27 maggio 1653 Girolamo Foscarini
Relazione
Relazione di Gerolamo Foscarini ritornati di Provveditore e capitano a Corfù
1653 maggio 27
Serenissimo Prencipe
Doppo haver procurato di sostenere, con la maggior pontualità e decoro possibile, il servitio di Vostra Serenità per il corsso di trenta mesi forniti(?) nella carica di proveditore e capitano di Corfù, mi resta ancora da sodisfare l’ultimo, se riguardo l’ordine, ma se considero il merito la principale delle incombenze della stessa, ch’è di portare sotto i prudentissimi riflessi di Vostre Eccellenze, quel tanto ch’in questo tempo ho osservato proprio per la miglior conservatione di quella importantissima piazza. E ben spero di poterlo fare al pari d’ogn’altro, mentre se ben inferiore a tutti di spirito, non disuguale però certo a chi si sii nel zelo et applicatione, ho inoltre incontrato in accidenti, i quali quanto più di fatica e travaglio hanno apportato al corpo et all’animo, altretanto di lume han arrecato alla mente, nel penetrare quello che possa essere di maggior publico servitio et avvantaggio. Chiamo incontri non ordinarii la caduta e restauratione del baloardo Sant’Atanasio, la revisione della Camera et altre publiche monitioni, l’espeditione di due ambasciate a piedi di Vostra Serenità e la sollevatione de villici. Sotto ai quali quattro capi farò brevemente cadere quel tanto che ho stimato degno della notitia di questo eccellentissimo Senato e che ho giudicato più conferente al buon governo e sostenimento di quelle fortezze, propugnacolo del Stato di Vostra Serenità non solo, ma di tutta la christiana Republica ancora.
Doppo questa la restauratione del mollo del mandracchio e l’escavation dello stesso e della luneta [forse cuneta] della fossa, sarano opere fruttuosissime, le quali non patiscono dilatione, perché come al presente non per tutto, così ha poco tempo in poche parti solamente del mandrachio potran capire, non dirò le galeazza o altri vascelli carichi di monitioni, ma le stesse galere sottili ancora. Anche tante publiche fabriche di quartieri, magazeni e case, che per l’obligo che s’è havuto di attendere alle fortificationi esteriori, non sono state che malamente rapezzate, per riparare la sola necessità han bisogno di concieri molto diligenti, così a loro presservatione, come a mantenimento de publici pretiosi capitali che contengono, il che dico non tanto in fortezza Vecchia, quanto nella Nova, nella quale di più bisognosa si rende la restauratione del scarpon verso il monte di Abram e la riparatione della cisterna grande, per renderla a buon uso, dipendendo da quella sola la provisione in questo genere di vito a tutta quella fortezza. Parmi anche che sii opera fruttuosa, per non dir necessaria, il perfetionare in fortezza Vecchia la strada della ronda tutta per farne il giro intiero, restando ella al presente mancante nella parte sopra le fortificatione di San Sidero, ch’è il sito di maggior bisogno e gelosia, così per esser sotto il castello da mare, come per essere il luogo più basso, dove che in tutto il restante del recinto s’è di gran lunga fuori di scalata.
Ma perché non dalle sole mura e fortificationi dipende la difesa e sicurezza delle piazze, ma dalle provisioni di viveri e delle monitioni da guerra particolarmente, per questo non devo trascurare niuna di queste due parti essentialissime, dovendo dire, per l’obligo che tengo al buon servitio di Vostra Serenità, che come la piazza di Corfù è certo delle più importanti del suo Stato, così al presente ne’ tempi de maggiori bisogni e gelosie (e ne’ quali conviene che certi casi così fatti quanto più son lontani dal desiderio, altretanto siano vcini all’imaginatione de gl’huomini prudenti) non è certo tenuta in quella consideratione che merita una piazza rinomata per tutto il mondo, confinante ad un inimico così potente, col quale tanto tempo e si fieramente si maneggiano con dubbioso evento le armi. Guardi Iddio qualche disconcio nel Regno, qualche accidente, che oblighi l’armata a ridursi in porto, o per soccorrere o per esser soccorsa, restarebbe nel primo caso quella piazza prima assediata da difensori che assalita da nemici, e nel secondo verrebbe più tosto ad opprimere che ad essere sollevata.
Seimille soli stara di miglio è l’unica partita con la quale si fa la summa ad ogni provisione, non v’essendo un solo grano di formento e poco potendossi promettere da qualche migliaro di biscotti(?), per il continuato consumo che se ne fa, non nella sola galera dell’eccellentissimo generale e fregantini, com’era già solito, ma nelle militie tutte, bombardieri e salariati, per la mancanza del denaro, che però una buona quantità di formenti st renderia necessaria e fruttuosa, e per la facilità di provedersene con prezzo avvantaggiosi e perché quando niente comincino a patire, v’è il commodo di ridurlo facilmente in biscotti, con avvanzo publico considerabilissimo, e nella compreda del formento e nella fabricatione de medesimi, nella quale le legne non costano e gli operarii, che sono soldatti, con poco più oltre la loro paga lavorano, oltre l’avanzo sicuro per ogni migliaro di quattro ducati di nollo per il transporto de vescelli.
Una sola botte, anche picciola, di aceto serve più tosto d’arricordo di doversene provedere che di provisione.
L’oglio, che alla summa di zare ottocento nonanta si ritrova nelle monitioni, potria, e migliorarsi in condicione et accrescersi nella quantità, con l’occasione della nova annata, di quella forma che ho riverentemente arricordaro nelle mie di numero 90.
Di sale un solo migliaro in circa ve n’era nel deposito, al quale tre altri ne ho fatto io aggiongere, non essendo il luogo capace di maggior quantità.
Direi veramente che meglio fosse proveduta quella piazza delle monitioni da guerra, quando le artellarie, che sono così importanti, fossero montate tutte, o se le montate havessero i loro letti di rispetto o almeno se quelli che hanno fossero di meza vita, che però conosco di mio debito il ripetere anco in quest’occasione il bisogno, anzi la necessità in tante mie lettere replicata di tavoloni per i letti, assi e gavei per le riode, a fine che resti riparato ad ogni inconveniente, che guardi Iddio, potrebbe nascere in occasione di bisogno. Altre volte si facevano grossi tagli di legname in terra ferma e si suppliva in gran parte a quelle occorrenze, ma perdutossi questo commodo nel tempo della presente guerra, a tutto si deve riparare da Vostre Eccellenze con le provisioni di qui, le quali tanto più si rendono necessarie a Corfù, quanto che di la s’è riparato al bisogno dell’altre due isole con la missione di diversi letti, che di tempo in tempo sono stati ricercati et inviati.
Il deposito delle polveri in castel da Mar è ridotto ad un mezo millione, tutto di robba perfetta, havendosi cambiata quella che in qualche modo haveva patito con altretanta di buona degl’altri depositi, e come veramente questa diligenza è stata molto proficua al servitio di Vostra Serenità, così se resterà adempito l’intiero millione, come m’avisorono le ducali di 22 febraro passato, sarà un’opera insigne e si formerà un deposito considerabile di così necessaria monitione, che valerà per conservarsi per un gran tempo, stante l’ottima condicione del vaso, situato in parte molto propria per ogni rispetto.
Ma perché tutta la quantità delle provisioni è da viveri e da guerra appare ne ristretti che porto meco di quelle monitioni, a quelli mi rimetto, col dire solamente che nella piazza di Corfù, così importante per sé stessa e tanto commoda ai soccorsi dell’armata e del Regno, le provisioni, tutto che fossero continuate, mai riusciriano superflue, intendendo in queste anco quelle spettanti a quegl’arsenali, spogliati di tutte le cose, che doveriano a tempo essere rimesse, per non ritardar le concie delle galere e galeazze l’anno venturo, tanto più che con l’essempio di quest’anno facile riesce il credere,che anco quello a venire debba capitarvi qualche corpo d’armata alla concia.
Anco la total mancanza di legne si rende considerabilissima, perché come al presente difficulta il progresso delle fortificationi, così in ogni caso renderia impossibili tant’altre necessarissime fontioni, al che aggiongo anche il bisogno de carboni, mentre la picciola provisioni che di la con molta spesa si può fare di carboni dolci, non seve che a pochi e minuti lavori, e non supplisce a domar ferramenta grossa necessaria alle maggiori occorrenze.
Scorsa la qualità e mancanza delle provisioni, mi resta a dire alcuna cosa delle militie di quei presidii, che consistono in otto compagnie ordinarie e dodeci estraordinarie, le quali arrivano in circa alla summa di mille teste, numero superiore all’ordinaria ristretta guarnigione accostumata nelle sole fortezze nel tempo della maggior calma, inferiore però d’assai alle correnti congionture, nelle quali oltre l’estraordinario armamento della città, conviensi ben spesso accorrere, quando al rinforzo della Parga, dove per ordinario rissiede una sola compagnia di circa quaranta fanti, quando alla difesa delle peschiere di Butrintrò, com’è succeduto nel mio reggimento con buona fortuna per reprimere gl’insulti di quei confinanti, e tal volta alla custodia del castel Sant’Angelo, com’è accaduto ultimamente per li rumori de villici, occasioni tutte estraordinarie, per le quali riesce ristretto questo numero a presenti bisogni.
La cavallaria della Strattia, nella quale consistono le guardie dell’isola tutta e l’obedienza delle medesima, è ridotta al numero di soli vintisete poco ben montati cavalli, tra soldati et officiali, sotto il commando del governator Barbati, soggetto invero di fede e condicione sufficiente a direttione molto maggiore. La causa dell’esser poco ben montati quei soldati è il credito di quindecimille lire che tengono in Camera, nonostante la tenuità della loro paga ch’é di lire cento cinque per ogni soldato et officiale per ciaschedun quartiere, e l’occasione del poco numero è il divieto di Vostra Serenità di rimettere in simile cavallaria, per quei rispetti che devono haver mossa l’ordinaria publica prudenza, mentre nel resto non mancherriano altre persone discendenti dalla medesima benemerita stirpe, per rimettere in luogo de morti et accrescere questa militia al numero almeno di cinquanta, che necessario si rende per esser in qualche modo considerabile alle genti dell’isola, fruttuoso al servitio di Vostre Eccellenze e valevole a mantenere quei villici nella prontezza di accorrere a bisogni delle guardie, delle fabriche et altre publiche occorrenze, altrimenti converrassi certo introdurre qualch’altra sorte di cavallaria, per suplire alle occorrenza sopradette et alle fontioni delle guardie dell’isola, quando anche dovesse essere con maggior aggravio di spesa.
Oltre questa militia a piedi et a cavallo, pagata da Vostra Serenità, vi sono le cernide della città e borghi, al numero in circa di cinquecento di scielta e brava gente per età e condicione, guidata da un capitano pagato, e quelle dell’isola tutta, che arrivano in circa al numero di mille doicento tra tutte quattro le Balie, di gente, se ben di minor attitudine, trovate però da me di maggior obedienza, divise in otto bandiere commandate da due capitani, che le tengono a tempi debiti e con assai buona maniera disciplinate. Poca saria la difficoltà di accrescerne il numero, perché volontariamente e con prontezza si mettono al rollo della militia, per essimersi da quello delli galeoti et essentarsi dall’imbossolatione per l’armata, alla quale s’intendono sottoposti tutti quelli che non sono soldati e che sono tra li vinti e quarant’anni. Servitio abhorito da loro al segno maggiore, mentre di molti armamenti che si sono fatti durante questa guerra, non ne sono ritornati dieci per cento delli partiti, che però resta il numero de gl’habitanti di tuta l’isola ridotto a vintidoimille teste, comprese le donne et i putti, che puonno occupare meglio delli doi terzi del numero predetto.
Li bombardieri ordinarii, che per terminatione dell’eccellentissimo signor General proveditor Zorzi di riverita memoria, doverebbero essere almeno quaranta, vinticinque cioè destinati al servitio della fortezza Vecchia, Cittadella, Campana e castel da Mar, e quindeci a bisogni della Nova, si trovano al presente ridotti al numero di vintisette soli, tra quali il capo principale et il maggior et altri quattro, che vicini sono per l’età all’impotenza, che però non si potrebbe di gran lunga assistere a bisogni delle due fortezze, quando non ve ne fossero altri vinticinque d’estraordnarii, con quali si supplisce prima all’occorenza sopradette, poi all’armamento della città, al bisogno della galera dell’eccellentissimo Proveditore generale, a quello della fortezza della Parga e tal volta al rinforzo delle galere o galeazza che vengono alla concia. Li scolari poi bombardieri tra la città e borghi sono doicento, che con difficoltà s’appresentano alle rassegne e con fatica frequentano gl’essecitii del bersaglio, che però non crederei che fosse inconveniente o il radoppiare il premio delli tre ducati, che per ogni mese si hanno per prezzo delle tre migliori botte, o di riddurre l’essercitio ad un mese si et uno no, per accrescere l’eccitamento senza aggionger aggravio a Vostra Serenità.
Con che crederò d’haver terminato questo primo punto, raccordando humilmente di levar l’uso di far ogn’anno l’ultima domenica di canevale la giostra de stradioti nella fortezza Vecchia, per eccitar il concorso di gente che vi confluisce in giorno determinato, parendomi poco decente e meno sicuro l’haver in una volta sola tante persone nel recinto che superino la guarnigione, da che pure prese motivo la publica prudenza di transportare l’istesso Domo in città, onde per mio humilissimo credere si potria fa la stessa giostra, o in spianada overo nella strada, dove si fa anche quella de cittadini, che corrono uguale pretio a quello de stradioti, cioè quattro brazza di robba d’oro donatale da Vostra Serenità annualmente, e questo a divertimento del concorso in fortezza Vecchia, nella quale ho fatto sempre che s’è potuto, in absenza delli eccellentissimi signori Generali et in mancanza dell’armata, tener servita la porta chiamata il Portelo, parendomi assai inconveniente, che oltre l’introdurvissi senza niuna limitatione di numero previo avvertimento tutti chi vogliono entrare, si facci questo anche da più porte, non permesse mai in niuna fortezza di mediocre non che di somma importanza.
Al qual proposito non devo meno tacere esservi otto case di greci con grosse famiglie nella stessa fortezza, parte introdotte per occasione d’habitare li stabili che sono loro proprii et altre con l’occasione di diversi essercitii, come di medico, spetiale, hospedaliere, infermiere, chirurgo, e come per li primi si potrebbe, o con la compreda delle stesse case o con la permuta di quelle con altre in città, che di quando in quando cadono in Signoria, o per fisco o per debiti, rimediare l’inconveniente et agevolare il commodo della habitationi alle militie, stipendiati e salariati, così per li secondi saria desiderabile che le stesse cariche fossero essercitate da altre persone, permutandole con quella maniera propria della solita publica sapienza, a divertimento anche in questa parte d’ogn’inconveniente che potesse mai succedere.
Il secondo accidente che ho provato in questo mio reggimento, dal quale mi glorierò sempre d’haver causato altretanto di giovamento a Vostra Serenità, quanto di disturbo e di travaglio ne ho ricavato per me stesso, è stata la revisione della Camera, delle monitioni e dell’altre cose publiche, con la quale, come effettivamente si sono riscossi sedecimille ducati, così s’è scoperto il danno di molto maggiori summe e quello che più importa s’è riparato a pregiudicii in avvenire, fermandone il corso, anzi il precipitio. Le ommissioni della scrittura per anni intieri, il trascurare le appostationi de debiti, il tener sepolti i crediti della Camera, il lasciar di portar i nomi de debitori della stessa da libro a libro, erano mancamenti che passavano sotto nome di negligenze. L’importanza era l’alterazione de mandati, la falsificatione delle bolette, le vitiature delle partide, le contrafattioni delle sottoscrittioni de rappresentanti, le riscossioni del publico denaro nella borsa particolare e tutto quello insomma che può immaginarsi in una confusissima e vitiosissima scrittura, così nella riscossione e dispensa del denaro, come nel maneggio delle monitioni. Questi disordini così patenti e questi inconvenienti così spaccati mi furono ben notti al primo ingresso della carica e mi diedero impulso di supplicare da Vostra Serenità la missione del ragionato(?) revisore, che cadde poi nella persona de domino Alvise Sansonio(?), della cui diligenza e fede io vengo ad essere testimonio superfluo, mentre resta a sufficienza comprovata dalla predetta considerabile riscossione, in virtù di revisione, e di altretanta da debitori vecchi de datii e d’altre ragioni, ch’in tutto ascende alla summa di ducati trentadoimille, con i quali s’è andata sostentando ad oncia ad oncia, per così dire, la mendicità di quella Camera, dalla quale sono stato astretto ad usar tutta la maggior diligenza e solecitudine, che non praticata in altri tempi di minor bisogno, è riuscita poi nova et odiosa a quei cittadini, a segno di ordirmi trame contro la vita stessa, perché molto mal volentieri si dispossessavano, o del denaro mal riscosso o di beni usurpati, credendo hormai doppo qualche tempo d’esser in posto di tutta sicurezza. È certo che senza l’essistenza di ministro forestiero, disinteressato e diligente, niente si saria operato, mentre gl’altri tutti della Camera et oltre questi il monitioniero, sopramassaro alli biscotti et armiraglio, essendo del paese, come pure l’avocato fiscale (disordine per mio credere essentialissimo e che conosco meritare il publico riflesso) uno porta l’altro e cuoprono i difetti e gl’errori, i quali continuati poi a correre a beneficio vicendevole, hora de gl’uni, hor de gl’altri, secondo le mutationi delli soggetti nelle cariche, ma sempre a pregiudicio notabilissimo di Vostre Eccellenze.
Ascende la summa tutta dell’intrade di quella Camera a ducati di quella moneta trentaunomille in circa e la spesa arriva almeno alla summa di cento quarantamille, onde il svario è troppo notabile e non è meraviglia se ella resta debitrice di tanto a capitani, stipendiati, bombardieri, maestranze et a poveri hebrei di ragione d’imprestidi fatti tante volte, vaglia a dire il vero, sin qui con gran prontezza e con pari merito, per consequenza restando creditrice quella povera università più di ducati quarantamille, che però trovomi obligato a supplicar per loro la sodisfattione in qualche maniera e per la pontualità nel pagamento delle lettere di cambio, unico e solo mezo per haver denaro, col quale si passi nelle urgenze e necessità sovvenire quella cassa e riparare qualche disconcio, che una volta o l’altra potesse succedere.
Mio sforzo et impiego principale è sempre stato nelle ristrettezze correnti, da una parte il riscuotere quel più che si possa da debitori, che però m’è venuto frutto di far entrar in cassa la summa delli ducati trentadoimille, et il risparmiar per l’altra nelle spese, recidendone le superflue, com’anco è seguito mentre nel tempo della mia carica, quando per commissione de gl’illustrissimi Generali e quando per mia, si sono scansati meglio di ducati mille cinquecento annui, procurando di più di accrescere le publiche rendite non solo col sostenere, com’è solito, li publici datii, ma con l’introdurre de novi, come è stato quello dell’acqua vita, che ascenderà l’anno venire a summa considerabile, e con l’accrescimento degl’affitti delle botteghe di fortezza dalli cento trentadoi alli trecento trentacinque ducati annui. Questi però chiamo piccoli beneficii rispetto all’haver levati tanti disordini e stabilite tante buone regole, così per la Camera stessa, come per il maneggio dell’altre monitioni; e come le ho trasmesse sotto il prudentissimo riflesso di Vostra Serenità, così ardisco humilmente di raccordare la comprobatione di quelle che paressero proprie e la correttione dell’altre che fossero mancanti, perché auttorizate col carattere del publico assenso resteranno pratticate et inviolabili.
Il datio della doana grande, che doppo quello delle peschiere di Butrintrò è il più essentiale di quella Camera, viene grandemente dannificato dal datio del transito, perché sotto questo nome di trasito si essentano molti dal pagare il datio della doana e molte robbe, sotto pretesto di essere inviate in terra ferma, si vendono doppo qualche tempo a particolari, et il datiario ingannato e Vostra Serenità pregiudicata di forse due migliara di ducati all’anno, il che per mio riverentissimo credere non seguiria, se valendosi di dodeci boteghe publiche, che si trovano in detta(?) pilea(piazza?) affittate per un ducato solo all’anno per una, si stabilisse che tutte queste servissero all’uso delle robbe di transito, disponendone sei per quelle mercantie che da qui sono inviate per terra ferma, e l’altre sei per quelle che di terra ferma sono inviate per qua, facendo fare due chiavi per bottega, una delle quali stasse in mano delli mercanti o consoli delli stessi, e l’altra in mano del doaniero, perché di questo modo vi saria sicurezza che non potessero seguire fraudi e nell’incanto del datio della doana li conduttori, assicurati che seguir non potesse questo disordine, accrescerebbero il datio stesso; e tutto questo crederei che si potesse essequire non con altro che con il migliorare qualche cosa le stesse dodeci boteghe, facendo un buon pagiolado alto per ogn’una, la spesa del quale prima è insensibile rispetto al benefitio e poi si potrebbe rissarcire, quando così paresse a Vostra Serenità, col far pagar una picciol cosa per ogni balla da mercanti, i quali ad ogni modo convengono spendere anco al presente col tener le mercantie ne’ magazeni de particolari.
Un altro mio pensiero pure devo sottoporre al prudentissimo riflesso di Vostra Serenità, nato dall’osservatione ch’ho fatto, che dall’impositione che si riscuote dalle mercantie nel lazaretto, ho veduto essersi riscosso assai meno per il passato di quello che s’è fatto questi due anni, onde sebene ciò può nascer dalla difficoltà dell’aprirsi delle scale, ad ogni modo può anche haver origine da altri(?) minori, essendo sempre le diligenze nel riscuotere a conto publico, che quelle a conto particolare, che però ha sempre la publica prudenza scielto di affittare più tosto ogni sua rendita, che di lasciarla correr per Serenissima Singoria, onde crederei che si potesse far passar anco questa riscossione nell’ordine di datii, affittandola come gl’altri, senz’altro accrescimento però di aggionti, né delli cinque soldi per lira, per non aggravar le mercantie e difficoltar per consequenza il negotio, perché di questo modo Vostra Serenità restaria certa di quello ha da riscuotere e ne cavaria maggior summa di quella che per quest’altra maniera entra in cassa.
Non minori sono stati gl’inconvenienti che si sono trovati nelli maneggi del sopramassaro de biscotti e del monitioniero, i quali essendo stati di tempo in tempo raportati nelle mie riverentissime lettere, a quelle mi rimetto, aggiongendo solo di haver ultimamente tramezati due magazeni più grandi e fatto una porta dirimpetto all’altra, per poter cavare sempre dalla parte più deteriorata e per impedire che non vada a male, come facilmente poteva succedere, perché per la grandezza contenendo biscotto capitato con più vascelli et in diversi tempi, non havendo che una porta sola, non si poteva assicurare che tutto fosse corrispondente alla mostra, che si cavava dalla facciata dell’ingresso e facilmente si poteva restar ingannati con publico pregiudicio. Questo istesso ripiego delle porte crederei che si potesse pratticare con egual beneffitio ne’ magazeni de sali, da quali al presente si viene sempre a cavar il più fresco et il meno sasonato, il che non seguiria quando vi fossero le dette porte e quando insieme restasse prohibito, che senza lasciarlo almeno un mese fermo nel magazeno a granirsi, non potesse essere estratto o caricato sopra vascelli per qui, ma perché in questa materia ho scritto nella penultima mia lettera di numero 99, a quella devo rimettermi, per non riuscire sovverchiamente tedioso a Vostra Serenità.
Per il monte e per il fontico qualche revisione può dirsi più tosto che sii stata principiata, che essequita, perché subito s’è messo la mano nel fontico, si sono rissentiti quei cittadini, a quali comple che continuino li disordini, toccando in questo modo ogn’anno a quattro o sei di loro a provechiarsi con li capitali del medesimo e smaltire ad alto prezzo le loro intrate non solo, ma le loro investite etiamdio, facendole vender al calamiero del fontico, che potriano sostentar alto a questo oggetto, che però nacque il terzo accidente dell’ambasciate di quella communità, sopra le considerationi delle quali io passerò al terzo capo di questa mia riverentissima relatione.
Nacque la prima ambasciata per occasione della revisione del fontico, che può dirsi cosa publica, già che serve all’universale della communità della Serenità Vostra. Questo è, o per dir meglio dovrebbe essere, un capitale pretioso, molto raguardevole per ogni grande occasione, mentre per il computo di due in tremille ducati, ch’ha all’anno di sicura entrata dovrebbe ascendere al presente (con l’augmento poi di anno in anno) alla summa di settantamille ducati, sebene per il poco diligente e fedele maneggio non arriva alla metà in circa, tra contanti e l’investita in moza tremille doicento settantaquattro di miglio, nel quale quando vi si metta la mano, si troveranno essentialissimi mancamenti. Nasce tutto questo considerabilissimo inconveniente dall’inosservanza di quelle regole prudentissime con quali egli è stato eretto e come una sola discorda tutto un concerto et una corda che non sii a segno disgusta l’armonia d’un instrumento intiero, così una sola regola che si trascuri rende poi inutile o impossibile l’osservanza di tutte l’altre.
Si principia a mancare nei tempi delle comprede, perché in vece di farle ai mesi stabiliti d’agosto e settembre, elle si fanno di febraro e marzo, onde il beneficio del comprar a buon mercato viene goduto da particolari et al fontico poi resta il pregiudicio de prezzi rigorozi, anzi che vedendo li tuschi a qual tempo ridotte le trattationi de mercanti delle decime, suppongono anche il bisogno maggiore e non ostante li presenti che loro si fanno a conto del fontico per renderli benevoli, si rendono anzi difficili non solo nel prezzo, ma nella concessione ancora di quella quantità che loro si ricerca, perché o negano l’estrattione d’ogni picciola summa o vogliono essitare tutte le loro decime, le quali come a tempo proprio potrebbero essere, e con loro sodisfattione e con utilità della communità stessa, levate e smaltite, così avvanzati di tanto nella stagione riescono anci d’aggravio al fontico, che a sollevo de popoli, perché non potendosi smaltire prima del raccolto restano ne’ granari li formenti inessitati, più per pascolo de vermi che per pasto de poveri.
Di qui poi ne nasce un altro pregiudicio essentialissimo, per il quale chiaramente apparisce che in quella sola città il fontico viene a partorire effetto tutto contrario di quello si prattica nell’altre tutte, causando effettivamente anzi la carestia, che l’abbondanza.
Non può il capitale del fontico mai diminuirsi e tutte le spese de ministri, scarichi, misure, nolli, presenti, espeditioni di soggetti alle trattationi de prezzi, tutto si computa e si compartisce nel calmiero che di quando in quando si va facendo, onde anco del deterioramento e callo de formenti vecchi il danno si computa e compartisce ne’ nuovi, dove che per queste cause il formento del fontico viene a riuscire più caro considerabilmente di quello che si compra alle barche. Hora se si cavano dal fontico trecento moza de formento (che tanto appunto e non più vogliono le leggi che di volta in volta si vada levando, con dichiaratione però di non far la seconda cavata avanti l’intiero saldo della prima) e che questi doverebbe smaltirsi in vinti giorni e dar luogo di nova estrattione di altretanti dal stesso fontico, per non lasciarli andar a male, si porta avanti li mesi intieri senza levarne d’altro con il presto pretesto, o di non essersi consummati li primi trecento, overo di non essere stato saldato da pistori, e nel mentre colludendo con li stessi negociando il medesimo denaro del fontico, si compra dalle barche il formento a miglior mercato assai e si smaltisce poi al prezzo rigoroso del fontico, con ingiustissimo civanzo e con pregiudicio del fontico stesso, nel quale per questa occasione conviene ogn’anno guastarsi il formento, oltre che ben spesso la cassa resta intaccata; e però tanto si rissentirono della mia sentenza, fatta in ordine alla terminatione dell’eccellentissimo signor Generale Zane, che col solito di sua maturità e prudenza commandava che le barche non in Spilea, dove più facile hanno questo traffico dannabile, ma in Mandracchio, dovessero vendere prima per tre giorni a minuto a beneficio de poveri e poi a beneplacito, perché di questo modo le veniva difficoltata la mercantia con la quale, subito arrivato il formento in Spilea, lo levavano all’ingrosso, senza che a minuto da poveri si possono far le provisioni, per necessitare poi ogn’uno a sosentarsi da pistori non del formento del fontico, ma di quello delle loro prenarrate avvantaggiose investite.
Questo diede mossa alla prima ambasciata fomentata dal partito de prepotenti, i quali per l’adherenze e sette regolano tutte le cose della communità. Perpetuandosi nelle principali cariche, quando non puonno con gl’uffici, brogli et adherenze, col mezo del denaro, facendo nascere le occasioni dell’ambascierie per comprare le cariche, continuando in questa maniera li stessi sempre nel conclave, senza osservare gl’ordini che commandano le dovute contumacie e l’esclusioni delle persone che si cacciano(?) da capello, per quei fini molto ben noti a Vostre Eccellenze. È questo conclave una unione di dodeci teste de primati, che per occasione di maturare cose appartenenti al bene della communità, si radunavano già dove e quando che più a loro pareva, ma la publica maturità, con la previdenza e prudenza solita a divvertimento de scandali, destinò luogo appropriato a questa unione, donando alla communità una camera nel pallazzo dell’illustrissimo signor Bailo e commandando che dovessero essere preavvertiti, così il medesimo illustrissimo Bailo come il Proveditore e capitano, prima della riduttione, pensando in questo modo di divvertire in qualche parte queste unioni, che frequentate in luogo incognito potevano passare più tosto come conventiale(?) che come legitime radunanze. Si procura tuttavia di declinare più che si possa dall’intentione publica, mentre non essendo così facile il variare il luogo, vogliono almeno che la dimanda d’un conclave serva loro per più riduttioni, sotto pretesto di non havere adempito quello che addimandorono o per non essersi potuto ridurre al numero perfetto, ch’è almeno di otto, o per qualche altro rispetto, sebene poco giova, e la preavertenza del tempo e la destinatione del luogo, mentre le riduttioni si chiamano senza che si sappia, perché essendo per appunto questa la medesima nuda forma dell’aviso che ne danno a rappresentanti (volemo far conclave) e per la maggior parte si disciolgono senza cognitione di quello che s’habbia trattato, osservando solamente che tal volta concludono per portare al loro consiglio, il che resta fermo et impermutabile a qualsisia consideratione che si potesse far loro, con tutta la più destra e prudente maniera, anche prima che si porti al consiglio. Trecento(?) volte s’è unita questa radunanza nel tempo del mio reggimento, senza occasione, laudato Dio, né di sospetti né di carestia, né di guerra, né d’altra publica occorrenza, ma solamente per maturare l’acerbità che sono note alla Serenità Vostra e per intimorire li rappresentnati e divertirli, se fosse possibile, dall’essecutioni contro debitori e da altri effetti di giustitia, facendo sempre correr voce di formatione di capitoli e di espeditione d’ambasciatori, le quali, come sono state effettivamente per due volte essequite, così più di vinti furono minacciate, senza però metter aprehensione a chi nella rettitudine della propria conscienza vive in una ferma e costante sicurezza.
Resta l’ultimo, ma il più travaglioso de gl’altri accidenti, che è quello della sollevatione de villici in tutta la Balia d’Agirù et in particolare di quella di Oros, della quale mi trovo obligato a dire le cause e progressi, e per quello che può provenire dalla mia debolezza, aggiongervi anche li possibili rimedi. Principiò da picciole mosse, com’è l’ordinario, questo strepitoso accidente, mentre nel casal Coropiscopus, essendo andato un figliolo del dottor Regina a riscuotere certo censuale da una povera famiglia, come anco effettivamente lo riscosse, vi capitò pochi giorni doppo anche il padre allo stesso effetto e trovata renitenza alla doppia contributione, disse che il pagamento fatto al figliolo non era valido e che egli ne era il padrone, che però non trovando altro da sodisfarsi pigliò alcune formagie e si misse a cavallo, seguitato fino fuori del casale dalle donne di quella e di qualch’altra famiglia contigua e parente, che con maledicenze et imprecationi lo andavano accompagnando, sin tanto che la mala fortuna volse che gl’huomini della medesima famiglia, che tornavano con altri dal lavoro delle campagne, lo incontrassero et intese le lamentationi, ripigliorono non solo le formagie, ma ancora cinque o sei reali che lui et un altro cittadino, ch’era venuto seco, havevano adosso. Questo diede motivo poi a seguitare nelli svaleggi delle persone et nel dar il sacco a qualche casa, mentre con questa picciola occasione ravivatisi la memoria di molte altre estorsioni, particolarmente in quei contorni, dalli cittadini che vi hanno che fare, s’unirono i villici all’esclusione dei cittadini dalla campagna. Così il più piciolo disordine sconcerta anco ne corpi umani la salute, quando per gl’altri precedenti tengono già gl’humori in moto et in dispositione, e da una picciola scintilla insorgono ben spesso altissimi incendii.
Questa fu la causa prossima della sollevatione e le remote furono (come parlano le indolutioni, che al numero di doicento cinquantanove furono presentante nelle mie sole mani e trasmesse col processo all’eccellentissimo signor Generale, oltre tante altre date all’Eccellenza Sua et all’eccellentissimo signor Proveditor dell’Armata) gl’insulti longamente sofferti nell’honore delle loro donne e le usurpationi dei pochi beni di costoro di qualche vigna, cioè qualche olivaro e qualche casa, presa massime l’occasione della loro absenza nel servitio delle galere in armata, da dove pochi tornando e lasciando ben spesso nel loro partire la casa poco ben appoggiata, o a vecchi o a putti o a donne, è stata per conseguenza più esposta all’avidità, essercitata particolarmente con il mezo de postrichi.
S’aggionge la difficoltà ch’hanno havuta nel vedere la decisione delle loro pretensioni per giustitia, perché essendo la canceleria del reggimento occupata da cittadini, tirano questi in lungo li negocii, che vertono tra gl’isolani e loro medesimi, nascondendo le scritture, come s’è osservato nella ritentione seguita, per altro poco prima della mia partenza, di un nodaro, in casa del quale si trovarono ascosi sessanta processi, e quando le dilationi non han più luogo, innestano una querela di qualche pecora rubbata e qualche albero tagliato, con la qual criminalità sospendono ogni trattatione civile, li portano alla disperatione et all’abbandono non solo d’ogni dimanda o pretensione, per giusta che possa essere, ma di più alla concessione di cautioni contro sé stessi sopra il bene contentioso, per essimersi dal travaglio della querela, che però unanimi e concordemente esclamano che l’impossibilità di vedere le loro ragioni per altro modo gl’han ridotti a questi tumulti, per evitare la mano sovrana della giustitia a fermar una volta il corso a loro pregiudicii.
A primi insulti di questa seditiosa unione, si spinse di mio ordine il governator Barbati con tutta la sua poca gente, ma non trovando il solito tempo rispetto et avisandomi che anzi s’ingrossava l’unione, consultato il parere dell’illustrissimo Reggimento tutto de gl’altri rappresentanti e de signori governatori, si rissolse in quella che in persona io mi dovessi portare sopra luogo e vedere, se con la destrezza e con le promesse di decidere per giustitia le loro pretensioni, si potessero accommodare. Né altro partito certamente era in mia mano per la lontananza dell’eccellentissimo signor Generale, senza saputa et assenso del quale non si dovevano mai mover le armi contro li paesani, mentre massime senza galera e barcha armata e con qualche compagnia di manco, non potevo metter insieme manco neanco doicento fanti, senza snervar effettivamente i pressidii di quella piazza e lasciar in abbandono le fortezze, che tanto importano, oltre che in simil occasioni sempre si sono pratticate prima le placidezze che i rigori, non complendo al Principe, che sostiene la vece di Padre, di venire contro i sudditi, che subintrano in luogo de figlioli, prima al castigo che alla riprensione e chiamata. Così portatomi fuori con la mia famiglia tutta e qualche officiale del presidio, ricusato d’unirmi a quei cittadini che volevano accompagnarmi, non stimando bene di dar ne anco ombra di partialità a villici, mi riuscì anco doppo qualche contrasto e difficoltà di fidarli, con l’impegno d’un mio anello e di far loro conosciere il mancamento grande che havevano commesso, mentre come nel merito era in forse la loro ragione, così nell’ordine certissimo era il loro torto e mancamento. Con l’impegno però di ricevere le loro indolutioni, di ascoltare e di decidere le loro pretensioni per giustitia, si disunirono e tornati il giorno dietro secondo la mia promissione disarmati a presentare le loro doglienze e querele, e capitati all’hora di pranso feci sedere li due capi principali in due posate, che mancavano alla mia tavola di forse trenta persone, distesa in campagna sotto alcuni albori di naranze, e sebene doppo furono seriosamente ammoniti e li credevo confermati nella quiete; tuttavia partitomi e non vedendo loro la subita ispeditione e sodisfattione delle loro instanze (impossibile a pratticarsi in momenti) ritornarono ad unirsi, stimatissi delusi dalle mie promesse, e fatti più grossi e più contumaci, col prender posto nel monte di San Pantaloro, con l’arrivo poi dell’eccellentissimo signor Generale e con la forze delle armi ben guidate dal maggior di fortezza Nova Gavalà, restorono scacciati e dissipati, abbruggiate molte delle loro case, presi e giustitiati diversi di loro, e tra questi il Ramatà capo principale, e gl’altri banditi, buona parte de quali si presentorono poi sotto l’altro capo, ch’è un tal Gudelle, all’obedienza dell’eccellentissimo signor Proveditore dell’Armata, per abbracciare la loro alternativa, partiti di già per lo stesso effetto a servire sopra l’armata.
Di questo modo può dirsi sedato ogni tumulto, perché nel corso di dieci mesi altro male non è seguito di consideratione, doppo la morte del Calichiopulo, né nelle persone né contro beni. Non ardiscono tuttavia parte delli cittadini portarsi con la solita libertà alli loro poderi (parlo di quelli che sono denonciati dalli villici) e sebene può essere che questo timore nasca più tosto dalla propria conscienza che da altra giusta apprehensione, tuttavia non si puonno dire rimosse del tutto le cause e sradicae affatto le radici di novi tumulti, mentre per parte de cittadini v’è la pretensione del rifacimento di danni ricevuti, assegnato loro per la sentenza dell’eccellentissimo signor General Molino, che prudentemente poi risserva in sé stesso la dichiaratione del quanto e la specificatione del come debba seguire, ben prevedendo che in altro modo altissime sariano state le pretensioni e rigorosissime le essecutioni, con pericolo di novi scandali, e per la parte de villici ci sono le pretensioni di molte usurpationi fate da cittadini ne’ loro beni, le querele delle angarie alle quali sono stati sottoposti, senza pagamento per via de mandati fatti da particolari, e gl’insulti contro le persone con prigionie in case de privati et altri castighi, oltre l’offese dell’honore delle loro donne, che però per totale sicurezza di sedar intieramente questi tumulti, ridurre il tutto alla pristina quiete, sarà per mio riverentissimo credere necessaria la permanenza dell’eccellentissimo signor Generale per qualche tempo in quella città, o per dir meglio la di lui dimora nella Balia sollevata, perché con l’auttorità della sua carica sopra il luogo medesimo, preso per mano le scritture delle indolutioni e pretensioni, decider possa, e ne’ castighi e n’e giudicii, quello sarà stimato di giustitia, in quel più breve termine che sii possibile, mentre certo le lunghezze stancano quei miserabili, che non puonno che per pochi giorni sostenersi in città, lontani dalli lavori della campagna, a segno che ben spesso han perse le loro ragioni più per haverle abbandonate, che per le decisioni de giudicci contro di loro. Ma perché non basta di estinguere il male presente, ma bisogna cavarlo dalle radici del tutto. Per questo credo che si convenga haver una grande consideratione nel lasciar progredire l’uso de postrichi, col quale in poco tempo si potrebbe capitare a simili e maggiori inconvenienti.
È il postrichio un modo di trafficare, credo di poter dire, illecito, seben usitato, col quale gl’oppulenti triplicano per il meno il loro capitale in manco d’un anno, con esterminio totale delle sostanze de poveri, e come il meter le mani in questo fatto per li tempi andati sarebbe di sconvolgimento di molte famiglia, essendo molti beni acquistati in questo modo passati per via di dote e per altri contratti in altre persone, così l’impedirne o il regolarne il corso per l’avvenire, stimerei un’attione non meno politica che religiosa. Al che aggiongerei anche la regolatione della cancelleria dell’illustrissimo Reggimento, non admettendo in quella così facilmente li cittadini, acciò più facile e sicuro restasse l’adito alla giustiia a villici, i quali pur troppo s’insospettiscono nelle cause che hanno con li cittadini, nel dover passar per loro mani, così nell’interpretar le loro dimande, come negl’altri atti della cancelleria, oltre il vederseli anco in prospettiva di giudici sedenti al tribunale, con la sola consultiva però, anzi che li cittadini stessi nella purità de loro principii fecero questa instanza a Vostra Serenità, che niuno di loro cioè potesse essere in cancelleria, come le fu anche concesso, sebene col corsso del tempo decadendo da questa buon intentione han lasciato andare in dissuetudine così proficuo institutto, con l’osservanza del quale e con la regolatione del postrichio, facilitato il riccorso alla giustitia e divertite le cause dell’indolenze, resterà per mio riverentissimo credere reciso dal piede il motivo d’ogni sollevatione.
Nel resto io vorrei haver detto poco in questa mia relatione, profiffitato molto a publici interessi, senza haver trascurato niente di quello sii di mio debito in tutto il tempo del mio humilissimo servitio, il principio del quale fu sotto la direttione dell’eccellentissimo signor General Zeno et il fine sotto il commando dell’eccellentissimo Molino, ambi senatori di somma prudenza et integrità. Da quali, se retenirò le forme che dovrei haver apprese, sarà sempre loro la gloria di qualche buon servitio che potessi mai prestare a Vostra Serenità, toccandomi nel resto passar sotto riverente silentio quelle espressioni, che valeriano più tosto a publicare il mio sovverchio ardire, che a far spiccare di vantaggio la maturità e grandezza d’ogni loro operatione.
Al mio arrivo trovai in fortezza Vecchia nella carica di governatore il signor Pietro Antonio Davila, della vecchie e benemerite famiglie cipriote, buon cavaliere e vecchio e pronto servitore di Vostre Eccellenze; e nella Nova il signor Galerto Carli, signore di singolar bontà e di particolar divotione al nome di Vostra Serenità. Alla mia partenza ho lasciato nella Vecchia il signor Giovan Battista Vigo Veronese, che lungamente ha travagliato in Candia nelle presenti gravissime congionture, che ho conosciuto pieno di discrettione e svisceratezza a publici interessi; e nella Nova il signor marchese Graviseo Gravisi, soggetto di destrezza et attitudine corrispondente al publico bisogno. Naque tra questi signori qualche disparità nell’essercitio delle loro cariche, stimandosi obligato il signor Governator Gravisi di procurar da Vostra Serenità qualche dichiaratione sopra le di lui pretensioni, che erano di sottoscrivere li bolettini per l’hospitale e per le rimesse de soldati nelle compagnie di fortezza Nova, come pure di haver il luogo alla banca alla rassegna che si fa nella stessa fortezza, cose tutte, ch’essendo state pratticate per il passato diversamente con li di lui precessori, non credeva il signor Vigo potersi dispensare, anco in riguardo de suoi successori, havendo massime egli stesso goduto sino all’hora di quest’uso e prerogative. A mia contemplatione però s’è differita la pretensione d’ogni novità per tutto il corso del mio reggimento, fornito il quale, essendosi in gratia mia contentato il signor Vigo di lasciar li bolettini e dell’hospitale e delle rimesse nelle compagnie di fortezza Nova al signor Gravisi, ritenendossi la prerogativa del posto, s’è sopito il tutto con mia obligatione ad ambedue questi signori, per la credenza che m’hanno prestato, non essere questi tempi o congionture per simili contese, obligate l’Eccellenze Vostre a negotii di molto maggiori consequenze, con dichiaratione di non pregiudicare le cariche per l’avvenire.
Ho havuto per mio secretario il signor Benetto Arborsani, pieno di modestia e diligenza singolare, il quale in questo suo primo servitio ha dimostrato attitudine e sufficienza per ogni maggiore impiego e come mi duole che non habbia havuto fortuna d’incaminarsi sotto direttione migliore della mia, così devo con sincerità confessarlo degno della publica benemerenza, sperandone e supplicandone con tutta divotione da Vostre Eccellenze a suo tempo gl’effetti.
Di me medesimo poi, Serenissimo Prencipe, Eccellentissimi Signori, e della condicione del mio impiego nella mia carica, dubbioso prima di doverne far parola, ho poi rissolto di parlarne in queste ultime righe, per dire quel manco che sii possibile, perché come è naturale di non palesar da sé stesso le proprie debolezze, così è conveniente il non estollere da sé medesimo le proprie operationi, e veramente(?) quando per altro non habbia potuto apparire il mio impiego zelante et infervuorato al più alto segno, renoncio volontariamente anche alle affettate attestationi et all’interessate depositioni, ch’io ne potessi fare con le proprie mie voci. Dirò dunque solo che in riguardo del tempo, la mia carica m’è riuscita lunga rispetto agl’incontri, travagliosa et in consideratione del fine sventurata sfortunata, mentre non come gl’altri doppo haver scansato Silla ho urtato in Cariddi, ma due volte sfortunato ho e in Silla e in Cariddi rotto e naufragato, con la perdita di tutto quello di buono che poteva servire, o di honorata memoria delle gloriose fatiche di miei antenati o di eccitamento a nuovi impieghi e servitii alla mia casa. Ma non più d’assassini e di naufraggii, già che lodato Iddio mi trovo in porto di tutta sicurezza, cioè nel grembo di Vostre Eccellenze e di Vostra Serenità, a piedi della quale, niente altro essendomi restato di buono, deposito il mio cuore in segno dell’eterno mio fedelissimo svisceratissimo ossequio. Gratie etc.
Venetia li 27 maggio 1653
Gerolamo Foscarini ritornato Proveditore e capitano a Corfù