9 aprile 1620 Iseppo Civran
Relazione
Relazione di Iseppo Civran tornato di Provveditore a Cerigo
1620 aprile 9
ASVe, Collegio, Relazioni, busta 84
Serenissimo Prencipe
Quella applicatione d’animo che ho impiegata nel reggimento di Cerigo, ben dovuta al mio hereditario instituto, molto necessaria per le congionture che nel corso di 27 mesi continui del mio servitio sono passate gelosissime, la medesima mi ha mosso a far particolare et fisso reflesso di tempo in tempo alla situatione di quell’isola, che la rende a publici interessi molto importante, alla qualità della fortezza et dei porti, alli posti del paese confinante, al corso di quei mari e di chi li frequenta, et per riportarne alcuna cosa humilmente alla notitia di Vostra Serenità, tanto più m’ha persuaso qualche eccitamento havuto da alcuno delle Vostre Eccellenze illustrissime, quanto che non havendone già molti anni havuto relatione particolare questo eccellentissimo senato, non inopportuno stimerà forse intenderne l’intero, con alcun senso di quello possi complire a presenti tempi da esser maturato dalla singolar prudenza sua.
Dico adunque prima, per fondare la base di questo mio breve et riverente raccordo, essere l’isola di Cerigo 15 miglia di circuito, habitata da 7.500 anime tutte devotissime in fede alla Serenità Vostra, gente per il più robusta da fatti, ardita et idonea a ricevere ogni disciplina militare, sicome riceve dal proprio paese formento e vino bastante al vitto loro.
Ne sono descritti soldati 130 in duoi compagnie, cioè una di 350 di famiglie privilegiate da eccellentissimi generali per li suoi proprii meriti e de loro precessori, quali non tengono altr’obligo che di servire con l’arcobuso. L’altra compagnia è di 380 delle cernide, tenuta al peso dell’altre fattioni ancora; e gl’uni e gl’altri indifferentemente quand’occorresse sono obligati di concorrere alla difesa delle marine et dell’isola medesima da ogn’incursione. Ma a questo passo ho osservato con sentimento, adoperarsi da la maggior parte di questa gente arcobusi da uccellare, mal in ordine e poco atti al mestier dell’armi. Onde non vi tenendo Vostra Serenità monitione alcuna di publica ragione, come suole in tante altre fortezze et siti forti di minor consideratione di questo, stimerei opportunissimo che si mandasse di là quantità corrispondente di moschetti, con suoi apprestamenti, da esser consegnati alli capi di communi et dispensati, con quelle note et regole che sono usitate in altri luoghi del Serenissimo Dominio, che valeriano per ben supplire al publico servitio senza discapito del valsente(?).
La fortezza è situata sopra un picciol monte di sasso vivo, opera costrutta con tutto il vantaggio dell’arte militare che ha potuto permettere il sito del monte medesimo, circondando 700 passi in circa, et se bene vi è il monte detto Palamida, 800 passi discosto, è però così grebanoso et senza porto vicino da far sbarco, che posso dire non vi essere luoco alcuno intorno la piazza sopra il quale possa effettivamente esser condotto cannone per far batteria e le scalate si rendono ancor esse da ogni parte, per la qualità della fortificatione, difficilissima, siché sempre che habbi le proprie diffese di buona fede, si può tenere per molto bene assicurato.
Qui però non devo lasciar di ricordare alla Serenità Vostra che di vettovaglia e di monitioni da guerra ella è poco bene provista. Di polvere grossa ve ne sono solamente 26 miara, ma della fina né pur un grano, né vi è persona che ne venda, né meno che la sappia rafinare, come neanco vi è chi in un bisogno sapesse conciare un arcobuso. Di corda e di piombo ve n’è pochissima quantità, né meno chi ne venda, e dei letti d’artigliaria da rispetto per li pezzi grossi non ve n’è alcuno. Onde il fornirla a sufficienza di tutte queste cose sarebbe, come io giudico, e buon servitio di Vostra Serenità et ottima anzi necessaria sicurezza di quella piazza.
Cento fanti vi mantiene Vostra Serenità di pressidio, pochi per il vero supplire alle fattioni et mutarsi le guardie, come si ricerca, ne male impiegato crederei certo un augumento d’altri cinquanta, ma perché si deve haver cosideratione in questo proposito all’eminenza della piazza, delle cortine et balloardi di essa, da dove l’arcobuso debol tiro può fare, lauderei che cento almeno se non tutti di detti soldati fossero moschettieri; et tanto più necessario parmi si renda l’augumento a detto pressidio, quanto che trovandosi sotto la medesima fortezza alla parte di Tramontana il borgo con 1.200 fuochi, tutto circondato di muro, seben guardato sia la notte dalla gente del paese, ha però corrispondenza con la fortezza, et da quella può et dovrebbe essere in ogni occasione che occorresse soccorso. Vi manda Vostra Serenità un governatore, quale già soleva havere una compagnia, che quando non la tenghi, mentre deve andare per l’isola disiplinando le militie, non sarebbe forsi inopportuno assegnarli un sargente maggiore.
È situata quest’isola alla fronte dell’arcipelago lontano da Capo Malio quaranta miglia, altrotanto da Brazzo di Maina e da Vatica miglia 18, che tanto è largo il canale, a mezo il quale vi è il scoglio detto dei Cervi, che per il commodo che porge a vascelli da remo et alli corsari d’acqua e di legne, si può dire con verità che sia fatto loro proprio nido.
In tutto il recinto dell’isola quattro porti vi sono. Uno sotto la fortezza, che però quanto è per grandezza capace et per la sponda che gli fa la piazza medesima opportuno, altrettanto per essere scoperto alla parte dell’Ostro, poco sicuro si rende ad ogni vascello e galera, particolarmente nell’inverno. L’altro è San Nicolò di Vlemena, capace di otto o dieci galere sottili et sicuro da ogni vento, poco discosti dal quale si trovano duoi scogli detti le Dragonere, dove con ferri(?) in acqua e provesi in terra possono fermarsi vascelli fondi ancora, ma senza alcuna sponda di difesa. Esposto all’arbitrio de più potenti rissiede quel seno.
Tre miglia in circa longi da San Nicolò ve è il porto di San Martino, che per quattro e cinque galere solamente sarebbe capace et è scoperto dalla parte di Tramontana. L’ultimo che è San Nicolò dei forni verso Ponente, non tenendo fondo bastante, per altro non vale che per barche semplicemente et pure questi duoi duoi ancora, come del secondo ho detto, non tengono difesa alcuna.
Hora la situatione importante in che si trova quell’isola alla bocca dell’arcipelago, come dissi di sopra, nel mezo tra Sapienza, Modon, Coron et Milo, nei quali luoghi capitano tutti li bettoni di corso, pare per il vero che tanto più ricercasse un porto non men sicuro che capace per le galere et armata di Vostra Serenità, quanto che da Corfù fino in Candia altro non ne tiene nei suoi Stati, mentre quello della Ceffalonia non è difeso dalla fortezza e quello del Zante si può chiamare più presto spiaggia che porto, sottoposto a frequenti e grandissime fortune.
Questo commodo d’un porto sicuro e capace trovo potrebbe havere Vostra Serenità col far otturare la bocca ad un porticello contiguo a quello sotto la fortezza, quale ha fondo di tre passa, con escavatione di certa sabbionara, et di esso medesimo a profondità che possi capire vascelli et unirlo al porto grande predetto, rendendolo capace in tal modo di 40 galere o vascelli e più ancora ben guardato dalla fortezza et intieramente coperto da ogni vento, come si può vedere da un dissegno che ho voluto far cavare et che sarà aggionto alle presenti.
Tre considerationi concorrono e tutte di gran rilievo, oltre le sopradette cose, per dimmostrare giovevole et dirò anco necessaria a tempi presenti spetialmente la sudetta provisione.
La prima è che frequentandosi sempre più quei mari da corsari potrebbero le galeazze di Vostra Serenità godere di quel porto sicuramente et con grand’avvantaggio, per le discoperte che da quei promontorii si fanno ben di 70 miglia in mare e le guardie di Candia in tal caso ancora vi potrebbero scorrere e tenervisi per qualche tempo, oltreche in caso di bisogno di formento per il Regno et altre isole del Levante e per questa città ancora, quel passo sancirebbe a trattenere molti vascelli, poiché in buon numero se ne caricano annualmente nell’arcipelago e nel tempo del mio reggimento ne sono passati ben cento tutti per Napoli, Sicilia e Genova.
La seconda consideratione è che essendo tanto tratto dalla fortezza di Corfù al Regno di Candia, senza porto sicuro come ho predetto, molto opportuno riuscirebbe questa sicura passata a mezzo il camino in ogni occasione et necessaria specialmente in caso che alcuna molestia dalla parte del Regno si ricevesse, per il commodo che si haverebbe d’inviarli soccorsi et esso d’havere lingua frequente et sicura delli andamenti de nemici da quest’isola vicina molto più assai di quello sia il Regno predetto alla terraferma; et bene al tempo della passata guerra turchesca vi è memoria tra quei sudditi del pericolo che scorse l’armata di Vostra Serenità in quel loro stesso porto per non essere bene coperto da venti, et li turchi che conobbero fino all’hora questo disvantaggio della Serenissima Republica, fecero construire un forte a Brazza di Maina, acciò non vi capitassero le armate venetiane, che fu poi doppo la vittoria d’ordine publico fatto spianare dall’illustrissimo signor Marco Querini di felice memoria.
La terza consideratione è che le mercantie che in gran quantità si da Napoli di Romania e da Malvasia, come dalla terra ferma si estrahono di lane, cordovani, sede, grana et altro, venendo et andando al presente tutte alla scala di Scio, trecento miglia discosto, quando sicurezza et commodità di porto sotto Cerigo vi fosse, di gran longa più vicino, più sul passo et meno aggravato assai dalle solite angarie turchesche, ogniuno venirebbe a far capo quivi et Vostra Serenità ad introdure una buona scala in ottimo et principal posto del suo Dominio et ad augumentare i suoi datii et rendite[forse vendite] in isola dove per la distanza di questa città et per la vicinità col Regno di Candia, sarebbe per ogni rispetto sommamente opportuno, oltreché capitando ogni anno numero considerabile di piccioli vascelli francesi di portata di 400 botte al più, che passano poi avanti questi al certo, se havessero commodità del porto, si tratenirebbono e procurarebbero di fare li loro carichi nell’isola, senza maggior perdita di tempo et di spesa et maggior rischio della navigatione.
Molti altri ponti si potrebbero considerare ancora in questa materia della sicurtà che la navigatione de mercanti tanto a questi tempi pericolosa riceverebbe da questa provisione, del riguardo maggiore che haverebbono le galere ponentine di accostarsi all’isola, come fanno hora liberamente, dell’augumento di reputatione et altro, ma urterei in soverchia longhezza, mentre l’accennar solo le cose alla prudenza di questo eccellentissimo senato so che basta di vantaggio.