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3 gennaio 1610 Zaccaria Gabriel

Relazione

Relazione di Zaccaria Cabriel ritornato di Provveditore e capitano di Corfù
1610 gennaio 3

Serenissimo Principe illustrissimi et eccellentissimi Signori
Il sommo zelo del buon servitio di Vostra Serenità et l’obligo mio naturale, mi costringono a riferirle, quello che ho potuto apprendere colla debole mia cognitione nel corso di trenta mesi e più, che ho essercitato la carica di proveditor et capitano a Corfù et del governo dell’isola; et ancora che la nobiltà di quella fortezza, tanto stimata appresso qualonque natione, che per il suo maraviglioso sito naturale et per l’arte che l’accompagna, possi chiamarsi anzi sopra humana che fatta per mano de huomini, mi porga ampiissimo campo di dir molto intorno l’eccellenza di essa, tuttavia il sapere che da tanti altri eccellentissimi senatori, che vi sono stati generali, et ancora illustrissimi miei precessori, sii stata in diversi tempi più volte discussa pienamente questa materia, debbo astenermi di aportar all’Eccellenze Vostre altro tedio, colla commemoratione di cose già molto prima intese e toccherò legiermente quello che stimarò necessario ch’elle sappino, con ogni maggior brevità.
Et perché tutto il ragionamento del quale debbo trattare, si riduce a cose interne et esterne, in questi due capi concluderò il termine del mio discorso; et principiando prima dal esterno dirò riverentemente.
Che non vi essendo cosa che possa ritornar di maggior servitù a Vostra Serenità et alla conservatione anco de sudditi, che la buona vicinanza colli confinanti, ho procurato sempre di haverla ottima con quei ministri del Signor Turco, passando con loro et reciprochi ufficii, si che hanno conceduto del continuo con allegra fronte le decime consuete delli formenti, opportunissime alli alimenti di quei popoli et fortezze, che sono state il primo anno di stara 1.207, a prezzo de lire 11 soldi 19 il staro, et il secondo di stara 1.643, in ragion de lire 8 soldi 19; et oltre la buona intelligenza che ho sempre havuta con loro, ho unitamente col signor bailo conseguito anco questo, che nelle occasioni seguite di fuga de galeotti et di persone fatte schiave, a nostra intercessione ne hanno fatto la restitutione volentieri, tuttoche per ordinario si provino in questi negotii difficoltà non mediocri, et havendo alli due sanzacchi, che in diversi tempo sono stati ispediti al governo di quelle parti, presentati li doni ordinarii, son stato in oltre memore di essercitar verso di essi li medesimi ufficii, per disponer maggiormente il loro animo a conceder di buona voglia le cose, che mi sono accorse loro richiedere.
Mi son transferito alla visita di quell’isola, per riconoscer il buon stato suo et far quelle altre provisioni che fossero necessarie, et havendo io ritrovato che in alcuni luoghi della Parga si poteva facilmente salire et scalare le muraglie, ho provisto in modo coll’haver fatto tagliar del sasso vivo, che hora quella parte resta affatto sicura. Et perché era consueto che le chiave di quel castello stavano nelle mani de particolari, ho introdotto che stiino sotto la custodia di quel governatore, la cui casa, essendo inhabitabile, l’ho fatta accommodare et ho assicurato anche le porte da mare, ch’erano del tutto rovinate, et il restello del corpo della guardia, essendo veramente da farne stima grande di quel porto, situato in luogo tanto opportuno de confini Turcheschi. Al commando de quali vi risiede un vaivoda, commesso del Gran Signore, ch’è patrono di cinque ville, le più lontane sono verso Levante, nominate Morsi, Ligaduri, Lugarates et l’altre due verso Ponenete chiamate Agin e Son discoste miglia tre solamente.
Dal forte de Malgariti, ch’è pur dalla parte di Levante, lontano miglia 20 in circa, passano ben spesso Turchi per esser spesati, conforme all’antica consuetudine, come fanno anche quei di Paramitia, che vengono in una sola giornata, colli quali et specialmente col vaivoda è necessario il ben vicinare, per tutte quelle consequenze che pososno esser considerate, nelle quali spese la Serenità Vostra ha d’interesse ducati dieci al mese.
Vi è anco a Fanaro, ch’è parimente dalla banda di Levante, un altro vaivoda col quale il governator della Parga passa mutui et reciprochi ufficii, et si tranferisse ivi per haver quei avisi che sono desiderati da quel reggimento, et proveditor et capitano.
Al castel Sant Angelo mi son conferito medesimamente, dove havendo veduto molti bisogni, volsi in parte riimediarli, come opera da me havuta per necessaria, poiché potrà all’occasioni risultare a sommo utile et beneficio di quei popoli, per il ricetto che loro potrano havere dentro, sicome nelle ultime guerre fecero il numero di seimille persone.
Et parimente al scoglio di Laxo(?), il quale ho con mio gran gusto veduto ben habitato da gente molto habile all’armi, la qual ascende al numero de 900, cioè huomini da fattione 250, vecchi inhabili sei, donne 198, puti 250 e pute 196, et essendo esso discosto 36 miglia da Corfù, non è dubio, che per tutti li rispetti, sarebbe bene mandarvi qualche persona idonea per assistervi in nome publico, come si fa alla Parga et al castello Sant Angelo.
Questi luoghi, opportunissimi per il loro sito, mi sono riusciti buoni mezzi a saper di tempo in tempo ogni andamento Turchesco et di ogni altra novità accaduta in quelli mari, di che ne ho fatto consapevole Vostra Serenità con mie lettere secondo l’occasioni.
Feci la rassegna di quelle cernide et le ritrovai con mancamento de 262 archibusieri et parendomi necessario di adempire le piazza vuote, poiché per la quantità dell’isolani ciò si poteva fare senza alcuna difficoltà, ho quelli rimessi, essendo tutta gente fiorita et dalla quale Vostra Serenità ne potrebbe sperare in ogni evento fruttuoso servitio, quando li capitani li disciplineranno conforme al loro obligo.
Mi son servito di quelle ordinanze, secondo l’ordine di Vostra Serenità, communicatomi dall’illustrissimo Proveditor dell’armata Canale gli anni passati nelle occasioni del rinforzo delle galee, mentre la notitia prima dell’armata Spagnola et poi della Turchesca, una dietro l’altra, sugerirono di proceder circonspetti et con buone provisioni, et circa a tal proposito non mi son rimaso di coaiuvare l’utilità publica in quello che ho potuto.
Ne vi sono capitati altri vasselli per condurne a Venetia né altrove, poiché dove prima si soleva pagar di nollo ducati tre grossi dodeci per mozzo, quei signori illustrissimi l’havevano ridotto a ducati due et al presente come prima, siche per questa causa et per non haver havuto alcun ordine né danari da Sue Signorie illustrissime, si è convenuto il precedente anno tralasciar di fabricarle; et vedendosi per isperienza, che quando gli anni vano asciuti con quattromille ducati di spesa che vi si facci intorno, se ne cavino trenta mille in circa, questo deve anco far evidentemente conoscere quanto convenga usar ogni opera per essercitarle, per non perder un tanto avanzo. Et perché nella campagna di Alestimo si ritrova gran copia de sali al discoperto, per mancamento de magazeni, non è dubio che quei per le piggie vengono a patir molto, con non poco danno di Vostra Serenità.
Et com’è cosa chiara che posson queste aggrandirsi assai con aumento particolare dell’Eccellenze Vostre, come ne fece la prova l’illustrissimo Bragadino mio precessore, così si doveria procurare di accrescere maggior quantità de huomeni et non di scemarli. Onde stimarei bene che nell’avenire non si dovesse essentar alcuno né dalle guardie né di lavorare nelle dette saline, poiché per la facilità de tali concessioni scende al presente a molta summa il numero degl’essentati et il servitio publico viene in gran maniera a patire.
Delle genti che habitan l’isola, che ha di circuito settanta miglia, com’è notorio all’Eccellenze Vostre, quando io ero bailo venivano numerate nella città et borghi anime numero ottomille ottantadue, tra preti, calogeri, huomini, donne, puti e pute; et al presente ottomille ottocento cinquantadue; et nel rimenente dell’isola sedicimille trecento ottantasei, che sumano in tutto anime vinticinque mille duecento e trentaotto.
Et perché più del terzo di quell’isola resta inculto, aviene che la città et fortezze patiscono molte volte de formenti et altre vittuarie, se ben nel corso del mio reggimento, per gratia dell’illustrissimo Iddio, non ho provato queste difficoltà in alcuna cosa spettante alla necessità del vivere, al che del certo doveria esser assiganto opportuno rimedio, per levarsi da questa conditione misera di ricorrer per il più a paesi de nemici per il vito, il quale soprabondantemente si caverebbe dalla medesima isola, quando fosse ridotto a coltura la valle di Corschia, ch’è tutta vegra, come anco per la maggior parte è quella di San Giorgio et altri luoghi, et stimerei di gran servitio che l’Eccellenze Vostre ne facessero conto, eleggendo un proveditore a questo effetto, che continuar dovesse per quel tempo che parerà alla Serenità Vostra; e tanto basti haver detto delle cose esterne.
Ritrovai all’arrivo mio a quel reggimento che il pontile del mandracchio, che serve a dar il transito alla città et alle genti delle galee senza passar per fortezza, era caduto dall’alto al basso, onde le dette genti non potevano haver altra entrata et uscita, se non per la medesima fortezza, cosa repugnantissima alla buona sicurtà sua, per quei accidenti perniciosi et ben noti a Vostra Serenità che da tal rispetto potevano nascere, mi risolsi farlo rimettere subito, si che hora serve ottimamente all’uso necessario et si resta liberi da questa ragionevol dubitatione.
Ho ridotto a compimento la fabrica dell’hospitale di quella fortezza, come opera molto pia et bisognevole alla soldatesca, che assiste al servitio di Vostra Serenità. Per servitio de quali fanti ho parimente accomodato diversi allogiamenti che si ritrovavano distrutti, ne vi è corso molto dispendio publico.
Ho perfettionato anco la guardia della porta maggiore et accommodato li terrapieni di essa, che per le acque erano del tutto rovinati.
Ne venendo colle ronde ordinarie che si facevano intieramente scoperto il contrafosso, cosa contraria alla buona sicurtà di quella fortezza, ho introdotto che facendosi nuova ronda resta affatto scoperto.
Et poiché la lunghezza del tempo haveva dato causa dell’atterramento della cunetta, la quale in ogni fortezza è di quella stima et reputatione che ogni uno sa, ho voluto farla escavare.
Così medesimamente ho fatto di nuovo errigere et accommodare l’horologio della piazza, ch’era stato gettato a terra, acciò habbia a servire a commodo della città et fortezza, come cosa grandemente necessaria et di gran ornamento et sotto di esso ho cavato due botteghe, che rendono di utile all’anno ducati vinticinque, il che sarà per risarcimento della spesa.
Il palazzo dell’habitatione delli proveditori era così ristretto, che indusse già l’eccellentissimo signor General Pasqualigo, prudentissimo et intelligentissimo senatore ad aggiungerle alcune stanze et mi lasciò il modello con ordine di essequirlo, et vi sono venute sei buone stanze in due solari et sotto di esse la camera fiscale, havendo io fatto cavare quattro botteghe, de quali la Serenità Vostra ne ritrahe un annuo affitto di ducati ottantasette. In tutte queste fabriche vi sono andati di spesa ducati undeci mille settecento e quaranta nove.
Tiene Vostra Serenità nella fortezza vecchia fanti 490 sotto capitani numero sei, 90 de quali soldati con un altro capitano assistono del continuo alla custodia della cittadella et il restante viene diviso in quattro corpi di guarda, cioè alla porta grande della fortezza, portello del mandracchio, Aversiada(?) et al palazzo dei proveditori, da quali corpi di guarda si tengono sopra la muraglia sentinelle numero 13 et 11 doppie ronde, che fanno huomeni 74, et ogni tre giorni si mutano le guardie, nelle quali entra una squadra per compagnia per levar di tal modo ogni occasione di cattivo incontro.
Et poiché col progresso degl’anni si è andata mutando la qualità delle difese et delle offese di quella fortezza, pare che li due beloardi posti alla fronte, per sicurtà dell’offesa che potrebbe dubitarsi dalli due monti Brioni e quello ov’è posta l’habitatione del signor bailo patiscano considerabili imperfettioni, così per esser voti con case mate, secondo il costume antico, come per non haver piazza di quella capacità che ricerca il bisogno, specialmente il beloardo chiamato della Rimonda, che ha la sua fronte per Ostro et Sirocco et doverebbe esser la difesa di un picciolo rivelino, qual per esser tanto ristretto è impossibile munirlo d’artigliaria, per picciola che vi fosse. Fu già cavata per necessità nella propria cortina una canoniera, per difesa di detta fronte, la quale essendo talmente dominata dalla campagna che l’inimico può ad ogni suo beneplacito imboccarla, non serve a cosa alcuna. Deliberò la Serenità Vostra di vestir il rivelino et di formarvi un fianco colle sue canoniere, per difesa di detta fronte; et sarebbe cosa di gran utilità non diferire questa provisione tanto necessaria, sopra la quale sono corsi per l’adietro più modelli et disegni, se bene non è seguito già mai alcun effetto.
Mi resta a dire circa il beloardo Martinengo, nel quale trovo che la parte detta l’Aversciada, per esser affatto scoperta, è sottoposta all’offesa verso terra dalle castrade, nel presente esser malamente vi si possa diffendere, et se bene pare che l’eminenza delle piazze la potessero assicurare, non si riceverebbe però quel profitto, che vi saria quando vi fosse una piazza capace a uso di piataforma, che spontasse sette over otto piedi infuori e alta altretanto, che venisse a congiungersi col torrione a drittura del copro di guardia, onde vi potrebbe capir artigliaria di momento et riusciria di difesa, non solo alla fronte dell’istesso beloardo, ma a nettar il mare e superare e battere le castrade. Et perché nel stato che hora si trova essa parte, oltre il pericolo dell’offesa, può esser scoperto di fuori da capo a piedi, qual si sia vi camini. A questo si ricerca il rimedio, col far la detta piazza et alzar la muraglia della cortina col suo parapetto, e riuscirà di pochissima spesa, per quanto ho fatto isperienza col parere del signor Conte Uguccion Rangon Governatore al presente, il quale ancorché sia suddito alieno, non è punto inferiore a qual si sia, di ottimo affetto verso il servito dell’Eccellenze Vostre. Dell’altre nobilissime conditioni di questo soggetto et del molto valor et intelligenza che mostra nel suo carico, io son rimasto sommamente edificato in ogni conto in conformatione del prudentissimo giudicio dell’Eccellenze Vostre circa la sua persona.
Il cavalier sopra il medesimo beloardo è ancora imperfetto, fa bisogno che sia fornito com’è quello del mandracchio, affinché nelle occasioni possano prestare ottimo servitio.
La piazza ch’è posta nel castello da mar è ineguale, per un grebano che vi si trova in luogo assai importante, et nell’occorrenze riuscirebbe di grande incommodo per l’uso dell’artigliaria. Questa ha bisogno di esser lastricata compitamente et l’opera sarà di non molta spesa et di notabile beneficio per ogni rispetto, particolarmente perché l’acque non penetrino nelle munitioni della polvere, ch’è in tanta quantità ch’è benissimo noto alla Serenità Vostra.
Vi è anco la strada coperta, che quando havesse a persister nel stato che hora si trova, riuscirebbe nelle occasioni più tosto di danno che di utile, per non vi esser commodità di ascender et discender et valersi del beneficio delle sortite, et però è cosa sopra ogni altra bisognevole di cavar nella contrascarpa più scale, poiché le due che vi sono al presente servono più presto al commodo del mandracchio che a servitio della strada publica.
Nella fortezza nuova si ritrovano fanti 125, sotto la carica di due capi, et vi si tengono tre corpi di guardia; et anco questa, se debbo dir la verità, patisce diversi mancamenti, come ho chiaramente veduto unitamente col signor Conte Manfredi da Porto Governator di essa, il quale mi è riuscito soggetto di molto valore et intelligenza, poiché discorre così bene de fortificationi, che io son restato sommamente edificato. Egli ha fabricato questo un modello che presento mandarà a Vostre Eccellenze illustrissime, il quale a mio giudicio è così bene composto et regolato, che certo non si può aggiungere cosa alcuna di più, si che di questo honaratissimo soggetto, se ne deve far quella stima che si conviene; et principiando a narrar l’imperfettioni, dico che dalla parte da basso verso il mare quel poco recinto, che consta di un beloardo chiamato di Spilea, di una piataforma et di un altro angolo a modo di rivelino nominato la Punta Perpetua, è così basso di muraglia, la maggior altezza de quali non eccede 25 piedi et manco nei fianchi, per causa delle canoniere, ch’è molto sottoposto a scalata et facilissimo ad esser surpreso, per non vi esser né fosso né altro riparo che lo difendi, aggiungendosi anco che le cortine fraposte in questi corpi di difesa restano di esser rondate, per l’impedimenti della casa del governatore et altri alloggiameti fabricati sopra l’istessa muraglia et anco per rovine di case, l’una è tra il beloardo di Spilea e la piataforma et l’altra è la strada che va dalla piataforma alla Punta Perpetua, oltre che non è bene che habitationi, ancorché de governtori et di soldati, siano poste sopra le mure et massime queste che sono così basse, perché la commodità fa prendere molte risolutioni agl’huomini e tanto più che vi sono fanti di ogni natione. Vi è anco il suspetto che si può havere delli molti vasselli forestieri, che danno fondi da quella parte, oltre che non si può porre sopra esse cortine genti a difesa, per l’impedimenti sodetti, grandissimo invero disordine per un accidente improviso. Tralascio di dire la necessità che vi è di piazza, poiché conosco benissimo che chi ha fabricato questa fortezza è stato necessitato ad accomodarsi alla strettezza del sito, ch’essendo montuoso non ha potuto cavargli quella piazza che sarebbe necessaria, non lasciando ancora di significar all’Eccellenze Vostre che vi è una sola strada, ch’è così ristretta che due huomeni al paro hanno fatica di caminare, siche nelle occasioni questa apportarebbe confusione fra soldati, perché se si volese in tempo di bisogno, condure o artigliaria o altra cosa di qualche grandezza da un luogo all’altro, non si potrebbe fare per la stretezza della strada, che non è larga più di sei piedi et in molti luoghi manco; et chi vuol assicurarsi dalla basezza delle muraglie è necessario alzarle e terrapianarle, né vi essendo sito di maggior larghezza che di 45 piedi, è impossibile che si possi fare il terrapieno di terreno solo, come quello che si fa con molta scarpa, acciò non dirupi, e tutto che si lasciasse la strada che hora si trova di sei piedi, non restarebbe però luogo a bastanza per poter far il terrapieno di terreno solo, ch’essendo di altezza di piedi 40, il piede di esso occuparebbe altra maggior piazza che quella che resta, per la scarpa che si converebbe dargli, oltre che si restringerebbe anco la cima di esso et poco se ne potrebbe servire. Onde, per cavar maggior piazza et far anco la strada da basso più capace, sarebbe bene far questo terrapieno, che fosse sostentato di dentro da un muro, come si vede nel presente modello, et di questa maniera cavare una strada di larghezza di 15 e più piedi et il terrapieno di 30 o poco meno, sopra il quale in ogni evento si potrebbe portar gente alla difesa della fortezza. Et perché il corpo di guarda, che al presente si trova, impedisce che quella strada, che va al beloardo di Spilea, è molto angusta, la quale non si può slargare chi non atterra la casa del clarissimo capitano, né volendolo fare bisogna ritirar la porta et esso corpo di guardia a mezzo la cortina, che non occupa più di quello che fa il terrapieno, et si caverà sopra il detto corpo di guarda luoghi che potrano servire per molti bisogni, poiché essendo essa porta a mezzo la cortina, sarà anco meglio guardata per la difesa del beloardo di Spilea et della piataforma, il qual beneficio hora non può ricevere, perché perde la difesa del beloardo; è necessario anco, per effettuar quanto ho detto, gettar a terra non solo quelle case che sono sopra la muraglia, per i rispetti sopradetti, ma altre ancora facendo venir il terrapieno sopra la muraglia et essendo alloggiamenti de soldati ridotti in pessimo stato, sarebbe molto a proposito a farne degl’altri, nel luogo che si vede nel presente modello, dove altre volte erano. Ma perché il parlar di gettar a terra fabriche e rifarne di nuovo pare che porti seco molta spesa, non lo nego, ma non tanto in effetto quanto pare in apparenza, poiché dalli alloggiamenti che si guastassero se ne cavarebbe tanta materia, e de sassi e de legnami e ferramenta, che bastarebbe a rifare quei che fossero necessarii, di modo che havendosi la materia et le maistranze pagate, tirando questi salario annuale del publico, altra spesa non vi andrebbe che de manoali e de calcina. Il terreno che vi bisognasse poi per terrapienare la muraglia, si potrebbe far condure con le galee et valersi anco nella fabrica, per manco spesa, dei medesimi galeotti, come altre volte si è fatto.
Della parte di sopra dei Setteventi resto di dirne altro, poiché so che l’eccellentissimo Sagredo ne ha dato a pieno notitia all’Eccellenze Vostre.
Il monte di San Giorgio è dell’altezza che si vede al paro di beloardi, ma più basso nuove o dieci piedi della cortina fraposta tra essi, et perché l’oppositione di esso monte et il danno che può apportare alla fortezza è per sé stesso chiaro et manifesto, anco di questo resterò di dirne altro.
Non voglio già tralasciar di raccordar la necessità che vi è di luogo per munitioni, non vi essendo commodità di poterne tenire un solo barille et pure dovrebbe esser munita per ogni improviso bisogno.
È necessario anco che questa fortezza sia proveduta di soldatesca non dirò bastante per vera difesa, perché Dio gratia non siamo in questi bisogni, ma numero de soldati sufficienti per buona guardia et custodia, non essendo possibile che colle due compagnie che vi stano ordinarie, si possa supplire alle fattioni necessarie e quando queste havessero il suo numero intiero, potrebbe, se non in tutto almeno in parte, bastare al bisogno, ma perché manca ordinariamente qualche piazza, oltre li aggravii di officiali, tamburi, ragazzi, capellani et altro, et del continuo qualche d’uno indisposto o contumace della giustitia, si riducono a così picciol numero, che fatte le mude di sette sentinelle che sono necessarie, pochi più soldati ne avanzano per le ronde.
Et non essendo il beloardo della Campana ridotto alla sua perfetta altezza, poiché non è alto che sino al cordone, sarebbe di gran servitio publico perfettionarlo quanto prima, perché stando nelli presenti termini è così signoreggiato dal baloardo della città, chiamato il Foscarini, che quando altri fossero patroni di esso danegiarebbero talmente la piazza della Campana, che sarebbe impossibile il potervi star sopra.
Il deposito de formenti in quelle munitioni è di stara ottocento, ne mi son curato di farne maggior provisione, et perché io aspettavo di hora in hora l’illustrissimo mio successore et perché dubitavo che non si sobogisse(?), come mi successe di buonaparte di quello lasciatomi dall’illustrissimo mio precessore, che non havendo havuta occasione di darne a rinovo, rispetto alla fertilità delli anni preteriti, conveni dar principio a convertirla in farine et fabricar pane da vender, ma facendone pochissimo spazzo mi vene in mente di fabricar biscotti, come né diedi notitia alla Serenità Vostra, et per commissione di lei, unitamente coll’illustrissimo signor Porveditor dell’armata Canale et altri signori capi da mar, capitamo a questa risolutione, poiché per l’attestatione de medici ne fu levato ogni dubio, che tal misura potesse render infetta la gente delle galee, sopra le quali sono stati dal medesimo signor proveditore egualmente distribuiti senza alcun nocumento loro.
Et coll’haver impiegato li formenti in biscotti vene a rimaner essausto il deposito, ho convenuto tor a cambio ducati 7.811 per reintegrarlo et per risponder le paghe alle militie, che ne sentivano gran necessità, ducati 34.827.
Li biscotti che vengono mandati da questa città in quelle munitioni per servitio dell’armata, portano ben presto tanta dilatione, et per l’incertezza del mare et alle volte per li naufragi, che stimarei di gran servitio publico che si dovesse continuar la fabricatione di essi, come si soleva fare in quella fortezza, dove si conservano in buono stato li forni et la Serenità Vostra tiene anco uno stipendiato per questo effetto, oltre che riuscirebbe di molto avantagio dell’Eccellenze Vostre, perché li formenti che si comprano nella terraferma si hanno a prezzo conveniente. Il deposito de megli è l’istesso che mi fu consignato dall’illustrissimo mio precessore, cioè di stara 6.513.
Ho fatta la provisione de ogli et aceti commessami dall’Eccellenze Vostre et ne ho posto in quelle munitioni, oglio zare 783 e mezo et aceto zare 1.094 e mezo, havendo speso ducati 2.696, li quali ogli et aceti sono riposti tutti in un magazeno, del quale ho sempre tenuto le chiave, et questi riusciranno in ogni tempo di gran servitio alla Serenità Vostra.
Havendo io ritrovato lire quindecimille settecento e sessanta di polvere grossa, ch’era guasta et inutile per la humidità, la feci solleggiare et riddure a total perfettione, colla diligenza usatavi, et della grossa ne ho anco fatto rafinare et riddure in fina lire 1.571.
Ho medesimamente fatto nettar et governar in bona forma tutte le armi delle munitioni, che si erano irruginite et così mal ad ordine, che quando si havesse più lungamente dilatata questa provisione, senza dubio la rugine le haverebbe del tutto consumate, né si haveria potuto sperar più di valersene secondo le occorrenze; et hora restano conservate e tenute con ottima regola.
Ma veramente non stimo di minor consideratione l’accommodamento del mandracchio, poiché costrutto già da Vostra Serenità, con tanto dispendio, per ricovero dell’armata, hora si ritrova in tante parti smosse le pietre che non ha dubio, che in progresso di tempo non sii per rimaner aperto in molti luoghi, disordine di tanta importanza, che stimarei confarsi molto al servitio di Vostra Serenità, l’accelerar la sua riparatione con ogni diligenza.
Come la spesa di quella camera è continuamente grande, poiché tra i pagamenti della militia, salariati et altro, passa ducati 51.000 in circa, così l’entrata all’incontro è molto tenue, essendo che non ascende a ducati 17.400 in circa, compreso in questo ducati diecimille e trecento che si cavano dalle peschiere di Butrinto(?), delle quali si deve tenir quel conto ch’è ragionevole, per esser la maggior rendita che habbia quella camera.
Et poiché oltre i danni che venivano inferiti da sudditi Turcheschi nelle dette peschiere, con pregiudicio notabilissimo delli conduttori, successe anco morte de alcuni delli nostri, né contenti di questo volevano indebitamente usurpare certi luoghi chiamati Examili(?), vicini ad esse pescaggioni, capitai in risolutione, per ovviare a questi inconvenienti, di darne conto al signor bailo in Costantinopoli, il quale geloso del publico interesse ottene commandamenti, che fossero severamente castigati li delinquenti disturbatori della buona pace et che non dovessero per alcun modo ingerirsi nelli detti luoghi, stante che sono stati del continuo possessi della Serenissima Signoria, si che essendo al tutto rimediati, si vive in quei confini pacificamente.
Li crediti poi che Vostra Serenità tiene con molte private persone vengono ordinariamente riscossi con gran lentezza et anco alle volte si fanno inesigibili, poiché eleggendosi per antica consuetudine li scontri da Corfiotti medesimi, questi che vengono eletti, essendo per la maggior parte interessati o per sangue o per amistà [amicizia] colli debitori, non fanno le debite essecutioni et alle volte ancora occultano i loro debiti, si che sarebbe gran servitio levar a questi l’auttorità et diferirla a Vostra Serenità, dandoli poi quella rimuneratione che parerà alla Serenità Vostra per il danno che ne riceveranno; et non ostante tutte queste difficoltà ho pur riscosso da debitori vecchi, ch’erano quasi inesigibili, ducati 3.119 et da debitori del fontico ducati 6.118, siché summano in tutto ducati 9.237.
Havendomi l’Eccellenze Vostre commesso che in assenza dell’illustrissimo signor proveditor dell’armata io facessi scaricare le robbe della Maestà Cattolica, che si ritrovavano sopra la nave Ragusea nominata Jesù e Santa Maria del Rosario, ho esseguito prontamente le sue commissioni, della consignatione de quali si ha havuto la fede da Bari de ministri regii, mandata alla Serenità Vostra; et perché questa nave si trattene per spatio de molti mesi in quel porto, conveni farli sumministrar danari da quella camera per li alimenti delli huomini, la qual poi ho fatto reintegrare del tratto delli sali venduti in terraferma, per ordine degl’illustrissimi signori proveditori al sal, quando si fece la consegna di detta nave alli clarissimi signori Steffano e Marco Bollani et altri interessati.
Hebbi anco espressa commissione dagl’illustrissimi signori governatori dell’entrate, che io facessi portare in quella fortezza tutti gli azzali et ferramenta che si ritrovavano nella città, per assicurarci che non fossero venduti ad infedeli, ma considerando non esser bene che per questa causa genti di diverse nationi havessero occasione di venir in essa fortezza per comperarli, deliberai di farli pesar tutti coll’assistenza de miei ministri, havendo prohibito che sotto pene gravissime nessuno possi venderli, se non con mia licenza in scrittura, la quale veniva fatta senza alcuna benché minima spesa. In questa deliberatione capitai tanto più volentieri quanto che i mercanti non havevano commodità nella fortezza dove poterli riponere, come di tutto questo negotio ne diedi minuto conto a Sue Signorie illustrissime.
Et perché parmi non esser bene che i signori capi da mare et sopracomiti habitino in quella fortezza, poiché rapresentandosi di notte occasione de vasselli armati o di altro sinistro accidente, essendo rinchiusi non potrebbero a quelli rimediare. Si aggiunge in oltre che alloggiando con questi signori molte delle sue genti, può succedere delle gare tra la soldatesca, per il che stimerei di gran servitio publico, che dall’Eccellenze Vostre fosse ordinato, che altri ch’eccellentissimi generali et proveditori dell’armata non potessero stantiare nella detta fortezza, per li rispetti di sopra considerati.
Essendo capitata in quella città una quantità de quattrini, dopo la regolatione fatta dall’eccellentissimo Capello Proveditor general nel Regno di Candia, il signor bailo et io, per oviare a questo inconveniente, venimo in risolutione di separare il buono con un bollino del Beato Spiridione dal falso, afineche alcuno non ne restasse defraudato, si che hora servono a commodo et beneficio di quella città et fortezze.
Mi commissero l’Eccellenze Vostre che io dovessi inviare nella casa dell’arsenale tutti li cai inutili che si ritorvavano in quelle munitioni, ne ho parte mandati et parte lasciati per servitio dell’armata, perché se io mi havessi privati de tutti, sarei in occasione di bisogno stato astretto a comperarli a maggior prezzo di quello che costano in questa città.
Havrei anco procurato l’essito delli sachi 50 di riso, già ricuperato dall’illustrissimo Balegno da un caramusale che si affondò nell’Argentera, se mi fossero stati consignati.
Io successi all’illustrissimo signor Nicolò Bragadino, la memoria delle degne operationi del quale mi sono state continuamente fisse nell’animo per essempi di ogni mio progresso, poiché si rese sempre ripieno di tanta bontà et prudenza, che tuttavia ne viene da quei popoli tenuta fresca ricordanza et essaltato il suo nome.
Coll’illustrissimo signor Agostin da Canal Proveditor dell’armata et con tutti li signori capi da mare io mi son ben inteso sempre, di quel modo che ricerca il publico servito et che so esser mente della Serenità Vostra. Né essendo parte mia di toccare, non solo dell’incontro che fece Sua Signoria illustrissima alla Lenguetta nelle sei galeotte Barbaresche, né de altri successi marittimi occorsi sotto il mio governo, et anco della galeotta che prese a Paxo il clarissimo signor Silvestro Querini, che in quell’occasione mostrò ardire degno di molta lode et riputatione dell’armata di Vostra Serenità, tralacio di farne altra mentione, solo dirò, che si come il detto signor proveditore è stato sempre vigilantissimo nell’essercitar la sua carica, senza risparmio alcuno della sua facoltà et della vita istessa, come si è veduto manifestamente nel conflitto di esse galeotte, così in quella et in tutte le altre sue attioni ha dimostrato sempre prudenza incredibile, con singolar commendatione della sua virtù.
Il mio successore è stato l’illustrissimo signor Girolamo Zane, il quale essendo gentil huomo compitissimo, per l’isperienza et saggio dato nell’altre laboriose cariche della sua virtù, ha certamente da sostentar quel concetto, che si è formato della sua persona, anco in quel ministerio, et io non son rimasto di sugerirle ogni maggior instruttione stimata da me più propria et accommodata a quel governo.
Hanno servito nel tempo mio a Vostra Serenità per baili di quella città li signori Alvise Basadonna, che sia in cielo, et Nadal Donato.
Col primo sono stato poco tempo, né mi distenderò intorno alle lodi che merita la memoria di quella buona anima, poiché resta presso ogni uno assai chiara et recente.
Col secondo ho passato sempre ottima intelligenza et è stato tale concordia di animo, che ogni attione ha havuto reciprochi ufficii, et certo che questo signore ha amministrato la sua carica con tanto splendore et dignità publica, ch’essendovi anco congiunta la sodisfattione de popoli, non si poteva desiderar altro di più, et mi assicuro che ogni altra carica che venirà appoggiata da Vostra Serenità alla sua persona, sortirà sempre con molto onore et frutto publico.
Mentre si trattenero in quella città gli eccellentissimi signori Gerolamo Capello Proveditor general dell’isole del Levante et Filippo Pasqualigo Proveditor general da mar, hebbi con loro così buona intelligenza, che tutti li negotii sono passati con unità, quiete et ordinatissimi. Hanno questi signori resi li loro ministerii con infinita prudenza et valore, non risparmiando spesa alcuna imaginabile per conservatione della publica dignità, si che ne hanno riportato lode suprema et si sono dimostrati diligentissimi nelle fatiche, esperti di tutte le materie et finalmente zelantissimi di ben servir la Serenità Vostra.
L’istessa buona unione hebbi sempre con li clarissimi signori Zuanne Corner, Gasparo Duodo, Dolfin Valier et Paulo Emilio da Canal consiglieri, colla quale tutti li negotii sono seguiti con la conveniente retitudine. Questi signori per ben servir la Serenità Vostra et per conservar il decoro publico, si sono così honoratamente diportati, che mi hanno veramente fatto restar con somma consolatione in vederli di tal prontezza et ardente zelo del publico servitio, et credano l’Eccellenze Vostre che ogni uno di loro sii per farle ogni possibil honore in qual si voglia altra occorrenza.
Sono stati alla custodia di quella nuova fortezza li clarissimi signori Piero(?) Semiteculo et Marco Barbarigo, li quali ho con mio particolar gusto et contento veduti ripieni di molta prudenza et valore et zelantissimi del publico servitio, et può ben credere la Serenità Vostra che in qualunque maggiori et più importanti maneggi darebbero buon testimonio del suo ardente animo et riuscirebbero fruttuosissimi.
Domino(?) Steffano Sulimani, che serve per governator di quella cavallaria, si dimostra tanto pronto, sufficiente et vigilante in quella carica, che io sono rimasto compitamente sodisfatto del suo servitio. Onde sicome di questo soggetto si può in tutte le occasioni promettere ogni buono et honorato servitio, così si deve fare quella stima che si conviene.
Ho havuto per segretario messer Giulio Corona, giovine modesto, virtuoso et sufficiente nel ministerio della sua carica, siché son rimasto pienamente sodisfatto del suo servitio. Et perché non voglio estendermi nelle lodi che merita, per esser presente, dirò solo ch’egli è per far buona riuscita in qualonque occasione sarà da Vostra Serenità adoperato. Onde vengo a supplicarla che si degni, et per questo et per diversi altri servitii prestati per lo passato, a dispensar ad esso quella munificienza ch’è solita esser distribuita verso gli altri benemeriti, poiché ritrovandosi egli in strettissima fortuna, possi con maggior quiete d’animo attender a servirle con ottimo frutto.
Mi resta finalmente dir della persona mia, che in questo carico ho posto ogni sforzo, perché dalle attioni mie riesca gloria a Dio et utile et riputatione al publico, et che in ogni altro servitio che piacerà all’Eccellenze Vostre di commettermi vi ponerò altretanto spirito, senza risparmio alcuno dell’havere et della vita istessa. Gratie.