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8 ottobre 1669 Girolamo Dolfin

Relazione

1669 ottobre 8 Girolamo Dolfin provveditore e capitano
[copia ottocentesca BNM cl. VII cod DCLXXIX ital.]

Relazione del nobel uomo Girolamo Dolfin ritornato da Provveditore e capitano di Corfù letta in senato
Serenissimo Principe
Prima anco di conferirmi alla carica di provveditore e capitano a Corfù, che con eccesso di tanta gratia restò compiacciuto il Serenissimo Maggior Conseglio d’appoggiare alle mie debolezze, rassegnai alla publica grandezza gl’arbitrii e la tenuità de proprii talenti ad altro non rivolti che al servitio migliore della patria.
Poi con quella fervida diretione e con quel sviscerato zelo che mi sono stati compagni nell’impiego d’essa, con le parti d’una cieca ubbidienza ed un schietto candore, intrapressi la carica stessa e procurai nel progresso d’essa testimoniare l’ardentissima volontà ch’ha sempre nudrito il mio cuore di ben servire la Serenità Vostra e se la mia imperfetione non ha saputo arrivare a quei segni a quali aspirava il desiderio, confido che non sarà condanata la volontà, ma bensì nei riflessi all’emergenze tanto moleste, ne quali ho convenuto versare benignamente, compatite le mie mancanze.
Terminato hora l’impiego medesimo, mi sono, gratie al Signore, doppo un lungo travaglioso viaggio restituito a questa parte, dove come vitima divota sacrifico alla Maestà Publica con me stesso ogni mia operatione, e benché non habbi mancato di rappresentare con mie continuate riverentissime lettere tutte quelle cose di maggior rillevo, che stimai convenirsi alla notitia dell’Eccellenze Vostre, non tralascio ad ogni modo d’humilmente rifferire anco al presente ciò che m’è occorso d’osservare degno delli sapientissimi riflessi della Serenità Vostra.
Intorno alla conditione delle fortezze doverebbe principalmente versare il mio discorso, ma perché la qualità delle medesime è stata da tanti eccellentissimi rapresentanti con diffuse rellationi significata, ho stimato perciò d’astenermi da tedio superfluo e restringermi a quelle sole particolarità che mi sono parse più essentiali.
Principierà per tanto il mio divottissimo ufficio dal stato in cui ho lasciata la piazza predetta di Corfù, quale per essersi ridotta in stato quasi troppo ristretta di militie e in una mancanza estrema di tanti materiali che se gli rendono bisognosi, viene assai a derogare alla sua stima e però nelle congionture correnti, che sono pur troppo degne della publica consideratione, sarà neccessario applicare ai compensi per render sufficientemente proveduto et assicurato quel porto, ch’è dell’importanza già nota.
Di moltissimi accomodamenti e ripari tengono pur bisogno quelle mura e fortezze, già ultimamente rivedute dall’ingenier Lipigni, la di cui rellatione, essendo stata dall’accuratezza dell’eccellentissimo signor Proveditor general Valiero che veramente a tutto invigila, trasmessa sotto l’occhio publico, stimo parimenti superfluo di ripeterla alla virtù dell’Eccellenze Vostre, che già l’haveran con le considerationi proprie maturata, toccarò solo il punto essentialissimo de render in qualche forma assicurato il scoglio di Vido, che domina tutto il porto, e che potrebbe per altro in caso d’alcun travaglio a quelle parti (ch’il Signor Iddio tenga lontano) esser di gran commodo all’inimico per inferire pegiuditii.
Di monition poi da vivere, che doverebbe nelle presenti emergenze esser abbondantissime, non n’ho ritrovato né lasciato ch’un solo deposito de migli, nel resto né formenti, né ogli, né asedi, né alcun’altra provigione vi essiste, oltre che pocche anco sono quelle da guerra.
Gl’arsenali furono ultimamente proveduti di molti apprestamenti, ma di legname e chiodaria, che per tante occorenze si rende continuamente neccessaria, se ne prova una totale mancanza. Le militie essistenti hora in quei presidii consistono in sole cinque compagnie, doi italiane e tre oltremontane, queste, espurgate già dal zelo dello stesso eccellentissimo signor proveditor generale, sono state pur da me nella di lui absenza con la frequenza delle rassegne mantenute nella forma che fu dal mio debito conosciuta propria.
Il mandrachio, dalle agitazioni continuate del mare, tiene un sommo bisogno d’essere restaurato e po’ [perciò?] non è da lasciar di mira l’applicatione al medessimo, ch’è requisito di quella consideratione ch’è ben compresa dalla publica sapienza.
Circa il stato poi dell’isola, riddotta per le molte levate da tant’anni di gente per Candia in una scarsezza d’habitanti considerabile, non posso che rappresentarla del compatimento della Serenità Vostra, per il dovuto respiro, mentre con fatica si possono ora trovar persone bastanti ad armar i posti delle guardie, tanto neccessarie alla buona custodia della medesima, consistendo il maggior numero de villici in vecchi impotenti, in persone privileggiate ed in puti non atti ancora a prestar alcun publico servitio, e se ve ne sono alcuni de habili, per sottrarsi dalle fattioni personali e dal pericolo d’esser inviati in Candia stessa, amantati d’un saccho di rassa, si fanno con facilità ordinar religiosi in copia tanto numerosa, che rende presso il mondo anco nella crassa loro ignoranza scandaloso il suo essere.
L’indigenze di quella Camera poi sempre si fanno maggiori, poiché essendo continuati i dispendii e deteriorato le rendite de datii, per le difficoltà in che massime sono state sin hora le scale di Bastia et altri lochi della terra ferma, dalle frapositioni pure de corsari et altri accidenti che si rendono intereluse, non può che restar deffraudata l’essatione e difficoltati i pagamenti. De biscotti, gratie a Dio, ve ne è stato sempre abbondanza et non essendo molto grande il consumo, nella scarsezza di millitie et legni armati che dimorano per il più all’altre isole, ve ne ho anco lasciata in quei magazeni sufficiente provvigione.
Il signor Antonio Brutti, Governator di quell’armi nel corso del mio sogiorno, ha con l’accurata applicatione del suo zelo datti saggi intieri dell’ottimo suo servitio, che tutta via presta a quella piazza; onde ben cospicuo apprendo il di lui merito, come pure quello dell’altro signor Governator Giovan Battista Morati della nova cittadella, che con pontualità ben adequata supplisse pure alle parti tutte, non ometto di considerare e l’uno e l’altro capace del publico gradimento.
Non devo trallasciare anco d’aggiongere alla Serenità Vostra, come tra gli altri ch’hanno fruttuosamente speso i suoi talenti nel publico servitio è stato il signor Giacomo Gatti che mi ha servito di segretario, l’assistenza fruttuosa del quale ha complito veramente in somma maniera all’urgenze occorrenti. Questo avendolo provato per soggetto d’attitudine, esperimentata in molti impieghi da lui virtuosamente sostenuti, non posso pure che rappresentarlo degno d’essere alla fine consolato con qualche atto della publica gratitudine, in capo di vint’anni di continuo servitio da esso personalmente prestato, nel di cui lungo corso, trattenuto dalla propria modestia, non ha mai infastidito l’orecchio publico con alcuna benché minima supplicatione, né gode certamente alcun altro sollevo alle sue strette fortune, ch’il puro miserabile sallario di soli ducati dieci al mese, onde come merita il rimarco a tante fatiche contribuite nel real servitio dell’Eccellenze Vostre, così nella rassignatezza del novo impiego anco presso l’eccellentissimo mio successore, non dispera la consecutione della publica pregiatissima gratia.
L’aggradirsi  poi dalla Serenità Vostra i parti della mia debolezza, superata dal zelo di ben servire, si renderà singolar effetto della publica generosità ed i sentimenti dell’animo lo riconosceranno per favore specioso, con questi unirò sempre il cimento di tutti gl’incontri, pronto il spargimento del sangue per pagare con proportionato tributo con li fratelli, sostanze e figliuolo all’occorenze tutte della Patria. Grazie.
Data in Venezia li 8 ottobre 1669