituiti per benignità publica a favor delli rei sonno abusati dalla malitia degl’huomini a notabilissimo preggiuditio della giustitia, come ho tocco di sopra in parte. Et quanto alla fedeltà delli cogitori del paese si può con fondamento dubbitare quasi di tutti e per me tengo certo che non vi sia processo così importante, che non sia palesato alle parti et sebbene li processi di questa natura ho io sempre raccommandati alla custodia del cancelliero et vicecancelliero, che ho condotto meco da Venetia, huomini della professione molto prattichi et isperimentati per fedeli, tuttavia convenendosi loro valer della interpretatione nell’essame de testimonii et nelli constituti delli rei di persone del paese, non solo si può tener che le depositioni sieno rifferte diverse dal vero, il che se succede in Fortezza et in cancellaria pensino l’eccellenze vostre quello che deve occorrer, quando sonno mandati li cogitori fuori per l’isola a pigliar li constituti delli offesi et ad essaminar così a diffesa come a offesa quelli testimonii che per impotentia non possono venir in Castello, che pur è neccessario di permetterlo molte volte, nel che, però, io son andato quanto più risservato è stato possibile. Mi vien affermato, inoltre, che alcune volte pigliano le depositioni in schizzo et poi le estendono a loro commodo, per non dir a compiacenza delle parti, et che faccino apparer depositioni immaginarie nelli processi, delle quali tutte cose, così come stante la malitia in universal della maggior parte delli huomini del paese, si può haver raggionevol sospetto. Così non mi è stato mai permesso di venirne in tanta cognitione che sia stata bastevole per far quella essemplar dimostratione che haverei voluto, et sebbene è disposto per ordine dell’eccellentissimo signor general Pasqualigo che li cogitori debbano esser admessi con l’informatione de sindici, niente giova, perché sempre li sindici commendano quelli a’ quali sonno più congionti di sangue o da quali possono sperarne favor maggiore per li loro interessi et per li loro clienti, essendo per la maggior parte avvocati et che precedentemente hanno atteso alla cancellaria et è facil cosa che sieno stati macchiati delle medesime note, oltreché così pocchi sonno quelli che habbino qualche attitudine al carico, che è neccessario valersene in ogni maniera. Si aggionge che la cancelleria è sempre ripiena di putti, che si essercitano nel far copie et sonno figlioli delli principalissimi cittadini del luoco, a’ quali pare che l’incaminarli nella cancellaria sia il darle il ben esser né si avvedono che questa è la strada di farli compitamente tristi. Rubbano li processi a compiacenza d’altri, sbregano le carte dai libri et fanno ogni altra tristezza. Più volte il mio cancelliere li ha scacciati et se ne è doluto meco con le lacrime agl’occhi, ma avvedutosi che di questa maniera si rendeva odioso a tutti, parendo a loro che le fosse levata l’occasione di poter ben allevar li figlioli, li ha tollerati et io ancora ho serrato gl’occhi a questo disordine che non è certo il maggiore degl’ altri.
É ordinato dall’eccellentissimo signor Pasqualigo, et così viene osservato, che conforme all’antica consuetudine di questo paese sieno mandati per le ville li mandati per dar notitia alle case delli rei di esser stati proclamati, che è effetto di gran carità, acciò non possi alcuno per ignorantia rendersi absente, ma la malitia degl’huomini ne fa da ciò provenire altretanto preggiuditio della giustitia, perché convenendosi mandar li mandati alli contestabili per haver la relatione della essecutione o che quelli a chi sonno consignati alle volte non gle li portano o che li medesimi contestabili, che per il più sonno parenti delli rei essendo tutte le ville delli medesimi parentadi, anziché da quelli prendono il nome, li trattengono per molto tempo et di questa maniera danno alli rei quelli termini che forse non otteniriano dalla giustitia et se si vuol proceder contro di loro per la transgressione bisogna mandar a loro ancora li mandati, il che patisse il medesimo contrario et così d’uno in uno in infinito. So che in altri luochi di maggior territorio di questo si accostuma di publicar semplicemente li proclamati alli luochi soliti et tanto basta. Si potrebbe anco far che fossero publicati nelli giorni ordinarii delle audientie così delle pertinentie vicine come delle lontane, remossi, però, i casi gravi nei quali chi è colpevole o sospetto di colpa non è dubbio che non resti avisato, ma se si facessero poi alle colonne del palazo, crederei che fosse quel più che si potesse fare a favor delli rei levando insieme qualche parte del danno che al presente ricceve la giustitia.
La vendita delli pegni, che ordinariamente si fa così per l’officio della cancelleria come della camera fiscal, segue con tanto preggiuditio de poveri, che è cosa lacrimabile et questo rispetto mi ha fatto alcuna volta andar trattenuto nel procurar l’essatione de debbiti di condanne o d’altro da poveri vedendo la loro ruvina, vendendosi ben spesso quello che vale dieci per uno, come è verissimo, mi viene anco detto et purtroppo lo credo, sebben non ne posso haver giustificatione, che li pegni migliori non vengono incantati, sebben sopra il libro si fanno apparer le note degl’incanti, ma sonno secretamente deliberati a chi vuole il venditore et quando il povero debbitore crede col pegno toltoli haver sodisfatto al debbito, viene pegnorato di novo con nova spesa et con suo esterminio. Io più volte ne ho fatto conscientia alli sindici della communità, che si mostrano in apparenza molto zelanti del ben de poveri, sebben in ristretto pocco ci pensano et li ho sollecitati a riveder spesso li libri et li pegni medesimi, che capitano in officio et contentarsi anco vicendevolmente di assister alla vendita di essi. Conoscono loro il male et lo confessano et affermano esser neccessaria la provisione, ma se ne scordano et attendono alli loro interessi essendo verissimo che chi non ha interesse o di utile o di odio o di amore non si move mai a far cosa alcuna et spesso si vagliono di quello che possi haver apparenza di bene per riddur a fine li loro pensieri, ma sarà, però, neccessario che la vendita de pegni segua alla presentia di persona fedele che non saprei mo’ quale potesse essere.
Si è introdotto anco un’altro abuso che sotto pretesto di povertà delle parti molti si vagliono de processi autentici per far le loro diffese et per fuggir la spesa delle copie et così anco nel civile per far le scritture et risposte neccessarie, da che nasce che si smariscono li processi et vengono da quelli estratte le scritture con notabile preggiuditio della giustitia et delle parti. Io, però, crederei che ciò non si dovesse fare se non in caso di persone miserabili, conosciute tali dal provveditor, et con sua licenza sottoscritta di propria mano, dovendosi tener nota di quelli a’quali fossero consegnati, li quali dovessero in ogni tempo renderne conto. Ma perché li disordini della cancellaria sonno così multiplici che chi volesse metterli in carta farebbe scrittura troppo tediosa, basterà a me d’haverne toccato queste pocche cose et repplicare quello che ho detto di sopra, che il rimedio doverà seguire con longhezza di tempo et esser isperimentato piùttosto con la prova de varii ordini che corretto con una sola terminatione, ma quando il reggimento non haverà modo di far rittener li inditiati et sospetti di questi mancamenti et di tenerli in preggion secretta per passar con loro a quei termini che si conviene nelli delitti occulti, riuscirà vana ogni fatica et innutile ogni provisione, il che mi ha fatto astener dalle novità che haverei potuto introdurne.
Hora devo dir alla Serenità Vostra alcune pocche cose intorno alla militia, così da piedi come da cavallo, che si rittrova sopra quell’isola. Vi sonno adonque nel castello di Ceffalonia doi compagnie di vinti fanti l’una sotto li capitanii Lunardo Bottigliero et Marcello Pace, huomini nella loro ptoffessione compiti, il qual numero è ben sufficiente per le fattioni ordinarie, ma di niente sopraabondante. Questi sonno in gran parte casalini et alcuni anco Greci dell’isola né si può far di meno di permetterli, perché, sebben li capitanii vengono con le loro compagnie ad ordine, quando per qualche accidente o di morte o di fuga o d’altro ne manca alcuno, essendo l’isola fuori di mano et capitandovi pocchissime volte forastieri, non hanno modo di rimetterne d’altri che delli detti di sopra et chi volesse rigorosamente vietarglielo conveniriano restar vacue le scintinelle et diffettivo il servitio, non vi essendo pur un soldato d’avvantaggio. Si fa anco la difficoltà maggiore nel rimettere forastieri essendo pagata questa militia a sole dieci paghe all’anno, dove che nella fortezza di Asso sopra la medesima isola sonno pagate le compagnie a mese corrente, che è di dodeci paghe all’anno.
Vi è il governator della strathia che ha sotto di sé tredeci capitanii et sessantasei soldati provisionati, oltre li decimali che sonno intorno a’quaranta. Hora si ritrova a quel governo, mandatovi dall’eccellentissimo Senato per modum provisionis, il capitan Zorzi Scliri in loco del fratello che serve al presente con una compagnia de soldati capelletti in terraferma. Questo capitò pocchi giorni prima che io mi partissi da quel reggimento et voglio creder che servirà honoratamente la Serenità Vostra, come ha fatto in tempo mio il governator Thomaso Thomaseo, conosciuto da me ardentissimo nel servitio publico et desiderosissimo di adoperarsi in qualsivoglia più importante et pericolosa fattione. Ben è vero che nel carico che egli ha havuto in Ceffalonia né lui ha potuto né altri che havessero la medesima prontezza di volontà potrano ottenere l’intento loro, perché essendo li soldati di quella strathia tutti paesani et nati nell’isola, sebben hanno origine da benemeriti che nelli travagli della Republica han perso et la vita et le facoltà servendo, hanno li loro beni sopra di quella et per il più attendendo alli privati loro interessi trascurano il servitio publico et al governator che è persona forastiera portano pocco rispetto et prestano pocchissima ubidientia, perché non essendosi mai partiti dalle loro case manco sanno quali sieno li termini debbiti a buon soldato et quanta l’ubidientia che si deve prestare ai suoi capi né può il governator che è per il più povero cavalier et privo di dipendenze metterle freno, onde di questa soldatesca pagata al sicuro il terzo per non dir la mettà non fa le fattioni né presta altro servitio che di tener il cavallo, che è raggionevolmente buono. Si aggionge che le compagnie sono così mal compartite, che tre o quattro di quei capitanii non hanno più che un soldato sotto di loro, onde si rendono inutili ad ogni servitio et questo nasce perché dove prima vi era numero molto maggiore di soldati decimali, questi furono dall’illustrissimo signor Agustin Canal, che sia in cielo, all’hora provveditor dell’armata, di ordine publico regolati lasciando solamente alcuni poveri Modonei per non privarli di questo pocco trattenimento che non è altro che di soli 24 quarte di orzo et otto di formento all’anno, che le viene contribuito dalli datieri delle biave, il qual ressiduo di decimali ancora doverà di breve cessare, poiché mancando alcun di loro non ve ne può esser sustituito un’altro, onde con la morte di quelli che servono al presente resterà estinta questa banda di cavalleria. Molte delle compagnie erano ripiene di questi et havevano pocchi provisionati, per il che questa regolatione ha causato la disugualità del numero delle compagnie. L’obligo di questa cavalleria è di guardar dalla invasione di corsari che ben spesso sbarcano sopra l’isola et fanno qualche priggione quelle pertinentie che di mese in mese le sonno assegnate, massime l’estate, in custodia dal provveditor et sonno tenuti di visitar ogni notte le guardie che per il medesimo effetto si fanno, ma così come la provisione è più che neccessaria così viene malamente essequita. Vanno anco li medesimi ad assicurar li dinari che ogni mese si mandano alla fortezza di Asso per il pagamento di quel pressidio, dove sonno tenuti di andar sei per volta per ordine lasciato dall’eccellentissimo signor Pasqualigo, nel che si prova la medesima disubidientia che nel resto et ho convenuto più volte far pagar altri che suppliscano al diffetto delli ubligati, ritenendo poi il dinaro alli disubidienti dal suo quartiero non senza qualche loro mormoratione per la relassatione, in che vivono da molto tempo in qua. Spende la Serenità Vostra nel pagamento di questa militia circa cinque mille reali all’anno, oltre all’essentione del formento et orzo alli decimali et pocco meno che inutilmente, ma così come non sarebbe forse buon consiglio il privarsene affatto né la benignità publica per aventura vi ascentirebbe, così potrebbe esser a proposito per riddurli a coltura il farli passar in Italia o altrove dove più ricercasse il bisogno publico, sustituendo per qualche tempo al suo luoco un’altra banda di capelletti che prestano il medesimo servitio a che sonno loro tenuti, che di questa maniera imparando quello che hora non sanno, che è di servire et ubidire, si renderiano servitori più fruttuosi di Vostra Serenità et molti per non abandonar la famiglia et la patria rinontieriano il stipendio, il quale potrebbe esser applicato ad altri che più debbitamente lo godessero. Sopra di che potrà la Serenità Vostra fare quella rifflessione che stimerà più oportuna.
Sonno rolati nell’isola mille soldati di cernide sotto doi capitanii, gente tutta buona et atta al servitio et che prontamente concorse ad esser descritta per liberarsi dall’obligo delle angarie et della galea nelle occorenze, ma malissimo essercitata non per mancamento delli capitanii, che certo ho conosciuto diligentissimi, ma parte per la inobedientia ordinaria, per la quale restano di andar alle mostre quando sonno ordinati, ma molto più per mancamento di arme, poiché fra mille soldati non vi sono certo trecento archibbuggi che si possino adoperare, onde vengono alle mostre con la spada in luoco d’archibuggio sopra la spalla né possono riccever quella disciplina che sarebbe neccessaria. Io so d’haver dato conto di questo bisogno con mie lettere alla Serenità Vostra fino dal principio del mio reggimento, come fece anco l’illustrissimio mio precessore, ma non è mai comparsa la provisione. Hanno servito in mio tempo per capitanii sopra queste ordinanze prima li capitanii Giovanni Corso et Giovanni Battista Grilli, tutti doi buoni soldati et buonissimi servitori di Vostra Serenità, a’ quali hanno già alcuni mesi datto luoco li capitanii Anibal Angelini et Rimondo Boldù, che dimostrano divotione non inferiore alli primi et so che compliranno molto bene all’obligo loro. Haveva la sopraintendenza così di queste ordinanze come di quelle del Zante il kavalier Andrea Chelmi, huomo et per le honorate operationi fatte da suoi maggiori in servitio publico et per li servitii da lui prestati molto benemerito della Republica; questo pocchi di prima che io partissi dal reggimento mancò di vita et ha lasciato un solo figliolo di pocca età, che a suo tempo meriterà di esser abbracciato dalla munificenza publica. Fui ricercato di sustituir al suo luoco il capitan Dimitri Clada che ha una di quelle compagnie di cavalli, di fameglia benemerita, quanto può esser ben noto a molte dell’eccellenze vostre et sogetto per le proprie sue conditioni molto honorato. Io, però, non ho voluto farle alcuna elettione, perché essendo stato questo carico non prima concesso ad altri che al già kavalier Chelmi, non mi ha datto l’animo di poter penetrare qual potesse esser la volontà publica nel continuarlo et qual conditione di sogetto pensassero questi signori capitani di volervi applicare, bastandomi solo l’haverle con verità attestato le degne qualità del sogetto che meno haveva fatto l’istanza.
Vi sono anco alcuni pocchi bombardieri sotto il suo capo che è un tal Giovanni da Nicossia, huomo vecchio et quanto più si possa dir ardente nel suo servitio, non restando egli di essercitar con ogni suo spirito li scolari a’ debbiti tempi. Questo serve anco per monitioniere et per dir il vero custodisse con accuratezza et diligenza esquisita quelle pocche armi et monitioni, che le sonno raccommandate, mancano, però, molte cose neccessarie, delle quali darò memoriale, acciò ne possi esser fatta la provisione et inviata con quella commodità di vasselli, che porterà l’occasione.
Per il nutrimento della militia et di altri provisionati sono in obligo li conduttori delle decime delle biave di far introdur in fortezza nelli magazeni publici, a questo destinati, tutto il formento et orzo da loro decimato, nel che si prova grandissima difficoltà né vi è così facile il rimedio, poiché o niuno o pocchissimi sonno quelli che raccolgono tanta biava che le possi bastar per il suo vitto per tutto l’anno, onde l’haver a privarsi di quel grano che hanno raccolto dalle sue fatiche per dover poi provedersene dalla terraferma che produce robba et di bontà et di bellezza molto inferiore, quando anco non vi concoresse altro rispetto, le riesce gravezza grande, ma si aggionge che quanto più l’huomo è inobediente et si mostra più renitente ad introdur le sue decime tanto viene a riccevere in luoco di castigo premio et mercede, perché è disposto per li capitoli del datio, et così si osserva, che quelli che restano di introdur le loro decime nelli magazzeni non possino esser astretti dalli dacieri, quando vanno per l’isola a riscuoter li ressidui, a maggior pagamento che in raggion de 24 aspri la quarta il formento et 12 l’orzo, come si vende nelli medesimi magazzeni, che é prezzo limitato et che non può mai esser alterato né diminuito. Hora, sebben li debbitori inobedienti vengono pegnorati, sebben se li vendono anco li pegni, vengono nel tempo delli otto giorni che hanno di habilità a riscuoterle et con tutte le spese della pegnora et della vendita delli pegni, che importerà poi circa doi aspri per quarta, vengono ad esser avvantaggiati almeno di un terzo et qualche volta del doppio per la differenza che vi é dal prezzo delli magazzeni a quello dell’isola. Vi é di più, che li compagni del datio, come ho accennato di sopra, per questo rispetto principalmente entrano carratadori in esso et si contentanno che sia elevato a prezzo molto alto, perché andando a decimar in campagna si trattengono fuori le migliori partite per valersene per loro uso o per disporne a proprio commodo, restando le partite più tenue et di persone più povere et per conseguentia più difficili per far introdurre. Io ho usato ogni possibile diligentia intorno a questa introduttione et il primo anno, come che li reggimenti da principio sonno sempre più rispettati che nel fine, ve ne é entrata quantità sufficiente al bisogno et tanta di avvantaggio, che al tempo della Quadragessima, quando l’isola si trova in maggior strettezza, ha potuto supplir per esser dispensata a’ poveri al prezzo basso, che é ordinario delli magazzeni, con molta loro sodisfattione. Il secondo anno, poi, con tutto che la raccolta sia stata molto abondante, per diligentia usata da me non ho potuto farne entrar se non summa di molto inferiore all’anno precedente. Tuttavia, per l’abondanza della raccolta et dell’isola et della terraferma non si é sentita alcuna strettezza, anzi si é goduto compita abondanza et commodità. Questa introduttione di biave é più che neccessaria, et chi rallenterà niente il freno correrà un giorno pericolo di sentir qualche grande incommodo. Io, però, crederei che fosse bene il statuir qualche premio et qualche castigo respettive alli ubidienti et inobedienti. Il premio potrebbe esser, che quelli che introducessero le loro decime per tutto il mese di luglio potessero trattenersene un terzo o almeno un quarto appresso di sé, pagandolo alli dacieri alli prezzi limitati, et quelli che non le conducessero nel tempo predetto dovessero esser astretti al pagamento di quelle in raggion di tre quarte al reale l’orzo et il doppio il formento, che é prezzo quasi ordinario dell’isola, del quale l’invernata quasi mai vale manco, dovendo, poi, il tratto di questo dinaro esser impiegato in tanti formenti o dalli provveditori del fontico o da altri con la sopraintendenza del provveditor per supplir al diffetto delli magazzeni et quello che sopraavanzasse al bisogno restar applicato o al fontico o a chi meglio paresse alla Serenità Vostra di ordinare, non includendo, però, nell’ obligo di questo pagamento quelli che fossero decimati fino a doi quarte di orzo et una di formento, che per il più sonno persone povere, le quali non conducendo le loro decime non doveriano manco esser astretti a maggior pagamento che dell’ordinario, ma soprattutto é più che neccessario l’impedir che li datieri non si trattenganno fuori le biave per conto loro o mandandoli debbitori in camera di quanto si havessero trattenuto alli maggiori prezzi che corresse la biava nell’isola o procedendo contro di loro a castigo per via criminal o di quel modo che fosse stimato più opportuno. Era prima costume che uno delli signori consiglieri andasse fuori per l’isola per questo effetto, ma ciò fu prohibito dall’eccellentissimo signor Pasqualigo non stimando bene che li popoli potessero perciò sentire alcun aggravio, al quale per neccessità convenivano esser sottoposti con quella occasione. Tuttavia, li conduttori medesimi delli datii, alli quali mette conto che le decime entrino, per haver più facile et più pronta la essatione del dinaro hanno alcuna volta ricchiesto che a loro proprie spese andasse fuori il medesimo consigliero, come é successo et ha partorito buon effetto, ma in tempo mio non é stata fatta l’istanza, onde non ve ne é andato alcuno, ma come ho detto più avanti non ne ho havuto manco bisogno. Se havessi potuto haver nelle mani alcuno delli inobedienti principali, lo haverei volentieri castigato per esempio d’altri, ma se si proclamano restano absenti se si bandiscono stanno a casa et pocco si curano, onde anco in questo ho stimato manco male et manco preggiuditio alla riputatione del reggimento il dissimulare, come ho fatto in molte altre cose.
Queste medesime difficoltà si provano nelli introduttioni delle decime nella fortezza di Asso, per quattro pertinentie a quella obligate, che sono Pillaro, Erisso, Thinea et Atthera, non ho, però, io mancato in mio tempo di ogni diligentia possibile et ho fatta introdurne ogn’anno tanta portione quanta é stata introdotta sotto li reggimenti precessori con qualche cosa d’avvantaggio, come dalli libri di quel monitioniere si può vedere.
Ma, poiché son estiatto a raggionar di quella piazza, ne dirò alcune pocche cose. Li primi mesi del mio reggimento fui a visitarla et viddi li ordini lasciati dall’illustrissimo signor Agostin Da Canal, all’hora provveditor dell’armata, che la visitò di ordine dell’eccellentissimo Senato, tutti, per dir il vero, molto importanti et altretanto neccessari et diedi con mie lettere riverente conto a Vostra Serenità, così di quello che era stato operato dopo il suo ordine come di quello che restava, et Le aggionsi che molte cose di molto momento si haverebbono potuto fare et con pocca spesa et con brevità di tempo, le quali chi havesse voluto aspettar di effettuare con quel’ordine che erano state disposte vi si saria interposta molta longhezza. Onde da Vostra Serenità mi fu commandato molti mesi dappoi che dovessi far attender a quelle che più havessi stimato importanti et di più urgente neccessità, per il che, quanto prima mi fu permesso et dalla staggione, dell’invernata et da certi indispositioni, dalle quali ero aggravato, quando mi capitò l’ordine mi son conferito in quella fortezza dove havendo diligentemente osservato tutto ciò che mi fu fatto vedere et mi fu considerato da quel eccellentissimo signor provveditor, da quelli signori governatori et capitanii et da quell’ingegnero et altri della professione, ordinai alcune cose, parte de quali si sonno di già effettuate et riescono molto bene per quanto son restato avisato da chi le ha vedute, non havendo io havuto altro commodo di andarle a vedere doppo l’ordine lasciato et le altre si saranno andar facendo et riducendo a fine con la diligentia di quel clarissimo signor provveditor che nella cosa delle fabriche particolarmente mostra intelligentia non mediocre et usa diligentia singolare. Ordinai particolarmente la fabrica delli magazzeni per la custodia delli prestamenti neccessarii per la fortezza, come per la medesima lettera dell’eccellentissimo Senato mi veniva espressamente commesso et crederò che a quest’hora vi sarà stato messo mano, ma sarà neccessario l’inviar de qui la ferramenta et il legname, poiché de lì non si potria havere se non con somma difficoltà et a prezzi ingordissimi, anziché sarebbe neccessario che così a Asso come a Ceffalonia vi fusse sempre qualche quantità di tavole et qualche travo mandato da Venetia, perché il comprarlo riesce di danno almeno di un terzo, per non dir della metà, oltreché la robba é sempre manco che mediocre. Mi son allontanato negl’ordini di queste fabriche quanto manco ho potuto da quelli che furono già lasciati dall’illustrissimo signor Canal, come dalla polizza che appresento potrà la Serenità Vostra vedere, havendo io stimato di non poter prender errore con accostarmi al parere di sogetto che era da me stimato di tanta intelligentia et sapere.
Oltre alle cose ordinate vi seranno sempre nuove occasioni et di ripparar alla ruvina delle già fatte, comportando così il sito di quella piazza espostissima alli venti et alli terremoti et di far qualche altra cosa di novo, per il che é neccesario che di continuo sii somministrato dinaro a quel clarissimo provveditor dalla camera di Ceffalonia, il che causa la tanta strettezza di essa, dalla qual’ forse in parte sollevarsi, perché havendo io in conformità del ordine havuto dall’eccellentissimo Senato fatto far, sebben con qualche difficoltà, il tanto per il debbito che tiene quella communità con la camera per la promessa fatta alla Serenità Vostra, quando si dispose di fabricar quella fortezza, ne ho lasciato li libri all’illustrissimo signor Dolfino mio successore, il quale potrà farne riscuotere qualche buona parte et applicandola a questo solo servitio, come per lettere pur dell’eccellentissimo Senato vien ordinato, senza che la camera senta altro incommodo, far essequire in buona parte gl’ordini lasciati o quel di più che stimasse maggiormente neccessario.
Ho detto che le decime che si devono introdure in quella fortezza vi entrano con la medesima difficoltà che entrano anco nelli magazzeni di Ceffalonia per li medesimi rispetti che vi concorono. Le devo mo’ anco aggionger che, sebben quando viene fatta la introduttione delle biave decimate se non in tutto almeno in buona parte vi entra tanta biava che può d’avvantaggio supplire al bisogno di quella militia tra formento et orzo, non essendosi, però, mai accostumato di far mangiar l’orzo a’ soldati né potendo a gran gionta supplire il formento, é neccessario far riuscita dell’orzo per commutarlo in altretanto formento et perché non si può havere il formento se non a prezzo molto maggiore di quello che é l’ordinario delle decime, accioché li soldati non habbino a mangiare il pane più caro dell’ordinario, conviene far vendita dell’orzo con qualche avvantaggio, perché compesando con questo il discavedo che si fa nelli formenti non venghi la militia a sentir alcuna alteratione di prezzo, come può molto facilmente succeder. Si accostumav[i] avanti la visita dell’eccellentissimo signor Pasqualigo di farsi riffar dalla camera di Ceffalonia del discavedo che si era fatto nel far mangiar il formento a’ soldati a prezzo inferiore di quello che erano stati comprati, ma ciò fu espressamente proibito da sua eccellenza, ordinando che li formenti fossero venduti al prezzo che si compravano, ma siccome non era di raggione aggravar la camera di questo interesse, così potendosi col tratto delle predette biave applicate al viver di quella piazza far goder questo bene a quei poveri soldati che per il vero sonno miserabilissimi, credeò che sia conforme alla mente publica. Così si è fatto quest’ anno et così ne ho consigliato io quel clarissimo signor provveditor et riuscito con sodisfatione d’ogn’uno.
Vi si attrova un deposito di mille e cento stara di meglio della mala qualita, che sin da principio che io lo viddi ne avisai riverentemente Vostra Serenità né si poteva prender partito per riuscirne, essendole dall’illustrissimo signor Canal stato limitato prezzo tanto alto quanto o pocco più é corso il formento nell’isola. Li doi anni del mio reggimento mi fu commesso dall’eccellentissimo Senato che dovessi procurar di darlo in ogni maniera, rimettendo a me il limitarle novo prezzo et ogni altro particolare in questo proposito, ma l’ordine mi capitò a mezzo il mese di marzo, quando che pocco più di un mese manca alla nova raccolta degl’ orzi, onde non si puote manco pensar di farne essito, sebben, quando anco mi fosse venuto a tempo opportuno, difficilmente credo che havessi potuto adempir il commandamento impostomi, così per l’abondanza de grani che si è havuta come per esser il meglio biava non conosciuta et manco adoperata da quei popoli, li quali difficilmente si induranno a mangiarla, fuori che in tempo di molta strettezza, quando ne fossero accomodati in credenza non ho manco messo mano a farli crivelare, come da principio havevo pensato, et con le medesime lettere dell’eccellentissimo Senato fui eccitato a dover fare così per non vi esser né crivelli né ministri atti al servitio, come perché ho dubbitato che molta quantità e potesse andar a male, come certo sarebbe seguito se paresse, però, bene alla Serenità Vostra di rinovar il medesimo ordine all’illustrissimo mio successore, non potrebbe se non giovare et forse porterà l’occasione che trovi congiontura di eseguir la volontà publica, ma sarà neccessario farlo immediate per non lassar passar li mesi dell’invernata, nelli quali suole essere il bisogno di grani maggiore.
Alla cura delle anime di quella fortezza vi è un solo capellano, onde può la Serenità Vostra comprender quanti accidenti possino occorer, per li quali non possa egli nelle occorenze più importanti assister a chi ne havesse bisogno ne occorre pensar che possi esser somministrato aggiuto da altra parte, perché oltre di lui non vi sonno altri relligiosi di rito latino sopra quell’isola, fuori che in Ceffalonia che é lontana per trenta miglia di camino di strada asprissima et mal agevolissima, oltreché in Ceffalonia ancora, sebben vi sonno relligiosi a sufficienza, non ve ne sonno però d’avvantaggio, quello che io stimo, al pari degl’accidenti che possono occorer e che dovendo quel povero padre celebrar ogni giorno la messa non ha modo di ricconciliarsi con Dio per li suoi peccati se non viene a Ceffalonia, il che non può fare più che doi o tre volte l’anno, lasciando per tre o quattro giorni alla volta la fortezza senza capellano, onde se le accade cosa che aggravi la sua conscientia conviene o restar di dir la messa con scandolo o dirla forse con qualche aggravio dell’anima sua. Ho stimato mio debbito il metterlo in consideratione all’Eccellenze Vostre, le quali per loro prudenza et pietà se stimerano il raccordo meritevule di provisione gle la potranno applicare.
Ho fin qui discorso con brevità intorno a quello che ho stimato neccessario della notitia della Serenità Vostra, così intorno alla camera di Ceffalonia come alle militie da piedi et da cavallo dell’isola et della fortezza di Asso. Stimo hora non manco neccessario con la medesima brevità di andar toccando alcuni mancamenti communi et universali et alcuni diffetti di quel governo, che apportano somma molestia a quel reggimento et hanno bisogno di rimedio.
Io, per me, stimo sopra tutte le altre cose neccessario che sia proveduto a quel reggimento di corte raggionevole et atta a poter far le essecutioni neccessarie, non vi essendo al presente fuori che un cavallier, un vice cavallier et sei officiali, huomini del paese inettissimi et inutilissimi, de quali non si può valersi in altro che in mandarli a fare qualche essecutione civile et ben spesso in luoco delli pegni riportano dei pugni et delle bastonate. Hanno questi soli dieci ducati all’anno della camera et pocco guadagnano d’avvantaggio; pensino mo’ l’Eccellenze vostre di che conditione possino esser. Sonno in obligo aggiutar la corte nelle essecutioni criminali et civili ancora alcuni di una villa vicina al Castello, detti Troiani, che perciò sono anco essenti dalle angarie, ma questi piuttosto impediscono che coadiuvino li ministri, perché hanno sempre dubbio di inimicarsi qualcheduno et vivono con li loro rispetti, oltreché inclineranno sempre più a favorir li medesimi Greci che a prestar ubidientia alli commandamenti delli rappresentanti e tanto più quanto, che essendo fatti da qualche tempo in qua raggionevolmente commodi per il loro stato, molto mal volentieri prestano questo servitio et più volentieri che continuar in questo obligo si rissenteriano di qualche annua contributione anco de momento, la qual potrà in parte supplir al pagamento della corte che si dovesse tenere, senza la qual non si può certo sperare che si possi ben regger quei sudditi né che possino esser essequiti li ordini che fossero datti per questo effetto, la qual corte, per quello che ho potuto comprender, basteria che fosse di dodeci soli huomini buoni, forastieri, otto de quali col vice cavallier andassero fuori per l’isola et li altri col cavallier restassero nella Fortezza, prestandosi poi li uni a gl’altri quel aggiuto che richiedessero le occasioni. Questi sicuramente basteriano per tenir in obedientia quei sudditi che hora sonno inobedientissimi et quasi che non conoscono qual sia il prencipe che li domina, massime nella pertinentia di Erisso che è la più lontana, li popoli della quale più scandolosi de quelli del Thiachi [Ithaki] passano alcuna volta nel paese tuschesco, rubbuno gl’animali et gl’huomini con pericolo di quelle male conseguentie che possono l’Eccellenze Vostre considerare, che per impedirle et per castigar li delitti passati non potria riuscir se non di molto servitio publico il far ogni tentativo, acciocché alcuno di quelli, che sebben contumaci della giustitia et banditi per casi attroci se ne restano però alle loro case, sicuramente capiti nelle forze della giustitia et riccevendo nella vita il meritato castigo, serva per essempio ad altri di doversi astenere dalli eccessi fin qui commessi, il che tanto più gioverebbe alla quiete delli buoni et sicurtà loro quanto che il sanzacco che al presente ha il commodo di Santa Maura et è nativo del luoco, contentandosi di quel governo mostra desiderio di ben vicinare per dubbio di non esser rimosso, quando altrimente operasse et dalla Republica fossero fatti officii in contrario alla Porta. Tentò già alcuni mesi l’illustrissimo signor provveditor dell’armata la riccupera di certi poveri schiavi da Parga, che tuttavia si trovano a Santa Maura né la puote ottenere scusandosi quel sanzacco con dire che prettendeva di esser riffatto di certo dinaro da lui esborsato o fatto esborsar a quelli da Erisso per il riscatto di alcuni Turchi da loro rubbati, onde li poveri restano senza alcuna loro colpa nella schiavitù né par che vi sia altro rimedio che l’operare che il sanzacco resti rimborsato per il dinaro che ha speso. Io non dubbito che non fossero per condescender li colpevoli et banditi a questo esborso, quando sperassero che ciò dovesse giovar alla loro liberatione o almeno a sollevarli dal bando et commutarle la penna o in altrettanto servitio che potesse esser prestato da loro come operarii nella fortezza di Asso o in altro che più paresse alla benignità della Serenità Vostra, il che, per dir il vero, non sarebbe manco affatto fuori di raggione, perché non havendo loro nelle loro sententie obligo di alcun esborso di dinaro, non vi essendo stato al tempo dell’espeditione chi ne facesse instanza né la giustitia restava di ciò informata, conveniria che il dinaro che fosse da loro pagato le servisse a diffalco di penna, ma o per questa via di benignità o per quella più rigorosa del castigo, stimo più che neccessario il trovar qualche compenso a questo negotio et il far sapere a quell’illustrissimo signor provveditor la volontà publica et commetterlene l’essecutione. Quello che ho detto della temerità di quelli di Erisso, posso dir di tutto il restante dell’isola, perché, sebben non passano a terraferma a commetter li furti detti di sopra essendo più lontani da quella, se ne stanno, però, sebben banditi di gravi et repplicati bandi alle loro case senza timore et senza rispetto della giustitia, anzi dirò quel che par impossibile et pur è vero che niente si curano di esser liberati o presi in gratia da quelli che ne hanno la facoltà, come dirò pur adesso, perché mentre sono banditi non possono esser astretti ad alcuna fattione o angaria, commodi tutti dalli quali vengono a dicadere quando sonno ricconciliati con la giustitia et restano liberati dal bando, de qui nasce che quelli che hanno l’indulto di liberar li banditi invece di esser riccercati da loro convengono andar mendicando, chi si contenti di esser rimesso in gratia et per soli venti o venticinque reali al più si liberano li banditi di gravissimi bandi per casi enormi in brevissimo tempo, abuso troppo pernitioso al servitio publico, che riesce di pocca sicurtà alli buoni et di altretanta libertà alli cattivi di mal operare et che, sebben invecchiato nell’isola non sarebbe, però, da me stato né seguitato né tollerato, quando che col mostrarmi renitente non havessi conosciuto di fare piuttosto male che bene, ma haverei privato li benefficiati del commodo che ne riccevono et l’isola sarebbe restata più piena, che non si trova al presente, di gente bandita et scandalosa. É solito di concedersi quattro gratie all’anno a monsignor reverendisimo vescovo lattino, quattro al reverendissimo vescovo greco, quattro al prottopapa et altrettante al capellano del reggimento, che sonno le gratie più antiche et mai interotte. Se ne concede poi doi al medico della communità ad instantia di quella, le quali ben spesso diventano tre et quattro, poiché al presente ne cava così lui come gl’altri pocchissimo emolumento. Doi ne ha il governator della stratthia et altrettante il clero greco et oltre di queste si è introdotto di darne per elemosina alla scola del Santissimo Sacramento et a qualche altra chiesa o luoco pio, non havendo modo quel reggimento di applicar più un soldo di elemosina a qualsisia persona overo opera bisognosa. Essendo adonque tanti li benefficiati et curandosi così pocco li banditi di esser assoluti, si vanno facendo fortuna l’un l’altro né così presto vien fatta una signatura, nonché publicata una sententia banditoria, che si commincia a trattar o per dir meglio a disponer il bandito o voler esser tolto in gratia con tutto, però, che li rei habbino, si può dir, il campo franco di commeter ogni delitto, non si sentono se non pocche volte gravità di eccessi come homicidii, assassinamenti et spari di archibuggiate o cose di questa natura, perché, sebbene si può che non manchi loro la volontà essendossene molti di molto tristi et molto maligni, non hanno, però, nel male tanta rissolutione che li riduca se non rare volte a passar a questi termini. Saria non dimeno neccessario che fosse rimediato a questa tanta rilassatione et a questo inconveniente, ma convenirà prima che si facci la provisione della corte detta di sopra, altrimente ogni rimedio riusciria del tutto inutile et forse che de qui si potrebbe anco cavar tanto quanto bastasse per supplir al pagamento di quella, appresso a quello che dovessero contribuir li Troiani detti di sopra et se alli officiali che rittenessero o ammazzassero li banditi fosse datta qualche commodità, non dico di haver le taglie o di liberar banditi di tutto il stato, ma almeno delle doi isole di Zante et Ceffalonia, tanto meglio vi si potrebbono trattenere, che all’hora poi si potriano limitar le gratie così quanto al numero come quanto alla qualità di esse et tanto emolumento ricceveria uno da una gratia di bando di pocco tempo quanto al presente ne cava da una diffinitiva et più ne haveria il reggimento quella continua molestia che prova adesso, alla quale non può ressister, quando vedessero per isperientia li banditi esser rittenti et mandati all’essecutione delle loro sententie né multiplicheriano manco tanto, perché così come al presente ogn’uno si rende contumace né si cura di esser banditi, così quando vi concorresse il pericolo di esser rittento, venirebbe a mostrar la faccia alla giustitia et alle volte il castigo riuscirebbe di altro che di bando con più dignità publica et maggior freno de scandalosi. Sarebbe anco neccessario che un reggimento che ha il governo di un’isola così grande et tanto numerosa di popoli, havesse qualche priggione secreta et medesimamente il modo di andar altamente secretamente, cose che non vi sono al presente, onde si struppiano li processi che sonno sempre ripieni di falsità, delle quali, però, non si può venire in tanta cognitione che basti, essendo li spergiurii, le falsità, le calumnie et persecutioni fomentate da testimonii suggesti, delitti così familiari et così proprii dell’isola che non si può dir tanto quanto è in effetto né vi è alcuno che non lo confessi liberamente. Quello che dico delli testimonii, dico delle scritture, delli instrumenti et delli testamenti, che sonno prodotti in giudicio, a’ quali, sebben si conviene prestar fede, non è, però, che non resti ben spesso la giustitia ingannata et suvertita da raggione. Doverà perciò giovare la regolation fatta dall’eccellentissimo Senato intorno alla creation delli noderi, la qual nondimeno haverà bisogno di qualche particolar ordine laddove non vi è colleggio de noderi né modo di essequir quanto per essa viene ordinato, ma sarà più che neccessario l’escluder molti di quelli che essercitano il carico al presente, essendovene troppo gran numero et huomini ignorantissimi, tristi et venali, li quali per vilissimo prezzo si induriano a commetter ogni tristezza, essendo tutti stati fatti noderi con pocchissima ricognitione da alcuni che hanno certi privileggi imperiali, che Dio sa manco se sieno legali, potranno, però, l’Eccellenze Vostre dar quelli ordini che più stimeranno convenienti in questo proposito, assicurandosi di far grande opera di giustitia et di carità verso ai Suoi sudditi.
Mi fu commesso dall’eccellentissimo Senato che io dovessi far fare elettione di doi sopracomitti et avvertirli a dover star pronti per ogni occorenza che fosse potuto venire di armare et che dovessi anco far fare la descrittione de galeotti in modo tale, però, che non havessi datto perciò occasione di aggravio ad alcuno. Alli sopracomitti che sempre sonno eletti di cinque in cinque anni conforme agl’ordini lasciati dall’eccellentissimo signor Pasqualigo, feci intender la volontà della Serenità Vostra, da quali hebbi risposta che sariano ad ordine per armare, quando le fosse stato commandato, anziché il terzo che essendo posteriormente eletto restava escluso ne sentiva non pocco dispiacere. Sonno li sopracomitti eletti al presente li signori Giovanni Cimera, Alessandro Dallaporta et Toderin Crassan, li doi primi huomini vecchi principali del luoco, il terzo giovene eletto in luoco del padre, il quale essendo prima rimasto con gl’altri pocchi mesi doppo mancò di vita. Tutti tre sonno soggetti di molta commodità di fortuna et che potranno alle occasioni prestar fruttuoso et honorato servitio. Diedi principio al far la descrittione de galeotti, il che viddi dover haver molta difficoltà et causar grande confusione, poiché molti per liberarsene si accommodavano a servire questo e quell’altro, sperando col mezzo loro restar essenti. Altri sotto pretesto di negotio parravano al Zante et a terraferma et altri mi veniva affermato che si nascondessero alle montagne, onde per non dar occasione di danno et di disturbo ad alcuno, conforme all’ordine che tenevo, andai soprasedendo per aspettar novo ordine. Vedendo poiché il tempo passava molto avanti senza che mi fosse repplicata alcuna commissione né intendendo io che si inviassero a quella volta li arsili per armare, restai di continuare la descrittione per non far maggior motto, ma certo che quando l’occasione havesse portato che si fosse dovuto armare, haverei pro(...)to somma difficoltà et altretanta fattica né finalmente haverei potuto far il servitio compitamente bene, perché li più obedienti et li più pronti sarebbono stati li aggravati et li disubidienti si sariano absentati né si haveriano potuto havere che per fuggir questo inconveniente non sarebbe forse male il far anticipatamente una descrittione di galeotti, come si costuma nella Terraferma, la qual potrebbe farsi di doi mille buoni huomini, numero molto maggior del bisogno, che sarebbero sempre pronti ad ogni commandamento publico. Questa darebbe anco occasione di veder distintamente tutti li privileggi di quelli che prettendono esser essenti, che non si potrebbe fare così ad un tratto dove che al presente in questa parte ancora vi è molta confusione et sebbene dall’eccellentissimo signor Pasqualigo vi fu messo regola, volendo che quelli privileggi non fossero sottoscritti, che fossero stati fatti da rettori et non confirmati dall’eccellentissimo Senato, tuttavia restano gl’altri ancora in numero molto grande et sotto di un privileggio pretendono l’essentione le fameglie intiere, che sonno numerosissime, onde per fuggir ogni fraude si potrebbero far appresentar li privilleggi a tutti quelli che ne prettendono il benefficio et quelli che ben essaminati si trovassero validi farli registrar in cancellaria, escludendo tutti gl’altri per avenire et obligando il restante dell’isola alle fattioni et alle angarie. Né minore confusione haveria partorito et doverà partorire nell’armar le galee il molto numero di quelli che prettendono esser del Consiglio, perché chi vorrà essentarli tutti lascierà fuori più di cinquecento huomini delli migliori dell’isola et per la maggior parte marineri di professione et chi vorrà aggravarli non troverà modo di poterlo fare giustamente, perché essendo tutti del Consiglio egualmente non parerà raggionevole che resti aggravato il povero et sollevato il più commodo et quello che vestisse l’habito nero piuttosto che quello che vestisse il bianco o il turchino. Questo certo è negotio molto importante et che ricerca al pari di ogn’altro provisione, ma l’applicarvi rimedio che deve riuscir di sodisfatione et esser conforme al gusto non sarà così facile et haverà bisogno di qualche consulta né mi darebbe l’animo di poter aricordar cosa che non havesse mille contrarii. Mi basta dire che quando si riduce il Consiglio, non vi essendo in Fortezza stantia capace per il molto numero che vi concore, bisogna riddurlo nelle publiche stradde essendosi alcune volte contato fino a mille ballote. Hora pensi la Serenita Vostra qual regola possi trovarsi in una congregatione così numerosa di gente plebea et bassa dove ogn’uno sta in piedi, ogn’uno streppita et ogn’uno si fa lecito di introdursi et se li sindici o altri che habbino magistratto ne vogliono escluder alcuno, come che non sia solito venir in Consiglio, lo fanno il più delle volte per sue passioni più che sodisfar al suo carico né mancano a quel tale cinquanta persone che con suo giuramento attestano che egli sia del Consiglio quanto sia ogn’altro et sopra queste contese tumultuarie si passano l’hore et quasi le giornate intiere. Ma quello che riesse più scandaloso et insopportabile è che li concorenti alli ufficii con estraordinaria ambitione non lasciano cosa intentata per ottenere l’intento loro, cavalcano per l’isola facendo broglio con numero di parenti, donano, promettono, pregano et minacciano et infine nel medesimo Consiglio dalle porte delle loro case somministrano da mangiare et da bere alli ballotanti, onde ne ho veduto io alle volte alcuni fuori di senno senza poter star in piedi prima che partano dal Consiglio che dura li cinque et sei hore con incredibil nausa di chi vi pressiede, onde quanto li inconvenienti sonno maggiori tanto riccercano più neccessariamente il rimedio.
Si fanno ordinariamente le guardie per l’isola l’estate, come ho toccato di sopra, ma come tutte le altre cose passano con mille disordini così questa ancora non ne resta essente. Va la quadragesima il capitano del devedo, che è il capitano Giacomo Stramballi di fameglia benemerita et nobile di Cipro, che ha questo carico, intorno all’isola et con lui uno delli sindici della communità descrivendo quelli che sonno tenuti a far guardie. Se mo’ descrivano tutti li obligati o se ne lasciano fuori io non lo so. So bene che il numero delli descritti è di gran longa inferiore a quello che presupose l’eccellentissimo signor Pasqualigo, che dovesse servire in questa fattione, anziché dove sua eccellenza pensò che quelli che servivano un’anno dovessero restar liberi l’anno seguente, hora trovo che li medesimi sonno sempre aggravati et appena suppliscono al bisogno di questo, io non mi ho potuto avvedere se non il secondo anno, quando che per la confusione nata per la voce che si era sparsa che si dovesse armare, non ho potuto sperare di far far la descrittione dell’isola, che riuscisse vera, anziché havendola comminciata et trovatola diffettiva et falace ho tralasciato il continuarla. Quelli ancora che sonno destinati alle guardie mancano spesso li stradioti che le doveriano ogni notte visitare, non lo fanno quelli che pur le visitano, danno in nota quelli che vogliono, le polizze che sonno scritte in greco et non intese dal provveditor capitano in mano del capitano del devedo predetto et egli da per falliti quelli che vuole et contro a quelli si fanno le essecutioni che è di quattro lire per la prima volta, di otto per la seconda né si trova mai chi manchi la terza, per la quale si doverebbe proceder criminalmente contro alli transgressori, essendo così stato ordinato dall’eccellentissimo signor Pasqualigo. Se mo’ vi sia fraude, così come non lo posso affermare cos’ ho gran raggione di doverlo sospettare. Vertiva fra il governator Thomaseo della stratthia et il capitano Strambali del devedo certa difficoltà di pretensioni circa le revisioni et sopraintendenza di queste guardie, ma havendo l’uno et l’altro di loro ottenuta licentia di venir a’ piedi di Vostra Serenità pensariano anco di farle decidere dall’Eccellenze Vostre. Hora è partito il governator né credo che più se ne parli, ma non sarebbe forse male l’intender le raggioni delli governatore dall’una et dall’altra del capitano Strambali per venir a qualche decisione, così per fuggir le occasioni di contese che potessero nascer fra loro, come acciò che il servitio publico restasse più compitamente adempito.
Ho veduto in tempo mio tenersi così pocco conto in quell’isola delle cose della sanità, che per sola gratia di Dio si può dir che si conservi libera da infettione. Vi sonno per tutto scale et per tutto capitano barche, alle quali senza difficoltà viene data la pratica. Si eleggono dal Consiglio li Signori alla sanità, che sono tre. Questi fanno dappertutto li loro sustituti, ma li medesimi stano li primi a transgredir li ordini che si fanno dal reggimento et se vi fossero mille prohibitioni et mille forche non resteriano di andar sopra un vassello, quando capita per accidente o alli Guardiani [Vardiani] o dall’altra parte dell’isola in val di Alessandria [Sami] et a Viscardo [Fiskardo] portato, come suole avvenir, l’inverno dalla fortuna, venghi pur da qual parte esser si voglia per veder se possono trovar alcuna cosa a loro proposito. Questa tanta libertà nasce prima per non vi esser modo da far prestar ubidientia alli precetti della giustitia, ma si fa anco maggiore per non haver mai quell’isola sentito travaglio di mal contaggioso, onde chi non ha provato il danno manco teme di incontrar il pericolo né stimato né conosciuto, onde si può dire che nisi dominus custodierit civitatem frustra vigilet, qui custodit eam. Quando, però, vi fossero li ministri et la corte, che ho riccordato di sopra, si potrebbe dar qualche maggior ordine et farlo essequire.
Et perché son entrato a parlar di sanità, non devo lasciar di dire che si trovano nell’isola molti infetti di mal di lepra o vogliamo dir di san Lazaro, il numero de quali per quanto mi è stato affermato si va facendo sempre maggiore, perché non vi essendo luoco per loro appartato, conversano con gl’altri, bevono alle medesime aque et alle medesime aque si lavano, onde il male che è contaggioso si va sempre augumentando con pericolo manifesto di arrivar a segno irremediabile. Credo che la Serenità Vostra per riparar a danno di tanto momento sarà neccessitata di far assignar a questi qualche villa in luoco rimotto et più lontana dal commercio degl’altri dove habbino a riddursi et passar la loro misera vita, ma sarà insieme neccessario che da qualche medico di intelligentia sieno conosciuti gl’infetti, non bastando, per il mio creder, in cosa di tanto momento il solo parer del medico ordinario di quella città et quanto più celere sarà la provisione tanto stimo che riuscirà maggiore il benefficio che se ne doverà riccever.
Mi resta hora quello che ho voluto lasciar in fine, come cosa da me stimata sopra tutte le altre importante, che è la materia delle uvepasse, intorno alla quale ha l’eccellentissimo Senato tante volte fatto prudentissime deliberationi che non vengono essequite con notabilissimo preggiuditio publico et forse altretanto danno privato. Hora l’isola è ridotta a termine tale, che si può dir che tutte le campagne più buone et che produriano quantità di grani sonno piantate di vigne et per la maggior parte di uvepasse che si vanno sempre augumentando. Né vale il far ripublicar gl’ordini o rinovar proclami, perché ogn’uno fa ciò che vuole. Ho fatto io nominatamente intimar alli contestabili delle ville che dovessero venir a dar in nota tutti quelli che havessero piantato uvepasse li doi anni passati né vi è comparso alcuno, non vi è chi denontii, perché anco quando si confischino li beni alli transgressori non vi sonno compratori et il dinontiante non può haver alcuna portione, onde si astiene ogn’uno da quello che le può nuocere senza apportarle benefficio. Il disordine è passato tanto avanti che non basta a provedervi per l’avvenire, ma è neccessario sradicar buona parte delle uvepasse di già piantate, altrimenti quell’isola ne sentirà notabilissimo nocumento. Ho fatto conto così di aviso né credo haver preso errore, che ogn’anno passino da Ceffalonia al paese di terraferma turchesco almeno cento mille tolleri per esser investiti in grani per mantenimento dell’isola, la qual non ne produce per più che per sei mesi all’anno, onde a mantener li altri sei mesi sessanta e più mille persone che vogliono che vi sieno di biava forastiera, considerino l’Eccellenze Vostre quanto vi voglia. Io mi ristringo et voglio che vi sieno sole cinquanta mille persone et che la raccolta dell’isola basti per otto mesi, che è il più che possi esser né sarà mai vero se non in tempo di estraordinaria abondanza a mantenir mo’ quattro mesi di grano 50.000 persone che non hanno altro che mangiar che il pane et sonno persone che si afatticano. Non vi vorrà certo meno di 70.000 o 80.000 stara di formento né il prezzo sarà mai minore di un cecchino il staro, onde riesce vero quello che ho detto che almeno 100.000 tolleri all’anno escano fuori dell’isola per questo bisogno, a che sarebbe sufficientemente proveduto, quando un terzo almeno il quarto delli terreni piantati di uvepasse si riducessero a semina né questo riusciria di alcun danno a’ particolari, quando nel far il dispianto si osservasse la debbita ugualità, perché dove che adesso convengono et più doveranno per l’avvenire dar la loro robba a prezzi vili, col riccever gran parte di robbe a barato invece di dinaro et sonno anco astretti di navigarle con pericolo et alcune volte di gettarle nel mare, come più d’una volta è successo, all’hora sarebbono sicuri di venderle a prezzo molto maggiore. Questo frutto non si può far essito più che di sette millioni all’anno, doi per via di questa città, quattro in Inghilterra et uno in Fiandra, et quando se ne raccoglie quantità maggiore o bisogna gettarla o far giocchi di testa per riuscirne et pure alfine convienne che alcuno resti scoperto, et se ne rimane di vecchia è la rovina del negotio per l’anno che segue. Et, tuttavia, con mediocre raccolto se ne fa tra Ceffalonia et Zante otto et nove millioni et se ne farà d’avvantaggio et a Patrasso ancora se ne fa circa un millione, che conviene haver il medesimo essito in Ponente, sebbene è di qualità molto inferiore a quella delle nostre isole. Sentirebbe ben la Serenità Vostra qualche preggiuditio nel datio della nova imposta, che sarebbe in parte compensato dall’augumento che doverebbe fare quello delle biave, ma non credo che vi sia proportione fra questo pocco discavido col benefficio che ne rissulteria al publico et alli particolari, a quello assicurandosi che li suoi sudditi havessero il loro vitto per tutto l’anno senza doverlo mendicar da altra parte, a questi, quando nel corso di pocchi anni dovessero restar tutti accommodati col dinaro che hora esce dell’isola dove che hora ne sonno tanto essausti, che non si può creder. Se li dacieri della nova imposta habbino guadagno l’anno passato nel datio, io non lo posso sapere di scientia, perché non vi è soprastante né altra persona che assista al carico per rifferire al provveditore la quantità che se ne etraze et, sebbene se le danno le licentze in scritto et in conformità di quelle viene fatto il deposito per il datio, sta, però, in loro potestà sotto una licentia di caricarne un terzo di più et anco il doppio, non vi essendo chi li metta impedimento. Io, però, credo che habbino raggionevolmente avvanzato, sebben loro dicono di havere con difficoltà cavato il loro dritto.
Questo ben mi par di poter affermare che li datieri sonno buoni et che, per mio creder, salderanno compitamente li loro datii anco quando discavedassero. Sonno, però, odiati da molti così, perché vederiano volentieri andar il datio per Signoria per ritornar alli contrabandi soliti di Chiarenza [Glarentza], come perché a loro viene attribuita la colpa di tutte le diminutioni de prezzi che fanno le uvepasse né mancheranno mai travagli et inimicitie a chi vorrà attender a questo datio. La causa perché è stata contata summa maggiore del dinaro spettante al datio in camera del Zante che in quella di Ceffalonia, è stata principalmente, perché di doi millioni et mezzo di uvapassa che da quell’isola è stata mandata in questa città, li doi millioni sonno di Ceffalonia et l’altro mezzo dal Zante né questa paga alcun datio di nuova imposta. Vi è di più che capitando sempre li vasselli che vogliono caricar per Ponente prima al Zante che a Ceffalonia, molti cavano le uvepasse da questa per condurle in quell’isola et farne riuscita et li compratori volentieri le pigliano, perché caricandole al Zante le vendono sotto nome di zantiote, che le riesce d’avvantaggio né ciò può esser impedito per la multiplicità delle scale che vi sonno né li datieri vi si oppongono, perché tanto importa al loro interesse che il dinaro capiti in una quanto nell’altra camera. Si aggionge la neccessità che si è havuto di habilitar quelli dell’isola al pagamento del datio per l’uvapassa mandata di loro raggione in Ponente fino a tutto agosto, le quali tutte cose hanno causato questa disparità di dinaro contato più in una che nell’altra camera. Dubbito di haver purtroppo lungamente tediato la Serenità Vostra et questi eccellentissimi Signori del Colleggio, ma ho stimato di non dover restar di rifferire ciò che ho riputato degno della Loro intelligentia, havendo tralasciato molte altre cose per non riuscirLe più molesto. Le supplico, perciò, ad inscusarmene et se in altro ricercheranno da me informatione, sarò pronto ad obidir ad ogni Loro commadamento.