1638 Pietro Loredan
Relazione
Relazione di Pietro Loredan ritornato di Provveditore e capitano a Corfù
1638
Serenissimo Prencipe
Rittorno io, Pietro Loredan, della carica di proveditor e capitano della città, fortezze et isola di Corfù, humilissimo(?) et pronto all’ubidienza di Vostra Serenità. Obligo è commune de publici rappresentanti, il portare alla loro venutta le relationi a piedi dell’Eccellenze Vostre. Ma veggo accrescerne a me particolare incarico le congionture presenti, che rendono a raggione quelle gran piazze, quel vero propugnacolo de Statti di Vostra Serenità, anzi del cristianesimo, somamente gelose. Ciò che una applicatione incessante mi ha potuto imparare, nel corso di trentaquattro mesi di mia lunga reggenza, de bisogni et de rimedi humilmente porterò in ristretto, omettendo la situatione del posto, la conditione delli habitanti et cose simili, che come note per tante relationi precedenti non serviriano che a toglier il tempo a più gravi occupationi di Vostra Eccellenza.
Le munitioni de vivere sono il nervo anzi il cuore delle piazze, il mantenerle e augumentarle è più che bisognoso. Duolmi però in questa prima parte dover rappresentare debolissima la provisione de biade, mentre de formenti non ve ne è minima quantità et tutto che altre cvolte vi fosse deposito di molti migliara de cechini a quest’effetto, l’urgenza di sovenire le militie in tempo de proveditori e capitani precessori lo ha consumato.
De megli ne saranno circa doi cento stara venetiani, provisione scarsissima, non havendo manco io potutto invastire li seimille ducati, donati con molta mia applicanza al mio ingresso a quella proveditoria dalla communità all’Eccellenze Vostre, havendomi convenutto, con essi et con ogn’altra escogitata maniera, di trovar dinaro sostenere la publica dignità, che nella fuga di soldati manchevoli delle necessarie paghe, sarebbe restata deppressa et abbatutta, come con mie lettere de 18 settembre 1636 et 27 maggio 1637 ne portai notitia a Vostra Serenità.
Qui riverentemente raccordo, che godendo l’Eccellenze Vostre il ius patronatto di molte chiese nel rito greco, distribuite dal regimento, proveditor e capitano a calogeri et papà con semplice censo di una candella et godendo esse chiese commoda entrata, dalli cinquanta almeno fino li seicento ducati all’anno, di gran benefitio risucirebbe, che in accrescimento delle munitioni, portassero a quei publici magazeni quella summa de megli che paresse propria, che per mio debol senso non potrebbe essere alla più tenue entrata meno di stara doi, che a prezzo conveniente sarebbe lire sette di quella monetta, importando alcuna volta di vantaggio la candella che pagano. Così Vostra Serenità munirebbe di molto la piazza, senza spesa, et servirebbe anco di prencipio a ridur quei popoli a qualche contributione all’Eccellenze Vostre, mentre tutti godono et vendono le loro entrate ad ogni prezzo et Vostra Serenità prova tanta spesa per la loro manutentione et diffesa.
Ho detto questo solo circa la provisione di biade, non intendendo estendermi circa le altre munitioni et li disordini che vi fossero, sendo state reviste et bene considerate dalla virtù et prudenza di doi prestantissimi senatori Contarini et Coraro, alla relatione de quali devo, per la loro virtù et per la mia debolezza, aggiustarmi. Solo raccordo alcuna cosa circa le armi, perché di esse più di una volta mi è occorso di scrivere.
Vostra Serenità tiene grandissima quantità di artellaria di bronzo, che per tutti li modi porta ornamento a quelle piazze, qualche scarsezza si prova nelli bisogni et rispetti per esse. Proprio riuscirebbe il mandar feno, per servitio de letti et ruote, come anco tavole di lorese(?) et morali per manteletti, rinovando gl’ordini per cavi d’olmo et raggi, convenendo massime provedere altre fortezze di Levante et Candia stessa, com’io n’hebbi gl’ordini da Vostra Serenità et ne feci fare la provisione, che fu poi inviata dall’illustrissimo signor Proveditor e capitano Vendramino, per haver io terminatta la carica; necessarissimo è però tenerne abbondanti quelle fortezze, come de bisogni ne mandai nota distinta in lettere de 28 agosto 1636 et 15 ottobre 1637.
Di grave danno riesce l’esser senza proto de fabri(?), che doveva impiegarsi nel ferar le ruote et letti della medesima, convenendo adesso passar l’opera per mano di quel capo maggiore de bombardieri et armaruolo, che impiegandosi fuori del loro ministerio, il proprio in tal mentre resta abbandonato. La Serenità Vostra, con molta prudenza, lo fece eleggere dal magistrato illustrissimo delle fortezze quattro anni fa, et prima di mia partenza non posso penetrare perché non sia capitatto, tuttoche triplicatamente raccordatto da me, hebbi ottenutto in risposta da Vostra Eccellenza haverne dati gl’orini necessarii. In simil modo restano imperfetti 318 moschetti da cavaletto, da forrina 267, archibuggi da serpa 578, oltre gran numero de corsaletti per pichieri. A 11 agosto 1636 et a 16 agosto 1637 rapresentai che si trovava persona di là, che dandosele una piazza di bombardiere, haverebbe fatte le cose, con minor spesa assai di quello si paghino in Italia, cioè moschetti da cavaletto a lire 2 l’uno, quelli da fornia a lire 1.410 et li arcobuggi a lire 194, et bene servirebbono li zironi(?), che si trovano inutili et marciscono in quelle munitioni, havendone io commessa et vista la prova, ma sopra di ciò, occupate l’Eccellenze Vostre in maggiori affari di publico servitio, non hanno terminato cosa alcuna. Il che tutto(?) ridotto con diligenza in statto et ben disposto, servirebbe ad honore et sicurezza di quelle piazze. Per me non ho (quanto si è estesa le mia debolezza) mancato di applicatione, mentre come diedi notitia a Vostra Serenità in lettere de 11 agosto 1636, col mezzo et opera, quasi dissi anco manuale, del signor Governator Ramussati, sempre pronto et svisceratissimo negl’interessi dell’Eccellenze Vostre, si è ridotta in una sola stanza un’armeria per tre mille fanti, che se i bisogni di armatta non la sconcertano, sarà sempre di ornamento et benefitio a quelle fortificationi. Ho detto bisogni di armata, perché sono così multiplici l’instanze d’imprestidi et cambiamenti d’arme, che li proveditori et capitani non trovano il modo di recusare, stimerei però molto proficuo il rinovar gl’ordini, che non fossero cambiate l’armi inutili di armatta con le buone di fortezza. Riuscendo anco di gran pregiuditio la facilità et la malitiosa insinuatione, con che li officiali delle galere sviano li soldati del presidio, anichilandolo et asportando ben spesso il debito a capitani, che vivamente con raggione se ne dolgono, né il proveditore e capitano può da sé applicarvi il rimedio. Per oviare a questo importantissimo disordine, che tanto affligge li rappresentanti, fruttuosissimo riuscirebbe l’obligare li illustrissimi signori capi da mare et sopracomiti al non potere al loro disarmo haver li avanzi, se non porteranno fedi sottoscritte di sei in sei mesi, con giuramento dalli proveditori e capitani che saranno, di non essersi fermatto a servire nelle loro galere capitano, offitial o soldato del presidio, se non dopo veduta la cassatione del proveditor e capitano, qual dovesse anco espressamente esser nominata.
Et perché a gl’altri inconvenienti si aggionge la total mancanza di legne da fuoco, molto ho godutto del scrittomi da Vostra Serenità a 20 marzo 1638, dovervi ingionger nelle commissioni all’illustrissimi signori proveditori di armata, il di commettere il taglio di doicento possa di legne all’anno per munitione, conforme alli ordini Pasqualighi, non essendovene al presente minima quantità et ricevendosi sempre con fatica l’ordinario consumo per li corpi di guardia.
Di grandissimo servitio stimerei anco, che Vostra Serenità quivi tenesse un ingegnero, che riuscirebbe di gran profitto in metter in buona regola quelle fortificationi, aggiustandone alcuna che si rittrova di forma antica et porta impedimento alle nuove. Sendomi venutto particolarmente di osservare che la cittadella, che ha il recinto entro la fortezza Vecchia, come è amirabile per il sito così patisse oppositione gagliarda et essentiale, mentre sendo sittuato nel di fuori alla parte del ponte levadore un cavaliero, o fortificatione antica, di circuito di piedi cento e vinti cinque, attissimo a ponervi batteria de canoni, nè più distante dalla detta cittadella di piedi cinquanta, alto che a retta linea può tirare et offendere nella medesima, come pure ferire nella meza luna che è sopra la porta, impedendo vivamente l’opera che si dovesse fare et il combatto, sendo dal cavalier stesso coperta, fruttuosissimo però stimerei il demolirlo, overo abbassarlo almeno piedi quindeci fino al cengio del monte, et servirebbono quelle ruvine a levare un muro dall’una et l’altra parte del ponte, solo ingresso in cittadella, facendo di dentro le banchette et feridore per moschetteria a diffesa del ponte e porta del tutto sprovista, mentre al presente si può con facilità assendere, spetialmente per la casa delli governatori, senza esserne impediti. Di molto profitto et poca spesa riuscirebbe il lavoro massime con l’impiego delle genti di armatta. Vi è oltre ciò diffetto considerabile nel baloardo Martinengo, posto a mano dritta della fortezza Vecchia, mentre egl’è construtto con scarpa così grande nella retirata, che riesce impossibile alla ronda il vedere il piede della muraglia et chi vi fosse per dar scalata, restando coperti fino la mettà della fossa, onde per tutte queste cause utilissimo riuscirebbe l’ingegnero, potendo anco servire ad altri luochi del Levante.
Qui devo considerare cosa la più essentiale la debolezza del presidio, riuscendo d’insoportabile fatica il ristretto numero prescritto dall’Eccellenze Vostre di 420 fanti. Questo augustissimo Senato lo conobbe quando, con parte de 25 setembre 1635 et con ducali del giorno stesso che me lo significavano, destinò tre compagnie di rinforzo, che non sono poi mai capitate, per diffetto cred’io di chi le mettesse insieme; onde convenni tal volta, per bene assicurare le piazze, valermi di qualche scolaro bombardiere, con l’essempio di miei precessori, in tempo che si impiegano le militie anco(?) nella custodia delle saline, lazaretto et castello della Parga, confin turchesco, lo ho tuttavia fatto con la mettà della paga di quello si sia altre volte praticato; a questo ristretto numero accresse disordine l’habitatione di qualche greco in fortezza, con alcuna chiesa greca, che a tempi del loro rito molestano il rappresentante con instanze di processioni et unioni de papà et calogeri per le medesime, il proibirlo, con maniera destra senza mostrarne diffidenza, riuscirebbe proficuo et di decoro anco della nostra cattolica religione, sendosi massime formata la parochia, commessa da Vostra Serenità, nella chiesa de Santi Pietro e Paulo in cittadella, dove prima era il Domo, trasportatto per publico decreto et siccurezza in città, provedutane la chiesa di paramenti, cere et oglio. Sarebbe tutto ciò, non ostante per hora lasciar il medico per le militie, se ben greco, finoche per morte o altro accidente si facesse elettione di altro sogetto sudito.
Alla custodia pure de gl’infermi et hospitale è un greco, ben confirmatto dall’eccellentissimo Senato, ma contravenendo ciò alli ordini Pasqualigi voglio credere che l’Eccellenze Vostre siano statte inganatte, et se alcuno dicesse che qui tutti li ministri sono greci, particolarmente quelli di Camera, rispondo che gode quella comunità per privileggio l’eleggere li detti ministri di Camera, nella quale essercitandosi con fede non vi sono li disordini d’altra mano rappresentati all’Eccellenze Vostre, come l’illustrissimi signori inquisitori rittornati di Levante, con virtuosa applicatione nel loro passaggio in Regno et nel rittorno in patria, ne hanno fatta diligente inquisitione, da quali Vostra Serenità ne haverà sempre l’intiero. Ben solo dirò haver osservato che l’offitio di scrivano alle bolette, che è di tanta consequenza, dipendendo da esso tutta la regola della scrittura, doversi essercitare da persone di maggior attitudine et esperienza, di quello pratici al presente per la scarsezza che tiene quella comunità di sugetti, onde possono esser de gl’erori ne conti che rendendo la scrittura confusa, mette in pericolo la riputatione delli proveditori e capitani senza loro colpa al magistrato illustrisismo de signori regolatori alla scrittura, che non succederebbe se il ministro fosse di buone intelligenza. La causa, perché le persone non si applichino, stimo che sia il poco utile che ne cavano, non havendo che lire(?) 4 al mese per cadaun salariato. Conveniente rimedio crederei che fosse aggregar questa fontione al quaderniero, che riscuote dalla Camera lire vintiuna al mese, onde con l’uno et l’altro emolumento, con assiduità vi attenderebbe il ministro et si leverebbe il disturbo alli proveditori et capitani, come a me è riuscito d’intolerabile travaglio il far ridurre a perfettione il libro mastro, se anco può dirsi perfetto, dove hanno convenutto ponervi mano più persone.
In vantaggio anco delli interessi di Vostra Serenità, devo raccordare il pocco frutto et la molta spesa che si fa nella cavalleria de stradiotti, mentre sopra 39 soldati, che sempre siminuiranno per gl’ordini che più non si rimetta, tiene la Serenità Vostra un governatore, 4 capi, 4 alfieri et 2 luogotenenti, con paga fra tutti in raggion di quartiere di ducati 1.700, che all’anno vuol dire ducati 7.000 in circa, come diedi parte all’Eccellenze Vostre in lettere de 2 febraio 1638 et a 20 marzo sussequente teni in risposta esser tanti offitiali veramente infruttuosi et sopra ciò doversene prender le necessarie risolutioni. Per queste cause mio riverente senso sarebbe ridur li soldati sotto un solo capitano, il più meritevole, con risparmio di molto denaro, ma meglio sarebbe levarla affatto, facendo poi che li baroni, che devono tener cavalli, adempissero gl’oblighi loro, eleggendo alcuno de più atti che come capitano, senza stipendio et con questo solo titolo di honore, gli guidasse di doi in doi mesi alla rassegna avanti il proveditor e capitano.
In ducale de 13 settembre 1635 ordinorono l’Eccellenze Vostre che li baroni presentassero li cavalli et fanti, iusta le investiture, restò poi il negotio imperfetto per suffraggi ottenutti al magistrato illustrissimo sopra feudi, come ne avisai la Serenità Vostra con riverentissime mie di 28 agosto 1636.
Grave è il disordine che li casalini et della Puglia s’introducevano nelle compagnie, gl’ordini dell’Eccellenze Vostre sono ben espressi a suoi rapresentanti, et quanti nelle rassegne ne ho potutto conoscere, tutti gl’ho cassi, niente di meno la difficoltà del rittrovar italiani in Levante per le rimesse può far correre de gl’abusi; raccordo però che ogn’anno si faccino passar tramutte(?) alle compagnie a proportione, perché sbandandosene ogn’anno alcuna si rimetteriano li sbandatti nell’altre diffettive. Terminando appresso che quando scemano della metà delli soldati condotti da Venetia, s’intendano li capitani regolati et rimessi li soldati nell’altre, che servirebbe anco di freno a capitani per meglio trattare li soldati, contro quali ben spesso incrudeliscono, conferendole che fuggano, perché siano per necessità rimessi greci et casalini per il civanzo delle fattioni, materia a che da vero si deve haver l’occhio.
Ma perché li bombardieri provisionati habitano case di Vostra Serenità et stanno in vita, stimerei bene, accommodate che fossero una volta, obligarli al tenerle in acconcio, perché così le guastano et poi molestano il proveditor e capitano per il cambio di esse.
In mie lettere di 20 genaro 1636 rappresentai il numero di detti bombardieri eccedente il bisogno et di molto dispendio, non devo tralasciar anco di repplicarlo al presente, mentre impiegandosi nel pagamento di essi lire trenta mille all’anno, regolandoli da 56 a trenta, cioè vinti in fortezza Vecchia et dieci nella Nuova cittadella, come fu prescritto del 1585 2 novembre dall’eccellentissimo Senato, per raccordo del fu illustrissimo signor Benetto Erizzo Proveditor e capitano, padre di Vostra Serenità, si venirebbe in tal maniera a risparmiare la mettà della spesa. Et se mi fosse opposto, allegando potersi di questi servire ne’ bisogni dell’armatta, rispondo trovarsi in Corfù 200 scolari bombardieri, quali se continueranno ad essercitarsi al tiro, come ho volutto che faccino nella mia reggenza, ve ne saranno sempre 25 atti a potersene valere in ogni bisogno, cavandosene di tal modo il frutto senza spesa, al qual oggetto ben sarebbe mandar di la stuchi, corni et tagaglie(?), per alletarli al piacimento dell’opera fontione, come pure vi è macamento di balle di ferro, per falconetto da zogo per il bersaglio.
Il modo di sminuire il numero è facile, levando li greci et quelli che per civanzo di paga maggiore procurano servir altrove, et gl’impotenti, a quali Vostra Serenità per publica munificenza potrebbe far un donativo, per una volta, overo concederli paga di soldato in loro vita, come ancora è statto praticato.
La spesa che si fa nelli carori(?) per servicio dell’artellaria in numero di 4 è grandissima, mentre la Serenità Vostra li trattiene con ducati 25 al mese, pagandoseli poi anco li lavori, et pure un solo che havesse buon dissegno, per le parti attinenti a letti, con assegnamento di ducati cento all’anno, aiutato da semplici marangoni, ben supplirebbe al bisogno con risparmio di ducati ducento all’anno et in caso di morte facilmente di qua se le espedirebbe il cambio.
Polvere ve ne è quantità di grossa per artelaria, il mandarne di fina sarà proprissimo, sendone di essa scarso anco il deposito grande in castel da mare, dal quale, per urgenze rappresentatemi dall’illustrissimo signor Inquisitor Capello, convenni estraerne miara nove et lire cinquecento sessanta sie, trovate con difficoltà nel medemo deposito, ove conferitomi convenni per molte hore far vogliere et rivogliere numero grande di casselle et barili di grossa, prima di trovar la fina, che riuscì in poca quantità, come ne diedi parte a Vostra Serenità in lettere de ultimo maggio 1637.
Devo commendare la belezza di esso deposito, massime per l’asciutto con che si conservano esse polveri, come l’esperienza mi fece conoscere in quelle mandate al Zante, tuttavia perché non si vede quando vi siano statte riposte et il peso de casselle di sopra ha fatto romper li bacili che sono di sotto, onde ne è uscita quantità, che trovandosi in terra è affatto guasta, necessario riesce il rivederle, reafinare le manchevoli et riponerle in buone casselle. Al qual proposito mi occorre dirle esservi in cittadella vicino al Domo vecchio un edifitio a tal effetto, ma bisognoso di riparo et posto in sito tale che viene quasi a retta linea ad esser sotto il deposito grande delle polveri, con pericolo di qualche mal incontro di fuoco, come patisse oppositione gagliarda il luoco per la marina del baloardo Martinengo, per esser troppo ristretto, stimerei però bene, con occasione di ponervi mano, il trasportarlo nella spianata vicino la porta Rimonda entro le mura, dove essendo l’aria aperta, in accidente si farebbe svaporatione senza pericolo, ma meglio forse sarebbe, scasando la spesa, ridur esse polveri di qua. Cambiando le cattive a parte a parte, terminando poi in appresso che non vi sia posta mano, se non in estrema necessità.
Doi visite dell’visite dell’isola mi è occorso di fare per la deputatione delle guardie, havendo tralasciatta l’altra, deputate le guardie in città, lasciando gl’utili che mi aspettavano in cassa publica, come scrissi a 27 maggio 1637, con tal occasione havendo fatte le mostre generali di ordinanze, ho ricuperato molt’armi che si trovavano fuori de roli, come ne diedi parte de X [dieci] agosto 1636, cioè moschetti cento e cinquanta, archibuggi cento e dieci, altretante spade et formatine molti debitori. Nell’ultima dell’anno corrente mi hanno gl’isolani porta l’ingionta supplicatione, pregandomi farla capitare a piedi di Vostra Serenità, qual humilmente presento, ove mostrando li loro danni supplicano di haver persona, che porti li loro aggravii a publici rappresentanti secondo l’occorenza, dimandano la confirmatione dell’ordine delfino fatto dall’illustrissimo signor Lorenzo Delfino mio precessore, circa che potranno l’Eccellenze Vostre commettere quanto stimeranno di dovere. Qui Serenissimo, per la sopraintendenza che tiene il proveditor e capitano anco della Nuova cittadella, doverei di essa dir alcuna cosa, ma trovandosi particolari rappresentanti Vostra Serenità voglio adempiscano la parte loro. Ben considererò, che si com’ella quanto più sprovedutta riceve sempre, per ordini dell’Eccellenze Vostre, li aiuti et le forme dalla fortezza Vecchia et da chi vi risiede, così riesce improprio che per ogni accidente non possa il proveditor e capitano a suo piacere entrarvi, che però raccordarei, che all’ingresso sempre delli illustrissimi signori proveditori e capitani si dovesse concertar un segno con li signori(?) capitani, che servisse per tutto il regimento o fosse mutato, come fosse stimatto meglio, supplendo di tal maniera al bisogno. Ma perché con le cose da me in più tempi scritte et sopra accenatte, mi trovo haver sodisfatto anco alla risposta dell’introdotte dall’illustrissimo mio successore in sue lettere, sopra quali mi hanno l’Eccellenze Vostre datto l’honore di commettermi l’informatione, non repplicherò di vantaggio per non accrescerle tedio, solo aggiongendo, che se Vostra Serenità pensa di accrescere il numero de mille fanti di ordinanze prescritti da gl’ordini di lei, sarà necessario somministrar altre armi publiche, levando le particolari poco atte, come l’illustrissimo signor proveditor e capitano nella prima visita potrà conoscere et fondatamente rappresentare.
Il signor Bauli(?) Botto, consumatto di lung’anni in diversi governi delle piazze più importanti di Vostra Serenità, è statto in mio tempo con piena mia sodisfattione et vi si trova al presente con augumento di suo merito governatore in quella fortezza, che mi fa con giusta causa commendare la sua persona et l’incessante applicatione con ch’egli va educando cinque suoi figliuoli nel servitio di Vostra Serenità.
Di secretario mi ha servito il Quarti, rimas[t]o anch’egli al servitio dell’illustrissimo mio successore. Alla corte di Roma doi volte, Inghilterra et altrove ha datto saggio del suo buon ingegno, devotione et diligenza, parti che come a me lo hanno reso molto caro, così possono restar assicurate Vostre Eccellenze di ricever dalla sua opera utile et sviscerato servitio.
Per quello tocca alla mia particolar persona, sacrificata da primi anni al servitio dell’Eccellenze Vostre, non posso se non confessare che haverei amatto(?) le parti del talento corispondenti a quelle del zelo, conche mi sonno incessantemente impiegato nell’occasioni tutte di quella carica, per meritare quei testimonii benigni di honore della publica sodisfattione, che resteranno sempre improntatti nel mio cuore a marco di obligatione, d’impiegar gl’anni che mi rsestano, con li fratelli et nepoti ad esempio del padre et de maggiori di mia casa, nel servitio di Vostra Serenità et di cadauna di Vostre Eccellenze, havendo già cominciatto condur meco in questo regimento Marco, il primo de miei nepoti, di età d’anni 12 in questo regimento, ove nelli studii et nelli essercitii si è andato adattando, per rendersi a suo tempo non inutile al bene et vantaggio di questa Serenissima Patria. Gratie etc.