1623 Antonio Loredan
Relazione
Relazione di Antonio Loredan ritornato di Bailo a Corfù
1623 giugno 12
Serenissimo Prencipe
Se non sapesi io, Antonio Loredan, già ritornato di bailo di Corfù esser davantaggio noto alla Serenità Vostra, col mezo di tanti illustrissimi et eccellentissimi capitani et proveditori generali et duplici rapresentanti, le qualità di quell’isola, il sito importantissimo onde essa è posta et le mirabil fortezze che ella vi ha aggionto, che per ciò si rende famosa nel cospeto di tutto il mondo, haverei procurato farne unna piena relatione in questo eccellentissimo luoco, ma essendo cose benissimo note, mi son ristretto in esponerle, con la debita mia riverenza, solamente qualche particolare, con quel di più che ho stimato degno della sua notitia.
L’isola è divisa in quattro Balie, nominate Oros, Agirù, Mezo et Laftimo; sonno in tutte esse quattro Balie casali tra grandi e picoli novanta nove.
Vi sono anime vintimille tresento e novanta, et tra questi sonno huomeni di fatione quatro mille novecento cinquanta quatro. Putti da anni quindeci in giù, quatro mile setecento setanta quatro. Vechi de anni cinquanta in su millequarantasie et donne di ogni sorte nove mille seicento e sedese.
Nella città et borghi nominati: San Rocho, Castrade et Manduchio vi sonno de […] anime sette mille cento e setanta, cioè huomeni tra grandi et picoli tremille cinquecento e disdoto. Done tremille seicento cinquanta doi; et de latini vi sonno tra huomeni et done, non compresa la militia, cinquecento setantasette; che in tutto assendono al numero di vintiotto mille cento e trentasette, non compresa la soldatesca.
Questi della città et borghi sonno parte citadini et mercanti, parte scolari bombardieri et artegiani, il rimanente naviga con barche (che sonno in gran quantità) nella terra ferma, che conducono nella città formenti, orzi, legumi et altre biave, carnaci, legne et altre cose necesarie per il bisogno delli abitanti et delle militie ancora, poiché l’isola non è bastante a nutrir quelli populi senza l’aggiuto della terra ferma; et de formenti, che è il principal sostegno, non ne produce l’isola tanto che basti per l’allimento di mesi quatro, rispeto che la maggior parte, dove si potrebe coltivare et siminar formenti et altri legumi, è impiantata di vide et parte anco bosciva, che per la dapocagine et povertà della contadinanza non vien desboscata, anci tralsciano di render a coltura. Una valle di molta longhezza et onesta largheza nominata San Zorzi, che altre volte fu procurato col aggiuto della Serenità Vostra redurla a perfetione, ma chi hebbe il carico et il danaro per ciò effetuare, non operò quello doveva, ma convertì in suo uso quel peculio, che per tal effetto gli hera statto esborsato; la qual vale in vero si redurebbe con poca spesa in perfetione talle, che produrebe molta quantità di formenti et biave per bisogno di quelli populi, negotio in vero degno della consideratione della Serenità Vostra.
Si consuma in quella città, senza le fortezze, ogni giorno stara sesanta di formenti in fabricar pane che vien fatto dalli pistori, senza quello che da particolari vien fatto per uso delle case loro, et questi formenti vengono estratti dalla terra ferma et alle volte, che li raccolti sonno sterili, core pericolo di gran patimenti, non vi essendo nel fonticho più che dodeci milia ducati, che per questi rispetti stimo esser necesario, che la Serenità Vostra procuri far che li depositi delli megli che suol tenire nella sua fortezza, sianno reimpitti et star debbino sempre, per tutti li accidenti che potessero nascer, per poter in occasione sovenir anco la miserabile contadinanza, come anco altre volte è stato fatto.
Ho stimato anco mio debito transferirmi al castel Sant’Angelo, per veder se talle hera in effetto come il concetto in che hera posto, et ho veduto esser quello in sitto eminentissimo con precipiti da tutte le parti, con strade pessime a salirvi et cinto di unna mura, né ho potutto conoscer che possi servir ad altro che per salvar qualche numero di genti, in occasione di qualche sbarco per daneggiar quei vilaggi vicini. Vien comandato esso castello da un Corfiotto cittadino, elletto dal loro conseglio.
La città di Corfù è fatta scala di assai consideratione, capitando continuamente mercantie da Larta(?), Gianina, Santa Maura et d’altre parti della terra ferma, che sonno cere, lesede(?), zaffarani, schiavine, cordovani, filadi, le quali tutte vengono inviate a Venetia dalli consoli che tengono li mercanti Greci et Hebrei, li quali havendo tanto in odio le marciliane, riservano queste mercantie per vaselli forestieri, che ben spesso ne capitanno, et si contentano pagar più tosto dopio nollo quando li vengono fatti(?) li(?) protesti dalli patroni de vaselli suditi et di marciliane in particolare, che caricharli sopra esse, questo parmi negotio molto importante per le consequenze et ha bisogno di qualche provisione, che per mio parer sarebbe di proibire(?) strettamente che non si potesse pagar altro che un nollo, che a questo modo verebero a dar il caricho alli vaselli della Serenità Vostra et li forestieri, non havendo questo beneficio, non transiterebero tanto questi mari con tanto preiuditio et li poveri percenevoli et marineri suditi della Serenità Vostra si sustenterebero et non diminuirebe la marinareza, tanto necesaria alla conservatione del Stato della Serenità Vostra.
Solevan già tempo tutti li abitanti di Santa Maura, Gianina, Arta, Prevesa et altri loci della terra ferma valersi di mercantie a Corfù, che venivano condute da mercanti, con molto utille per li datii di Vostra Serenità et con molto benefitio a suditi. Hora da molti anni in qua hanno preso espediente li abitanti di Santa Maura di comprar da corsari li vaselli che prendono et con quelli vengono a Venetia et comprano quelle mercantie che li bisognano et che altre volte solevano servirsi in Corfù, che per ciò simil negotio(?) vien nichilato et sonno tanto arditi, che con medesimi vaselli de suditi della Serenità Vostra presi(?) vengonno in questa città sun(?) la fatia de medesimi patroni et fanno perdere li dati dell’intrada et usita di Corfù, oltre tanti contrabandi che fanno di diverse cose, ma quello che più importa estrazonno(?) quantità di azzali per il paese Turchesco; et solevano questi sempre nel venir da questa città far anco scala a Corfù, ma perché più di una volta sonno stati colti con detti azzali et contrabandi, hora di rado toccano, ma scorrono di longo, per tema di non esser colti in simil delitti, negotio in vero per mio parere degno di prudente provisione, rimetendomi di quanto ho esposto al sommo iuditio di Vostra Serenità et delle Eccellenze Vostre illustrissime.
Non devo già passar sotto silentio la bona inteligentia passata in tutte le occasioni nel tempo del mio caricho con li illustrissimi proveditori et in particolar dell’illustrissimo signor Antonio Venier, sogetto di quel valore che è davantaggio noto alla Serenità Vostra. Sicome ho procurato anco di pasar con quiete con li clarissimi signori consiglieri, che per tempore sonno stati meco a tal caricha, conforme l’intention della Serenità Vostra, della integrità de quali reputo superfluo farne alcuna mentione, sapendo io esser stati conosciuti ottimi et intendenti. Gratie