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8 marzo 1640 Pietro Contarini

Relazione

Relazione del Conte ritornato da Zara 1640 dovrebbe essere Pietro Contarini
8 marzo 1640
[ASV, Collegio, Relazioni, busta 72]

Serenissimo Principe
Come per mio riverentissimo debito, nel presente mio ritorno alla Patria di Conte di Zara, conosco esser necessario portar alla notitia della Serenità Vostra tutto quello che stimo che più chiami la publica sapienza, per la sua provigione. Così allo stesso solamente mi ristringerò, potendo massime assicurarmi, che d’ogni altro particolare attinenete a quel governo la Serenità Vostra resta pienamente informata, et per altre relationi et per continue lettere de publici rappresentanti.
Ritrovandosi dunque in quella città per ordinario militia Italiana, Crovata et Albanese, et essendo sproveduta di luogo destinato alle contumacie che occorrono, onde forse n’é nata la passata sua calamità di peste, molto necessaria ne viene ad essere l’erettione d’alcuno, che particolarmente riuscirebbe dove dalli eccellentissimi signori generali et illustrissimi miei precessori, di ordine della Serenità Vostra altre volte le è stato rappresentato, cioè a Punta Micca, discosta circa un miglio dalla medesima città o pur sopra un scoglietto discosto circa tre miglia, goduto da particolari, con assegnar loro per risarcimento altri beni, o publici o di ragione del lazaretto di essa città. Questa così bisognosa opera seguirebbe ancora forse con non molta publica spesa, per ritrovarsi nelle mani di due procuratori del lazaretto istesso qualche summa di denaro da pie ordinationi de defonti a ciò particolarmente destinato.
Et perché per parte presa nel Serenissimo Maggior Consiglio, sotto li 11 genaro 1608, vien concessa auttorità a quelli illustrissimi rettori di poter, come conservatori delle leggi, udir e diffinir more veneto tutte le cause et differenze che nella Dalmatia vertiscono sopra compromessi, però occorendo ben spesso l’absenza d’alcuno di essi, convengono restar inspediti et eternate le cause, con grande incommodo e gravissimo danno di quei sudditi, quali oportunamente restarebbono sollevati quando dalla Serenità Vostra fosse determinato, che in absenza di un di essi illustrissimi rettori, potesse intervenire o quell’illustrissimo camerlengo (che pure in ogni altra causa in caso di discordia entra per terzo giudice) o l’illustrissimo proveditor della cavallaria.
Mi resta la più bisognosa e più pia opera, che possi chiamar l’immensa carità della Serenità Vostra et dell’Eccellenze Vostre illustrissime alla sua provigione. Si trova in quella città una picciola e mal ordinata stanza, destinata dalla Serenità Vostra ad una donna con salario di lire sei al mese, con obligo di ricever quelle creature, che abandonate da loro parenti da tutte le parti della Dalmatia, vengono ivi portate. Questa se bene con grande carità vi assiste, non vi mancando di quello che più può, non di meno una sola non ne alleva delle cinquanta che ne riceve, per così poca recognitione et per la tenuissima che da quella Camera vien data alle balie, che è di sole lire tre al mese, insufficienti alle spese che occorrono per il loro governo.
A questa miserabile et considerabil perdita, che è anco vivamente sentita dalla Serenità Vostra per il mancamento di tanti sudditi, provederà meritevolmente l’infinita sua pietà, quando si compiacesse deliberar che fossero accresciute le sopradette mercedi, come meglio parerà alla somma sua prudenza, et quando fossero ancora soccorse quelle infelici creature di quelli rifiuti di tende, così di griso come di canevazza, per involgerle, che a niente servono. Che è quanto ho stimato più necessario, di portar con profonda riverenza alla Serenità Vostra et per publico beneficio et per servitio di quei sudditi, nel governo de quali tutto il corso della mia carica non ho mancato con ogni maggior spirito di veder d’incontrar la mente della Serenità Vostra et dell’Eccellenze Vostre illustrissime. Gratie.