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24 settembre 1644 Cipriano Civran

Relazione

Relazione di Cipriano Civran ritornato di bailo a Corfù
1644 settembre 24

Serenissimo Prencipe
Rittornato di bailo a Corfù, dove fui destinato dalla publica benignità a regere et governare quelli fidelissimo suoi sudditi, a quali con ogni mio studio et applicatione ho procurato far indifferentemente godere quelli effetti di giustitia et ubertoso vivere, che nella cognitione del mio riverentissimo debito ho stimato complire il vantaggio loro et il servitio della Serenità Vostra. Onde in essecutione delle leggi in sucinto rifferitò il stato di quell’isola et habbitanti, per dover poi, sempre conforme le occasioni, aportargli quel di più che la Serenità Vostra si compiacerà d’incaricarmi. Corfù è isola picola di longhezza di 72 miglia in circa, dal Signor Dio riposta in quel sitto per antimoral della christianità, ritrovandosi habbitatta di 40.000 anime in circa, buona parte atte in ogni caso a prestare ogni impiego et buon servitio alla Serenità Vostra. Qual isola ritrovandosi situata alla boca del colfo Adriatico et lo divide dal Mediteraneo. È fertile per natura, onde rende quanto viene coltivata, ma essendo quelli habbitanti nigligenti in sé stessi, si dilatano solamente di coltivare et seminare quanto stimano potter bastare per uso loro, si che per lo più in occasione di scarsi racolti, sono necessitati ricorere al fontico per socorso de loro viveri, aplicandosi più tosto ad impiantar vigne, per il buon esito che provano delli vini dalla frequente ressidenza dell’armata in quelli contorni et acqui. Sono però da pochi anni in qua venuti ad habitare molti albanesi di Tif imparticolare la Balia d’Alestimo, quali con la loro industriosa dilliggenza ne hanno disboscata et redota a coltura buona parte, et in poco tempo stimo sarà ridotta quasi tuta ad ottima bonifficatione. È quell’isola divisa in quattro Balie iure(?) pactineuze(?), et cadauna da molti vilaggi, detti casali, bene popolati di buona et forte gente, et la città si ritrova dalla natura riposta nel mezo per apunto dell’isola stessa, tenendo ugualmente 36 miglia in circa di distanza per cadaun capo. Possede due Reggie fortezze, l’una per Levante dove rissiede l’illustrissimo signor proveditor e capitano, et l’altra per ocidente detta la Nova cittadella, la prima dalla natura meravigliosamente preparata e la seconda con miracolo dell’arte construita, quali si rendono in espugnabili, così per esser favorite da i sitti, come provedute d’armi et grosso deposito de munitioni, et perché essendo poco il recinto poco numero de genti anco bastano a diffenderle, né credo con esse possi haver luoco alcun assedio, per quanto ho potuto sopra il fatto comprendere, mentre la vicinanza di due potentati, come il Signor Turco et il Re Catolico, o l’uno o l’altro sempre per propria raggione di Stato in ogni evento (che Dio non permetti) è necessitato di dargli socorso. Costeggia però la sudetta Nova cittadella per la parte di Ostro un cole, detto il monte d’Abramo, che in caso di guera, venendo occupato dal nemico, potria comodamente batter non solo la medema fortezza, ma tutta la città ancora. Et questo importante disordine mi pare haver udito, che molto ben previsto dalla publica sapienza, sia stato dalla medema per il proprio rimedio commesso all’illustrissimi publici rapresentanti di obligar quelli che fabricano case a far sassi et cavare pietre sopra il cole stesso, per diminuirlo et a bassarlo, a segno di non potter esser a cavaliero né alla detta fortezza né alla città, com’è sopradetto. Tuttavia non venendo da molti anni questo buon ordine essequito, stimerei per mio riverente senso esser necessario un novo decretto di Vostra Serenità, che commetta la continuatione et essecutione del medesimo, poiché più che mai diletandosi quelli habitanti di fabricare, in breve tempo resterà esequita et sodisfatta questa publica necessaria intentione, per assicurarsi in ogni caso la Serenità Vostra di non ricever dal detto monte così notabile et evidente pregiuditio. Si ritrova quella città in maniera popolata, che in anguste habitationi le famiglie sono necessitate restringersi, procurando ogn’uno haver luoco et fabricare in città, riducendo la maggior parte de cittadini e mercanti le loro case in molta magnifficenza, per esser la maggior parte divenuto commodi di beni di fortuna, di modo che si va facendo una delle più belle et cospicue città che possedi la Serenità Vostra nel Levante. Anci, non potendo i popoli tutti habbitare nel recinto di essa, hanno fabricati et ampliati tre grandissimi borghi, nominati rispetive Castrade, San Roco et Manduchio, tutti vicini alle due porte principali della città stessa, nominate l’una Reale et l’altra Rimonda; quali popoli veramente sono fatti la maggior parte assai disubedienti a publici commandi a segno tale, che chiamano la sapienza publica a qualche proviggione, et l’augumento di loro temerità d’altra causa non comprendo seguire, che dalla debbolezza delle forci del reggimento, con quali non può fare alcuna essecutione, poi che sei o otto ministri, che tiene esso reggimento, poco possono operare in città et niente esercitare per l’isola, massime per esser intimoriti dall’acidenti et straggie successe per lo passato in alcuno de ministri medesimi, onde poco stimano la giustitia et li delinquenti, ancor che banditi, non si discomodano(?) d’ogni publica pratica et dalli proprii nidi, et se bene la Serenità Vostra, con il solito di sua singolar prudenza, ha ordinato che al reggimento medesimo in ogni occorenza siano soministrate soldatesche in socorso et scorta di detti ministri, non si può goder l’effetto della publica intentione, per le ocupationi de soldati et la difficoltà di loro mossa nelli affari sudetti. Racorderei però riverentemente alla Serenità Vostra, che fosse bene il destinare una barc’armata all’ubbidienza del reggimento, per rispetto della publica maestà et servitio della giustitia, et per che questa provigione possi seguire senza publico danno, stimerei bene, essendo in quella città al numero di 3.000 hebrei in circa, la maggior parte negotianti di molti effetti, potriano esser tassati tra tutti ducati 500 all’anno, che come si sono per loro sicurezza lasciati intendere, concorrerano pontualmente nel tanso et nell’esborso medesimo, si come parimenti facendosi nella detta città et borghi esito grandissimo di acqua vitta a minuto, potria da
Possiede Vostra Serenità il luoco de Butintrò con boschi et buone peschiere, sebene si ritrova nelle riviere della terra ferma del Signor Turco, sopra il canale che divide l’isola dalle riviere stesse; quali peschiere da alcuni anni in qua declinando dalle solite affitanze in grossa summa, ho penetrato venir  ciò causato dall’atterarsi la boca della fiumara, onde nell’occasione dell’acque basse, il pesse difficilmente sormonta nelle peschiere medesime, che però scarse reussendo le pescaggioni, consequentemente si scarseggiano anco le affitanze et le rendite della Serenità Vostra. Il rimedio per mio riverente senso saria di ubligar li condutori nella polizza d’incanto di fare ogn’anno qualche parte di escavatione nella boca della fiumera stessa, perché atterandosi maggiormente resterà totalemente distrutta la pescaggione et la rendita che riceve il publico dalle peschiere medeme. Non restando di aggiongere di ritrovarsi, per sicurezza di quelli habbitanti et pescatori sudditi di Vostra Serenità, una torre vechia già assai forte, con 4 perreie, polvere e bale, di publico ordine mantenuta, la quale minacia caduta, et di presente potria esser con poco riparata et mantenuta, quello che seguendo in essa maggior danni, difficilmente si potrà col molto riedifficare(?), per le consequenze dell’interpositione che potria nasser dall’insolenza de turchi confinanti, per impatronirsi delle dette peschiere et boschi, da quali trae molto legname et stortami per uso delli sudditi et arsenali della Serenità Vostra, si come di quando in quando essi turchi tentano turbare il luoco medesimo, come effetueriano se non fossero ribatuti dal calore della torre predetta.
Non devo tacere parimenti disordine di considerabil consequenza, che ho scoperto et praticato nel corso di questo tempo ch’ho in detta città servita la Serenità Vostra, qual è che per conservatione et augumento del ritto latino nella medesima, fu più d’una volta dalla publica sapienza decretato che dal consiglio della città predetta fossero li prencipali carichi destribuiti la metà a cittadini del ritto latino et l’altra a quelli del ritto greco, con la precedenza al latino, ancor che più giovine in ogni luoco. Hora mancate in parte le casate che vivevano col ritto latino et l’altre passate dal ritto latino al greco, non si trova più alcuno nel detto consiglio che vivi alla latina, contro detti ben instituiti decretti, il che ha caggionato che li stessi latini greci, facendosi sotto diversi pretesti nominar latini, godono il benefitio delli carichi, con pregiuditio notabile del ritto medesimo. A questo importante abuso, con ogni debbito di riverenza, raccorderei esser necessario un recente efficace decreto di Vostra Serenità, che esprima esser publica volontà, che solamente quelli che effetivamente vivono nel ritto et intiera ubbidienza della Chiesa latina possino godere nel detto consiglio et suoi offitii le prerogative de latini, et non ven’essendo nell’ordine del medesimo per aventura quanti bastassero per l’impiego necessario, con le debbite statuite contumacie di detti carichi, stimerei fosse bene introdur nel detto consiglio, delli più honorevoli che habbitano in detta città, tante casate latine quante pottessero suplire al mancamento sudetto et servire in adempimento della publica volontà, per conservatione di detto ritto et altre consequenze di politico interesse, molto ben notte alla publica prudenza.
In quanto alli olivari ho adempito con tutta pontualità l’esecutione delle leggi intorno l’augumento et impianto delli medesimi, onde l’isola si ritorva ben impiantata et si augumentano li olivari, per l’utile considerabile che quelli popoli da essi ne traheno.
Tiene la sudetta città un fontico con grossi capitali, ridotti dal zelo dell’illustrissimi miei precessori a buon segno et ampliati in unione da me mediante la mia continuata aplicatione et buona inteligenza coll’ottimo zelo dell’illustrissimo signor Proveditor Navagiro(?), si che detto capitale effetivo ascende alla summa de ducati 42.684 aspri(?) 33 piccoli(?) 25, ritrovato al mio ingresso che gli fu a primo maggio 1642 alla summa de ducati 38.937 aspri(?) 3 piccoli(?) 24, con augumento però del medesimo nel corso del corso mio reggimento, a gloria del Signor Dio et della Serenità Vostra, de ducati 3.745 aspri(?) 30 piccoli(?) 1. Il tutto da me ivigilato con il pieno del mio affetto, per incontrare il publico servitio et consolatione de quei popoli.
La frequenza dell’audienze, lode a Dio, ho lasciate molto ben incaminate, mentre mi sono incontrato coll’ottima dispositione et buona volontà dell’illustrissimi signori Nicolò Dandolo et Zuanne Balbi consiglieri, con pienissima consolatione et solevo di quelli fidelissimi sudditi della Serenità Vostra, ch’è quanto mi ocore per hora in questa mia sumaria et sucinta relatione significarle, sollo agiongo pienissimi attestati della mia inalterabile continuata prontezza nell’esecutione de publici commandi, con brama di spender il sangue et far vitima di me steso per la patria et in servitio della Serenità Vostra. Gratie.
Ciprian Civran ritornato di Bailo a Corfù