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2 aprile 1603 Marc Antonio da Canal

Relazione

Relzione di Marc Antonio da Canal ritornato di Conte a Zara
2 aprile 1603
[ASV, Collegio, relazioni, busta 72]

Serenissimo Principe
Hora ch’io ritorno da quel carico, che piaque alla Serenità Vostra di darmi di Conte a Zara, conviene al debito della mia conscienza et all’ordinario uso di questa Serenissima Repubblica, ch’io le rappresenti alcune cose da me stimate degne della sua notitia; ma particolarmente son in obligo a me stesso di dimostrare con verità et sincerità, quali siano state le attioni mie in questo travagliosissimo reggimento et quelle specialmente che non da sé stesse, ma siami lecito dire per mala volontà d’altri, hano forse potute rivocar i dubio appresso d’alcuno la sincerità della mia fede et del mio animo. Non le darò conto del sito della fortezza, né del stato della città, essendo questi così molto ben noti a Vostra Signoria et all’Eccellenze Vostre, per modeli et relationi de suoi pubici ministri et rappresentanti, debbo ben dirle delle conditioni de populi, che sono tanto fedeli et affettionati alla Serenità Vostra, quanto altri che ella habbia in Dalmatia et in Levante; conosciuti da me in molte occasioni molto pronti a spender le facoltà et esponer le vite in servitio di questo Serenissimo Dominio. Il mio carico nel governo di essi è stato di administrar quella giustitia eguale et sincera verso di ogn’uno, che so esser mente della Serenità Vostra, che sia tenuta da tutti i rappresentanti suoi in tutte le città et luoghi del Stato suo, in che se mi sia incontrato di sodisfare al mio desiderio et alla volontà di lei, non deve esser publicato dalla mia, ma dalle boche di quei medesimi, che potevano restar et mal sodisfatti et contenti delle operationi mie. Sapevo esser mente di Vostra Serenità tendente al buon governo di suoi sudditi, che tra quei rappresentanti publici che si trovano insieme alla custodia delle sue città, passi una ottima corrispondenza et una mutua volontà di animi et di benevolenza, onde non ho mancato per la parte mia di ciò procurar con ogni mio spirito, ma sicome con molti m’é riuscito felicemente il mio pensiero, così non è stato possibile di effettuarlo con tutti. Ho si ben procurato, che per simili cause le cose di Vostra Serenità non ricevino alcun minimo detrimento, et mi son contentato di ricever in me stesso quei travagli, che senz’alcuna mia minima colpa, m’hano et oppresso et depresso grandemente. Ho con ragione dunque di sopra nominato questo mio travagliosissimo reggimento, poiché incominciati i miei danni et le mie molestie prima ch’io v’andassi, quando tutte le mie robbe, ch’io mandavo per molta somma di valsente a Zara, mi furono depredati et rubati da Uscochi, colpo troppo grave alla debil fortuna della mia casa, continuati i travagli colla perdita di mia moglie, che morse nel principio di esso reggimento; et essendo stato in assidui pensieri, per la provisione del vitto di quei populi, oltre altri travagliosi accidenti, ch’io tralascio per non tenir in troppo tedio la Serenità Vostra et le Eccellenze Vostre, ha finito co’l maggior disgusto che mi potesse per alcuna causa venire, che è la mala sodisfattione che ha dimostrato Vostra Serenità per il negotio de i  formenti(?) di Francesco Gentili, nel quale si come spero che lei habbia a conoscer l’inocenza mia, la candidezza del mio animo et l’altrui mala volontà, per non dir altro, così mi rendo conto che le piacerà di aggradire le mie humili et devote fatiche, et quando non altro il mio sincero animo et la mia devota volontà, tanto pronta fosse(?) et affettionata al servitio di questa Serenissima Repubblica, quanto sia stato qual si sia altro di questa sua devotissima casa.
Il maggior pensiero che habbiano i Conti di Zara ordinariamente,  è di proveder la città di formenti per l’ordianrio vittò di tutti quei populi, et come che non v’è territorio che ne produca per più di tre mesi, è necessario far la provisione da paesi alieni, ma quel che più importa, se ben v’è il fontico et i fonticari, non v’è però in esso danaro d’alcuna sorte, per far investite per via di mercati o di altra maniera, è vero che la Serenità Vostra tiene(?) cinque mille et cinquecento ducati in quella Camera, duemille de quali sono destinati a tal effetto et il restante di ritratto de megli, altre volte impiegati tutti a far simili provisioni, et ne doveriano anco esser 2.300 mandati dall’illustrissimo General Pasqualigo ultimamente, ma ho io incontrato questa mala ventura, che non ha lasciato quel clarissimo Capitano, qual ha il governo di quella Camera, che siano non pur adoperati, ma neanco veduti questi danari et è pur cosa notoria, che non ho io mai fatto alcuna deliberatione né mercato alcuno di biave, che non sia stato col parere et intervento di quei magnifici consiglieri, deputati et fonticari della città, in nome della quale si suol trattar et concluder, restando anco sempre pizzo il Conte particolarmente. Io Principe Serenissimo, le prometto per la servitù che le devo, che non ho mai desiderato tanto per miei necessarii bisogni, abbondanza di danari, quanto in tali occasioni. Ma poiché non ha piacciuto al Signor Dio ch’io mi trovi in così larga fortuna constituito, che habbi potuto inviar migliara di ducati in questa et in quella parte, per render la città abbondante di questo necessario alimento, ho convenuto con quel poco che m’ho trovato havere, andarmi industriosamente procacciando aiuti al meglio ho potuto. Siché questo è stato de i maggiori e più importanti travagli che habbi provato in quel governo, nei quali pure sarei coll’aiuto del Signor Dio riuscito in bene et forse con tanta sodisfattione di quei habitanti, quanta habbia provato alcuno de precessori miei et con mia somma consolatione, se quest’ultimo accidente non havessi turbato ogni mio contento. Dal quale, acciò la Serenità Vostra habbia vera et real informatione, mi giova di raccontarle particolar et brevemente il successo. Capitò a Zara un vassello di ventura con formento, in tempo ch’io havevo fatto partito d’altra summa di formenti per via di Ancona, intervenedo pur la città, iusta il mio ordinario, come ho detto di sopra, et in tempo che per questa causa havevo impiegato quel danaro che mi trovavo havere, hora parendomi di abbrecciar questa occasione in tempo di bisogno, finché venisse altra provisione, fatto chiamar il parone del vassello, viste le polizze di carico che erano di particolari mercanti, colla volontà di esso patrone, senza mettervi altro del mio, ordinai al fonticaro che ricevesse il detto formento, dicendo al patrone che venuto il mercante interessato, haverei fatto dar a lui, overo a suoi legitimi commessi, il danaro, secondo il scandaglio che fusse mandato da Venetia, giusta l’ordinario, sperando che’l formento dovesse esser prima dell’arrivo suo dispensato; essendo poi venuto il caso che gionse il Gentili in tempo che buona parte del formento era in essere, non havendosi potuto vender, operai che l’illustrissimo signor General Pasqualigo, che si trovava all’hora a Zara, facesse dar ordine che fusse dato del danaro di Camera a questo destinato tanta summa, che bastasse per supplir il pagamento, quanto era il formento nel fontico, come da Sua Signoria illustrissima gratiosamente mi fu concesso, ma non si tosto egli fu partito poco dopo da Zara, che mi fu negato dal clarissimo signor Capitano, quello che poco prima mi haveva promesso, in conformità dell’ordine sudetto, siché astretto dalla necessità convenni dir al Gentili, che bisognava contentarsi di aspettar che’l formento fusse venduto, per riceverne il danaro; da questo successo ne sono nati tanti disordini quanti alla Serenità Vostra sono benissimo noti, nei quali non so veder che colpa io v’habbia, perché se è vero che’l formento si trovava in essere, come senza dubbio se ne trova tuttavia circa stara 160, se io non mi trovavo in mano danaro di alcuna ragione per pagarlo, se l’illustrissimo General Pasqualigo haveva dato l’ordine che si pigliasse di Camera del proprio danaro a questo destinato et io havevo fatto la parte mia perché fusse effettuato, che potevo più!
S’è anco detto di falsità di fedi et cose simili, ma perché di ciò la città istessa di Zara si trova maggiormente interessata, lasciarà trattar da altri questa parte et voglio finalmente sperare che questa Serenissima Repubblica, essempio a tutto’l mondo di giustitia et di prudenza, non permetterà mai che possa esser detto, che udita una sola parte, interessata et apassionata, senza difesa dell’altra, resti un suo cittadino et servitore a torto calunniato, ma conosciuta la verità della innocenza mia, mi sia restituita la gratia di Vostra Serenità, la quale stimarò sempre più della propria vita. Gratie.