2 giugno 1600 Lunardo Giustinian
Relazione
Relazione di Lunardo Giustinian ritornato di Capitano di Zara
2 giugno 1600
[ASV, Collegio, relazioni busta 72]
Serenissimo Principe,
per non mancar al mio debito et all’ordinario uso di chi ritorna dal governo di questa città, refferirò con quella maggior brevità che saprò, il stato della fortezza di Zara, le darò conto della militia et insieme ricorderò a Vostra Serenità, con quella riverenza ch’io debbo, alcune cose che a giuditio mio hanno bisogno di presta provisione et avertirò quello che per il mio debol senso stimarò necessario per provedere.
Alla custodia dunque d’essa fortezza vi sono 450 fanti sotto la cura de sei capitani, presidio ordinario, gente d’ottima qualità et atta a servire, così in Zara come altrove, dove piacesse meglio alla Serenità Vostra.
Vien da questi custodita con tale vigilanza, quale bastarebbe in tempi sospetti, non che hora in tanta tranquilità.
Li sei capitani sotto li quali questa militia vien governata, sonno li stradioti(?) Vicenzo Ferri d’Ascoli, Bortolomeo Neri da Luca, Giacomo Serma Romano, Domenego Palmaniol(?) da Venetia, Regorzan Regorzan da Fossambrun(?) et Guido Baldo Gabucini da Pesaro, l’haver esperimentato al tempo del mio reggimento il valor et intelligenza della profession militare et cura di ben governar il soldato di cadauno di loro, mi da occasione renderne buona testimonianza appresso la Serenità Vostra, promettendoli d’essi frutuoso et honorato servitio in ogni occasion che se gli apresentasse.
Ho havuto per il più in tempo del mio reggimento per governator di quella città il magnifico domino Andrea dal Sal collonello, gentilhuomo di molto merito, havendo servito la Serenità Vostra per il passato al tempo della guerra in Cipro et altri lochi, et perciò consumato in questa professione, qual con amor paterno non ha mancato di disciplinare e amaestrare quella fantaria, con ardore et frequenza maggiore di quello hormai l’età sua comporta, si che è ben degno della gratia sua; si ha servito continuamente per sargente maggior del Capitano Vitale suo figliolo, soldato esperimentato nelle guerre di Fiandra, Franza et Ongaria, della suficientia del quale, sendo restato a pieno sodisfatto et conosutolo zelosissimo del servitio publico, mi ha parso debito di conscientia render testimonio di questo suggetto et come meritevole raccomandarlo a Vostra Serenità.
Il beneffitio che la militia ordinaria di quel presidio et estraordinaria hora riceve per la constrution del novo hospitale, qual da me per ordine dalla Serenità Vostra è stato fabricato, con l’agiuto dell’eccellentissimi Generali Donato et Pasqualigo, tal che è reduto in ottima perfetione, è notabilissimo, ricevendosene quotidiano frutto, poi che venedo governati, iusto l’ordini da me imposti, quali inviai a Vostra Serenità a fini che si compiacesse aprobarli et decretarli, il povero soldato, che prima da necessità et mille altri patimenti (se ben oppresso da poco male) moriva con danno publico et ruina di capitani, hora tutto che sia gravato da malatie, per la cura di medici et governo che se gli aplica, ricupera per il più la pristina sanità, si che venendo se non augumentato almeno conservato in questo essere, l’utile che riceverà il publico et particolare serà inestimabile, et quelle povere anime, che in altra occasione morivano disperate, senza li santissimi sacramenti, hora che christianamente passerano a miglior vita, pregheranno per l’essaltation di così pia Republica et paterna carità, con la quale d’ordine della Serenità Vostra saranno governati.
Passarò alle cose pertinenti alla fortezza, non mi restando più che dire quanto alla militia.
La muraglia dalla parte di Garbin, principiando sotto la cittadella, caminando sino a San Francesco, che è passa 600 in circa, sendo muraglia vechia e in cativissimo stato et pericolo di cascare, sendo la parte superiore in pendentia tal, che in certi lochi si camina con non poco pericolo, dal continuo flusso et riflusso del mare vien alle volte cavato de sotto via, non ritrovando bona fondamenta che fa rombi di molta importanza et ciò è occorso in tempo mio, al che feci remediare con ogni diligentia, si che il prendervi remedio, prima che ruini affatto, stimarei di molto utile a Vostra Serenità.
Il cavaliero della cittadella nel baloardo Grimani, loco di molta importanza, con grandissima spesa redduto in perfetione, per non esser incamisato ruina dalle continue pioggie et altri occasioni, opera di tanta stima devessi conservare et sarebbe con incamisarlo et quanto prima; nell’istesso stato vi è un altro cavaliereto sul forte, di doi che vi sono, sendo l’altro incamisato.
A una fortezza, redduta in stato ottimo de muraglia et gente per diffenderla, oltra altre principalissime provisioni che gli bisognano, è necessarissima l’aqua et in Zara, che è pur la chiave della Dalmatia, ve n’é pochissima, se bene vi sono alcune cisterne alla porta di Terraferma et una su la piazza detta delle Gerbe, non suplirebero però al bisogno che potesse occorere in tempo di guerra, poi che n’anco supliscono in questi tempi, non ritrovandosi se non qualche cisterneta di particolari di poco momento, il resto tutta aqua salmastra, onde occorre spesso in tempo di sicità, che quella città patisce grandemente, havendolo veduto per doi anni continui, che oltra il far custodir qualche poco d’aqua che in esse cisterne era restata, per ogni accidente ne ho convenuto, con spesa della Serenità Vostra, farne condur dalli scogli. Imperfetione a giudicio mio notabilissima et di somma consideratione.
Restami rapresentar a Vostra Serenità il cativissimo stato di quel porto, materia in vero degna di consideratione, poiché vassi atterando in modo tale, si per cagione delli cattivi tempi, come per non esserli portato quel rispetto che si doverebbe, che hormai sino a mezza la città et alli volti sotto il forte vi si può andare a piedi tutto nel callar dell’aque. Altri rapresentanti suoi ne hanno de ciò dato conto, ma con il progresso del tempo peggiorando sempre, il prudente suo giudicio può benissimo comprendere il stato presente, fu già preso parte per l’escavatione et prohibito il poter da sopracomiti o altri impalmar, ma non venedo datta esecutione né a l’una né all’altra de queste sante deliberationi, il tutto va a male in danno di quella sua così importante fortezza.
Il danaro, cioè ducati mille, che portai meco disignato per bisogno di fabriche è stato da me speso nelle cose più bisognose, che sono occorse per reparation di quella fortezza et pagato il proto de fauri(?), patron di burchiella, che di tal danar o vengono esser pagati, nel che fare il particolar risguardo di sparagnar il danaro publico, ch’io ho havuto Vostra Serenità può vederlo dalli conti che ho portato meco.
Qui mi occorre dir alla Serenità Vostra che se ritrova al maneggio di quella Camera un clarissimo camerlengo, qual insieme con titolo de castellano, è in obligo star sul forte; et da ciò introdutassi una pessima consuetudine, che in loco de tenir il danaro publico nella Camera a questo diputata entro la città, lo tengono in casa propria sul forte, ove non vi essendo altro che soldati, si corre rischio in caso di qualche ammutinamento o altra mala deliberatione di gente straniera, come sono detti soldati, di un saco del denaro publico. Per oviar et levar via questo eminente pericolo, havendo lui camerlengo ducati quaranta cinque al mese di sallario fermo et ducati quindici in circa di utile de bollette, stimarei fosse bene darne XX [venti] ad uno che con titolo de castellano dovesse star in esso forte, lassando il resto al camerlengo, che stando nella città conservasse nel loco publico il danaro di Vostra Serenità, remettendomi però al prudentissimo suo giuditio.
Havendo io, per reverentissimi ordini della Serenità Vostra coll’eccellentissimo Collegio(?) del Sal, fatto consegnar tutti li sali che si ritrovavanno in quella gabella al commesso de Domino Antonio dal Ben, condutor de quel partido et per ciò non dovendo entrar più in quella Camera denaro di tal raggione, del qual si cavava parte della limitatione et col resto detta Camera supliva alle spese, che sonno maggiori dell’entrata ordinaria, quando dalla Serenità Vostra non venghi suministrata d’altratanto denaro, li sallariati che giornalmente vivono di quella gratia che si è compiaciuta benificiarli, non potranno conseguir il suo sallario. De ciò mi soviene haverne datto conto alle Serenità Vostre eccellentissime, ma non havendo havuto altro ordine et instando gl’illustrissimi proveditori al sal per l’esecutione, non ho potuto far di meno di non obedire.
Ho lasciato a quel governo il clarissimo signor Gio Allessandro [in realtà Zuan Alvise] Venier Conte, il quale con la sua destra maniera di procedere et con il suo splendore, si ha mosso in concetto tale di quei populi, che non lascia che desiderare nella persona sua, il clarissimo signor Pietro Marcello mio successore ha dato tal saggio del suo valore per alcuni ordini datti, che ne spera quella milittia un ottimo governo et che quello che ho potuto vedere io in quei pochi giorni, che doppo la consegna del reggimento, mi son trattenuto in quella città, si ha talmente guadagnato l’animo di quei soldati, che l’amano come se fosse padre d’ogni uno de loro.
Di me poi Serenissimo Principe non dirò altro, solo che se ho fatto cosa che habbi datto sodisfattione, et a Vostra Serenità et a quei populi, debbo ringratiare prima il Signor Dio et poi l’ordinaria benignità di Vostra Serenità, che di poco si compiace, sapendo io benissimo che niente o poco ha potuto venire dalle mie forze, s’anco non ho corisposto al desiderio loro, ciò è stato diffetto non di cattiva volontà, ma di debolezza, se ben mi rendo sicuro che in questo caso le Signorie Vostre Eccellentissime, si pagheranno più dell’affetto con che io l’ho servite che dell’effetto istesso. Gratie.