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6 settembre 1736 Vincenzo Donà

Relazione

Vincenzo Donà rettore e provveditore a Cattaro, 1736

Serenissimo Principe

Restituitomi in Patria dalla Carica Estraordinaria di Cattaro, sostenuta frà l’involute vicende, ed insorgenze moleste, de quali n’hò sempre reso conto all’Eccellentissimo Senato, devo con rassegnata ubbidienza alle leggi presentarmi à Vostra Serenità, ed umigliar’ à Sovrani rifflessi di Vostre Eccellenze quanto crederò del mio dovere, e del publico miglior servizio. Involontari altresi i diffetti, ne quali fossi incorso, confidarò dalla Publica Clemenza il solito umanissimo compatimento, e supplirà la virtù del Nobil Homo Marc’ Antonio Trevisan, ch’è venuto à succedermi, e cui prima di staccarmi da quella parte, hò comunicato ogni notizia, e lume, per mio credere conferente à publici riguardi.
Già dal bel principio della carica esposi all’Eccellenze Vostre i diffetti marcati in quelle Piazze, e specialmente di Cattaro, né trascurai il debito, di darne distinto raguaglio agl’Eccellentissimi Proveditori Generali Grimani precessore [?], e Dolfin attuale, che nelle visite, da entrambi pratticate, ebbero in ocular’esame, e la di cui saggia acclamata condotta hà servito d’esemplare alla fiacca mia direzione. Sostenuto ivi il posto di Gov.re [governare ?] dell’Armi dal [colonnello ?] conte Camillo Becich quasi per il corso intiero di mia regenza, n’ebbi esperimenti continuati di somma attenzione, e prudente contegno, si per il buon’ ordine, che à riparo de sconcorti.
Alla publica sapienza è già in rifflesso con quanta gelosia debbasi riguardar quella Piazza, e per esser l’antemurale della superiore provincia, e per aver confinanti i popoli Montenegrini di rito serviano, amici di pura necessità. Questi di sua natura feroci, e di costume rapaci si rendono sovente infesti à sudditi, e moltopiù [?] alli Turchi. Con un misto però di rigore, e di qualché compiacenza, l’un’, e l’altro ripiego opportunamente praticato, sorti di ridurli, sé non à total moderazione, certamente meno molesti à sudditi; onde si può formalizare, che le continuate blandizie somministrino piutosto fomento à loro trapassi. Hò pur’ esperimentato del miglior servizio scegliere nelle congionture or l’una, or l’altra persona, che divisai più addattata al bisogno; avuto luoco in tali misure l’importante oggetto, che tutte le popolazioni, e suddite, e montenegrine dipendano, e riconoscano la publica rap[porto ?] mentre fissa la direzione in una sola persona, non venisse questa [?] d’arroggarsi un’indebita auttorità con aggravio de sudditi, e pregiudicio de publici riguardi. Peraltro devo render’ una piena lode al conte Nicolò Boliza, che cadutomi il mottivo, d’appoggia le il maneggio per più componimenti, ottimo ne’ sorti l’effetto, atteso il credito aquistato da suoi maggiori, ed assieme la di [...] naturale attività. Sé poi il vescovo di Cettigne, che dirigge le popolazioni del Montenero esercitasse sopra di loro quell’auttorità, che indebitamente presume sopra de sudditi del rito stesso, forse ché [...] discordie suscitarebbe frà questi, e più freno avrebbero quella merita pure i sovrani rifflessi il disordine, invalso ne due communi Lustiza, e Cartole, che guardano da una parte il Canale sin’al Porto le Rose, dall’altra il Golfo. Composti da Serviani e Latini, questi di tanto in tanto abbandonando il proprio rito, si prostituiscono all’altro, chi indotti da per sua fine, e chi per non [...] giacere all’odiosità de Serviani, che contandosi in maggior non semprepiù s’aumentano nel diminuirsi i Latini. Il mottivo [...] scandaloso cangiamento, e d’altri assurdi viene prodotto dall’[?] esservi paroco Latino, ivi fisso, e permanente, dalla di cui assiste e documenti venga tolta la facilità à Serviani di pervertire quelle anime; opra per ciò ben degna della publica pietà, prestarvi un salutare reparo.
Intanto l’Eccellentissimo Proveditore Generale Dolfin in occasione di sua visita hà saputo restituir’ in calma i sudditi, e ridur à componimento Montenegrini, reconciliati entrambi mediante un generale arbitragio; venendo riparate dall’auttorevole sua provida condotta le contigenze moleste, inforte negl’ultimi periodi di mia Regenza, cioché sarebbe costato alla carica estraordinaria [?] più lungo tempo, e maggior fatiche.
Anche il Canale vol’ essere ben gvardato, e per vietare le contrafazioni de sudditi, e per tener’ in soggezione il temerario procedere de Dolcignotti, che frequenti vi capitano con biade, sovegno per altro necessario all’indigenze di quella parte. Ricalcitrano al contegno, che vien prescritto da riguardi della salute, e sovente mancano di fede ne contratti co’ sudditi, cui perciò m’indussi di proibirsi, quando non venissero consumati sul fatto; onde tener lontano ogni mottivo, da cui protesser’ insorgerne sconcerti.
Quella nazione sprezzando le leggi della pace, e del comerzio, è sempre molesta à sudditi, e li fomenta à vendette, cui già sono portati di suo naturale costume. Alle contrafazioni, de quale ne soffriron l’aggravio in occasion del corsaro, ed all’ostilità, cui soggiaquero [soggiacquero ?] nelle rive dell'Albania, successi già rassegnati à Vostre Eccellenze coll'umilissimo mio del numero 29, erano rissoluti, di non lasciar' invendicati si proditori eccessi; pure or con persuasive assicurandoli protetti dalla Sovrana Autorittà, ed esperimentandoli con qualché minaccia, sorti di sedar l’animo loro, onde non anesser’ à giongere reclami alla Porta, oggetto sempre da mé tenuto in vista.
Sé per altro animose s'esperimentano le suddite popolazioni altretanto sono fedeli, e rassegnate al publico venerato nome. Non hò omesso di fargli comprendere quanto siano amati, e protetti; mà nel tempo stesso qualsia il dovere di suddito nel rispettar, e temere la giustizia.Vengono saviamente dirette da loro capi le communità del Canale, frà quali Parzagno, e specialmente Perasto, li di cui benemeriti abitanti si sono sempre distinti ne serviggi di publica premura. Son' insomma colla consolazione, d'averli lasciati tutti ben rassegnati, e contenti.
Da comandanti Turchi vicini si fecero già traspirar' eccitamenti à maneggi per il riaprimento del comercio; mà da qualché esperimento si venne anche à discen [discer(nere) ?] tendessero non ad altro oggetto, che à carpire legali. L'affare sarà sempre combatuto da Ragusei, cui serve di scudo la contribuzione, che corrispondono alla Porta; proffessando di non poter' adempirla, quando vengano deviate dalla loro scala le caravane.
Sembrano ormai cessate le moleste contigenze del male alla parte di Scuttari, ed in seguito le maggiori gelosie nelle publiche confinanti tenute. Disposi quelle guardie, che credei indispensabili; se come sortii, di rendere persuasi, benché scorretti que' popoli, à negliar per la commune salute, costi venni di supplire alle necessarie precauzioni col debito riguardo alla publica ecconomia. Fù insomma del mio dovere, versar con assidua vigilanza, e sollecitudine all'importante oggetto, mercé la Dvina assistenza tenuti illesi que sudditi d'ogni disastro. Non devo rendermi viepiù importuno alla publica sovrana sapienza, cui già è ben in vista la costituzione, e l'indigenze di quella superiore provincia. Intanto nella propria fiachezza mi si presta il conforto, di non aver lasciato momenti inutili, ed oziosi per il publico servizio, come sempre sarò eguale nella più rassegnata ubbidienza ad ogni comando, e sacrificio per l'adorarsi prima Patria. Grazie.
Venezia 6. settembre 1736.