19 giugno 1608 Nicolò Bragadin
Relazione
Relazione di Nicolò Bragadin ritornato di Provveditore e capitano di Corfù
19 giugno 1608
Serenissimo Principe, padri et signori eccellentissimi. Se io dovessi rifferire a Vostra Serenità et all’Eccellenze Vostre illustrissime tutto quello ch’io ho attuato(?) in tempo che ho servito la Serenità Vostra nel reggimento di Corfù, sarei molto lungo et senza dubbio tedioso, dovendo replicare le medesime cose che già pochi mesi sono state a pieno rapresentate di proveditore general di quelle isole, mi ristringerò dunque in quelle solamente ch’io giudico degne della notitia dell’Eccellenze Vostre et necessarie di alcuna opportuna provisione.
Non così tosto gionto a Corfù incontrai in una gravissima infermità, dalla quale, doppo che travagliato per molti giorni et ridotto posso dire al cimento della morte, piacque al Signor Dio darmi gratia et forze di ressistere et di prevalere al male; fatto finalmente sano volsi vedere il sito et li bisogni della Vecchia et Nova fortezza, et in particolare quel tanto che dall’eccellentissimo signor Proveditor general di Candia Sagredo fu di ordine di Vostra Serenità deliberato.
Nella Vecchia, che per sito et per altre importantissime et ottime qualità sue rende meraviglie et stupore a chi la mira, ritrovai esser stata fornita dall’illustrissimo Canale, mio precessore, di tutto punto la coltrina della muraglia, che guarda la spianata sopra la cunetta, in quella parte che fu principiata a riparare dall’illustrissimo signor Nicolò Bon et a ridurre a linea versiada(?) verso Ostro et certa poca fattura di terreno al cavalliero dalla medesima parte, non ci sarà che far di vantaggio, per opinione di chi ben intende questa materia.
La cittàdella parimente resta divisa, per l’escavatione che ha fatto fare all’ingresso di essa di tanto terreno et sasso vivo, che forma una fossa profonda quanto basta et larga a proportione del sito, alla quale vien dato il transito da un ponte levador, che conforme all’uso di ogni regolata fortezza si serra(?) et si cala al suono del tamburo, onde quella piazza si rende sicurissima et viene guardata et tenuta in(?) quella riputatione che si deve, né in materia di fortificatione ha bisogno di alcun altro riparo, è(?) ben vero che uno dei doi quartieri d’alloggiamenti per militie si ritrova in cattivo et rovinoso stato, il quale potrà esser construito di novo et agrandito in buona et sicura forma, con molta facilità et con poca spesa, potendosi valere delle rovine dell’Arcivescovato vecchio che sono vicine et molto commode, del quale non vi resta al presente in essere se non alcuni muri di molta altezza, che sono infruttuosi et per altro del tutto inutili. Fu con gran prudenza da detta piazza levata l’habitatione dei prelati et ridotta nella piazza bassa, nella quale fu data commodità di stanza per gl’Arcivescovi, che tuttavia habitano in essa, et sicome per quei importantissimi rispetti, che sono benissimo noti alla Serenità Vostra, fu questa deliberatione giudicata utilissima, così più volte fu col medesimo fine raccordata in diversi tempi, da molti publici rappresentanti, la translatione della Chiesa del Duomo, non tanto per liberar quelle piazze della servitù della chiesa, quanto per rimovere un grandissimo concorso de genti, che nelle solinità di Santo Arsenio et in altri tempi vengono in essa et tengono per particolar privilegio il poter passar nella più recondita parte dei castelli, onde parmi che non sia da differire questa provisione, non mancando luoco commodo nella città per questo servitio et essendo ardente Monsignor Reverendissima, senza punto ingannarmi di quella buona opinione et concetto che ho sempre tenuto di essa, che ho voluto dire questo poco per confermarla nell’istesso buon concetto presso della Serenità Vostra et delle Signorie Vostre illustrissime et eccellentissime.
Restavano, oltre tutte l’imperfettioni dette poco fa, doi salite: una fuori del ricinto(?) di San Sidero verso Levante, che dal mare si alzava a quella muraglia et l’altra dentro del medesimo ricinto, che si appoggiava al castello da mare et rendeva commodità ad ogni uno di poterlo assalire; queste ancora ha Sua Signoria eccellentissima fatto tagliare a forze di ferro, onde l’una et l’altra parte resta inacessibile et sicurissima, ha di più fatti fabricare magazzeni per munitioni, una casa per generali, ha rinovato il ponte grande et accommodato un tezzone nel contrafosso, per metter a coperto li legnami che si tengono in deposito, oltre un salleggio in lastre di pietra viva di tutta quella parte della fortezza che guarda sopra il mandrachio et un quartiero doppio d’alloggiamento per militie dalla banda della versiada, tutte cose ultilissime et che apportano ornamento grande a quella importantissima fortezza.
Ha medesimamente fatto dar principio a molte altre opere, delle quali ne darò sucinto ma particolare conto a Vostra Serenità, affineché resti compitamente informata delli bisogni presenti.
Nel castello della campana ha fatto gettare i fondamenti di doi case per bombardieri et di un magazzeno per li rispetti dell’artigliaria, opere molto necessarie, senza le quali non possono habitarvi bombardeiri, non havendo dove stantiare, né meno si sa dove mettere li rispetti dell’artigliaria, che per questa causa convengono, con molto loro detrimento, restar esposti alle continue piogge del verno, alla qual fabrica resta tirrar su i muri et mettere li colmi.
Nella piazza bassa della fortezza ha fatto dar principio a riparare alli bisogni del palazzo pretorio et ha fatto gettare i fondamentali per coustruire(?) presso le altre doi honorevoli stanze et sotto di esse un luoco commodo et sicuro per la camera fiscale, ha principiato anco un loco che doverà servire per hospitale, opera non meno necessaria che molto pia, poiché è pur troppo vero che le povere militie che servono in quei pressidii, pativano infinitamente nelle loro infermità et molti morivano di necessità sopra la nuda terra, per non vi esser alcun luoco commodo a questo bisogno.
Io doppo la partenza di Sua Signoria eccellentissima, in quel breve corso di tempo che mi son fermato a quel governo, conforme a gl’ordeni che mi furono lasciati in scrittura, ho atteso a questo hospitale con assidua diligenza, al quale sono stati alzati li muri sino a i colmi, posti in opera i legnami, fatto il colmo, compartite le stanze et ridotte a buonissimo termine le cose necessarie, cosiché poco o nulla resta alla compita perfettione di esso. Ho fatto continuar a fornir di diverse opere di legnami il novo quartiero di alloggiamenti, posto alla versiada, et a ridurre ad uso commune la strada che camina dietro l’Arcivescovato, la quale da l’ingresso a detti alloggiamenti, dove si è di tutto punto fornito un muro, che continua l’ordine di quella strada et che sostenta li terreni dalla parte opposita del monte, in fazza di essi alloggiamenti. Haverei in così ristretto tempo fatto moltre altre cose, se la stagione di così horido et lungo verno non havesse impedito, così l’operare come l’haver calcine, che per causa delle gran pioggie non si sono potute fare et se buona parte delle maestranze non fusse stata occupata in queste ultime settimane per molti giorni nella fabrica di un rostello, che ho convenuto far fare di novo all’ingresso del ponte grande, essendo il vecchio stato getato a terra et distrutto dal vento, dentro il spatio del quale, che si allarga sei passa per quadro, ho fatto fabricare un casello di pietra per le sentinelle che devono assistere a quella guardia, in modo che tutte l’altre fabriche dette di sopra restano tutta via imperfette; delle quali ne ho data piena informatione al clarissimo mio successore, che conforme a gl’ordeni di detto eccellentissimo Pasqualigo, attenderà con diligenza alla perfettione di esse, massime concorrendovi l’aiuto delle genti delle galee, delle quali Vostra Serenità si è sempre valsa nelle occorrenze di fabriche publiche, per facilitar l’opere et per scemar ancor la spesa, che senza di esse riesce senza dubbio di doppio interesse, cosa che non gli sarà difficile a questo tempo, mediante l’ottima intentione dell’illustrissimo signor Proveditor dell’armata Canale, che inclina grandemente al servitio di quelle fortezze; intorno a che io stimo bene considerare a Vostra Serenità, con il solito della mia riverentia, che crederei che il permettere in assenza de capi da mar ai proveditori di quelle fortezze l’uso delle genti di galea, con quel modo et auttorità che a lei paresse convenevole, potesse apportare notabile giovamento alle cose publiche.
Tutte queste opere insieme, che sono molte et importanti, meritano per molte cause essere grandemente commendate, ma spetialmente perché sono state fatte con grandissimo sparagno del danaro publico et con buona parte di condanne aplicate da Sua Signoria illustrissima a dette opere.
Tutte esse insieme hanno di modo tale occupato il detto eccellentissimo Pasqualigo, che se bene è stato sollecito et assiduo con l’assistenza della propria persona, non ha però potuto far di vantaggio, onde non solo restano a perfetionarsi(?) l’opere dette poco fa, ma non s’è meno potuto attender a quanto nella fortezza Nova fu deliberato di fare.
Fra l’altre imperfettioni di essa fortezza, che furono rapresentate a Vostra Serenità dall’eccellentissimo Sagredo, due stimo essere importantissime, delle quali ne ho voluto più volte occulatamente essere a pieno informato.
La prima et più importante è la facilità con la quale potrebbe esser sorpresa la piazza inferiore unita con la superiore, non essendo più alta che 18 piedi et XII [dodici] solamente ai fianchi, alla quale può accostarsi ogni vassello dalla parte di mare et da quella da terra è molto facile la scallata, oppositione mortalissima, che non solo pregiudica alla sicurtà di detta piazza, ma di tutta la fortezza insieme, poiché da essa può senza impedimento passare l’inimico nella piazza alta principale et impatronirsi con poca resistenza.
La seconda, che pur facilita questo effetto et che per altri rispetti si deve grandemente stimare, è che detta piazza alta resta senza l’assistenza non pure del castellano, che habita nella parte inferiore, ma etiamdio(?) d’ogni altra persona di commando, non vi essendo stanza per capitani né meno alloggiamenti per soldati, potendosi dire che il quartiero che vi si ritrova al presente non servi ad altro che ad occupar infruttuosamente il terreno, per esser inhabitabile et del tutto rovinoso.
S’aggiunge a queste cose un altro mancamento ch’io stimo notabile, che la casa del governatore di detta fortezza si ritrovi fabricata et fondata(?) a livello della muraglia nella parte bassa, restando per questa causa impedito il corso ordinario di poter circondare et guardare detta muraglia come si deve, ma quello che più importa è che nella medesima casa può esser dato ricetto, con intelligenze secrete, dalla parte delle mura, che sono molto basse, a genti d’ogni conditione.
Questa senza altro direi che fosse bene far gettare immediate a terra et lasciare libera tutta quella parte che camina sopra la muraglia, assegnando altra habitatione al governatore, sin tanto che potesse havere quella che al presente habita il clarissimo capitano, giusta la terminatione del predetto eccellentissimo Sagredo, l’essecutione della quale, riccordo riverentemente a Vostra Serenità, che non sia da differir punto, si perché sia quanto prima fatta la divisione delle piazze et posta in sicuro stato tutta quella fortezza, come perché senza alcuna dilatione sia fabricata nella piazza superiore casa per il clarissimo capitano et nuovi alloggiamenti per soldati et restaurati quelli della piazza inferiore, nella quale ha pur voluto detto illustrissimo(?) Pasqualigo mettere mano, havendo in fazza della casa del governatore fatto tagliare molto sasso vivo a piedi del monte, onde resta formata piazza capace per un quartiero d’alloggiamenti, che in quella parte riuscirà bello, commodo et molto vicino al corpo di guardia, et la fabrica di esso sarebbe facile et di poca spesa, si per trovarsi buona quantità di sassi sopra l’opera, come per la commodità di valersi delle materie della casa del governatore, quando piacesse a Vostra Serenità di commandare che fosse distrutta, rispetto alle oppositioni dette di sopra, che a me parono rilevantissime.
Intorno ad altre provisioni non mi estendo, rimettendomi a quella piena et essata notitia che Vostra Serenità ha havuto dalla relatione del clarissimo signor Nicolò Lungo et di quanto ha sopra di essa, in essecution d’ordine suo, terminato il predetto eccellentissimo signor Proveditor general Sagredo.
Quanto poi alle rovine di molte case publiche comprate da particolari, mi occorre dire Vostra Serenità, che dette case si sono di tempo in tempo andate acquistando da quei cittadini dentro il ricinto della fortezza Vecchia, per ordine dato da Vostra Serenità l’anno 1587, così che poche restano al presente in potere di privare persone, ma è vero che si trovano in stato rovinoso et del tutto inutile all’habitatione, onde chi ben volesse restaurarle, bisognarebbe fare grandissima spesa, se in ogni modo poco riusciriano atte all’uso della militia, essendo poste in varii luochi et molto disgiunte et separate l’una dall’altra et lontane dai corpi delle guardie, crederei però che fosse prudente risolutione valersi della materia di molte di esse affatto rovinose et impiegarla nella fabrica dei doi quartieri, riccordati dal predetto eccellentissimo Pasqualigo, uno vicino al portello del mandracchio et l’altro al palazzo pretorio; restano come ho detto poche case de particolari, le quali fatte che siano publiche, come spero che succederà in corso de pochi anni, Vostra Serenità sarà padrona d’ogni cosa et di questa maniera haverà luoco l’intentione con la quale ella si mosse con singolar prudenza a dar l’ordine predetto.
Tale dunque è il stato nel quale io ritrovai la detta fortezza et nel quale fu lasciata già quattro mesi dall’eccellentissimo Pasqualigo; et qui parmi di riverentemente riccordare due importanti et necessarie opere, nelle quali non ha servito il tempo a mettervi mano.
L’una di esse è l’escavatione della cunetta, la quale essendo differita apportarebbe pregiuditio notabile, non tanto per la necessaria sicurtà della fortezza, alla cui muraglia principale ella in ogni tempo ha da impedire il passo a cadauno che volse accostarsi, quanto anco per il fetore intolerabile che rende atto alla corruttione dell’aria.
L’altra è la rovina del mandrachio, ridotto in malissimo stato, essendo il muolo che lo circonda, per la continua ripercusione del mare, andato a male in molti luochi, oltre l’essere grandemente munito da pochi anni in qua, onde se a queste doi bisogni non sarà quanto prima proveduto, tutta quell’opera bella, non meno che necessaria, resterà infruttuosa, la quale quanto più si defferirà, tanto si farà maggiore la spesa in ripararvi. È mancato medesimamente il pontile che circonda di fuori dalla parte di mare tutta la muraglia, che serviva all’uso delle genti di armata, le quali per questo mancamento convengono ordinariamente transitare per le fortezze, non havendo altro adito che possa servire al loro bisogno, cosa ch’io stimo indegna et per altri rispetti molto pregiuditiale a quella fortezza, havendo con dispiacer veduto l’anno passato un multiplice corso di molte migliara di persone al giorno, che di continuo frequentavano quel passo.
Il pontile è opera, che per l’informationi ch’io tengo, deve esser fatta dalle galee senza interessare quella camera, la reparatione poi della cunetta et mandrachio aspetta ai proveditori di quelle fortezze, di tutti questi bisogni n’è rimasto medesimamente informato il clarissimo successor mio, al quale, quando piacesse a Vostra Serenità di commettere la subita restauratione di questi doi importantissimi luochi et quella del pontile per servitio dell’armata all’illustrissimo Proveditor Canale, stimarei che fosse non pur necessaria, ma per tutte le cause già considerate, utilissima deliberatione.
Tanto ho giudicato necessario di significare succintamente alla Serenità Vostra, intorno l’opere che sono state fornite et principiate in tempo mio dal predetto eccellentissimo Pasqualigo, della cui singolar prudenza et virtù, conosciuta da me et molto meglio dall’Eccellenze Vostre illustrissime, non potendo dire quanto so convenirsi al suo gran merito e al mio obligo, mostrerò con riverente silentio, che sia molo meglio tacere che dirne poco; solamente dirò essere stato singolare et tanto prudente il modo del suo utilissimo governo, che non pure ha reso al publico tanto benefitio in servitio di quelle importantissima fortezze, quanto tutte l’opere et attioni sue lo dimostrano mirabilmente, ma ha di più a sollevatione delle cose publiche instituiti molti ordeni, così intorno il governo della camera fiscale et il maneggio della scrittura et danaro tenuto in essa, come intorno le cose del fontico di quella communità et le munittioni delle fortezze, havendo a consolatione de poveri et de sudditi essercitata quell’ottima et essemplar giustitia, che conviene a soggetto di tanta integrità et prudenza, cose tutte che hanno potuto, oltre il rispetto del carico et quello della mia antiqua riverenza verso la persona di Sua Signoria eccellentissima(?), indurre l’animo mio ad osservare le sue attioni in gran maniera. Hanno anco potuto tanto tutti questi rispetti insieme, che fra tanti rappresentanti che Vostra Serenità tiene in quell’isola vi sia stata una sola e sempre conforme et corrispondente volontà, passata con la debita riverentia dal canto nostro et con uguale affetto negl’animi di tutti, onde per consequenza è stata unita et sempre una sola l’intentione di ben operare in publico servitio, la quale ha poi conservata una ottima intelligenza fra tutti, con satisfattione universale et con quell’unico et vero fine che desidera Vostra Serenità nei suoi rappresentanti.
Della quantità di artellaria et qualità sua, delle munitioni di polvere grossa et fina, di piombi, balle et solferi, de salnitrii et altre cose simili et parimente d’armi d’ogni qualità, dirò con molta consolatione che quella fortezza resta convenientemente provista, ma con altretanta et molto maggior displicenza d’animo soggiongerò, che di vittuarie l’ho ritrovata tanto esausta et così povera, che quando venisse il caso di serrarla non ci saria da viver per una sola settimana, onde posso concludere che tanto voglia dire l’haver fortezze senza munitioni, quanto non havere né queste né quelle, non vi essendo ogli, accetti et legne, se non quelle poche che esso eccellentissimo(?) Pasqualigo ha fatto metter da parte, per dar principio ad un deposito, né meno alcun altra cosa necessaria et quello che grandemente importa il più de gl’anni si prova anco penuria de grani, come si dubitava di haver l’anno presente, sino a quel medesimo giorno che Sua Signoria eccellentissima parti da quella città, nel quale poco prima che mettesse il piede in galea comparve un vassello Fiamingo, con grani di ragion de Hebrei habitanti in quella città. É poi piacciuto al Signor Dio che doppo questo sia sopragionto l’aiuto che condusse l’illustrissimo Proveditor dell’armata Canale da Capo Rodoni, procurato da Sua Signoria illustrissima in tempo di verno et riuscitogli felicemente, havendo con il solito di quella virtù, che ha essercitata in tutti li carichi et che particolarmente risplende in questo con gran lode del suo honoratissimo nome, superate le difficoltà della stagione et molte altre, per introdurre a quelle scalle così utile et importante negotio de grani. Questo sovvegno ha finalmente causato, che cessati quei rispetti et quelle voci di lega tra Principi Christiani, che s’erano divulgati in quelle parti et che havevano messo in difficoltà tale l’animo di quei ministri Turcheschi, che non hanno voluto quest’anno venir al partito ordinario della Decime dei grani loro, siano poi concorsi molti formenti in quell’isola dalla terra ferma, li quali hanno supplito all’uso dei popoli senza toccar quei dei fonteghi, che sono rimasti presservati; essendo anco sopragiunti pochi giorni prima della mia partenza due vasselli di Fiandra con carrico di cinquemille stara di formenti, li quali, a pretio di sedici lire il staro, sono stati tolti et divisi fra le munitioni et il fontigo della città, onde ho lasciata con grandissima consolatione d’animo provista quella fortezza, per li bisogni dell’anno presente et per molti mesi del futuro, con pensiero che quando questi formenti Fiamenghi, che non sono in compita perfettione dassero segno questa estate di guastarsi, possino esser utilimente convertiti in biscotti per servitio dell’armata.
Questa provisione, nella quale ci ha poca parte l’opera humana, si deve riconoscere dal solo favore del Signor Dio, poiché mentre si dubitava di mancamento notabile nei mesi di novembre, dicembre et gennaro, per il consumo che fece l’armata di molta quantità di grani riposti nelle munitioni et fonteghi della città, che haverebbono potuto supplire all’uso ordinario per molto tempo, sopravenero le già dette provisioni, in tempo che né dalle scalle di Dragomestre et Candella né meno dalle parti della terra ferma si poteva, per li rispetti già detti, havere grani, né speranza di concludere il mercato delle Decime ordinarie.
Qui parmi necessario di fare ben poca digressione, per considerare riverentemente a Vostra Serenità, ch’io stimo sopra modo l’introdutione del negotio de grani alle scalle di Rodoni, comprendendo, che quando o per diffidenza o per avidità dei ministri Turcheschi confinanti o per altri accidenti non si potesse, come è successo l’anno presente, havere li formenti delle Decime, resteria per via di Rodoni in ogni modo provisto al bisogno di quelle fortezze, oltre che frequentando quei luochi con galee si leveria l’occasione, non tanto a Ragusei, Pugliesi et ad altri di valersi di quei grani, ma il modo ancora di ridursi in quelle parti sotto questo pretesto per procurar sollevationi dell’Albania, che vengono tentate, come n’è benissimo informata la Serenità Vostra.
Ho dunque, come intende Vostra Serenità, lasciate proviste de grani quelle munitioni, ma duolmi infinitamente che restino prive d’altre vittuarie et di legne et carbone, con quel pregiuditio che le accenai poco fa, ond’ella, senza che mi estendi in questo propostio, conoscendo l’importanza del bisogno, potrà prendere subita risolutione di commettere, insieme con l’essecutione dell’ordine dell’eccellentissimo Pasqualigo intorno al novo deposito de legne, che lasciai intatto, quanto di più le parerà, perché siano immediate fatte le necessarie provisioni di ogli et accetti et d’ogni altra cosa.
Il deposito de migli è nella summa di stara 6.513 nella quale io lo ritrovai et l’ho conservato, conforme all’espressa volontà della Serenità Vostra in questa materia.
Si soleva già pochi anni fabricare biscotti in quella fortezza, provista de forni molto utili et atti a questo bisogno, che tuttavia si conservano in buono stato, ma perché il danaro, che era tenuto in deposito per comprar grani a questo effetto, fu speso nell’accomodamento della coltrina, si è del tutto intermessa la fabrica dei biscotti et da questa città ne vengono sumministrati per uso di armata ben spesso, con tanta dialtione per l’incertezza dei viaggio di mare et alcuna volta per li naufragii dei vasselli, come è accaduto li mesi passati, che per il più questa dilazione suol ritardare molte publiche importantissime essecutioni, che ricercano celerità, et quello che è molto peggio può anco causare necessità di pane, con quel pregiuditio grande che per tanti capi può partorire un simile mancamento.
Di legnami et ferramenta debbo dire, che le provisioni procurate dall’eccellentissimo Pasqualigo sono così abbondanti, che suppliranno per qualche anno alli bisogni ordinarii, tutto che l’opera già dette ne habbino consumata una gran quantità.
Tutte le predette et ogni altra sorte(?) et qualità di munitioni sono passate per mano del quandam Alessandro Gritti, di un suo figliolo che ha commessi molti intachi, et di altri doi ministri doppo questi, senza che da quaranta anni in qua se ne habbia potuto haver conto, né meno veder il fondo di così grosso et importante maneggio, come ho voluto essere pienamente informato, cosa che per più cause ho stimata esser di molta consideratione et degna di alcuna opportuna provisione, però essendo l’estate passata giunto in quella fortezza messer Benetto Tiepolo, con carico di sopramassaro delle munitioni, ho voluto che sia fatta una diligente discrittione di tutte le munitioni publiche d’ogni qualità, affinché ricevute da lui per consignate, sia tenuto renderne conto particolare in ogni tempo; et per liquidar certamente l’intacco di esso Gritti et perché la Serenità Vostra possa sempre sapere la quantità di dette munitioni, ho fatto formar un libro de resti, che doverà esser tenuto in camera fiscale, con nota distinta di tutte le cose passate nella presente consegna et con obligo a quei ministri di notar similmente tutte quelle che saranno mandate di tempo in tempo in quella fortezza; et di tutte esse munitioni ho voluto portar nota meco per presentarla alla Serenità Vostra, acciò possa chiaramente comprendere di quanta importantia sia un tanto maneggio et di quanto pregiuditio fosse il lasciarlo passare in disordine et confusione così manifesta, nella quale è stato sepolto per il corso di tanti anni.
In questo importantissimo negotio parmi bene aggiongere riverentemente all’Eccellenze Vostre, che si come fu deliberato con molto servitio publico, che di tre in tre mesi fosse mandato conto distinto al magistrato delle biave dal sopramassaro dei biscotti di tutta la dispensa et di quella quantità, che dentro il spatio di quel tempo entra nei magazzeni sotto il suo maneggio, così crederei che fosse prudentissima et utilissima risolutione, di obligare il sopramassaro delle munitioni a mandare ai magistrati delle fortezze, artellaria, biave et ad altri, secondo la qualità delle dispense, di tre o pur di quatro in quatro mesi, nota particolare di tutte le robbe ricevute et date fuori, acciò si potesse con facilità in un giro d’occhio et di pena veder di tempo in tempo la quantità et qualità di tutte le munitioni che si ritrovano in quelle fortezze, tenendo anco con questo obligo il sopramassaro, in rispetto di bene et legalmente essercitare quel carico, presso di che stimo parimente necessario di riccordare, con la medesima riverentia alla Serenità Vostra, che non sia di publico servitio conferire il detto carico in persona che vi habbia a perpetrare per tutto il corso della sua vita, ma che molto meglio sarebbe, per più cause, osservare in lui quello che vien fatto nel sopramassaro dei biscotti, al quale si da il cambio di cinque in cinque anni, che tutto sia rimesso alla signolar prudenza della Serenità Vostra, a cui, oltre tutte le cose dette in questa materia, mi resta a fare riverente et a mio giuditio importante consideratione, che essendo quasi per ordinario fatte molte instanze da clarissimi capi da mare et signori sopracomiti di ferramenta, legnami et altre cose delle munitioni, per li concieri delle loro galee, che non si posson negargli, per non dar interesse a Vostra Serenità del doppio del costo comprandole ivi, et perché per il più non si trovano se non poche et anco ben spesso niuna delle cose predette, stimarei che fosse di gran benefitio publico, che di tutte le robbe che vengono dispensate a quest’uso dalli proveditori della fortezza, oltre la nota che deve tenersi in camera fiscale nel libro instituito da me, fosse anco dato obligo alli scrivani delle galie di farne nota simile nei loro libri bollati, accioché al disarmare fossero tenuti renderne particolar conto.
Si suole dalle munitioni somministrare a gl’operarii delle fabriche tutti gl’instrumenti di ferramenta che sono necessarii, tanto a murari et tagliapietra salariati, quanto a manovali pagati. Et perché ho osservato che questa ferramenta viene malamente usata et tenuta et restituita da una settimana all’altra, et ben spesso di doi in doi giorni, così mal conditionata che si conviene somministrarne di novo, cosa che in capo all’anno apporta interesse considerabile, però crederei che fosse maggiore vantaggio publico, l’obligare gl’operarii predetti a lavorar con la loro ferramenta, con qualche augumento di mercede, et che a quelli che non havessero il modo di provedersi(?) ne fosse in questo caso somministrata dalle munitioni per il costo, dovendo il scrivano delle fabriche dargli obligo di scontarla nelle manifatture, poiché non è da dubitare che le maestranze et operarii fossero per haverne molto miglior cura come robba sua, di quella che tengono della publica, et che di questo modo restassero sollevate quelle munitioni da questo interesse.
Il numero delle militie di quel presidio è di soli fanti 565, molto tenue et ristretto, col quale non si può supplire alle ordinarie fattioni, massime dovendosi mandare di mese in mese nel castello della campana vinticinque fanti del corpo di tutta la militia, né a questo mancamento c’è altro rimedio che acrescere il presidio a numero conveniente, come io stimo grandemente necessario per ben costodire tutte quelle importantissime piazze.
Li soldati durrano(?) grandissima, anzi inesplicabile, difficoltà a mantenersi con la paga che gli viene data, essendo passate a eccessivi et essorbiatanti pretti le cose del vito et tutte l’altre, con tanta disparità che quello che valeva pochi anni sono dieci hora vale vinticinque et anco trenta; ma quello che acresce senza fine la loro miseria, è la difficoltà di haver minuta, doppo la regolatione dei quatrini, essendo rimasta la città et tutta l’isola in tanta strettezza, che nel cambio del crociato molti si dolgono di sentire alcuna volta interesse considerabile, quello che non ha fatto la robba, la quale non è diminuita punto, ma si è conservata et sta tuttavia nell’alteratione dei pretii; per tutte queste cause il povero soldato si trova in tanta miseria, che convien perire dalla fame con la paga ordinaria, et quanto sia bene tenerli ristretti, in modo che la penuria del vivere et la necessità della fame induca gl’animi loro alla disperatione, dalla qual poi possono nascere gravissimi et pregiuditialissimi effetti in fortezze di tanta gelosia, lo lascio considerare alla Serenità Vostra, alla quale ho stimato necessario far sapere questi particolari, perché ponderati dalla sua singolar prudenza, sia provisto in alcuna maniera alla necessità urgentissima di quelle povere et aflitte militie, degne per certo d’essere sovvenute con qualche augumento di paga et con assegnamento di alcuna di quelle regalie che vengono somministrate a quelle del Regno di Candia.
Capo et governatore di esse di ritrova di già al fine della condotta l’illustre signor Conte Ottavio Vimercato, gentil huomo Cremasco et cavalliero di honoratissime conditioni, prattico et esperimentato della proffessione militare, suddito et servitore di Vostra Serenità di singolare et riverentissimo affetto, conosciuto tale nel corso de molti anni ch’egli presta il suo servitio a questo Serenissimo Dominio, et soggetto che per tutti questi et altri nobilissimi requisiti merita essere stimato et accarezzato dalla Serenità Vostra.
Delle persone de capitani non ho causa di parlare, solamente debbo dire che vederei volentieri in quel presidio soggetti di qualche condittione et lontani dalla necessità di vivere sopra la sola paga, perché non havessero a pensare et ad invigillar sempre di aggiongere aflittione al povero et mendico soldato, per l’avidità et bisogno del danaro, et de quali potesse la Serenità Vostra promettersi buon servitio nell’occorrenze sue, accioché tanta spesa che si fa ordinariamente, fosse impiegata con sicurtà di haver a ricevere effetti corrispondenti alle promesse et non a solo commodo di arichire li capitani, che fatti commodi col danaro di Vostra Serenità, o non riescono atti al servitio o se pur riescono molti si ritrovano alle case loro, onde ben spesso in un istesso tempo si perde il servitore et si getta la spesa.
Havendo sin qui parlato del stato delle fortezze, delle opere fatte in tempo mio, delle munitioni et delle militie et capi di esse, passerò hora a dare riverente conto alla Serenità Vostra del stato della camera fiscale, della spesa et entrata sua et d’ogni altro particolare ch’io giudicherò necessario.
L’entrate che si cavano dai datii delle peschiere di Butintrò in ragione di anno importano 12.000 et più ducati, et tutte quelle d’altri datii, di livelli, feudi et affitti non arrivano alli 8.000; la qualità delle valute che si essigono sono crociati, ongarici et pochissimi cechini, non correndo per la città et per tutta l’isola altra sorte di monete, per il comertio che si tiene con la terra ferma, dove non si spende altro danaro.
Trovai all’ingresso del mio carico che non tanto nella città, ma anco nella medesima camera, si spendevano et ricevevano li quattrini in grossa summa, a questo disordine aplicai l’animo et in tutte le polizze degl’incanti de datii feci dichiarire, che i conduttori fossero tenuti a fare li loro pagamenti in oro et argento, et il medesimo obligo imposi ai pistori delle fortezze, in tanto che ha potuto questa deliberatione partorire così buon effetto, che del tutto quella camera sia rimasta libera da quatrini, senza danno, anzi con augumento dei datii publici, et il suo capitale è ridotto al presente in oro et argento solamente, in valute di crociati et di pochi ongari, né altra sorte(?) di moneta si trova in essa, fuori che quella che Vostra Serenità manda di qua, la quale è stata in tempo mio effettivamente dispensata in pagamenti di militie, bombardieri, cavallaria, salariati, provisionati et salarii de reggimenti, in tuta quella summa ch’io portai meco et che poi successivamente portò l’eccellentissimo Pasqualigo, conforme alla dispositione delle leggi; la qual moneta, non così tosto uscita di camera, è mercantata da persone che attendono a questo solo traffico, che poi essendo asportata, convien quella città cadere in mancamento di moneta minuta, come è pur successo doppo la dispensa di tanta quantità di danaro che fu fatta la state passata dell’eccellentissimo signor capitano generale et dall’illustrissimo signor commissario di armata, del quale non ve n’è rimasta ben che picciola quantità in quell’isola.
In diffetto di moneta bianca convien per necessità la camera fiscale fare li pagamenti ordinarii et quei della militia ancora publicamente alla banca in crociati et ongari, con intacco della publica dignità et con grandissimo pregiusitio della povera militia, che come s’è detto di sopra convien ricevere molto interesse nel convertir questo danaro in moneta minuta, alla qual cosa non so vedere qual rimedio si potesse opportunamente applicare, poiché chi anco volesse ridurre li datii a moneta bianca, non si troverianno conduttori che volessero sottoporsi a quest’obligo, per le cause già dette.
Quando poi Vostra Serenità si risolvesse, per publica riputatione et per servitio delle militie, di supplire intieramente al bisogno, almeno per quanto importano li pagamenti di esse militie, stimerei che fosse necessario prohibire con severissime pene il trafico delle monete, acciò che rimossa questa mortale oppositione, restassero a commune beneffitio nella città, dovendo il tratto delle rendite di camera essere impiegato nelle comprede de formenti, che altro danaro non si richiede a questo bisogno, et in pagare le spese di fabriche, né potendo la moneta esser impiegata in altro uso che nei pagamenti publici di militie et salarii de reggimenti, con gl’oblighi della parte dell’eccellentissimo senato di primo dicembre dell’anno passato in proposito di valute, la quale in tanto potrà ricevere essecutione in quanto sarà mandato danaro di qua, che in alto caso fatta la dispensa di quella poca summa che Vostra Serenità manda di reggimento in reggimento, si convien valersi delle entrate della camera et del tratto di biave, che di tempo in tempo vengono dispensate, che tutto vien fatto nelle sopradette valute, intantoche posso certamente concludere, che non si spenda né si vegga altro denaro, né in publico né in privato, per la città et per tutta l’isola che crociati intieri, mezzi et quarti di crociati.
La spesa che convien fare la camera, lasciando da parte l’occorrenze estraordinarie di fabriche, importa 50.000 et più ducati all’anno, li crediti di molti debitori assendono a grossissima summa, ma l’essation riescono molto tarde, non già per diffetto dei publici rappresentanti, che non cessano di commandare et di sollecitare, ma per rispetto de ministri, che essendo eletti dal consiglio di quella communità di cinque in cinque anni, il più delle volte del tutto inesperti et privi di quella essata intelligenza che ricerca la qualità di così importante maneggio, o transcurano il loro offitio o per rispetti et per dipendenza private restano di fare il debito loro, onde non pur patisse l’essatione ordinaria dei datii et de debitori vecchi, ma quello che anco rillieva grandemente, resta in confusione il ministerio di detta camere. Furono veduti questi inconvenienti in tempo dell’illustrissimo precessor mio dall’eccellentissimo signore Alvise di Priuli, Procurator di ritorno del generalato suo di Candia, il quale con la sua molta prudenza li conobbe pregiuditialissimi et li rappresentò ala Serenità Vostra, che stimando quanto si conveniva questo negotio, conferì auttorità alli proveditori di quella città, non solamente di riccordare l’elettione di soggetti di bontà et sufficienza, ma di poter cassare et annullare quando fossero inutili le loro elettioni et provedere d’altri; li medesimi disordeni sono anco stati riccordati dall’eccellentissimo Pasqualigo tanto a pieno, che a me non resta che poter dire, se non che dovendo in caso di nova elettione riuscir li medesimi soggetti et forse peggiori, giudicherei che fosse bene levare questa facoltà a Corfiotti, per rimovere infinite occasioni di importantissimi pregiuditii al maneggio di tanto danaro et scrittura publica, et mandare di qua ministri intelligenti, sinceri et liberi affatto da ogni interesse et affetto privato, che facessero l’obligo loro, conforme all’intentione et al bisogno publico; ne Corfiotti li privileggi de quali sono stati ampliati gl’anni passati, con aggionta della capitaneria dell’isola et delle copie della cancelleria, amendue offitii di buona rendita, haverianno causa di gravarsi et quando pur lo facessero, molto più importa un tanto interesse a Vostra Serenità, di quello che sia da stimare l’interrutione di un suo privilegio tanto malusato in questa parte et di tanto pregiuditio, quanto benissimo comprende la Serenità Vostra.
Haverei molto che dire intorno altri loro privilegii che patiscono mortale et gravissima opositione, massime in proposito delle vendite de vini, se il detto eccellentissimo Pasqualigo non havesse rapresentati li disordeni passati, a eccessi degni per certo di alcuna celere provisione, ma non mi par già di dover tacere quale sia la natura di quei cittadini, che poveri ma grandemente superbi et altieri, vivono sopra quei pochi offici che vengono distibuiti dal consiglio della loro communità et più tosto che aplicarsi all’agricoltura da luochi dell’isola, che sono molto belli et atti alla produtione d’ogni frutto, stano otiosi et pigri, et se pure alcuno di essi s’arichisse, lo fa col sangue del povero isolano, commettendo molte usure, che appresso di loro sono chiamate postrichi, ma quello che più mi offende è l’arditezza loro acquistata, con l’adito che hanno sempre largemente havuto a piedi della Serenità Vostra, di dove sono partiti sodisfatti delle loro instanze in tutti i tempi, vanno ampliando il merito della deditione et fedeltà loro, così mal usato a questo tempo, che pretendono prevalere alla giustitia in luoco di mostrarsi humili et riverenti, facendosi lecito per ogni accidente, anco di sollevatione et di seditione procurate et fomentate da essi con maniere indebite, di dimandar ambassarie per Vostra Serenità per sostentare le loro attioni et per deprimere la giustitia, onde ben spesso per queste et per altre cause molestano indiscretamente li publici rappresentanti.
Al governo di questi et di tutti li popoli della città et isola è stato per pochi mesi il clarissimo signor Zuanne Lion bailo, gentil huomo di gran valore et bontà et di molto spirito, che ha ottimamente et con molto splendore essercitato quel carico, onde resta impressa negl’animi de buoni una continua memoria del suo prudentissimo governo.
È poi successo a lui il presente clarissimo signor Alvise Basadonna, che ha governato per tutto il rimanente del tempo del mio reggimento, con somma accuratezza et diligenza, onde io posso attestare con piena verità alla Serenità Vostra, che quel signore non habbia mai havuto altro oggetto né altro pensiero che il solo fine del servitio publico, al quale ha invigillato con tanto cuore, che mediante la sua diligenza tutte le cose di quel governo sono riuscite felicemente, havendo anco essercitata con somma et universal satisfattione nelle cose gravi quella virtù della quale egli è riccamente ornato, onde per tutte queste cause è non(?) pur passata ottima intelligenza con amendue, ma posso dire che una sola sia stata la volontà di tutti per tutto il corso di quel reggimento nel ministerio delle cose publiche.
Taccio molte cose che potrei dire degl’isolani, di soldati della strathia, di quelli delle ordinanze et de galeotti rolati, per esser state diffusamente significate alla Serenità Vostra pochi mesi sono, et quanto alle cose dell’isola dirò solamente, che se gl’huomini paesani fossero così pronti all’agricoltura come ella è fruttuosa, ma più del terzo inculta, se ne trarebbe il vito necessario per quella città et fortezze et si leveria la necessità di haver ogni anno a mendicar il pane dagl’inimici, con tanta incertezza et ben spesso con difficoltà tale, che molte volte s’è ridotta in stato così angusto et misero, che minaciava da un giorno all’altro la morte a tutti quei popoli, onde parmi con gran ragione che a questa importantissima materia si doverebbe aplicar l’animo, per far ridure a coltura se non altro almeno la valle di San Giorgio, molto bella et piena di buoni et fruttuosi terreni, ma abandonata, del sito et stato della quale, essendo stata informata Vostra Serenità, io non ne parlerò, per non cadere in replica di cose portate tante volte a sua notitia, massime non vi essendo novo accidente che me ne dia causa.
Oltre tanti terreni atti a produre grani, vini, ogli, valonie(?) et grava(?), vi sono tre belle et utilissime campagne che producono sali in molta quantità, l’una a Lefehimo(?) dal capo dell’isola verso Levante, l’altra vicina alla città et la terza poco discosta; la prima è maggiore delle altre due assieme, nella quale quando gl’anni, come è solito del paese, vanno asciuti, si fanno fin 140 migliara di sale, et a questa si potrebbe con gran facilità acrescere altri luochi, come si è fatta la prova l’anno passato, ai quali senza opera manuale si è data l’acqua, essendo in luoco che il piano del terreno è inferiore al mare, come è la maggior parte dei quella campagna; la seconda, che è detta dei Santi, è pur grande et molto bella; la terza poi è di poco ricinto, che non rende più di quindeci in vinti migliara di sale all’anno; et tutte insieme possono fare un anno per l’altro dusento et più migliara de sali. La spesa che vien fatta annualmente in preparar li terreni et le materie necessarie, per tutto il tempo che durra la stagione, importa ducati 4.000 in circa et l’utile che se ne cava eccede li 30.000, onde posto in consideratione il tratto de sali, si può dire che quasi maggiore sia l’entrata che si cava dalle saline di quello che importa tutta la spesa che si convien fare in pagamenti di militie et in tutte le altre cose insieme, la onde parmi che di esse saline se ne debba fare molta stima et procurare che siano ben tenute et commandate da persone di bontà et di isperientia et lavorate con diligentia, al qual fine io darò conto distinto all’illustrissimi signori proveditori al sale d’ogni particolare, perché come materia propria del loro magistrato sia da Sue Signorie illustrissime vintillata et coaiuvata quest’opera, di quella maniera che sarà stimato necessario. Et passando ad altro dirò di haver veduto, insieme coll’eccellentissimo Pasqualigo, il castello di Sant’Angelo, situato sopra un altissimo monte verso Ponente, per sito assai forte et che dentro il ricinto di esso et del rivellino può dare riceto a 6.000 et più anime, come se n’è veduta l’isperienza nelle incursioni che ha patito l’isola in tempo dell’ultima guerra Turchesca et anco prima. Tacio come egli sia malamente tenuto et taccio ancora li bisogni che ha di esser riparato, a pieno intesi da Vostra Serenità pochi mesi sono, ma non debbo già taccere di haver data di essi piena informatione al clarissimo successor mio, perché presso le altre opere che devono ridursi a fine, siano queste ancora fornite, essendo di molto momento, per servitio et per sicurtà di quel luoco.
Ho medesimamente riccordate al predetto clarissimo successor mio alcune poche opere, che sono con instanza dimandate da gl’habitanti della Parga, per assicurar dalla parte di mare certo poco muro che minacia rovina, le qual tutte cose mi rendono certo che saranno da Sua Signoria clarissima procurate, con quell’ardor d’animo col quale desidera spendere fruttuosamente il suo servitio in quel reggimento, come ha fatto in altri carichi.
Di questo castello mi occorre solamente dire a Vostra Serenità ch’egli è degno d’essere stimato et presservato, non tanto per la fedeltà di quei poveri sudditi benissimo affetti alla Serenissima Repubblica, quanto per le ragioni di confine ch’egli da in paese Turchesco alla Serenità Vostra, oltre che di la passano a Corfù biave, carnazi et legnami in gran copia, per squeri et per altro uso et quello che anco importa, si ricevono con facilità ben spesso avisi di consideratione da quella parte.
Ho sin a quest’hora rapresentato riverentemente alla Serenità Vostra, oltre i stato et li bisogni delle fortezze Vecchia et Nova et provisione de grani, il governo della camera fiscale, l’entrate et la spesa di esse, la qualità dei ministri, le conditioni di que’ cittadini, la fertilità dell’isola, il stato delle saline et succintamente parlato dei doi castelli di Sant’Angelo et della Parga, hora per dar fine mi resta solamente alcuna cosa del console di Spagna ressidente in quella città et del luoco del lazzaretto. Sono più di docici anni che un Marc Antonio Lipravoti(?), il quale haveva prima per il corso di molti anni essercitato l’offitio di console regio in quella città, fu dalla Serenità Vostra fatto rimovere dal carico, per li sinistri uffitii che faceva. Costui mentre si trattene in quel luco si maritò in secondo voto con una di quelle cittadine di casa Trivola(?) et tentò, col mezzo delle dipendenza di sangue et con la sagacità del suo ingegno, d’esser introdotto nel consiglio di quella communità, cosa che non gli riuscì, et finalmente, dovendo partire, si ritirò a Otranto patria sua, dove si ritrova tuttavia, stipendiato da Sua Maestà Cattolica, con carico di sopraintendente delle fregate regie. È successo a lui un Giovan Andrea Liprovoti(?) suo figliolo in primo matrimonio, il quale si è medesimamente maritato in una cittadina Corfiota di casa Eparca. Della persona sua non si è sentita sin hora cosa che possa pregiudicare al servitio di Vostra Serenità, è giovane di molta modestia et procura per questa via d’insinuarsi nella gratia dei publici rappresentanti, et dove per avventura manca d’isperienza, supplisse il padre, che con la sagacità sua lo ha introdotto et sostentato in quel servitio, fu l’anno passato a Napoli et vi si trattene alcuni mesi, et pare che partisse di la con satisfattione di quel Vice Re, a cui fece alcuna sinistra relatione delle galee del Regno di Candia et di quelle grosse, essercita assai discretamente il suo carico; con tutto ciò non so vadere quanto sia bene che rissiedi in quella città ministro di Principe alieno, con tante dipendenze di parentella con quei cittadini, quante ha costui dalla parte del padre, come dalla sua, et che in oltre tiene il padre tanto prattico delle cose di Corfù così vicino, ch’io posso dire ch’egli con l’intelligentia del figlio sia tutta via padrone del carico et che molto più facilmente, l’uno a Corfù et l’altro a Otranto, potessero con uffitii sinistri apportare gl’istessi et anco maggiori pregiuditii alle cose di Vostra Serenità, di quello che forse poteva fare il padre solo in altri tempi. Questo in tempo del mio reggimento ha presa habitatione vicina alla porta da mare a San Nicolò, dove da ogni hora che giungono fregate regie è il primo a saperlo, et alcuna volta non siamo rimasti senza qualche sospetto ch’egli possi haver ricevute le lettere, sbarcate persone et licentiate le fregate, senza saputa di alcuno, a che, oltre ogni altro rispetto che può benissimo esser considerato da Vostra Serenità, s’aggiunge quello della sanità, et di più anco la commodità di poter far fuggire molti soldati; onde per tutte queste stimerei bene che sotto alcun pretesto egli fosse levato da quella stanza et necessitato ad habitar nel mezzo della città, acciò le sue attioni potessero esser maggiormente osservate et più facilmente intese dalli rappresentanti publici.
Quanto ai lazzaretti, fatta che sia la cisterna d’acqua, alla qual tuttavia di attende, sarà provisto al bisogno di quel luoco di cosa tanto necessaria, senza che per questa causa habbino a passar da quel luoco alle rive dell’isola li guardiani et altri del detto lazzaretto per far acqua, con manifesto pericolo di infettar l’isola.
Presso questa cisterna, riccordo riverentemente a Vostra Serenità, che conforme alle deliberationi dell’eccellentissimo senato saria bene non differir punto la fabrica della casa per uso del priore, acciò che egli habbia a stantiarvi et ad assistere con la persona, a tutti quei bisogni che ricerca la custodia di quel luoco, dalla qual dipende indubitatamente la preservatione della salute commune et senza la quale possono nascere molti importanti inconvenienti.
Ho havuto per segretario messer Antonio di Franceschi, il quale si come a me in tutte le occasioni ha prestato ottimo servitio et di compita mia satisfattione, così credo che l’istesso sia seguito all’eccellentissimo Pasqualigo, al quale piacque valersi della sua persona non solo nel carico di secretario, per l’assenza del suo, ma anco volse adoperarlo nel far un cattastico di tutti i libri della camera fiscale, in che egli diede compita satisfattione, si come ciò sarà anco di molto servitio publico.
Di me Serenissimo Principe, Padri et Signori eccellentissimi, ho poco che dire, poiché non havendo potuto con l’opera del mio servitio arrivare a quel segno, che desiderava l’affetto riverente et sincero della mia volontà et che bramava il desiderio che ho sempre notrito nell’animo di superare la volontà propria et le mie forze in suo servitio, non mi resta che poter affermare a Vostra Serenità se non una sola cosa, che in tutto questo tempo io non habbia atteso ad altro che all’honore et beneffitio della Serenità Vostra, havendo voluto per bene et degnamente essercitare quel reggimento, nelle congiunture che sono venute in tempo mio non accadute molti anni prima, prefferire la dignità del carico ad ogni interesse, senza pensar mai al stato della mia numerosa famiglia, con haver anco aventurata la vita propria combattuta, come accennai da principi da una gravissima infermità, la quale essendo piacciuto al Signor Dio presservarmi, sarò prontissimo a spendere in servitio di questa Serenissima Patria, come conviene a buon cittadino et a servitore riverente di Vostra Serenità et di cadauna di Vostre Signorie illustrissime et eccellentissime.
Nicolò Bragadin