14 gennaio 1616 Lorenzo Contarini
Relazione
Relazione di Lorenzo Contarini ritornato di Bailo a Corfù
1616 gennaio 14 m.v.
Serenissimo Principe-ri(?)
Dovendo io Lorenzo Contarini in questo mio ripatriare, dar riverente conto alla Serenità Vostra della carica di Bailo di Corfù, confidata dalla benignità dell’Eccellenze Vostre al mio governo, tralasciando il descriver il sito di quell’isola et di quelle importantissime fortezze, il tutto assai ben noto, da continue relationi d’altri rappresentanti, all’eccellentissimo senato et ristringendomi in pochi capi, per apportarle minor tedio, con la brevità le dirò che il numero delle anime che si ritrova nell’isola e nella città, per la descrittione da me fatta con ogni diligenza, è vinti sette mille cinquantasei, nella città e borghi nove mille quaranta otto et nelli novanta otto casali che contiene tutta l’isola disdotto mille e otto; fra tutta la qual summa vi sono sette mille dusento e quattro huomii atti a prender l’armi in servitio della Serenità Vostra. Per questo numero di genti non produce l’isola grani per più di quattro mesi, onde conviene al bailo travagliar di continuo per proveder per il rimanente dell’anno, consumandosene nella sola piazza et altri luochi della città stera 24.000 all’anno, oltre quello con che alle volte di suffraga li contadini. Per mantener quella abundanza che deve esser l’oggetto d’ogni publico rappresentante, confesso alla Serenità Vostra, che come ho havuto occasione di pensarvi assai, così anco son stato in ciò consolato da Dio, dalla cui mano ho conosciuto questa somma gratia. Ho lasciato nel fontico stera 3.000 di formento buonissimo. Questo fontico si trova di capitali ducatti dodeci mille Corfiotti, de quali ne sono ancora 2.200 in mano di debitori, habilitadi dalli eccellentissimi superiori a pagar in rate, che con tutto habbia usata una essatta diligenza, non è stato possibile ridurli a compitamente sodisfar a questo debito delle rate. Oltre di questi vi sono debitori altri per ducati 400, contro quali ho fatto essequire, si che il fontico resta assicurato che con facilità si ricuperaranno; havendo anco fatto che li doi massari, che nel corso del mio tempo hanno maneggiato, habbiano saldato compitamente, se ben con qualche difficoltà. Questo danaro conviene(?) star una parte necessariamente in grani, che giornalmente si dispensano a pistori, et l’altro in mano di essi pistori, che ricevono li formenti per mantener la città e borghi di essa, né pagano né possono pagar il formento se non dato essito al pane, summa l’una e l’altra di considerabile quantità, che ben spesso resta essausta la cassa del fontico, che impedisce tal volta il far l’investita che bisognarebbe. La sudetta cassa è tenuta et governata dalli proveditori di esso fontico, da quali, non ostante queste difficoltà, ho fatto esborsar ducati doi mille a conto delli tre mille ottocento che restava creditrice quella camera fiscale al mio ingresso nel carico. Et perché oltre la natura cattiva di quei formenti, che non si mantengono boni per la metà dell’anno, aggiuntavi la fraude, che necessariamente bisogna facino li massari del fontico, se bene io habbia fatto usar diligentia nel far tener li sue chiavi alli sindici et tenute anc’io le mie, conforme alle buone institutioni et ordeni, facendo sempre assister all’aprir li sindici et in mia vece persona mia confidente, senza spesa del publico, con tutte queste provisioni stimo non haver provisto potuto riparar alli artifici et inganni di massari, onde per veder di levarli questa scelerata operatione, ho fatto questo anno ultimo(?) del mio carico crivellar tutti li formenti prima del ponerli in fontico, con la presenza di un sindico o proveditor di esso; in questo modo spero sarà levata in buona parte l’occasione alli masseri di aggiungerli sporchezzi, oltre che li formenti si manteniranno più tempo buoni.
L’isola è tanto piena, non solo le coline ma anco il piano, di vigne et olivari, che crescendo ogni giorno in pochi anni si scemarà grandemente anco quella poca rendita di formento, onde stimerei cosa molto al proposito, che Vostra Serenità dasse carico a persona particolare, accioché lasciando quante vigne fossero bastevoli et d’avantaggio in quei luochi più al proposito, facendo spiantar il resto et così anco qualche parte di moltissimi olivari, riducendo questi terreni per formenti, stimo se ne caveria certo tanto che basterebbe per tutto l’anno et d’avantaggio, et in questo modo non si starebbe all’arbitrio della fortuna, oltre che sarebbono necessitati quelli di terraferma dar li loro formenti a miglior conditioni. Si ridurebbe anco in sicuro l’isola dependendo hora dalla volontà de Turchi, facili alli accidenti et innovationi, et ridur quel popolo in necessità di grano, materia di tanta importanza, et così potrebbesi fabricar molti biscotti con grossissimo benefitio di Vostra Serenità.
Le devo poi ragionar alla Serenità Vostra della tintura(?) et portamento delli Corfiotti, converrò dirle riverentemente, che così come se ne ritrovano di cattivi et disobedienti, così hanno li rappresentanti occasioni di consolarsi nel vedere che molti, a gara l’uno dell’altro, concorrono al servitio publico con l’animo et con le facoltà, havendo io assai a bastanza pratticato ciò con l’occasioni di questi presenti motti, essendosi svegliati, anco per le continure mie instanze, ad adoperarsi nel far gente nel maggior numero che potevano per servitio dell’Eccellenze Vostre et di già ne condussero intorno sessanta a piedi di Vostra Serenità, non cessando di affaticarsi ancora per render più fruttuoso servitio. Ben è vero che vi sono alcuni così contaminati dall’ingordiggia del danaro, che convengo dirle con ogni riverenza, che non si arrossiscono di far publica usura defraudando il povero contadino, spetialmente chi è necessitato proveder al presente bisogno che tiene. Per rimediar a questo disordine io non ho mancato d’ogni mia industria, ma a curar queste piaghe vi vorrebbe più alta mano, poiché non è bastevole l’auttorità delli ordinarii reggimenti, così per oviar ad altri disordini, che frequentemente nascono et giornalmente si scoprono nel governo di quella città.
La visita del reggimento per quell’isola non sarebbe infruttuosa, anzi molto giovevole, poiché restarebbono assai consolati tutti li contadini, particolarmente quei poveretti lontani dalla città, che non hanno il modo di venir un giorno fuori delle proprie case.
Dal non esservi corte, per la tenuità della paga, che sono soli ducatti doi al mese per cadauno offitiale, nascono molti inconvenienti, poiché non potendosi far alcuna essentione(?) personale, vengono portate le armi prohibite dalle leggi, non s’ha riguardo a commetter ogni eccesso et disprezzo et inobedientia, sicuro ogn’uno di dover essere libero dalle priggioni. Il solo castigo del bando vien poco stimato, havendo ardire di liberamente vagare per le piazze e città, assicurati di non poter esser ritenuti. Di quanta importanza siano questi disordini lo lascio alla prudenza dell’Eccellenze Vostre. Dirò di più, che la maggior parte di loro hanno ricusato ricever il benefitio della gratia, che la Serenità Vostra li concesse in questi presenti motti alli banditi. Il rimedio a questi così importanti eccessi sarebbe al creder mio molto facile, quando la Serenità Vostra si risolvesse di accrescer il stipendio alli offitiali, mandando in oltre cento soldati Italiani, per esser divisi in quattro corpi di guradia: al palazzo del bailo, alla porta Denli(?), in piazza et alla porta di Spilin; mezo potentissimo a reprimer la temerità di cattivi.
Mi occorre ancora con ogni termine di riverenza dirle, che non sarebbe se non bene che fosse assignata stanza per coloro che si appresentano nelle forze della Giustitia, non essendovi luoco nel palazzo per questo effetto. Né parmi ragionevole serrar questi nelle prigioni che voluntarimente vengono nelle forze, però assignandoli le proprie case per luoco di appresentation, qui occorrono molte disobedientie et altri diversi scandali.
Non devo manco restar di notificar alla Serenità Vostra, come in quell’isola vi sono moltissime chiese, con le sue entrate per mantener li offitiatori, raccommandate con bellissimi ordini dalli construttori alla protettion di diversi, de quali pochissimi ne sono che essercitino la pia mente di questi, poiché convertono le entrate nel proprio loro uso, lasciando le chiese senza offitiatori et il paggio è che le lassiano ruinar affatto. Per levar così grande inconveniente giudicarei fosse bene, per la potestà che Vostra Serenità tiene sopra il rito Greco, che il bailo andasse visitando tutte le chiese dell’isola, levando il Ius con la entrata dall’auttorità delli cattivi amministratori, conferendoli a religiosi de quali tolta informatione le paresse buoni e sufficienti, instituendo di più quello stimasse maggiormente al proposito, acciò che fossero ristaurate, ben tenute et offitienti ad honor del Signor Dio et in benefitio dell’anime che le hanno fondate et addottate.
Ho poi goduto quel mio reggimento et servitio con grandissimo mio contento li illustrissimi signori Vicenzo Grimani et Antonio Ciuvrano suo successore attuale, da quali si come sempre non ho havuto che desiderare, così ho esperimentato in essi non solo fini di ben servire la Serenità Vostra et una singolar vigilanza, prontezza et zelo di consolar quei popoli et conservar una reciproca ottima intelligenza con me in tutte le cose, fra le altre sodisfattioni questa ho gustato come particolar gratia; così anco quei signori consiglieri a gara sono sempre prontamente concorsi meco all’audientia et a prestar quel buon servitio, che era di loro debito et di espettatione dell’Eccellenze Vostre, concorrendo nel mio pensiero di condannar li rei, per far giente al servitio della Serenità Vostra ne i presenti motti, come si è fatto per il numero di quaranta, con obligo di apprensentarli all’illustrissimo proveditore e capitano.
Questo è quel tanto che con l’esperienza ho potuto osservare, rappresentato con la semplicità et candidezza del mio animo, inclinato solo per natura et per debito al commodo della Patria, per la quale goderò sempre di poter spender le sostanze et la vita propria. Gratie ri(?)