10 dicembre| 1789 Alvise Foscari
Dispaccio del 26 ottobre| 1790|
N. (senza numero)
Serenissimo prencipe.
La provvida vigilanza di vostre eccellenze riflettendo alla infelice configurazione di questo monte di pietà che nelle prime attenzioni che o impiegato per riconoscer la sua azienda, mi rissultò con dannosi diffetti a prevaricazione delle leggi e delle discipline relative al suo buon governo. Tutto il danaro che forma il suo fondo impiegato in pegni che non si rimmettevano, né si compravano sebben esposti replicatamente negl’incanti, senza esser da più anni in grado di somministrare danaro alle ricerche de’ bisognosi, con debito di censo verso le scuole creditrici per capitali in esso investiti e di restituzioni di depositi particolari, rendendosi in tal modo inofficioso nelli caritatevoli oggetti per quali fu instituito; per determinarsi alle convenienti deliberazioni, ha onorata l’obbedienza mia con le ossequiate ducali 8 maggio decorso incaricandomi di umiliare all’eccellentissimo Senato in quali modi si possa verificare il suo totale scioglimento nel caso che si volesse prescriverlo: come potrebbono vendersi gli effetti che attualmente esistono in pegno nel monte per ritraersi il prezzo corrispondente; come riddurre ad esatto pareggio le corse amministrazioni e se per queste vi siano vigenti mezzi di adequata cauzione; come assicurare alle dite capitalisti il loro intiero redintegro del danaro investito e pro decorsi; e quali effetti finalmente proddur potesse a carico di questa misera popolazione il rissecco del monte e di privazione con ciò di un opportuno mezzo al loro provvedimento nelle necessarie esiggenze.
L’argomento per se stesso appunto interessante e le precise commissioni di vostre eccellenze hanno impegnato il divoto mio zelo allo studio più attento della materia, e di ogni suo, per eseguirlo con la possibile esattezza, onde potere comparire alla sapienza publica ogni dettaglio depurato e ingenuo.
Ho creduto pertanto di diriger le prime attenzioni al conoscimento del valor degli effetti che stanno depositati come pegni nel monte, e a questo oggetto feci venir a Pinguente il stimador publico del monte di Pirano a cui ô commesso di dover alla presenza del massaro esaminar a uno per uno cadaun capo, e dichiarire il dinaro che per ciascuno a metodo di monte si potesse aver contribuito. Con questo esperimento doveva rissultar un calcolo di approssimazione del valor degli effetti stessi che supposi molto necessario all’affar cui si versava.
La perizia però di detto stimadore, che mi do l’onor di rassegnar inserta, dimostra che a uso di monte sopra tutti gli effetti osservati e descritti si poteva aver contribuito lire 13280, il valor delli quali esso in altra colonna ô voluto aggiongere, stimandoli a lire 17638. Ma in realtà poi per foglio esibito dal cancellier del monte la cassa del pio luogo è in esborso per li pegni medesimi e loro pro di lire 17273, giacché si accenna nella scrittura fiscale che il stimadore abbia ommesso nello descriver e peritar dieci pegni da lire 60:1 l’uno che ammontano a lire 600:10.
Essendo all’incontro la cassa del monte debitrice verso le scuole di lire 13341:18 per capitali investiti e di lire 2051:14:6 per annui censi fino a tutto settembre ultimo scorso, e per depositi particolari di lire 2606:17:6, e dovendo esistere in ogni cassa per conto del bagatino di sanità lire 472, trovasi perciò scoperta di lire 1199:9:6 ogni volta però che li pegni che tiene in deposito venissero ricuperati dalli proprietari o venduti a stima negli incanti, apparindo di più la cassa creditrice dell’antecessor massaro Pietro Galvan per la revisione fatta nel suo maneggio dal raggionato di Capodistria di lire 1300.
Con tali riscontri che configurano lo stato attivo e passivo del monte mi son rivolto con commissione a questo eccellente avvocato fiscale Belgramoni, la cui esperienza e nota fede ô impegnato a significarmi in apposita scrittura la riputata di lui opinione sopra cadauno degli articoli indicati nelle sopracennate ducali, chiamandolo di più a spiegar le discipline che potessero prescriversi nel caso che le scuole avessero a riaver il danaro investito nel monte, onde potesse annualmente circolar a sovvegno de’ poveri con le imprestanze che erano in pratica prima della instituzione del monte.
Non vorrò io abusarmi della generosa tolleranza di vostre eccellenze, individuandomi a parte a parte nella diffusa scrittura fiscale che rimmetto alle ossequiate loro considerazioni; dirò soltanto ch’esso affronte del divulgato comun desiderio per l’abbolizione del monte, che attribuisce generato in alcuni da indifferenza per ogni affare del comune e derrivar in altri da viste obblique o di parziale interesse, egli suppone giovevole al popolo la sua sussistenza; ascrive all’infelicità delli raccolti negli ultimi scorsi anni l’arrennamento del suo circolo per non essere stati li proprietari in grado di riacquistar li loro pegni, né di rimmetterli; che nel corrente anno promettendo le campagne buona rendita e il commercio della galletta, attualmente in moto, lasciavano piena confidenza di veder affluire il danaro nella cassa del monte, sia per riacquisto o rimmessa delli pegni, o per la loro vendita negli incanti, quando esattamente si osservassero le leggi che prescrivono il loro esito se nel periodo dell’anno non venissero dalli proprietari levati o almeno rimmessi.
Dal calcolo attivo e passivo ch’esso fa della cassa del monte trovandola in vantaggio, non facendo nuovi pegni di lire 213, si riflette che ciò importarebbe il dieci per cento all’incirca del suo total credito, e suggerisce che si potrebbe assegnar in dono alli rispettivi debitori se in un prescritto periodo concorressero a saldare il loro debito.
Nel caso poi del risseccamento del monte egli crede inverificabile l’incasso dei suoi dinari col trasportarsi li pegni nelli monti di Capodistria o di Pirano, non supponendoli in istato di esborsar 2000 ducati, attese le critiche circostanze della provincia; e qui poi immora e fa opportune considerazioni sopra pretese che insorgerebbero per parte dei massari a risarcimento di viaggi e spese per il trasporto, e di quelli proprietari che potessero aver rimmessi col pagamento del censo li loro pegni, sostenendo però che siano idonee e valide le piaggiarie delli massari a cautellar l’azione del monte, e per ogni diffetto della loro amministrazione.
Estende pure il ragionamento circa il modo, volendosi disseccato il monte, di render caute le imprestanze del dinaro delle scuole verso li bisognosi, quali essendo senza possessi a cauzione del capitale che ricevessero, trova contingente l’azione ogni volta che non venisse pieggiato insolidariamente in cadaun anno da tutto il comune il soldo che ciascuna villa levasse dalle scuole a sovvegno de’ propri convillici. In tal caso riconosce opportuno che venissero solevati li signori giudici di Pinguente, che devono applicar giornalmente a incombenze di maggior rilevanza, dalla molesta ispezione di riconoscere le ricerche delli debitori e la validità delle pieggierie, ma che si avesse da elegger soggetto apposito come pressidente che agisse sotto la dipendenza di questa divota carica e coll’assistenza del scrivano delle scuole, quali rientrando nell’azione di esiggere il sei per cento dalli capitali che investissero, ritraendo ora il tre solo dal monte, dovesse la metà di tal censo assegnarsi al pressidente in premio delle onorate di lui applicazioni.
Averei però desiderato che l’esperienza e il zelo del provetto ministro avesse con individuate considerazioni fatto cenno delle figure che anno amministrazione del monte, e devono invigillar all’ordine e all’osservanza delle leggi.
Il contrasto e l’ostacolo maggiore, che dall’esame delle cose presentaronsi alle deboli mie meditazioni per l’esatta osservanza appunto delle discipline statuite al buon andamento del monte, s’incontrano certamente nel ristretto numero delli cittadini che possono esercitar gli uffici urbani conoscitori di scrittura per tener giornale e far li conteggi occorrenti alla sua azienda. Trentasette son gl’individui tra questa cittadinanza, come ô dimostrato all’eccellentissimo magistrato de’ Scansadori con mie lettere 17 marzo 1790, raccolti in dodici famiglie capaci di scrittura, e sono poi tra essi reciprocamente vincolati in strette parentelle che non permettono in due successive mute sciegliersi soggetti idonei agli offici del monte che non si cacciano da capello. Li riguardi e convenienze di famiglie in un corpo così ristretto vanno al di sopra delle leggi, e quindi ebbero origine e incremento le prevaricazioni scopertesi in ogni revisione del monte dalli primi anni della sua istituzione, cosa che rissultò senza equivoco alla vigilanza dell’eccellentissimo magistrato sudetto, e da cui attualmente derrivano l’esaurimento della sua cassa e il ristagno in pegni di tutti li suoi capitali.
Se vi fossero tra questi abitanti persone non del corpo del consiglio che potessero sostener l’officio e l’incombenze di massaro, per destinarsi con terminazione del competente eccellentissimo magistrato la figura che esercitarebbe tal carico, non avendo dipendenza dalli cittadini, e tra il massaro poi e il pressidente eleggibile dal consiglio non essendovi parentelle né riguardi di famiglia, si si potrebbe lusingar che l’esercizio e l’amministrazione del monte potessero rimmettersi tra le linee delle leggi. Tre sole persone però si contano in questo castello di origine forastiera che con conoscenza di scrittura potrebbono esercitar le incombenze di massaro; o fatto parola con le stesse, ma le trovai alienissime ad applicarvi; la scusa che mi addussero si rifferiva che occupati alli propri affari non potevano assumersi maggiori impegni. Ristretto a soli 30 ducati all’anno il stipendio del massaro, non permettendo le rendite del monte maggior assegnamento, non è ufficio da esser solecitato da nessun forastiero, e tra questi medesimi cittadini si è manifestata ripugnanza a sostenerlo, poiché per rimpiazzar l’attuale che lo esercita da cinque e più anni, qual fece varie istanze per esser solevato, si resero vani gli esperimenti in consiglio per rinoncie o appellazioni da parte degli eletti onde esimersi dalla molesta e pericolosa amministrazione.
Nulla di meno ho voluto che fosse messo in pratica il suggerimento del fiscale, ordinando con un publico eccittamento alli debitori verso il monte con pegni, reso noto con striddore, che restò anche affisso a intelligenza comune, per doverli nel termine di giorni otto riscuottere oppure rimettere col pagamento delli censi ch’erano in debito, e acciocché non si potesse addur scusa che non vi fossero ministri del monte, ebbe commandamento il massaro di doversi trattener due ore costantemente in officio la mattina, e un’ora il dopo pranzo. Lasciai scorrer non otto, ma quattordeci giorni, e in tutto questo intervallo nonostante la comminativa di potersi prender misure più determinate verso li pegni, non incassò il monte che pocche lire per ricupero d’un piccolo effetto: dimostrazione la più evidente che alle volte il raggionamento di maggior forza per intime circostanze riesce ipotetico, e gli espedienti che si contemplano utili vanno poi a perdersi a un bel nulla.
Ô addottato passo più forte col commettere al pressidente ed al massaro del monte preciso dover di esponere li pegni tre volte la settimana in vendita ne’ publici incanti, e quando qualunque effetto fosse incantato per tre giornate successive si avesse l’ultima volta a deliberar alla maggior offerta, essendo anche inferiore al credito del monte, al cui rissarcimento per ogni perdita va soggetto il massaro a senso del capitolo 43 della terminazione 16 maggio 1760 institutiva di questo monte, risservata essendo la reversoria al massaro verso li proprietari delli pegni, che devono esser a di lui piena cognizione, mentre non essendo permesso per le leggi di questo monte ricever pegni dalli forastieri, il suo dinaro si contribuisce in riguardo del chiedente, non contemplandosi con rigore il valor del pegno che offerisce, connivenza che a sommamente confluito per costituire il monte nella pessima configurazione in cui fatalmente ora giace.
Si manifestarà alla virtù di vostre eccellenze dall’unito foglio firmato dal massaro che nelli vari incanti fattisi a senso delle mie prescrizioni nelli due successivi mesi agosto e settembre si son ricuperati due soli pegni da cui si ritrassero lire 44; sicché tutte le attenzioni adoperatesi in questo anno per affluir danaro nel monte non ebbero efficaccia di far incassar che sole lire 119.
Il poco e quasi nessun frutto però di questi esperimenti non solamente tolgono la confidenza che a voluto ispirare nella sua scritura l’avvocato fiscale, cioè che il buon raccolto delle biade già maturato, e il commercio della galletta esso pure a termine, potrebbero metter in grado le persone che avessero pegni nel monte di riscuotterli o almeno di rimmetterli, onde vedersi in circolo la sua cassa, ma lascia un ragionevole dubbio di alienazione ne’ cittadini a ogni desiderio di vederlo in movimento o confluenza, innazione che per se sola bastarebbe a riddur il monte a intiero deperimento per li costanti annui suoi aggravi.
Si posson temer conseguenze peggiori: che gli effetti, eccettuati alcuni pochi capi, riguardandosi dalli proprietari non più meritevoli del danaro che dovrebbero in una volta esborsar tra capitale e censo per riaverli, non ne volessero prender molta cura. E se questo poi si verificasse non restarebbe lusinga a poter vedere con li pegni risarciti li depositi particolari e le scuole capitalisti, nemeno coll’espediente di far traddurre in qualche altro monte li pegni per ritraersi il danaro esborsato dalla sua cassa.
Se l’autorità dell’eccellentissimo Senato volesse addottar questo rissoluto esperimento doverebbono li pegni esser traddotti in qualcheduno de’ monti della terraferma, non essendo in grado né quello di Pirano né l’altro di Capodistria di supplire in una volta a generosi esborsi. Le necessarie spese di condotta, e per la conferenza di persone a cui dovessero consegnarsi gli effetti, diminuirebbe il loro valore; e poi, lo dirò ingenuamente alla carità di vostre eccellenze, tale esperimento si riguardarebbe a desolazione dalle poche famiglie di questi cittadini a quali appartengono quasi tutti i pegni, giusto il foglio esibitorio del massaro. Alla total perdita de’ loro effetti si aggiungerebbe la molestia e la inquietudine che verebbero promossi da atti giudiziari a supplemento delle azioni del monte. La intenutazione de’ beni delli massari e loro pieggi, e le petizioni di questi verso li proprietari de’ pegni, aprirebbero campo vasto di littiggi; e li raggiri del foro son purtroppo noti per render possibile che queste vertenze avessero da consummar lungo periodo di tempo, e si avesse in ultimo, e dalle scuole capitalisti e dalli proprietari che fecero depositi nel monte, a reclamar giustamente il soldo depositato sotto il manto della publica fede.
Nell’aspetto pertanto di cose così disgustose ed imbarazzanti osarebbe l’ossequio mio rassegnar suo riverente pensiero nella fiducia di esser compatito dalla clemenza di vostre eccellenze, come generato dall’esame più accurato della materia e de’ suoi rapporti, colla vista di poter contemplarle deffinite senza disturbo di famiglie e reclamo degli azionari della cassa del monte. Conviene a chiarezza oltrepassar i limiti della commissione per sottoponere alle depurate considerazioni dell’eccellentissimo Senato un’altra impresa di questa comunità che a relazione collie scuole, e perciò invoco il generoso genio di vostre eccellenze a tollerar la noia dell’esposizione.
La chiesa maggior di questo castello, ch’è la parrocchiale, per vetustà e angustia richiedeva provvedimento e riparo. Alla pia intenzione del suo ristauro ebbe molta parte la vanità di erigervisi un tempio, e li direttori con poca avvedutezza, confidando che le offerte volontarie avessero a esser ubertose, piantarono la nuova fabbrica maestosa e grande. Dietro le fondamenta ed erezione in parte delle mura, mancato il denaro, si trovarono nell’angusto confine di sospender il lavoro. Venivano intanto celebrati li divini offici nel ristretto oratorio di San Zorzi, non essendovi nel castello altre chiese, né alcuna capella publica, con tristezza delli divoti e imbarazzo sommo del popolo che concorre dal sottoposto contado, non trovando nell’oratorio luogo per assistere alle funzioni ecclesiastiche.
Si avvisarono dunque l’anno 1761 di prender parte nel consiglio acciò li esercenti urbani offici, che conseguiscono stipendio dalla cassa fontico, avessero da rilasciar la metà a sussidio della fabbrica, e con terminazione del fu eccellentissimo mio precessor Cigogna 12 febbraro 1779 si statuì che le scuole pie di Pinguente avessero da riffonder a sovvegno della fabbrica stessa tutti gli annui loro avvanzi senza intraprender nessuna spesa estraordinaria; si è pure invocata la carità dell’eccellentissimo Senato, che accordò un dono di ducati 300, onde sulla base di tali rendite li direttori presero migliaia 11 e più lire a livello, e trovansi tuttora in tal debito, col peso in aggiunta di cinque rate a soddisfazione dell’organaro, sicché in pieno apparisce indebitata la cassa fabbrica di lire 14570, essendosi speso per l’erezione di questo tempio eccedente la morale e fisica configurazione di questo luogo lire 61921.
Si lagnano li poveri cittadini di veder da tanti anni anni dimezzati li stipendi de’ loro offici e prevedono che fino all’estinzione del debito della cassa fabbrica, per cui si paga annuo censo, dovranno per lungo tempo ancora reclamar la minorazione de’ rispettivi loro assegnamenti.
Li capitali investiti da tutte le scuole della giurisdizione nella cassa del monte sono nella summa di lire 13341 e le scuole di Pinguente anno maggior caratto, mentre la loro azione ascende a lire 10131.
Pertanto se la publica provvidenza volesse determinarsi a comandar l’abolizione di questo monte per le premesse cose, ora di solo nome, e che va di anno in anno consumando li propri capitali per il stipendio di ducati quarantacinque che annualmente contribuisce al massaro e al suo cancelliere, e per il censo che deve alle scuole capitalisti, e volesse poi caritatevolmente prescrivere che ferma la risponsabilità delli due massari, attuale ed uscito, e delli rispettivi loro pieggi, quali devono garantir il valor di ogni pegno, venissero essi massari medesimi abilitati a poter consegnar li pegni a quelli che appartengono, previ costituti volontari di obbligazione delli proprietari e di detti massari nel modo più preciso e chiaro di soddisfare al loro rispettivo debito e pro in tre anni consecutivi, assegnar si dovesse la prima rata a soddisfazione delli depositi de’ particolari, che ascendono a lire 2606, e il rimanente con le due altre rate susseguenti dovessero riffondersi con giusto comparto alle scuole creditrici, si potrebbe francamente asserire che il disseccamento del monte non portarebbe nessun discapito né detrimento a dette scuole e le famiglie di questi cittadini vedendosi nell’uso de’ loro effetti senza commiserar la loro perdita potrebbero con respiro e vero conforto supplire in tre rate il rispettivo loro debito.
Le scuole di Pinguente esse pure venendo sciolte dall’obbligo di riffonder tutti gl’annuali loro avvanzi alla cassa fabbrica della chiesa, a cui sono già annesse e formano un corpo sotto titolo di vari santi, potrebbono pur rilasciar il credito di lire 10131 che anno dalla cassa del monte per esser devoluto alla cassa fabbrica della chiesa a cui sono unite e dipendenti.
Li pressidenti di questa fabbrica che ânno contratte obbligazioni, e sono risponsabili del danaro preso a livello, per francarlo e sollevarsi sarebbono attentissimi per la pontual verificazione de’ pagamenti nelle stabilite rate da tutti li debitori verso il monte, e così si vedrebbono in maggior sicurezza anche le altre scuole della giurisdizione di riscuottere la lor tangente in ogni rata. Venendo pure sollevati li cittadini che fungono uffici urbani dalla refusura della metà de’ loro salari, ci agevolarebbe vieppiù alli medesimi il modo di supplir alle rate per li pegni che avessero ricuperato dal monte, benedicendo la pietà e clemenza del publico nome nella provvida caritatevole deliberazione. Respirarebbe in pari tempo la cassa fabbrica della chiesa vedendo riddotto il suo debito a sole lire 4000 circa, per confidar colle naturali sue rendite di sopravanzo alli necessari dispendi a vederlo in breve tempo risarcito.
Non dovendo più esser in dovere le scuole di Pinguente a riffonder li loro avvanzi nelle cassa fabbrica, ogni proddotto superiore alle metodiche spese sarebbe un capitale di circolo a sovvegno di chi trovasi in bisogno, rinovandosi li livelli francabili colle scuole al sei per cento ch’erano in prattica prima dell’istituzione del monte, con molto respiro e comodo degli abitanti; e quando con opportune discipline si studiasse a modular il danaro in circolo di cadauna scuola a sovvegno delli bisognosi delle ville e comuni in cui sono eretti, sarebbe il sussidio più efficace e meno gravoso per li poveri contadini nelli mesi di maggior occorrenza, particolarmente in quelle annate sterili che riddotti in angustie si presentano importuni alla publica autorità implorando sovvegni di biade, ciocché non si è verificato mai senza peso e perdita dell’erario, ch’è tutt’ora in credito da alcuni comuni.
Supplico di nuovo il benigno compatimento di vostre eccellenze se, per dover d’incontrar in tutti gli articoli la riverita commissione ingiontami, mi sono reso noioso con sì lungo dettaglio.
Pinguente, 26 ottobre 1790.
Allegati:
a) Regesto degli allegati.
1. Quinternetto del stimador del monte di Pirano con perizia delli pegni che trovansi nel monte di Pinguente. 1790, 25 maggio. Pinguente.
2. Foglio del cancellier del monte che dimostra il dinaro esborsato dal monte per tali pegni.
3. Foglio del cancellier del monte che dimostra le azioni delle scuole pie e delli depositi sopra il monte.
4. Lettera del nobilhomo capitano di Raspo all’eccellente avvocato fiscale. 1790, 9 giugno. Pinguente.
5. Lettera di risposta dell’avvocato fiscale Lodovico Belgramoni al capitanio di Raspo. 1790, 23 luglio. Pinguente.
6. Striddore di Alvise Foscari. 1790, primo agosto. Pinguente. copia.
7. Commandamento diretto al pressidente e massaro del monte per esponer li pegni all’incanto in vendita.
8. Foglio del massaro per il danaro incassato negl’incanti in due successivi mesi.
9. Altro foglio di esso massaro che indica li proprietari delli pegni che esistono nel monte.
10. Fede del cancellier del comun che indica parte presa nel consiglio di Pinguente, onde li esercenti urbani offici avessero a rilasciar la metà de loro salari a beneficio della cassa fabbrica della chiesa. 1790, 17 ottobre. Pinguente.
11. Introito e spesa della cassa fabbrica chiesa maggior di Pinguente che ha principio li 19 marzo 1780 fino li 2 maggio 1790. (...) 5 rate che mancano a pagarsi al professor Calido di Venezia per l’organo (...).
AS Venezia, Senato. Dispacci dei provveditori da terra e da mar e altre cariche e loro rubricari, fz 1232.
Trascritto in: Piero Fabris - Angelo Muttoni - Giovanni Pedrana, Lettere a Marco Foscari 1789-1792. Appendice. Alvise IV Foscari, Capitano di Raspo dispacci 1789-1792, a cura di Fausto Sartori, Venezia, La Malcontenta, 2011.