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12 settembre 1611 Girolamo Zane

Relazione

Relazione di Girolamo Zane Provveditore a Corfù
1611 settembre 12

È tanto famosa e celebre la fortezza di Corfù nel conspetto de tutto l’mondo et così nota la qualità sua, ch’io stimo superfluo il diffondermi in molta naratione.
Sonovi più piazze con la fortezza Nuova, dippendenti tutte dalla et dal castello superiore che le domina, come più eminente d’ogni altra, et se sicurtà et ornamento possono accrescerli la fama, certo che queste conditioni vi ha aggionto l’illustrissimo signor Filippo Pasqualigo, mentre come Proveditor general ha voluto riempirla de molte preclari(?) et necessarie opere, et principalmente il corpo della guardia et la fabrica del palazzo le apportano gran maestà, come non minor sicurezza la separatione della cittadella, opere che le hanno datto molto maggior splendore.
Sono hormai 225 anni che Vostra Serenità, per Iddio Gratia, possede quell’isola, la quale è de circuito di 70 miglia in circa, povera d’habitationi, non vi essendo più che anime 16.500 in circa et nella città e borghi 7.300, che in tutto fanno una summa de 23.800. È dottata veramente dalla natura de fecondissimi terreni, ma per il più inculta, et di qui è che producendo pochissimo grano, conviene procacciarsello dal paese alieno. La vicinanza che tiene con la terra ferma, dove sono le rive dell’Albania, provintia populatissime dell’Imperio de Costantinopoli, è d’un picciolo traghetto de doi miglia in circa, ma sino a Capo d’Otranto del Serenissimo di Spagna ariva alli 90, si che questo pretioso membro del Dominio di Vostra Serenità è posto nelle fauci del golfo, ma nel mezo li stati delli maggior Principi del mondo, et di quanto alto rispetto quella fortezza si sia, molto ben si conosce, dovendosi ella chiamare il propugnacolo della Christianità per la via di mare.
Tra le cose principali, che a prima faccia mi parvero necessarie, fu il render difficile l’entrare ad ogn’uno nella cittadella e molto più nel castello, dove ordinai che alcuno non fosse introdotto in essa, se non prima avisato il consigliero, che per ordine di Vostra Serenità suol habitarvi continuamente. Al castellano parimente feci sapere che non introducesse alcuno, se non con espressa mia licentia, conoscendo io che da questa vigilanza, la fortezza viene a prender maggior riputatione et porge occasione di svegliare maggiormente il pensiero in chi la custodisse e guarda.
Ho essequito i comandamenti della Serenità Vostra, intorno alle cose principiate dall’illustrissimo signor Proveditor general Paqsqualigo, havendo fatto fare li armari nella nuova camera fiscal per reddurvi tutti li libri publici. Era anco poco meno che fornito d’incartar(?) l’alloggiamento della versiada et haverei fatto compire le case de bombardieri in castello, se il tempo me li havesse permesso. Ho posto mano a restaurar la casa del governatore della fortezza Vecchia, conforme all’ordine dell’eccellentissimo senato, accommodandomi a quella minor spesa che sia possibile, che non credo che compita arriverà a 600 ducati.
Nella cittadella il quartier vecchio era caduto in buona parte et li soldati non lo pottevano più habitare. Onde ho datto principio a reffabricarlo, et poiché il sitto comporta, che con pocca maggior spesa si possi far in due soleri, con che si venirà ad avanzare commodità per alloggiar altri tanti soldati, se così parerà bene all’Eccellenze Vostre, stimo che sarà ottimo servitio commetter al Signor mio successor che si facci in due solari, come ho sudetto.
Si ritrova ancora entro le viscere di quella cittadella il Duomo, il quale Vostra Serenità ha deliberato già di voler transferire nella città, per quei rispetti che sono stati pienamente considerati et so io esserle così noti che non occore il dirne parola, solo dico, che per la deliberatione fatta et non essequita, continuano ancora i medesimi rispetti et altri appresso, però che essendo il Duomo offitiato secondo l’ordinario delli Divini offitii e stando per il più apperto, apporta commoda occasione a soldati de riffuggio in esso, quando commettono qualche delito, con quelle consequenze de disordeni che per il luoco et per altro è assai facilmente compreso da cadauno, non volendo restar di dire a Vostra Serenità, che si avantaggiarà molto a fabricarlo in tempo di quel prelato, qual’è il reverendissimo Monsignor Vicenzo Querini, soggetto d’essemplarissime conditioni, di vita innocentissima et molto zelante del servitio de Dio, ma sopra tutto buon et degno cittadino di questa Patria, negl’interessi della quale si trova sempre ardentissimo, come io ne ho veduto chiare dimostrationi, che lo rendono degno della compita gratia della Serenità Vostra.
Serve governator in quella fortezza il signor conte Manfredo Porto di famiglia principalissima di Vicenza, soggetto di grand’aspetative, amabile et intendente, con grandissimo mio contento ho provato la maniera del suo servitio, dal quale si può in ogni occasione ricever notabilissimo frutto.
Capitanio d’essa vi ritrovai il clarissimo signor Marco Barbarigo, al quale è sucesso il clarisismo signor Alessandro Bondumier presente capitanio. Del signor Barbarigo devo con verità affermare la Serenità Vostra esser gentil huomo di gran spirito et inteligenza, atto ad essercitare ogn’importante carico; et tale riesce il clarissimo Bondumier, havendo già incominciato a dar segno di ben servirla con sua laude et honore.
Tutte queste piazze sono munite d’artigliarie, de letti, ruode et altri simili apprestamenti. Si possono sempre maggiormente munire di letti et ruode, per le commodità de boschi vicini alla Parga et de quelli che sono appresso Butintio, da quali si cava legname in quantità et di qualità tale che perfettamente supplisse al necessario uso dell’artellaria, anci ho datto ordine che a tempi debiti si tagli del legname per far letti et altri simili apprestamentei da mandar in Candia per servitio di quel Regno.
Il pressidio è di buona conditione de soldati, ma con qualche difficultà può supplire a far le ordinarie fationi, rispetto che sono essenti da simil obligo capellani, fisico, spetier, servitori de capitani, de governatori, tamburi, infermieri del hospitale et altri, oltre quelli che alla giornata si ammalano et doverano provar per l’avenire magior difficultà, rispetto alla regolatione che per la commissione della Serenità Vostra doverà fare il signor mio successore della compagnia del capitan Giacomo Viventi(?), che è appresso de cento fanti, oltre che vi concore altro rispetto che dirò qui appresso.
Sonovi otto capitani, sei di stato alieno et doi sudditi, l’uno è il capitan Antonio Di Marchi da Feltre, l’altro il capitan Giacomo sudetto, et perché è ordinatione publica che sia tenuto per la custodia della cittadella un capitano del Stado, ho convenuto (nella regolatione del capitan Allessandro da Verona) far ellettione del Viventi, così per esser egli suddito, come per haver compagnia più grossa. Onde quando sia lui regolato, sarà necessitato il signor proveditore di ponervi il capitan Antonio da Feltre predetto et acresservi la compagnia fino al numero de settanta fanti, però che per la deliberatione dell’illustrissimo proveditor general Pasqualigo, confermata dall’eccellentissimo senato, per neccessaria custodia d’essa cittadella vi bisogna tener il numero predetto, rimanendo tutte quelle importantissime piazze con un solo capitano di questo Stato et persona assai debole et fiacca. Stimarei però bene redur in quel pressidio capitani del Stato et osservar anco de non inviarli soldati regnicoli, per rispetti benissimo noti, anci che havendone io ritrovati alquanti, son andato destramente licentiandoli, remmettendone de gl’altri, secondo che sono capitati in quell’isola da diverse parti, in modo che nel mio partire ne sono rimasti assai pochi, che ancor questi sarà bene destramente licentiare et di questo tanto ne ho fatto consapevole il signor mio successore.
Quella militia ha provato (per Iddio Gratia) buona conditione del vivere, però che li ho procurato ogni possibile avantaggio et imparticolare ho voluto che la monetta consignatami dalla Serenità Vostra si conservi in beneffitio suo, anci che unitamente con quel clarissimo reggimento fecci proclama, sotto severissime penne, prohibendo l’estration di monetta minuta, il che essendo stato osservato riuscì di mirabil commodo a soldati et a quei populi ancora, dove che havendomi mostrato questa isperienza così buoni effetti in ducati sette mille, che portai meco di grossetti e gazette; e laudarei che fosse mandato in quella camera di questa qualità di monetta minuta, perché non portando questa laggio alcuno, non sarebbe così facilmente estrata, et la militia et la povertà che non possono comprarsi il vivere se non a minuto et di giorno in giorno, riceverebbono notabilissimo giovamento, et forse si venirebbe a rilassare il traffico delle monette et a ripigliare altro traffico con maggior beneffitio publico.
È anco necessario mandare di là a suoi tempi li danari della paghe, però che in mancamento di essi il proveditore vive con travaglio et è necessitato di pigliarne a cambio, come ho convenuto ultimamente far io, così per questo rispetto, come per reintegrar il deposito de formenti convertiti in biscoti per uso dell’armata.
Si trova pochissima quantità de quattrini per la descrittione ultimamente fatta, non arivando a ducati 500, né si deve credere che possano acresciere a maggior summa, perché ivi si spendono sei alla gazetta et tre alla Ceffalonia et al Zante.
Li bombardieri sono sufficienti di numero et di qualità et conforme l’ultima regolatione fatta dall’illustrissimo Pasqualigo, da quali si può sperare buona riuscita.
Le cernide dell’isola arrivano a soldati mille ottanta, per la descrittione fatta nelle compagnie che sono nelle tra Balie. Sono quasi tutti giovanni, tra quali buona parte apprende benissimo il maneggiar l’archibuso et li capitani deputati alla loro disciplina sono tre con loro offitiali. Usano diligenza et procurano di essercitarli conforme al loro debito.
La strathia è de cinquanta soldati sotto quattro capitani, sono di bontà e prestano ottimo servitio, particolarmente nel render le guardie dell’isola, essendo che dalla pigritia et disobedienza de contadini in tralaciar le guardie, nascerebbono molti errori, quando che non fossero da stradioti reconosciuti et che dal proveditore (per loro notitia) non fosse proveduto conforme al bisogno; et il governatore di essa (qual’è domino Steffano Solimani)  usa diligentia nel riveder le guardie per tutta l’isola, massimamente ne’ tempi dell’estate, che sono li più sospetti, et come egli è meritevole per il buon servitio che presta, così per il lacrimevol caso del cavalier Giovanni suo padre et per la presura de Nicolò suo figliuolo, recatatosi con molto interesse della loro casa, come già scrissi alla Serenità Vostra, l’uno et l’altro de questi sono tanto più degni della carità dell’Eccellenze Vostre.
Governatore di quelle militie è il signor Conte Ugucion Rangone de antichissima et illustrissima famiglia, imita li suoi maggiori in virtù et valore, governa con modo e reputatione, è golosissimo del servitio di Vostra Serenità et della sicurtà di quelle fortezze, riesce di compitissima sodisfatione a cadauno, a me è stato carissimo(?) sopramodo, et con queste doti et con l’inteligenza ch’egli possede del servitio, Vostra Serenità riceverà sempre frutto et honore, et per essere cavaliere molto cortese e magnanimo non può con pocca fortuna et pocco stipendio sostentar la splendidezza e generosità che essercita verso le militie.
Prima ch’io giongessi a quel reggimento intesi per viaggio come erano stati portati fuori di questa città molti tolleri falsi per la volta del Levante, per qual occasione Vostra Serenità in carica così importante ispedì per inquisitore l’illustrissimo signor Marco Loredan, signore d’esquisita diligenza et di altre tanta inteligenza. In congiontura si fatta non tralasciai quanto mi somministrò il mio spirito, acciò la camera di Corfù non si venisse a contaminare, et aggiongendo pensiero a pensiero si nel far riconoscer tutto il danaro ritrovato in essa, come quello che si andava scodendo dalle rate de datii et altre rendite, è riuscita questa oculatezza tanto bene, che per la Iddio Gratia ho tenuto una tanta contaminatione lontana, con il qual rigore, havendo proveduto il clarissimo signor Alvise Bragadin bailo presente, la città non ha da ciò ricevuto alcun nocumento; et come quel signore et li signori Bortolomio Pisani et Paulo Emilio Canal, consiglieri presenti, sono oculatissimi in si importante negotio, così nelle altre cose che aspettano al loro carico dimostrano grandissima integrità, cognitione et diligenza, et infine si sostentano con si reta bilancia della giustitia, che non lasciano che desiderare per il buon governo di quei populi.
Si è ritorvato per alquanti mesi consigliere il signor Dolfin Valier, che ha dato segni d’intelligenza et si ha acquistato la benevolenza universale.
Li depositi che Vostra Serenità tiene per munitione del viver sono formenti, migli, oglii et aceti, sopra de quali (come cose di somma importanza et raccomandatemi da lei) sono andato diligentemente penetrando con ogni mio spirito et con particolar pensiero et desiderio di far intieramente la reintegration de tutti, considerando non solo l’interesse che Vostra Serenità sente grandissimo in far simil provisioni, ma quello che più importa è che si faccino e conservino tali, acciò ve sii il modo da servir alle necessità, perché credendosi ben spesso haver la provisione pronta, si ritrova in mancamento et in stato tale, che non serve il tempo da poterla più fare, et però dirò riverentemente il mio senso in questo proposito.
Quanto a formenti il non potersi longamente conservare può esser attribuito a più cause, da che son andato pensando che fabricandosi delle buse, ad imitatione di quelle che ho veduto in Candia, si potrebbe sperar di conservarlo. Già ne ho fatta far una capace de dusento stara et il signor mio successore doverà dar conto delle riuscita, non havendo io potuto (per la brevità del tempo) vederle. Se riuscirà, ottimo sarà il servitio, facilissimo il modo di farne delle altre, essendo il sito nel piano della fortezza, dove ho fatto la prima con sola spesa de lire cinquanta.
Il miglio ascende ad una summa de stara seimille cinquecento, però che 2.000 et più furono venduti a diversi pretii, parte mancorono dal maneggio del Gritti sopramassaro, parte li fu bonificato e parte si guastò per la summa de 900 e più stara, si che quel deposito, che doveva esser de stara dieci mille, l’ho ritrovato meno 3.500.
Della parte venduta sono in essere ducati 5.200 et tutto che io habbi procurato de far nuova investita in migli, servendomi del luoco della Perga et di quel vicinato de ducati(?) quaranta de Budua et altrove dell’Albania, tentando in tutte queste parti diversi mezi, non mi è riuscito di potterne far se non picciolissima compreda, per molte difficultà che mi sono fraposte, però riverentemente io dico che sarebbe bene che la Serenità Vostra ne mandasse da questa città a Corfù, perché pagandolo al prezo corrente, venirebbe non solo a reintegrar il deposito delli 3.500 stara che mancano, come ho sudetto, ma a sopravanzarne anco doi e più mille stara.
Se la Serenità Vostra rissolverà mandar a Corfù miglio per la summa de detti 5.200 ducati, potrà rimborsarsi de qui, con trattenerlo dalla cassa del danaro che manda per paghe di quelle militie, facendo che detto danaro di là sia poi dispensato a far i pagamenti sudetti, come ha fatto de stara tre mille de formenti che mandò ultimamente per commodo di quella città.
Non ho ritrovato in essere il deposito delle legne da fuoco, secondo io credevo sarà però bene, in cosa di tanto relievo, ella commetta che si riffaci, conforme la deliberatione dell’eccellentissimo senato et li ordeni Pasqualighi.
Ho accommodato il magazeno del deposito dell’oglio, facendolo far tramezato, con un muro che lo separa da quello che si consuma per li corpi delle guardie, come m’hanno comandato l’Eccellenze Vostre. Nella parte di dentro vi sta tutto l’oglio del deposito, in pille di pietra con i loro coperti, le chiavi del quale ho stimato bene di consegnar al signor mio successore, perché habbi sempre a rimanere in mano del proveditor. Non ho potuto reintegrar questo deposito con li ducati 650 in circa che sono in quella camera per mancamento di pille, le quali ho già ordinate in Otranto et sin hora forse sarano state portate a Corfù.
All’ingresso primo del magazen predetto vi ho fatto pore l’oglio delli corpi de guardia et anco li aceti, facendo accommodar il terazzo in pendente con la pilla nel mezo, acciò per danno di qualche bota, si possi di questa maniera ricuperarlo.
Quell’aceto feci misurar et in un anno si è ritrovato mancamento di più della mittà, poiché havendo il signor mio precessore fatto compreda de 243 barille, misurate da me, se ne sono ritrovate sole 117, et il sopramassaro è tenuto a renderne conto, sebene dice che due bote si ruppero con perdita dell’aceto et che le altre facevano danno per esser di legname molto sotile. Onde io ho datto ordine di far far delle doghe grosse alla Parga per far tinazzetti, con quali voglio sperare che si habbi a conservare senza alcun danno, et potrà il signor mio sucessore farne provisione reintegrando questo deposito, che sarà poi facile mantenerlo in essere con la reintegratione de vini del paese, conforme la mente della Serenità Vostra.
La camera di Corfù è piena de grandissimi et importantissimi disordeni, da quali li corfiotti ne ricevono notabilissimo commodo, che per ciò non solo non apportano al proveditore quei lumi che dovriano, ma li nascondono con ogni loro pottere.
La sola causa nasce che essendo essi ministri deputati dal consiglio de cittadini de quattro in quattro anni, regono il loro carico con grandissima osservanza l’uno verso l’altro et secondo che comporta l’interesse di cadauno.
Procurano per li più entrar in questi carichi congionti di sangue o di affettione, et ho rittrovato al mio tempo il rasonato essere suocero del scontro et il scrivano loro stretto parente.
La maggior parte de quei corfioti sono debitori de danari al publico et le torna contro d’introdur sempre nella camera de più cattivi, anci che nella ellettione li più tristi hanno di gran longa maggior avantaggio, perché essendo molti de corfiotti debitori, sono per termine di broglio et proprii interessi occultati, insinuandosi così l’uno nella gratia dell’altro, con grave et mortale pregiuditio delle cose publiche; et l’illustrissimo Pasqualigo ritrovò che da un catastico all’altro erano mancati 55 libri.
Hebbi qualche sentore che la maggior parte deli casali dell’isola pagano per ogni fuoco aspri doi all’anno per regalie de sali et che questo danaro, a tutto che fosse di ragion publica, era scosso da quei ministri et convertito in proprio uso. Nel qual negotio son andato cautamente (ma con non picciola fattica) penetrando et finalmente (agiutato dal Signor Iddio) ho ritrovato che questa regalia, che può esser de 60 ducati in circa all’anno, era già anni vintitre deffraudata alla Serenità Vostra et il principal ministro di quest’opera fu Spiro Calichiopulo, raggionato in camera, principalissimo cittadino di quella città, anci al presente nel magistrato(?) di censore, il quale da molti anni in qua maneggia tutte le cose della Serenità Vostra, così della camera come delle monitioni.
Hora giustificato questo delito ho fatto reintegar la camera della summa di questo danaro, che è ducati 1.380, et castigato li colpevoli, di quel modo che ho stimato ricercarsi il debito della giustitia.
Contra esso Spiro, se bene deve, oltre il reffacimento del danaro publico, restar confinato doi anni in cittadella et privo in vitta sua di potter sevire in meneggi publici, non però ho voluto fermare la sententia in questo rigore, havendo in consideratione alla longa servitù sua et a beneffiti che in altro ha portato alla Serenità Vostra, onde ho risservato qualche regolatione della sententia, con il revelar qualche usurpatione publica o altro rilevante pregiuditio che ricevi la Serenità Vostra, havendo stimato che per l’inteligenza ch’egli possede ne gl’interessi publici, non fosse bene levarlo in tutto di speranza d’esser rimesso in essi, immittando in ciò quello che vedo farsi dall’Eccellenze Vostre in cose gravi et importanti, come deve essere stimata la presente, pottendosi con verità dire, che non vi sia altro ministro pratico et intendente, né che di gran longa penetri così al vivo et conoschi l’interessi pubblici, come l’Eccellenze Vostre illustrissime ne potrano restar informate dalli eccellentissimi signori generali et signori miei precessori.
Ho ritrovato in una casa posta in camera XV [quindici] vesti di veluto, X [dieci] di damasco, tre di scarlato, doi paonazze et doi cavezzi di raso, posto (per mio credere) per doi vesti, che tutte assendono al numero di trenta una, le quali sono in camera, sicome intendo già più de 14 anni, ne ho pottuto ritrovar che fossero consignate ad alcuno, né per partida di libro, né per altro. Stimai bene vederle et le trovai una sopra l’altra, in modo che quelle di veluto eran con il pello del tutto guasto. Le fecci accomodare da uno de quei maestri et con qualche diligentia che le fu usata, ve ne sarano cinque o sei delle quali si potrà servire ne i bisogni. Le ho fatte accommodar in un armar che non patiranno maggiormente et consegnarle con le chiavi a quel clarissimo consigliere, tenendo appresso de me la particolar nota d’esse; et poiché ve ne sono XV [quindici] de veluto et riddote nel stato come ho già detto, né havendo portato l’occasione di servirsene nel corso di tanti anni, stimerei bene, che oltre quelle accommodate che potrano servire per l’ordinario presente, l’Eccellenze Vostre comandassero al signor proveditore che le altre fossero vendute, però che ne caverano quanto le costorno et d’avantaggio, che così le tengono inutilmente senza speranza di servirsene già mai, oltre che sono anco in stato che in occasione di presentarle non potriano servire al bisogno. Lauderei anco che dessero il medesimo ordine di quelle di scarlato, perché anc’esse sono in mal stato et rose dalle tarme. Quelle di damasco potrano servire nel presente ordinario et con la prima occasione di presente potrà mandarne tanto meno di là, così di queste come di quelle di veluto; et del tutto sarà bene che il signor proveditore facci menar partita, acciò li clarissimi signori consiglieri siano tenuti renderne conto, né si cadi nel disordine presente, poiché molto facilmente potevano smarirsi. Li due cavezzi di raso, che erano machiati, mi servii per il pretio de stradioti, con che avanzai quella spesa alla Serenità Vostra. Né voglio restar di dire cosa che (rispetto a questo negotio) m’è avenuta degna di qualche consideratione, et è che il Scitibei della Bastia suocero di quel Bassà et persona di quella qualità che intenderà più abasso l’Eccellenze Vostre, mi mandò a dimandare doi di queste vesti, promettendomi (con qualche suo commodo) di farne il pagamento o restituirne altre due, come le ha anco restituite avanti il mio partire, et mi sogionse nelle lettere che non mi scusasse di non haverne, perché sapeva molto bene che ne erano della tal conditione et con ogni particolare, il che ho voluto rapresentar all’Eccellenze Vostre, acciò vedino come Turchi et particolarmente questo huomo penetra nelle viscere et tanto a dentro nell’inteligentia delle cose di quella fortezza et come vien avvisato d’ogni particolare ben che minimo et di poco relievo.
Il stato di quella camera s’attrova nel termine che lo rapresento alla Serenità Vostra et apparendo i errori così evidenti non patiscono dilatione al porvi rimedio.
Se vi potria opponer le concessioni che Vostra Serenità ha fatto a corfiotti di dover deputar de loro cittadini al ministerio di essa, ma dirò quello che da diversi corfiotti cittadini et principali del loro consiglio, ma gelosi del servitio della Serenità Vostra, hanno detto a me, pregandomi di refferirlo in questo luoco, cioè che l’havere ella concesso a quella communità tanti privileggi è stata cosa dannosa, però che XV [quindici] o XX [venti] principali prettendono haver in sé assoluto dominio di quel governo, per esser partecipi nella giustitia civille, nella criminale et in quello appartiene al vivere, effetti di dannosissime consequenze, et sicome doveriano per queste gratie esser fatti sempre più benevoli li animi de tutti verso la Serenità Vostra, così ha partorito contrario effetto, riuscendo a quei pochi solamente quel commodo che la carità publica ha inteso dover esser universale et li altri poi in molto maggior numero, non ricevendo alcun beneffitio, s’aliena l’animo loro dalla devotione della Serenità Vostra.
Haverei volentieri instituito un libro nel quale apparessero tutte le rendite e datii, livelli et affitti, censi et altre simili recognitioni, nel quale si dovesse aggionger tutto quello che Vostra Serenità andasse acquistando per beni caduchi, de feudi, overo d’altro con ogni particolare, ma ho havuto il tempo troppo ristretto, oltre che quei ministri erano interessatti nel negotio sudetto, nondimeno ho fatto una terminatione et lasciata in quella camera che si debbi fare, et conferito questo tanto al signor mio successore, il quel quando conosca esser volontà della Serenità Vostra di instituir esso libro, vi ponerà più ardentemente la mano et non saria se non bene che questo libro fosse consegnato di proveditore in proveditore.
Ottima e santa fu la deliberatione di Vostra Serenità di levar le regalie all’offitio della sanità. Simile è aspettata sopra li giustitieri, che intendo esser già fatta dalla Serenità Vostra, per liberar quella povertà da quelle gravezze, che le fu scritto dal signor bailo et da me.
Fra loro poi et li populari sono disgusti grandissimi, imparticolare doppo che la Serenità Vostra ha concesso al console che alcun non possi introddursi, se non per ballotationi di esso, et se ben hanno tentato al tempo mio diversi d’entrarvi, non hanno però scosso più de 4, 6 fino 10 balle, tutto che havessero tutti i requisiti disposti dalle loro constitutioni, pretendendo loro di haver serato esso consiglio, et perciò si sono produte scritture, publicando le loro nascite, con offesa(?) grande di tutte le parti et principalmente de quei del consiglio, ma quello ch’io stimo degno dell’intelligentia della Serenità Vostra, è che vedendosi quei populi privi d’ogni speranza di poter haver quella cittadinanza, né di participar già mai del beneffitio di quei privileggi, vivono sconsolati et con grand’inquiete d’animo, il che può apportar notabilssimo inconveniente, essendo questi di numero grandissimo et di forze molto maggiori de cittadini, intorno a che riverentemente dico, che stimerei bene che per conservarsi in sede tutto quel populo, la Serenità Vostra vi havesse sopra qualche consideratione.
La spesa che fa la Serenità Vostra in Corfù si per pagamento de militie, come da salariati et altro può importare un anno per l’altro ducati cinquanta mille in circa.
L’entrata ch’ella ne cava è d’intorno disdotto in disnove mille, di maniera che Vostra Serenità viene a gravarsi de trentamille et più ducati all’anno. Vero è che in questo conto non è compreso il tratto de sali, intorno a quali, come negotio importante, vi ho posto qualche spirito, et vedendo che il maggior contrario era trovar il modo di consumarlo, raccordai riverentemente a quei signori illustrissimi al sale, che il sopravanzo de sali che si fabricano in quel luoco, fosse venduto in quel vicinato al meglio che si potesse, perché tutto sarebbe avanzo alla Serenità Vostra, con quei particolari di più che l’Eccellenze Vostre haveranno veduto da esse littere et con la deliberatione di venderlo di là a ducati 80, spero che se ne venirà a ricever molto beneffitio.
Io ho vedute tutte quelle saline et imparticolare la campagna d’Alestimo de cento ottanta botteghe, di sito tale che migliore per un tal effetto non credo che si possi desiderare, et il sale riuscirà sempre molto bello, quando che quei ministri per cupidigia non vorano usarvi delle fraudi, sicome ho veduto io, che quello cavato al mio tempo è stato belissimo.
Possede la Serenità Vostra alle rive dell’Albania le acque di Butintro, con certa giurisditione de pascoli, et le acque della Bastia, che sono nel canale per mezo l’isola di Corfù, e poi più verso Levante fuori del canale possede la Parga con giurisditione delle acque del Fanaro.
Delle peschiere di Butintro Vostra Serenità ne cava grossissimo utile, essendo questo il maggior datio di quella camera. Vi è anco quello della Bastia, se ben molto minore, et questi doi datii, per essere alle rive della terra ferma, apportano alle volte qualche travaglio, per il che è neccessario vigilare per la conservatione loro, come cosa di somma importanza et da molti anni in qua mantenuta in pacifico possesso con non minor riputatione che utile della Serenità Vostra.
Dalla Parga veramente, che è un antichissimo et picolissimo castello sopra un sasso, habitato da circa 800 anime, se ne cava molto beneffitio, il tutto a commodo dell’isola di Corfù, perché da quella parte si ricevono diverse sorte di vettovaglie, come d’animali, grani et altro.
Vivono quei parghinotti dell’arte de legnami, per la vicinanza che hanno delli boschi del Fanaro, dove cavano legni di ogni sorte d’opera, particolarmente per letti d’artigliaria et anco per stortame(?) de galee, rispetti di grandissima consideratione et che rendono di maggior stima quel picciol luoco, il quale serve appresso per sacello de poveri schiavi, che fugono la captività de Turchi.
Ad instantia de suoi ambasciatori io andai in quel luoco, et oltre l’haverli consolati per quanto più mi fu possibile, mi son posto in obligo di supplicar la Serenità Vostra, per la confirmatione della gratia che le fu fatta dall’eccellentissimo signor General Bembo et di due terminationi fatte da quel clarissimo reggimento et da me, sicome ne fu datto all’hora particolar conto all’Eccellenze Vostre, affermandole che parghinoti, per la fede e devotione loro, sono meritevoli della gratia che ricercano, desiderano anco che le sia accomodata et di più di esserli fatta una cisterna, sendo astretti andar fuori et alquanto lontano dal castello a tuor l’acqua per loro ordinario uso, che sarà cosa di pochissima spesa, sendo già fatto il vaso assai capace, che facilissimamente potrà esser accomodato.
Il castello di Sant Angello, ch’é nella parte dell’isola rivolta verso l’ostro, luoco opportunissimo e capacissimo a ricever in sicuro gl’isolani, gl’animali et le sostanze loro in ogni occasione sospetta, non intendo esservi altra necessità presente, che di accomodarlo di cisterna per l’acqua et di reacontiar alcune poche case, che dovrebbono servire per alloggiar soldati e bombardieri in ogni motto di sospetto.
Con somma prudenza Vostra Serenità deliberò voler ella la prelatione sopra tutte le case de particolari de fortezza Vecchia, per quei rispetti che le parvero degni di consideratione. Hora restano poche, et sole sei famiglie habitano dentro la fortezza. Stimarei anco che fosse bene che alcuno non potesse fabricare per li sopradetti rispetti.
Resta di cavar la cunetta della fortezza Vecchia, la quale è in grandissima parte atterrata. Di far il simile del mandracchio et di reparare al mollo, ma havendo già datto la Serenità Vostra ordine del mollo et del mandracchio, et l’illustrissimo signor Gerolamo Corner proveditor dell’armata datto principio in preparar le materie per essi, si deve credere che con il suo valore et ordinaria diligentia sia per dar compimento all’opera, sicome nelle altre cose spettanti al suo carico, si dimostra vigilantissimo et diligentissimo, con acrescimento della propria riputatione. Sarà però anco bene che Vostra Serenità commetta al signor Proveditor Contarini che facci il medesimo della cunetta.
Vostra Serenità intese già il successo del signor Giulio Lombardo, intorno al quale non dirò altro, essendo stato dal valore del clarissimo signor Antonio Civrano recuperata quella famiglia et i ferri(?) et il tutto terminato con reputatione et senza alcun interesse della Serenità Vostra. Dirò bene ch’esso signor Lombardo refferisce, che Sinambei et l’Agà suo genero sono huomini di perfida natura et che tengono mano con tutti i leventi comprando da loro li schiavi et le robbe.
Altre tanto si mantiene ben affetto il Seibibei della Bastia, suocero del Sanzacco, che già molti anni si trattiene in quel vicinato come Emino del Gran Signore, per riscuottere le gabelle et datii, con il quale sempre si ha havuta buona corrispondenza in ogni trattatione. Egli arivò a Corfù il giorno avanti il mio partire et io andai a visitarlo, dove faceva la contumacia, il che gli riuscì carissimo, sicome a me, et nella presenza et nelle parole si dimostrò tale quale egli è nell’operatione, et sarà sempre bene tenerlo grato.
Di tute queste cose che ho riverentemente rapresentato a Vostre Eccellenze illustrissime, ne ho lasciato pienamente instrutto il signor mio successore, conoscendo esser termine di buon servitio di così fare.
Son partito da Corfù col signor Capitano di golfo, il quale rispetto a quel bretone del signor Duca di Savoggia fece rissolutione (sicome egli scrisse a Vostra Serenità) di trattenersi alle Bocche di Cattaro, et se bene vi era stato nuove giorni, il primo solo de quali fosse stato veduto il vassello, tutto che ogni mattina le galere facessero la discoperta, et pottendosi anco ragionevolmente credere per li tempi fortunevoli che fosse passato Sotto vento, tuttavia Sua Signoria illustrissima vi saria stato anco maggiormente, quando che per mancamento del panne non fosse stato necessitato a partirsi di là; et sicome si partì con molta passione d’animo, così se ne ressenti poi maggiormente, quando che incontrato poco lontano da Zara doi galere con panne et in quella città compartitolo, non puote haverene egli et le sue conserve per più che per 8 o 9 giorni, con la qual poca provisione ha voluto nondimeno immediate ritornar nelle medesime acque di Cattaro, portato in tutto da desiderio di fruttuosamente servire et da quell’ardore vivissimo che lo sprona in tutte le cose sue, senza alcun riguardo né di robba né di vitta, con stupor universale et laude della sua propria persona. Alle altre galee, oltre le sue conserve, non ve ne era restato se non per quattro et al più cinque gironi, et sono venute in Istria per incontrar qualche vassello, con ordine di riceverne per andar a somministrarlo, acciò egli possi (bisognando) trattenirsi più longamente in quelle acque, il che ho stimato bene dire alla Serenità Vostra, acciò dia quelli ordeni che le parerano necessarii, ne si ritardi o forsi levi l’occasione a suoi ministri che ardentemente la servono di potterlo fare, con maleffitio delle cose publiche.
Ho habbuto per segretario messer Gerolamo Girardi, fo figliolo del signor Giulio morto ultimamente, il quale ha servito in diverse ambascierie, come è ben noto, nel servitio mio si è affaticato con spirito e desiderio grande, si è fatto conoscer in oltre splendido e generoso et d’ottimi costumi, che li hanno apportato molta reputation et a me è stato carissimo.
Di me non devo dir altro se non che ho procurato de immittare le vestiggie delli clarissimi miei precessori, che con somma laude hanno governato quella fortezza, vedendosi memorabilissimi testimonii delle loro virtù et splendore, et particolarmente del clarissimo signor Zaccaria Gabriel mio precessore, al quale se non ho potuto gionger, come era mio desiderio, la brevità del tempo et la debolezza delle mie forze mi hanno levato il modo. Supplirà a questo il clarissimo signor Gerolamo Contarini mio successore, soggetto pieno di quelle virtù et valore che sono molto ben conosciute da ogn’uno. Gratie.