2 agosto 1601 Alvise Barbaro
Relazione
Relazione di Alvise Barbaro ritornato di Provveditore e Capitano a Corfù
1601 agosto 2
Serenissimo Principe,
È debito d’ogni buon et fedel ministro, in fine della sua amministrazione, render conto a chi confidò nelle sue mani cosa importante, come la Serenità Vostra s’è compiaciuta (per sua benignità) di commetter a me, Alvise Barbaro suo devotissimo servitore, il carico di proveditore et capitano di Corfù, isola et distretto, di dove ritornato finito il mio reggimento, vengo con ogni debita riverenza rifferirle et raccordarle, quelle cose che ho giudicato più importanti et più degne d’asserle rappresentate, ommettendo per schiffar il thedio molte altre, che per il passato sono state rifferte, non solamente da miei clarissimo precessori, ma da altri suoi ministri ancora.
Trovai al mio arrivo in reggimento il clarissimo signor Matthio Girardo, bailo di quella città, gientil huomo di molta prudenza et giudicio et molto zelante in servitio delle cose di Vostra Serenità, col quale per spatio d’un anno che fussimo insieme, mai vi fu minimo disparere fra di noi, per la unità d’animi in servitio publico.
Trovai parimente al governo di quelle militie il conte Alessandro Martinengo, figlio della buona memoria dell’illustre signor Nestore [?] morto ivi governatore, giovane di honorata qualità, il quale stette parimente nel medesimo governo per spatio di un anno, dando saggio di degno figliuolo et imitatore di si honorato cavalliere [?] et affettionato servitore di Vostra Serenità, dalla cui vivacità di spirito, tutto dedito alla profession militare, si può prometter ogni honorata riuscita, per la modestia et riverenza sua verso li rappresentati publici.
Vi è al presente il clarissimo signor Lunardo Zulian, bailo di quella città, gientil huomo honorato et dal quale la Serenità Vostra si può prometter quel buon servitio, che lei può ben comprender dalli carichi fin hora datili.
Vi è parimente l’illustre signor Marchese Mario Savorgnano governatore della fortezza vecchia, gientil huomo di honorate qualità, ben affetto verso le cose di Vostra Serenità et di quella esperienza che lei può giudicare dalli carichi, che dalla sua benignità fin hora li sono stati conferiti.
Del clarissimo signor Nicolò Bon, mio successore, è superfluo ch’io le discorra, conoscendolo lei et ogn’uno gientil huomo di molta integrità, dal prudente giuditio del quale si può in quell’importante governo prometter quel buon servitio, che è debito d’ogni rappresentante della Sublimità Vostra.
La fortezza vecchia, commessami particolarmente in governo dalla benignità sua, è stata da me custodita governando quella militia come si conviene et come ricerca l’importanza di quella fortezza, havendo havuto l’occhio a tutte quelle cose che ho conosciuto concerner la riputatione, il benefitio et honorevolezza di quell’importantissimo pressidio, così in tempi dell’armata Turchesca, che dui volte d’ottobre passò per quel canale, come in altre occorrenza di che la Serenità Vostra è stata con miei lettere di tempo in tempo raguagliata.
Trovai al mio arrivo un importantissimo disordine intorno alle ronde di notte, le quali si facevano la maggior parte passando per la fortezza senza nome et non per le mure, onde non potevano scoprire il mandrachio, ne meno vedere chi si volesse avicinare alle mure da quella parte, al qual abuso tanto pregiudiciale et pericoloso ho remediato all’accomodar tutta la muraglia per mezzo il mandracchio istesso, in modo che commodamente vi possono ceminar sopra dui soldati in ronda, et ho fabricato un casello da sentinella su’l’angulo et in capo della detta muraglia, dalla parte verso la spianada, dal qual casello si può scoprire ogn’uno che si volesse avicinare non solamente alle dette mura, ma alla coltrina, alla cunetta et fossa reale, dominando il detto castello con la sua veduta tutte le dette parti della fortezza, che sono le più importanti.
Vi è in quella fortezza la coltrina predetta, ov’è il ponte et la guarda principale verso la spianada, di passa cento, la quale perché era bassa, fu alciata con un mureto postizzo, carricandolo di terreno, abbondantemente alto per coprir le piazze della fortezza dall’altezze di fuori, il qual terreno nel corso di molti anni gonfiandosi dalle pioggie, ha causato la caduta nella fossa del detto muretto postizzo fin al cordone et fin sotto il mio precessore, facilitandosi in questo modo la salita, rovinando ogn’hor più il terreno et atterrandosi sempre la fossa maggiormente, disordine di molta importantia et da me rappresentato con più mano di lettere a Vostra Serenità, in modo che credo esserle riuscito più tosto importuno che negligente. È però necessario di remediarsi quanto prima a quella parte più che ad alcun’altra di quelle cose che han bisogno, per tutti quei rispetti ben noti alla somma prudenza sua. Il che si potrà fare o col continuare il principiato o in quell’altro miglior modo che a lei parerà. Di qua dalla fossa di dentro fu fatto un quartiero di alloggiamenti per soldati et magazeni per letti d’artellaria, li quali occupano la piazza et la rendono molto angusta, si che nelle occorrenze, et di retirata et di diffesa delle mure, apporterebbe gran danno alla fortezza; onde per mia opinione bisognarebbe continuar il principiato dal clarissimo Canale, buttando giù li alloggiamenti et magazeni predetti, la qual continuatione, quando si dovesse fare, converebbe far altra provisione di legnami, essendo che li principiati sono tutti carolati et non buoni da metter in opera, oltreche quando venisse occasione di servirsene, correrebbe pericolo evidente chi vi si trovasse sopra.
Per dare veramente commodità a soldati di alloggiare et per poter riponer gli letti d’artellaria, vi sono molte case in quella fortezza di ragione dei Vostra Serenità, le quali vanno di male, che accommodandole servirebbono commodamente et alli sudetti et ad altri bisogni, perché quanto più si ritarda il riparo loro, tanto più cresce il bisogno et la necessità della spesa, che pur bisognerà si faccia, quando a lei parerà, dicendole che li Greci, quali hanno case in quella fortezza, non si rissolveno mai di venderle, se non quando sono fatte innhabitabili et che non le possono più affittare.
Si trova il castel da mare dalla parte di San Sidero, per mezzo il castel vecchio, molto importante, senza castellano, tutto che per il passato Vostra Serenità ne mandava uno, nel qual castello vi è la maggior parte della monition de polvere, al numero di cinquecento e ottanta migliara in circa, et li pezzi d’artigliaria più importanti; onde, et per l’importanza del luoco et per le sudette monitioni, giudicarei esser necessario mandarvi un castellano, con quel sallario che alla Serenità Vostra paresse, il qual di giorno potesse andar per la fortezza vecchia, et che fosse data la medesima commodità al castellano del castel vecchio, lassandovi egli in luoco suo il contestabile [?]. A questi duo gientil huomini si potrebbe dar il carrico anche di camerlenghi, senza altro augumento di sallario, se non l’utile delle pene di crediti publici che scodessero, non potendo massime li consiglieri attender alla cassa et all’audienza, massime nelle cause d’appellatione di Zanthe et Zeffalonia, facendo stentare li poveri nel pagarli le bolette, et tuttoche hanno obligo di attender dui mesi per uno, non ne fanno conto, dicendo che l’essecution della pena di ducatti cento impostali in caso di contrafattione è commessa al bailo et non al proveditor. Dà questa provisione (Principe Serenissimo) sicurtà a quella fortezza, riputatione et benefitio alle cose publiche, aiuto, commodità et sollevamento grandissimo della povertà, perciò che li operarii et salinari particolarmente venendo per esser pagati, né trovando li consiglieri in camera per esser occupatissimi nell’audienze, convengono perder molto tempo, con disservitio della Serenità Vostra, in modo che spesse volte per questo rispetto si rissolve il proveditore darli lui danari del proprio, oltre li qual notabil beneffitii li sudditi haverebbeno maggior commodità nell’espeditione delle loro liti et quelli che serveno non stentarebbono nell’esser pagati et si assicurarebbe il sudetto castello importantissimo. Oltre la sudetta summa di polvere ve n’è ancor in quella fortezza migliara cento trentadoi lire [?] 359 et salnitro per poterne fare migliara cento e diese lire [?] 114.
Ho scoperto un desordene molto pregiuditiale alla sicurtà di quella fortezza, che la parte di San Sidero non è guardata di notte, né vi può andar ronda alcuna, tutto che sia bassa et che vi si possa salire sopra fino alla summità del castello da mare, com’è seguito già tempo che uno fugato dalli suoi adversarii per salvarsi salì sopra le mure di quella parte, la quale stimando io molto importante et degna di esservi provisto, si che la ronde possi andare attorno, ho voluto rapresentare alla Serenità Vostra imminenete pericolo, affinché per dignità et sicurezza di quell’importantissima fortezza, non resti parte alcuna di essa senza la debita custodia, per ovviare a quelli inconvenienti che potrebbono occorrere.
Il Domo di quella fortezza posto in cittadella apporta seco pericolo di grandissimi inconvenienti, poiché nelle feste solenni dell’anno vi viene dentro quantità grandissima di Greci, onde tutta quella soldatesca conviene sbari in arme sino che eschino fuori, ne con tuttociò basta per ovviare a quello potrebbe occorrere.
Crederei perciò esser bene riddur l’Arcivescovato fuori nella città, per liberarsi da sospetti tanto grandi, quanto lei prudentissima può considerare.
Non è da passar con silentio, per importantissimo pregiuditio della sicurtà di quella fortezza, che le case della spianata, fabricate dalla guerra in qua, a dirrimpetto di detta fortezza, sono molto vicine, cioè per manco di un tiro d’arcobuso, dalla qual vicinanza, in occasione di guerra, la fortezza potrebbe ricever molto travaglio. Però la Serenità Vostra degnisi di ponervi quella consideratione che le pare, a questo particolare stimato da me degno di provisione et di rimedio.
Non mancai con miei lettere di rappresentare alla Serenità Vostra, che essendovi fabricata una chiesa Greca in spianata, nominata San Zuanne, officiata da un prette Greco et vicina alle muraglie della fortezza per un tiro d’arco, non mi parendo che per sicurtà et dignità della fortezza stesse detta fabrica tanto vicina. Però di nuovo ho voluto rappresentarle questo particolare degno d’esser considerato per servitio delle cose sue.
Ho stimato anco debito mio di rappresentare alla Serenità Vostra, esser necessario che vi sia in quella fortezza un casello, nel quale si tenghi quella quantità di polvere che serà bisognevole per li bisogni che potessero occorrere, poiché in occasione improvisa di notte, non vi essendo polvere a basso in fortezza, conviene aprir la cittadella et il magazeno ove sta riposta detta polvere, con grandissimo pericolo di notabil inconvenienti.
Vi sono in quella fortezza alcuni bombardieri vecchi et impotenti a poter prestar servitio, in accidente di bisogno che si potesse appresentare, massime di occorrenze straordinarie. Vostra Serenità per ciò si compiacia di metter in consideratione questo inconveniente, per rimediarvi come le parerà, assignando a quelli che sono innhabili, quanto essa giudicherà bastare per loro sostentamento, essendo ragionevole di riconoscerli della lunga servitù prestata da essi.
È stata ottima deliberatione di Vostra Serenità, nell’haver mandato augumento di pressidio in quella fortezza, non solamente per li tempi presenti accompagnati dalli sospetti, ben noti alla sua prudentia, ma anco per il mal’affetto animo di Greci verso li soldati, contro li quali volontieri prendono occasione di disgusto da qualsivoglia cosa, se ben di poco momento, dando subito di mano a sassi, ad arme et altre cose offensive, mettendo spavento alla città et pensiero a chi governa, con pericolo d’importantissimi inconvenienti non men verso le cose della Serenità Vostra che delli medesimi cittadini, contra li quali quelli della plebe desiderano di sfogar l’interno et invecchiato odio, per le estorisioni che da essi li vengono usati nelli loro prosticchi, sebene anco di questi non si può prometter quello che ricerca l’obligo di buoni sudditi, si perché molti Pugliesi et Albanesi venuti ivi ad habitare hanno seco contratti traffichi, amicitie et parentelle, come per la intrinseca prattica che tengono con Hebrei, Spagnuoli et di Turchia, che ogn’anno crescono in numero in quella città, fermandovisi per fermo domicilio, oltre di che quelli del conseglio, quando per loro particolari oggetti desiderano transferirsi a Venetia, subito propongono qualche ambasciaria, senza fondamento né occasione legittima, per poter a spese della comunità far li fatti suoi et venir a fastidir l’orrecchie della Serenità Vostra, con cose alle quali li clarissimi rettori hanno proveduto et possono provedere senza travaglio di Vostra Sublimità, con le occasioni fanno redduttioni et conventicule a 40 et 60 la volta in luochi retirati, abusi molto dannosi et da esser considerati et rimediati senza dilatione, per ovviare a quelli inconvenienti che da queste pessime introduttioni potrebbono nascere. Dal qual augumento di pressidio le fattioni potranno esser fatte con poco incommodo del soldato et con molto servitio publico, se ben (per mio parere) non sarebbe se non bene, destinar parte di quella soldatesca alla custodia delle porte et piazza della città, per rallentar l’ardire di quelle genti et per assicurarsi da ogni cattivo pensiero che potessero havere.
Non dovendo restar io di render alla Serenità Vostra riverenti et affettuosi gratie, et per quello aspetta a quella soldatesca et per quanto tocca a me, che la si sia degnata di gratificarli nella regolatione delle loro paghe a mese corrente, come le raccordai riverentemente con più mano di miei lettere, dalla qual benigna dimostratione sentiranno molto sollevamento quei poveri soldati, prontissimi in ogni occorrenza di spender le vite in servitio della Serenità Vostra.
La provisione di biscotti et del pane per la città, si come è la principale et la più necessaria e tanto più che quell’isola non fa formento che possi bastare ne anco per quattro mesi per li habitanti, così con ogni riverenza vengo a dire alla Serenità Vostra che li Turchi vicini, da quali per necessità conviene ogn’anno procurar d’haver formenti, vedendo le difficultà et le strettezze, che per l’ordinario s’attraversano nella provisione di formenti per bisogno della fortezza et città, questi per l’amicitia et intelligenza che tengono con li principali di Corfù (quali industriosamente s’interessano in questo negotio per loro utile) tengono li mercati molto alti, in modo che conviene per l’ordinario pagarglieli a modo loro. Perciò con ogni debita riverenza raccordo, che almeno per dui o tre anni soli la Serenità Vostra facesse venire da qualche parte quella quantità che a lei paresse di formenti, perché in questa maniera si darà occasione a quelli Turchi di condescender a honesta condittione delli prezzi di loro formenti, il che tanto più giudico doversi fare, quanto che a Corfù non vi sono vasselli che possano servire per questo bisogno, né danari in tal quantità che si possano mandare con rischio in parti più lontane, et anco perché in caso di disaventura quando bene si mandassero non venghino a perdersi, con far essausta la camera et inhabile a poter poi supplire alle spese ordinarie, oltre la detta provisione.
Tornerebbe anco di molto servitio alla Serenità Vostra, l’essecutione di quanto essa prudentissima ha deliberato nel far venire dodici Thodeschi fornari con un capo loro per lavorar biscotti, non essendovi gente prattica in quella fortezza per questo essercitio, onde per necessità conviene servirsi di soldati, ancorche mal prattichi di quel lavoro, per il che le fattioni vengono a sminuirsi et mandandosi persone che sapino lavorare, si oviarebbe alle fraudi che sogliono commettersi nel fabricar di biscotti, come già scrissi alla Serenità Vostra.
Vengo parimente dirle riverentemente, che delli 8.000 stara di megli quali s’attrovano per monitione in quella fortezza, ne sono stati dispensati l’anno passato alla città, per la strettezza nella quale si ritrovava, stara 3.000, con obligo di rinovar detta monitione, come le significai con miei lettere, serà perciò bene che Vostra Serenità commetta, che sia rinovata la detta provisione quanto prima, per servitio et sicurtà di quella fortezza.
Maestro Piero Picolo, protto di quelle fabriche, è vermanete stato buon ministro, ma per l’ettà decrepita è fatto impotente et innhabile alle fabriche, essendo per il più ammalato, onde è necessario mandar persona intelligente delle fabriche, che sappi ordenare et che solleciti quelli che lavorano, et quando questo tale havesse cognittione maggiore di quella che basta ad un protto, serà maggior servitio della Serenità Vostra, essendo le fabriche delle fortezze et massime di Corfù molto importanti, come lei sa, se bene con tutto ciò ho io reddotto in fabrica finita il corpo di guardia della cittadella, commessomi dalla Serenità Vostra, il quale si come apporta molto splendore alla fortezza, così è di grandissimo commodo alli soldati, che prima pativano grandemente. Ho parimente ridotto a compita perfettione la fabrica della casa del clarissimo signor consiglier in cittadella, come le significai con miei lettere.
Si patisse molto nelle occorrenze di bisogni delli carreri, non ve ne essendo se non un solo in quella fortezza, che è il figliolo del carrero che fu ammazzato, sarebbe perciò util cosa mandarne tre o quattro per li bisogni ordinari et per quelli che potrebbono appresentarsi, si come tornerà anco in suo servitio, mandar un proto di fabri in luoco del morto, come già con lettere le rappresentai.
Non debbo restar di raccordar alla Serenità Vostra, esser molto necessario mandar a Corfù persona prattica et fedele, perché rivegga il conto di quelle monitioni, poiché sono molti anni che non si sono veduti, per la moltiplicità di esse et quantità di molte robbe et di alcune poco utili, né si può vederne il conto così facilmente, havendo quel sopramassaro parentella con Corfiotti e ministri della camera, come nel principio del mio reggimento rappresentai alla Serenità Vostra, oltre che essendo vecchio detto sopramassaro, potrebbe di breve morire, et li conti in tal caso non si potrebbero vedere, se non con molto disavantaggio et danno della Serenità Vostra, la quale in questo modo venirebbe a farsi certa delle cose necessarie, che bisognano per munire quella fortezza.
Né di minor necessità stimo mandar parimente persona fedele et prattica con carico di rasonato, poiché quella camera (qual ha di spesa ducati 22.320 et di entrata 14.340 all’anno) è maneggiata da ministri Corfiotti fatti per il loro consiglio, a quali conviene che li proveditori et consiglieri si rimmettano et credano, onde li debitori non possono mai riscuotersi per esser dependenti et parenti di detti ministri, che quando vi fosse persona che dipendesse dal proveditore et che tenesse la ragione di Vostra Serenità, andarebbono molto circonspetti et si rimediarebbe a molti disordeni introdotti a danno delle cose publiche et si troverebbe stradda di venire all’essattione di qualche parte delli crediti di Vostra Serenità, quali, mentre le cose staranno nel termine come sono state, non si potranno riscuotere.
Vi è la fortezza, over cittadella nova, dove la Serenità Vostra manda un clarissimo capitano suo rappresentante, con un governatore et con altro capitano con le loro sui compagnie, loco veramente molto importante et degno di straordinaria consideratione, per quelle oppositioni che lei sa ritrovarvisi dentro et per molte cose necessarie da farsi, come di alzar li parapetti, di terrapienar li baloardi, cavar la cunetta et fossi, d’acomodar li corpi di guardie, li alloggiament di soldati et altre cose necessarie da me rappresentatele, tuttoché io per quel poco di modo che ho havuto, non ho mancato di remediar alle sortite et di reparar ad alcune cose più necessarie, assicurando massime alcuni luochi più bassi et di molto pericolo, come significai alla Serenità Vostra; né haverei mancato di far altre opere necessarie nell’una et l’altra fortezza, quando havessi havuto danari per tal effetto, per il che non si è potuta continuare l’escavatione della fossa et della cunetta et far quanto bisognava. Il numero ordinario del pressidio di detta fortezza nova non è bastevole per le fattioni ordinarie, nonché straordinarie, per la grandezza delle piazze et per il numero delle sentinelle, sapendo lei benissimo che le compagnie in Corfù non possono esser sempre intiere, trovandosi ordinariamente di amalati, di quali ne more alla giurnata, oltre quelli che fuggono et quelli che vengono condannati in galea, per il che si viene a scemmare il numero notabilmente, et per mancamento di soldati et per la lontananza di luochi dove se ne possano fare, per il che si viene tal volta a necessità di rimmetter quelli che dalle leggi sono esclusi, perché il servitio publico non patischi, onde con l’aggiunta della soldatesca inviatami da Vostra Serenità, posi uno di capitani novi con la sua compagnia in detta fortezza, in modo che continuandosi di questa maniera, serà a bastanza provisto quanto alli soldati che vi bisognano, come con lettere mie le dinotai. Mi rincresce bene di esser necessitato, per debito et scarico mio, di dire con ogni termine di riverenza alla Serenità Vostra, che per l’ordinario li disordeni di detta fortezza sono causati da chi doverebbe haver mira di conservare quelli poveri soldati et non procurar la loro destruttione, convenendomi passar con silentio molte cose, per non apportar fastidio alla Serenità Vostra, sapendo quanto offendono le sue orrecchie simil accidenti. Et quanto alla sicurtà di quella fortezza, si deve metter in molta consideratione la vicinità del colle, over monticello, contiguo dento le mure della città et delle case fabricatevi sopra a dirimpetto del baloardo sopra la spilea, et che si repari quanto prima al bisogno di alloggiamenti, per esser quasi tutti rovinati et molti fatti innhabitabili, per non esser stati accommodati già molti anni. Et se bene il magnifico domino Agostin Zabello da Salò, governatore al presente in detta fortezza, non ha mancato di fare quanto si conviene al carico suo, nondimeno quando la Serenità Vostra si compiacerà, per solo fine del servitio publico, mandar governatore ivi senza compagnia, tornerà di maggior beneficio alle cose sue, che mandarli con compagnie, poiché essi, per l’interesse di mancamenti della propria compagnia, non possono veder né raccordar gli diffetti dell’altre compagnie, come doverebbono.
Vostra Serenità ha alla custodia di quell’isola, per l’occasioni di sospetto d’armata, quattro capitanii di Stradiotti et il magnifico domino Nicolò Lascari loro governatore, con le loro compagnie al numero di cinquanta cavalli leggieri, buonissimi soldati et ben disciplinati dal detto governatore, la qual cavalleria ha veramente recevuto molta riputatione dalla commodità dell’armi, selle et brene mandateli dalla Serenità Vostra, con le quali potranno in ogni fattione far il debito suo. Ho nondimeno (Principe Serenissimo) trovato doi notabilissimi inconvenienti: l’uno che essi Stradiotti habitano fuori et tengono li loro cavalli molto lontani a pascolare, in modo che per accidenti che potesse occorrere et che havesse bisogno di presto servitio, essi non possono esser ad ordene, se non con longhezza di tempo. Però bisognarebbe riddurli nella città tutti, overo in uno di borghi più vicini, per poter esser pronti alli bisogni; l’altro et il più importante è che tutti sono accasati et fermati in quell’isola da molti anni in qua, senza tramutarsi, et togliono ad affitto vigne e terreni d’altri a lavorare, per il che non solamente non attendono a governar li loro cavalli, ma tralascian il servitio publico, per l’utile che dalli terreni predetti cavano, et se bene il governatore loro non manca di riveder le guardie, esse non dimeno essendo molto lontane, talvolta si crede li soldati esser alli lochi delle loro fattioni, ove che non viene levato il dubio quasi certo, che essi per loro interessi abbandonino dette guardie, per andar a raccoglier l’uve et altri frutti; oltre di che vi è un’altra consideratione che’l governatore non andando alle guardie, se non con occasione di rivederle, la sua compagnia parimente non cavalca, se non con la sua persona, né fa altra fattione. Però crederei che fusse bene mutar la detta strathia de cinque in cinque anni, così li capitanii come le loro compagnie, come si fa in Dalmatia et altri luochi di Vostra Serenità, mandandogli in Levante dove meglio a lei parerà, dividendo la campagna del governatore fra tutti quelli capitanii, perché con questa provisione il servitio publico non patirà et ogni uno converrà che faccia il debito suo, oltre che a loro si leverà l’occasione di attender alli terreni et all’essercitio non convenevole al soldato.
Ho più volte rassegnato quelle cernide, che sono al numero di cinquecento, gente non esperte, ma però buone per ogni fattione, havendoli fatto dare le arme necessarie da quelle monitioni, poiché molti di loro ne havean bisogno, dalle qual genti col tempo si potria sperare fruttuoso servitio, non havendo io potuto suplire al bisogno di tutti li soldati rimmessi, per non lassar spogliati di arme quelle monitioni. Però serà bene che la Serenità Vostra facesse mandar delle spade et arcobusi per rinovarle.
Fu prudentemente deliberato dall’eccellentissimo senato, che le galee non possino spalmare in quel mandracchio, per non atterrarlo, tuttavia è introdotto un abuso notabilissimo, che se bene alla detta deliberatione si cerca dar essecutione pro forma, non di meno nell’occasione di spalmare le galee della sua armata, si tirano fuori del mandracchio et alla bocca di esso spalmano, onde necessariamente le aque conducono entro esso mandrachio et nella cunetta la materia della brusca et altre immonditie del spalmare et fanno il medesimo atterramento di prima, in modo che quando Vostra Serenità non proveda a questo notabil disordene, si atterrarà et il mandrachio et la cunetta, con molto danno et pregiuditio di quella fortezza.
È stato con somma prudenza deliberato dall’eccellentissimo senato, di dover tener un corpo di galee a quella custodia, perché quei mari non restino senza guardia, necessaria per incorsioni di fuste et per altri importanti rispetti. Però riverentemente dico esser bene commeter, che sempre si continui di tener galere a quella custodia, dipendendo da quelle non solamente la sicurtà della navigatione, ma la riputatione della fortezza per ogni accidente, poiché molte volte è rimasta quella guardia senza galere.
La monitione delle legne nelle fortezze, si come è molto necessaria presso le altre, così havendo le galere di Vostra Serenità dismesso di munire Corfù di dette legne, come per ordene di clarissimi capi da mare facevano per il passato, son astretto di rappresentar alla Sublimità Vostra questo mancamento, affineché essa per servitio di detta fortezza dia quelli ordeni che le parerà et anco perché la Serenità Vostra non senta interesse, massime in tempi che occorresse qualche improviso moto di guerra, poiché all’hora, con maggior incomodo dell’armata, converebbe attender a questa provisione, della quale s’ha tanto bisogno.
Il stato di quelle saline, se bene più volte è stato da me rapresentato con lettere all’illustrissimo offitio del sal et a Vostra Serenità, non debbo però restar di dirle, che si come sono di molta rendita et beneffitio di Vostra Serenità, così la campagna di Alestimo [?], dove si fa la maggior quantità di sali che nelle altre (…), è stata tenuta benissimo in ordene in tutto’l mio reggimento et ha reso buonissimo utile, si come all’incontro quelle di Santi San Dimitri e Pottamo sono malissimo governate, per negligenza di chi ne ha la cura, essendo admessi ivi [?] ministri poco atti a quel carico, tuttoche io, et col castigo et con altre punitioni, non ho mancato di fare quanto ho giudicato esser servitio di Vostra Serenità.
Li molti disordeni che seguono alla giornata in quella città et fortezza (tuttoche nel tempo del mio reggimento posso dire esservi stata buonissima intelligenza col clarissimo bailo et consiglieri) mi necessitano a dir alla Serenità Vostra, con ogni riverenza, esser più che necessario di commetter il carico et governo di quella città et fortezza ad un solo rappresentante, con titolo di bailo et proveditore, come era per il passato, et come fu supplicato dalli medesimo Corfiotti del 1592 a 12 di agosto, vivendo essi tuttavia molto desiderosi del commando di un solo rappresentante, poiché si sono veduti odiosi dispareri in quel governo, per pretension di giurisdittione, pretendendo li signori baili di voler giudicare et haver commando sopra scrivani delle fabriche, soldati delle cernide, quelli che di notte entrano contra il voler delle sentinelle nel mandrachio sotto fortezza, li molinari delle Benizze, che macinano formenti publici per biscotti, tuttoche la cura et il conciero di detti molini sia commesso al proveditore, et molti altri spettanti per ogni ragione al proveditore predetto, come capo della militia, delle fortezze, delle saline, delle fabriche et delle cose dependenti da quelle; oltre di che la materia della provisione di formenti accresce questi dispareri, se bene viene consigliata insieme, vogliono non di meno li baili, quasi di auttorità propria, haverne patronia assoluta, facendo dar danari del fontico, senza saputa né sottoscrittione del proveditore, contra le mente et deliberatione di Vostra Serenità, si come è stato fatto ultimamente del ritratto di megli, dati alli agenti di quella comunità nell’urgente bisogno della città del 1599, come già s’è detto; del qual ritratto, se bene doveva esser reintegrata quella camera, è stato nondimeno il danaro di esso senza mia saputa cavato fuori dalla cassa del detto fontico.
Non restai sin dal principio del mio reggimento di rappresentar alla Sublimità Vostra, come hora convengo fare per servitio delle cose sue, che trovandosi a Corfù il console di Spagna, ch’è messer Giovan Andrea Lipcavotti [?], figliolo di messer Marc Antonio, qual ha per moglie una cittadina Corfiotta et molto intrinseco di detti Corfiotti, giudicarei esser bene provedervi, in modo che lui non essercitasse detto carico, per quei importanti rispetti che la Serenità Vostra prudentissima può considerare.
Il sito, la forma et la circonferenza di Corfù sono così note alla Serenità Vostra, che stimo superfluo il descriver questi particolari, le dirò bene esser fertilissima per natura, producendo le sementi et li frutti abbondantemente molto buoni, et in particolare vino et olio, del quale, tuttoche se ne faccia gran copia ordinariamente, nondimeno quando vi fussero coloni che attendessero a governar gli olivari, si caverebbe copia grandissima di olii, poiché al partir mio ancora si trovavano olive in campagna non raccolte, dal mancamento di qual coloni viene causato che molti terreni, anzi li più pretiosi, stanno inculti et che del grano non si raccoglie quella quantità, che si raccoglierebbe quando vi fussero lavoratori, et in particolare nella valle di San Zorzi, fertilissima et in modo atta per corrisponder alle fattiche di lavoratori, producendo grani et minuti, che per ogni misura di calembocchio [?] (ch’è grano simile al sorgo, ma migliore) se ne sono a tempo mio cavati 104 et 108.
Duolmi (Principe Serenissimo) per suo interesse che sia abbandonata affatto la coltivatione di quel luoco, che se ben per mancamento di chi ne prese l’assonto, non fu corrispos[t]o alle promesse fatte, tuttavia quando alcuno volesse offerire l’obligo di lavorar li detti terreni, da me benissimo veduti, io laudarei doversi abbracciare ogni offerta, poiché la Serenità Vostra sarebbe sicura di doverne ricever grandissimo utile; il che potrebbe farsi col mandar dei banditi delli suoi territori di terraferma, perché in questa maniera venirebbe a liberar terraferma dalla molestia di banditi, reddurebbe in coltura li lochi derellitti et amenissimi dell’isola di Corfù et in ogni occasione haverebbe buon numero di soldati elletti senza spesa et ne caverebbe molto utile dalla loro coltivatione.
Vi è nell’isola verso ostro un luoco al lito del mare, detto il castello di Sant’Angelo, raccommandatomi dalla Serenità Vostra con particolar commissione, ove si manda per castellano un nobile Corfiotto delli più infimi del consiglio loro, sito degno da ponervi non mediocre consideratione, poiché con non molta spesa potrebbe farsi ivi porto capacissimo per qualsivoglia grossa armata et sicurissimo da quei incontri, che sogliono apportar danno all’armata da mare, onde giudicarei esser bene impiegar la spesa che bisognasse, per un’opera tanto nobile et necessaria per sicurtà di quell’isola et di tutti li luochi suoi di Levante; nel qual castello di Sant’Angelo sarebbe necessario ponervi diece over XV [quindici] soldati Italiani alla sua custodia, poiché al presente non viene guardato da altri che da quattro villani ivi vicini, che si danno la muta.
Quelli della Parga, sudditi della Serenità Vostra, hanno introdotto un abuso molto pregiuditiale alle cose di Vostra Serenità, percioche per l’avidità del guadagno fanno legnammi a quelli di Santa Maura et (quello che è peggio) essi medesimi vanno a Santa Maura et fabricano vasselli a quelli sudditi, et se bene io non ho permesso che si continui in questo abuso, serà non di meno necessario che la Serenità Vostra prohibischi con gravissime pene, per levar l’introduttioni passate, con la qual prohibitione ella haverà nelli suoi bisogni maggior commodità di potersi valere di quelli legnami et levarà l’occasione a sudditi Trucheschi, di poter danneggiar con loro vasselli li soggetti a Vostra Serenità, così nei tempi presenti come di guerra. Il qual luogo della Parga è degno d’esser posto in consideratione, per esser quel solo in terraferma di ragione di Vostra Serenità et molto commodo per le provisioni di formenti, onde se li converebbe mandar persona molto honorata et prudente a quel governo, dove che si fa ellettione delli più bassi soggetti del conseglio di quella communità.
Il carico del capitanio di quell’isola, si come è di grandissimo danno a quelli poveri contadini, per le gran estorsioni et magnarie che commettono contra detti contadini, così la Serenità Vostra levando detto carico (al quale può suplire cadauno di capitanii della strathia) sollevarà quei villici dal continuo interesse, che per ciò sentono, et darà occasione a quelli delle guardie di far con maggior diligenza il loro debito, perché detti capitanii si assummono auttorità, così nell’essentar huomini dalle guardie, come in farsi pagare per vie illecite, quando mancano da dette guardie, occultando il detto mancamento al proveditore.
Restami dir solamente alla Serenità Vostra, che in quella sua città rissiede per Arcivescovo il reverendissimo Monsignor Vicenzo Querini, prelato di vita et costumi essemplarissimi et ornato di tutte quelle qualità, che ricerca il suo carico pastorale. Ma quello che è consolatione della Sublimità Vostra, non si deve passar con silentio, è che egli è così ben affetto verso la Repubblica, che tra Sua Signoria reverendissima et li clarissimi rettori, non solamente non nasce mai alcun disparere, come pare che hoggidì occorre spesso nelle altre sue città, ma con le maniere sue nobilissime alletta gli animi, in modo che ogn’uno lo riverisce et li rimane con obligo, oltre che quelli della città istessa, tuttoche siano Greci, restano sodisfattissimi di Sua Signoria reverendissima, tenendolo in molta veneratione.
Vostra Serenità ha nella città huomeni 1.373
Donne 1.680 [il numero 8 si legge male ndT]
Putti 1.625
Summa 4.679 [conto non corretto ndT]
Nelli borghi huomini 457
Donne 506
Putti 571
Summa 1.534
Hebrei huomini nella città 114
Donne 134
Putti et putte 234
Summa 482
Nell’isola pretti 156
Callogeri 8
Vechiardi 308
Balii 4
Gran contestabili 2
Contestabili 90
Huomini impotenti 77
Huomini da fattion 3.814
Donne 3.696
Putti 3.585
Putte 3.354
Le anime dell’isola summano 15.094
Alla Parga huomini 159
Donne 182
Putti 132
Putte 78
Summa 551
Alla Parga forestieri huomini 11
Donne 16
Putti 15
Summa 42
Summano tutte le anime 22.381
Vi sono nell’isola manzi lavorativi 2.232
Cavalli 969
Sommieri 1.545
Vache 3.615
Summa 8.361
Casali nell’isola 102
Case 3.132
AS Venezia, Collegio, Relazioni, b. 85.