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28 novembre 1678 Marco Molin

Relazione

Relazione di Marco Molin ritornato di Provveditore e capitano a Corfù
28 novembre 1678
ASVe, Collegio, Relazioni, b. 85

Serenissimo Prencipe
Coi stimoli di quel zelo c’ho hereditato da miei progenitori ha sempre professato l’animo mio di tener rassegnati alla publica grandezza gl’arbitrii e la tenuità de proprii talenti per il servitio migliore della Patria, per la qual sono state sacrificate in varie occasioni le loro vite, come pure nel tempo della guerra di Candia fecero tra gl’altri mio padre, che da frezza turchesca restò estinto alle glorie della Repubblica Serenissima. Così anco io nella carica di provedior e capitanio a Corfù, che con eccesso di tanta gratia restò compiaciuta la Serenità Vostra di apoggiare alle mie debolezze, non ho mancato di adempir al debito d’una fervida divotione et procurato di testimoniar l’ardentissima volontà che ho sempre nudrida e che deve essere il vero oggetto d’ogni buon cittadino. Terminato per tanto l’impiego medesimo mi sono, gratie al Signor Dio, restituito a questa parte, dove come vittima divota sacrifico alla Maestà Publica con me stesso il raguaglio d’ogni mia operatione et benché habbia sempre rappresentato con mie lettere tutte quelle cose di maggior rilevo, che stimai convenirsi alla notitia di Vostre Eccellenze, non tralascio tuttavia di humilmente rifferir anco al presente ciò che nel corso della carica mi è accaduto di osservare degno de reflessi sapientissimi della Serenità Vostra.
D’intorno il stato di quella Camera verserà principalmente il mio discorso, perché l’haver scoperte in essa diverse mancanze, mi da motivo di riverentemente raccordare ciò che stima proprio la mia debolezza di applicarvisi per il publico miglior servitio.
Correvano veramente per avanti moltiplicità di disordini nella riscossione delle publiche rendite, ma preveduti questi dalla maturità de gl’eccellentissimi signori Revisori et regolatori alla scrittura, hanno poscia l’Eccellentissime Signorie con positiva terminatione, approbata anco dalla Serenità Vostra, prescritto a quei ministri quelle regole più aggiustate che vagliano a tener assicurato il publico da pregiuditii et quando venghi continuata l’osservanza delle medesime, come io le ho fatte sempre essequire da che n’hebbi l’incarico, non si può certo che sperar effetti d’una ottima direttione.
Questo succede ben spesso et massime in occasione che l’illustrissimo signor consiglier alla cassa per sua indispositione o per altra causa non è in stato di poter far i soliti giri, come anco non possono seguir a tempo li saldi delle casse nel mentre il proveditore si trattiene fuori per la visita.
Onde per levar le confusioni che facilmente possono nascere, io stimarei bene che in tal caso solamente di legitimo impedimento dovesse esser tenuto dal scontro di quella Camera un squarzo in libro, sopra cui fosse egli obligato tener registro di tutti quei pagamenti che giornalmente si andassero facendo nel tempo d’indispositione dell’illustrissimo signor consigliere alla cassa o altro suo impedimento, da esser sottoscritto di giorno in giorno dal proveditore et in sua absenza per la visita dell’illustrissimo signor bailo, mentre poi il squarzo medesimo gli renderebbe facilitato il giro della scrittura nel giornale e quaderno, et restarebbe anco levato il disordine delli pagamenti che vengono fatti senz’alcuna nota, ma col tener semplicemente in filza le bollette.
Perciò che si riferisce alli ministri di quella Camera, io li ho trovati tutti nel proprio impiego molto trascurati et assai negligenti nell’adempimento delle loro incombenze, come particolarmente ho dovuto esperimentarne l’effetto in occasione massime, che per render io ubbiditi gl’incarici de gl’eccellentissimi signori Revisori regolatori alla scrittura con la missione a Sue Eccellenze di alcune informationi state comandate sin sotto il mio precessore, non ho potuto mai haverle et ho dovuto in fine, doppo rinonciata la carica, significarlo anco all’eccellentissimo signor Procurator Provveditor general da Mar Corner, qual poscia ha rissoluto di commetterne l’essecutione al scontro stesso, con intimation di mandato penale, perché debba perfettionarle et far capitar qui ogni cosa nel termine di tre mesi.
Questo proviene a causa che venendo per ordinario fatte l’elettioni de medesimi ministri dal conseglio di quella communità, seguono ben spesso le nomine in persone di poca sufficienza.
Per tanto crederei necessario che doppo fatta nel conseglio l’elettione di detti ministri, dovesse questa esser subito rassegnata sotto i riflessi de signori proveditori, affinch’essi havessero da far la cognitione della loro attività prima di lasciarli intraprender delle cariche, licentiando ogn’uno di quelli che non possedessero quei talenti che si convengono a chi deve haverver il maneggio de publici capitali, per esser poi dal consiglio stesso fatta nuova elettione di persone di maggior esperienza.
Mentre pur accaduta ultimamente la mutation di massaro di detta Camera, io devo confessar la verità, che quel tale ch’è rimasto nel conseglio ha bensì intrapreso, per quanto mi fu rifferto, l’essercitio della carica, ma non si è però mai lasciato da me neanco vedere, onde non posso ne meno perciò sapere la di lui conditione, oltre che appartenendo a questo la custodia di tutti li publici libri, non si vede de medesimi esser pratticate le consegne con le forme consuete de gl’inventarii. Fu ben a ciò proveduto dalla virtù del già eccellentissimo Provediotr general inquisitor Filippo Pasqualigo, di felice memoria, ma per quanto ho potuto comprendere non si vede essecuita alcuna prescrittione.
Molto proficuo riuscirbbe però che novamente fosse aggionto l’obligo alli massari stessi, che secondo finisce uno il suo carico debba con ordine d’istrumento consegnar essi libri al successore, coll’assistenza de segretario del signor proveditore, facendo nota della consegna sotto l’ultima partita del cattastico, con sottoscrittione di detto segretario, conforme apunto resta disposo dagl’ordini preacennati dell’eccellentissimo signor Proveditor general Pasqualigo, in tempo che a tal effetto fece instituir un esato cattastico et pratticar una diligente revisione di tutte le scritture di detta Camera.
Anco un altro rilevante disordine di molto pregiuditio a poveri sudditi e che merita ugualmente i riflessi prudentissimi di Vostre Eccellenze ho scoperto correre in quella camera in proposio di condanne pecuniarie, mentre tutte le raspe delle scritture criminali vengono in essa custodite.
Ne gl’anni ultimamente passati, secondo è parso alli rappresentanti di quei tempi et secondo anco ricercava il bisogno del publico servitio, è stata commessa l’essatione di dette condanne a persone espressamente spedite fuori per l’isola con tale incombenza, per procurar di esigere danaro da quei villici che tenevano tal natura di debito et da altri la riscossione di quanto erano obligati per l’importare di opere alli lavori a quali venivano condannati. In ogni occasione però pare che sia stata praticata la riscossione di buone summe di danaro, poiché in mani di alcuni de debitori si è trovato qualche riceputa di quelli che ne havevano havuto l’incarico et fedi del servitio del lavoro alle fortificationi da gl’ingegneri sopraintendenti, et pure nelli libri della Camera non si trova alcun giro dell’esborso de danari, come ne anco fatta alcune nota nelle raspe all’incontro dei nomi di quelli che hanno pagato, a segno che come non apparisce l’esborso, così sempre vivono scoperti debitori et vengono più volte obligati quei miserabili a nuovi pagamenti, senza riportar mai alcuna cautione, tanto delle giornate fatte ne’ publici lavori quanto de gl’esborsi essequiti, o in parte o per tutto l’importare del suo debito.
Per quanto a ricercato il bisogno d’impiegar nel corso della mia carica qualche numero di tal sorte d’operarii nelle publiche occorrenze, ho fatto seguir sempre di volta in volta la depennatione delle raspe stesse de nomi di quelli che hanno intieramente adempito l’obligo della sua condanna et fatta far una nota all’icontro de gl’altri che in pieno non hanno lavorato, affinché chiaramente si veda ciò che sono restati diffettivi et possino esser obligati solo per il rimanente.
Se nel medesimo modo et coll’istessa carità sarà riguardato, come devo persuadermelo, l’interesse di quelle povere creature da miei successori, non vi è dubbio che cessarebbero i tanti loro incommodi et riportarebbono un sommo conveniente sollievo.
Ma perché l’affare in questa parte dipende più dall’arbitrio dei ministri di Camera che dalla retta intentione del rappresentante, giudico opportuno rimedio l’ingionger espressamente al massaro di Camera, appresso il quale esistono tutte le raspe, che subito ricevute queste dai cancellieri dei reggimenti che partono, debba da esse estraher in un ristretto formato in libro tutti li nomi di quelli che fossero obligati a condanna di danaro o servitio di opere, con l’espression in succinto della causa delle condanne, del giorno delle sentenze ed importar delle medesime, con obligo di consegnarlo in mano dei cancellieri dei signori proveditori, affinché essi, a quali solamente incombe il far le depennationi di raspa, habbino sotto l’occhio lo stesso ristretto e regolandosi con gli ordini che venissero disposti dai proveditori, per la riscossion di dette condanne et essecution delle sentenze, possino, subito sodisfatto in Camera il debito o serviio alle fortificaioni, secondo restasse espresso nelle sentenze, dar di penna nel ristretto alli nomi di quelli che havessero adempito il suo obligo et farsi poscia anco immediate eshibir dal massaro le raspe auttentiche, per far similmente sopra di quelle le note necessarie a dovuta loro cautione.
Oltre a quanto ho espresso ricevono parimenti quei sudditi in questo medesimo interesse un’altra maggiore vessatione et è che gl’officiali della corte praticano molte volte dell’essecutioni reali et personali contro alcuna di quei villici, col solo supposto che possino essere debitori in Camera per causa di condanne pecuniarie, formando anco alle volte degli huomini che non tengono alcun debito, come io medesimo ho havuto occasione di sperimentarlo.
Da questo motivo mi trovai persuaso a stabilire con mia terminatione un ordine al cavalier della corte di non dover praticare alcuna essecutione contro tal sorte di debitori, se prima non haverà espresso di lui la copia delle loro sentenze, per accertarsi della qualità del debito e delle persone senza dar molestia a huomini innocenti.
Se l’osservanza di questa venisse continuata, parmi che i sudditi non rissentirebbono tanti disturbi et gli officiali haveriano campo di essercitar con maggior accuratezza il proprio debito.
In quanto a gl’altri interessi della Camera, come riesce proprio il libro instituito con la preaccennata terminatione degl’eccellentissimi signori revisori et regolatori alla scrittura, per esser in esso dato debito alli condutori de datii, così questa diligenza che per avanti non veniva praticata servirà hora per vedersi meglio le deliberationi et saldi dei datiari.
Dalle note però state da me trasmesse nel primo anno a Vostra Serenità, con mie lettere di 16 novembre ed altre in data di 12 genaro 1676, haveranno veduto l’Eccellenze Vostre come sono seguite le deliberationi di essi datii con accrescimento delle precedenti condotte. Così parimente colla frequenza degli incanti et eccitamenti a parte agl’offerenti, mi è sortito di renderle avantaggiose anco nell’ultimo anno della carica, con mira insieme di far sempre cautellar il publico con sufficienti piegiarie, come sarà osservato dalla virtù dell’eccellentissimo magistrato de signori Regolatori alla scrittura dalle note delle deliberationi medesime.
Questo è quanto mi occorre rappresentare alla Serenità Vostra circa gli affari di quella Camera con certezza che venendo ingionta l’essecutione anco di simili regole, cessarebbero gli altri infiniti abusi che di presente corrono a sola oppressione di quei poveri sudditi.
Hora mi estenderò in altre particolarità che riguardano l’obligo delle due visite, che deve fare il proveditore sopra quell’isola nella fortezza di Parga et scoglio di Paxo, onde significando prima ciò ch’io in tal occasione ho operato, accennarò poscia anco humilmente quanto emerge in questo proposito.
Nel primo anno ch’io mi sono portato fuori per adempir questo debito e all’occorenza del servitio, havendone già con mie lettere di 20 luglio 1677 portato a Vostre Eccellenze una piena distinta relatione, tralascio perciò di aggiongerle novo tedio et mi ridurò solamente al racconto di quanto ho essequito in quella che feci ultimamente. Tanto più che nella prima non potei avanzarmi a Parga e Paxo per il rispetto pur acennato del mal contaggioso, che si era aceso in quelle vicinanze della terra ferma.
Secondo l’ordinario mi sono per tanto portato prima a Parga, dove ho procurato, nel breve termine di due soli giorni che colà mi sono trattenuto, di continuare ogni studio per render sollevati quei popoli, che saranno in numero di seicento cinquanta anime in circa, ed impartir effetti di giustitia a quelli particolarmente che per la loro povertà non hanno modo di ricorrer sempre con le proprie instanze a Corfù.
Ho poi praticata una diligente osservatione sopra quelle munitioni ed ho trovato le robbe ch’esistevano nelle medesime marzite e consumate, onde ho stimato bene di render un poco meglio proveduta quella fortezza di ciò che all’occasioni potesse essergli necessario per la sua diffesa, co’l levar e trasportar nelle munitioni di Corfù tutte le armi inutili per rimetterne altrettante di nuove.
Ho anco trovato ivi una colombrina crepata da molti anni et fattane condur un’altra buona dalle munitioni di Corfù, ho fatto quella parimente di la riportare per esser spedita di qua all’eccellentissimo Magistrato dell’artiglieria, acciò possi esser ributata, ma perché non si è rappresentato mai alcun incontro di sicuro passaggio per effettuarne la missione, potrà però hora esser facilmente trasmessa a questa parte dall’eccellentissimo signor Proveditor da mar, coll’occasione che havesse da spedir al disarmo qualche galera.
La causa che le armi in quella fortezza facilmente si guastano proviene dalla rugine che le corrode, perché non sono tenute nette. Vi era veramente un armarol destinato a questa funtione, coll’assegnamento d’una paga da soldato, ma essendosi stimato di troppo dispendio fu licentiato.
Io per tanto crederei buon servitio, che senza tenersi l’armariol stesso appostatamete salariato, essendo già ivi di permanenza, si potesse di volta in volta che le armi fossero in bisogno d’esser nette, o pure anco ogni quattro mesi, ordinar a quel governatore che dovesse farle agiustare con quella moderata mercede che potesse meritar l’opera del suo impiego et per facilitarglene il pagamento potrebbe, d’anno in anno o pur ogni sei mesi, esser dal proveditore applicata a tal effetto una condanna a misura ella spesa che v’occorresse.
Si rende poi anco certo molto necessario in quella fortezza un munitionero, che habbi d’haver in custodia quei capitali, mentre per altro non puono che insorger discapiti, essendo hora ogni cosa in mano solamente del governatore, il quale mutadosi ogn’anno che si elegge da quel consiglio, né essendovi alcun altro interessato di maggior obligo, può egli facilmente coprir li diffetti delle robbe che gli mancassero.
Di ciò ne ho reso partecipe l’eccellentissimo signor Procurator Proveditor general da mar Corner et raccordatogli anco che l’alfier di quella compagnia di pressidio s’era eshibito di riceverne l’obligo con qualche altra poca recognitione, oltre la sua ordinaria paga d’alfiere, come pure v’inclinava anco il cerugico di quel luoco, affinché l’Eccellenza Sua havesse potuto rissolvere il più conferente. Non so se per anco haverà stabilito alcuna cosa in questo proposito. In ogni caso l’effetto complirebbe molto al publico servitio, per rendersi assicurati quei capitali anco con sufficienti pieggiarie, et Vostre Eccellenze puono contribuirvi i proprii maturi riflessi per quelle deliberationi che fossero giudicate più opportune. Hora massime ch’espurgase come ho detto quelle munitioni delle robbe inutili, n’haverà, come mi persuado, rimesse colà l’eccellentissimo signor Proveditor general altrettante di buone.
Anco li pezzi d’artiglieria ch’essistono sopra le mura della medesima fortezza non erano mai dati in consegna ad alcuno, ond’io ho terminato d’obligar quel capo de bombardieri del presidio a riceverla in custodia, perché n’habbi quella cura che si conviene. Il che ho fatto praticare con un diligente inventario a maggior publica cautione.
Da Pargo sono passato al scolio di Paxo, costituito da un numero di mille seicento anime in circa et anco ivi parimenti ho adempita l’istessa dispositione del sollievo maggiore de sudditi, con effetti proprii di giustitia.
Mi ridussi poscia su l’isola proseguendo la visita stessa, per suplir intieramente all’ordinarie incombenze della medesima et principalmente per render ubbiditi i cenni dell’eccellentissimo signor Proveditor General da mar con la scielta di quel numero e villici che si rendeva necessario per li lavori delle fortificationi esteriori della piazza.
Ridotte però prima le ordinanze di tutta l’isola in numero di mille buoni soldati con cento ufficiali, divisi sotto le otto stabilite bandiere, et disposto poi il numero necessario di huomini liberi per le solite guardie dell’isola, ho scelto a parte per il bisogno delle fabriche il numero di tre mille e quattrocento operarii, tutta gente di travaglio che compartita in tre mute vengono queste chiamate all’opera una settimana per cadauna.
Così che gl’huomini che vi sono su quell’isola in età ottima ascenderanno al numero di circa seimille trecento ottanta persone di fattion, compresi li angarici per le fabriche, ducento ottantadue privileggiati coll’approbatione dell’eccellentissimo senato, quattrocento cinquanta servitori e gastaldi de cittadini esenti dalle fationi, cento e vintinove ufficiali dell’ordinanze con mille soldati delle medesime, trecento cinquantaquattro tra vecchiardi, contestabili et balii delle ville, trecento quaranta due salinari per le publiche saline et quattrocento  vinti pretti, frati e monaci, non compresi solamente gl’inhabili, come pure i putti di minor età.
Circa li privileggiati però mi occorre di rivrentemente soggiungere che questi sono di due sorte. Gl’uni villici naturali dell’isola et gl’altri albanesi della terra ferma, transferitisi a quella parte per lavorar terreni alla servitù de cittadini.
Li primi godono privileggi di essentione, coroborati dalla suprema aprobatione dell’eccellentissimo senato per antiche benemerenze delle proprie famiglie.
Per gl’albanesi parimente hanno ottenuto quei cittadini ducali che li muniscono del medesimo indulto.
In quanto a questi stimo veramente molto propria la forma dell’alletamento per dar animo ad altri di portarsi su quell’isola, ma caminando l’affare con molto disordine, a riguardo che di tempo in tempo, secondo sono capitati colà ad habitare, non è stata fatta alcuna nota de loro nomi et del loro numero, come pure dei figlioli che doppo gli sono nati, insorge che diverse altre persone, anco native dell’isola, si eshimono dalle fattioni sotto pretesto d’albanesi, per essersi ricovrati ancor essi nei medesimi luochi di quei cittadini, dove vengono tennuti gl’albanesi stessi.
In primo capo adonque io humilmente considero che li privileggi di questi, che fra pochi anni ascenderanno certo a numero molto riguardevole, se ben concessi a tempo se gli renderanno perpetui, a pregiudicio notabile dei sudditi naturali sopra quali solamente caderà sempre il peso delle angarie e delle contributioni.
Direi per tanto che accadendo per l’avenire l’occasione di esser concesso a tal sorte di gente alcun altro privilggio, fosse conveniente haver sempre il riguardo di concederglilo solo con la prescritione di tanti anni che paresse alla publica maturità, acciò spirato il termine dovesse cessargli il beneficio et si riducessero alla conditione de gl’altri sudditi.
Et per divertir gl’inganni che puono esser procurati dalla sagacità di quelli, che sotto nome d’albanesi o altro pretesto tentassero eshimersi dalle angarie, crederei molto aggiustato compenso l’institutione d’un nuovo libro nella segretaria del proveditore, sopra il quale fossero subito diligentemente descritti tutti questi tali compresi nei privileggi, con nota precisa del tempo che sono entrati su l’isola, potendosi questo facilmente rilevare co’l giuramento de i vecchiardi delle ville et alcuno di quei sacerdoti.
Che per quelli nascessero doppo tal diligenza et che fossero come ho detto compresi nel privileggio, restasse prescritto che nel termine alla più lunga d’un mese, dovessero comparir li genitori nella segretaria, con la fede del religioso che li havesse battezati, per far seguir nello stesso libro le note necessarie, co’l giuramento insieme delli vecchiardi di quella villa più vicina al luoco della loro habitatione.
Et che il medesimo fosse pratticato anco con tutti gl’altri privileggiati nativi dell’isola, per levar anco in questi ogni motivo di disordine, mentre non mancano ingegnarsi d’introdur sempre de gl’inganni, come anch’io sul fatto me ne sono aveduto, a segno che convenni far usar un’accurata diligenza per descriver sopra un libro, che fu già instituito sin sotto l’eccellentissimo signor Steffano Magno, tutti quelli che di presente si trovano in essere. Né potendo saper la verità in altra maniera ho dovuto riportarmi al giuramento de vechiardi, a causa che quei religiosi da pochi anni in qua solamente hanno principiato a tener nota delli battesimi, onde il ritrovarsi la diligenza in tutti nella forma preaccenata sarebbe la cautela più aggiustata, che si potesse trovare per questa materia.
Vi è poi anco qualch’altro numero de privileggiati che non hanno mai havuto la confermatione de loro privileggi dall’eccellentissimo senato. Questi però gl’ho obligati a dovernela procurare nel termine di tre mesi, con conditione che non la riportando s’intenderanno decaduti da ogni beneficio, ma spirato già anco il tempo della prescrittione et così comandato dall’eccellentissimo signor proveditor general, li ho dovuti descriver tutti alle fattioni, perché contribuischio il loro impiego nell’occasione urgentissima delle fortificationi, sino a tanto che ne restassero esauditi.
Del castello Sant’Angelo ho già significato a Vostre Eccellenze, con mie lettere di 28 novembre decorso, il stato in cui m’accadé trovarlo nella prima visita et che poscia l’ho fatto perfettamente restaurare ed in oltre provedutolo di buone armi e munitioni per la sua diffesa, onde l’ho ridotto in buon stato et sopra di esso non mi estenderò maggiormente per non rendergli altro tedio.
Nel resto mi trovo in obligo di humilmente supplicar la bontà dell’Eccellenze Vostre, che si compiacino honorar de loro prudentissimi maturi riflessi, ciò per scarico del proprio debito devo riverentemente aggiongerle d’intorno le due visite che sogliono fare sopra quell’isola tutti li proveditori per poter devenir a quelle deliberationi che fossero giudicate più opportune dalla loro sublime intelligenza.
Non ha per ordinario in visita maggior incombenza il proveditore che quella de rassegnar l’ordinanze, fargli far essercitio, cassar gl’inhabili et rimetterne altri di maggior sufficienza, destinar(?) le guardie alli posti per la custodia dell’isola e d’ascoltar gl’aggravi de sudditi per impartir ad ogn’uno effetti di giustitia. Questi sono i principali motivi per quali deve egli ogn’anno praticarlo nella quale per ordinario non può consumarvi meno di trenta giorni.
A me pare però che quando le due visite che fa ogni proveditore fossero ridotte in una sola per reggimento, tanto anco restarebbe adempito il servitio, quando massime invece d’un mese v’impiegassero, occorrendo, qualche giorno d’avantagio et anco due mesi intieri, se il bisogno lo ricercasse.
In questa forma venirebbero pur li proveditori a conseguir l’assegnamento delli tre cecchini al giorno, che gli restano già destinati per ogni visita. Haverebbero più tempo di spedir in una sol volta tutte l’idolenze e cause che avanti di loro s’incaminassero et renderebbero assai più sollevati li sudditi dalle oppressioni. Per altro nei brevi momenti che per li luochi si vanno ordinariamente fermando, non gli resta campo di applicar e supplir a tutte le cose.
Ma il motivo principale, che sopra ogn’altra cosa mi persuade ad insinuar questa regola, è quello del sollievo maggiore de sudditi a quali casca tutto il pregiuditio di tal funtion destinata al maneggio delli anagrafi, ch’è un libro nominato con la descrittione di tutte l’anime dell’isola. Questo inferisce certo un grand’aggravio a poveri villici, con le molte regalie che in ogn’anno da tutti indifferentemente conseguisce et cogl’infiniti proventi in vantaggio ch’egli va sempre ingegnandosi d’introdurre sovra quei miserabili contadini, che ignari della sua sagacità ed allettato insieme dalla speranza di ricever qualche favore, coll’esser liberi dalle fationi, si lasciano posso dir spogliare con una contributione continua che li consuma, onde correndogli in ogn’anno tali aggravii, può considerar la prudenza di Vostre Eccellenze qual incommodo ne puono risentire, né credino che vi si possi trovar altro compenso, perché l’introduttione è troppo radicata, come non ho mai trovato ne anco alcun fondamento con cui egli possi conseguir qual si sia regalia. Voglio inferire che almeno goderanno i villici il beneficio di sentir in vece di due una sol volta all’anno il disturbo di si ingorde contributioni.
Se però fosse per militar qui il riguardo che nel corso delli due anni venisse a mancar con la morte  o altra causa alcuno degli huomini delle guardie e ricercasse il bisogno di doversi stabilir di nuovo il giusto numero di persone. Dico che havutane la relatione dalli cappi de posti, si potrebbe rimediarvi coll’aggionger subito in un bollettino altri huomini del medesimo casale in luoco di quelli che mancassero, senz’alterar in alcuna parte il buon ordine della custodia dell’isola.
Coll’uso di tali preavertenze non vi è dubbio che il servitio non resti pienamente adempito, percioché riguarda alla custodia dell’isola, et li sudditi sgravati da tant’incommodi a quali ordinariamente soggiaciono per la frequenza delle visite et per parte massime di quelle ch’essercita l’accennato impiego dell’anagraffi.
Ma perché è ultimamente passato a miglior vita la persona che intendo godeva la principalità della medesima carica, mi accade anco in tal occasione di riverentemente ricordare che sarebbe la medesima maneggiata con molto più candore dalli segretarii delli signori proveditori , quando con la vacanza presente restasse a loro appoggiata, in quella forma però che venisse creduta più aggiustata dalla virtù dell’Eccellenze Vostre, particolarmente per il sollievo maggiore di quei sudditi, ch’è l’unico oggetto per cui mi trovo persuaso di suggerirlo alla publica maturità.
Supplito già sino a questo termine a quanto ho stimato di rappresentare a Vostra Serenità nell’affare della visita dell’isola, mi resta hora l’obligo di accennar qualche cosa d’intorno il stato di quella città et delle fortezze, per non mancar al debito di render pienamente raguagliate l’Eccellenze Vostre di tutto ciò che riguarda al publico servitio.
Al mio arrivo colà trovai tutti li magazeni, quartieri ed altre publiche fabriche in bisogno d’una solecita restauratione e come non mancai di significarlo più volte all’Eccellenze Vostre, perché fosse spedito a quella parte qualche buona provision di legname. Così anco senza di questo ho dovuto tener sempre applicato l’animo nell’andar riparando le mancanze e ridur quelle di maggior premura in stato di sussistenza, con tutto il maggior possibile risparmio.
Ho fatto restaurare il magazen dell’armi, quello de rispetti et il corpo di guardia nella cittadella.
In fortezza vecchia il magazen de biscotti dietro le prigioni, ch’era mezzo caduto, come ne furono avisate. Li due magazeni d’apprestamenti dell’artiglieria situati sopra li due balloardi della fortezza medesima et il corpo di guardia al rastello della porta Maggior.
In città il magazen dell’arsenale a San Nicolò, il corpo di guardia sopra le muraglie che guardano il porto. Come pure tutti li caselli delle sentinelle sopra le mura dalla porta di Spilea siano a quella di San Nicolò, et restaurati tutti li tre quartieroni delle militie nella città medesima, che in molte parti stavano per cadere.
Et nella fortezza nova similmente feci accomodare li due magazeni de rispetti et il corpo di guardia alla porta. Operationi tutte che come si rendono necessarissime così hanno a poner in sicuro quelle fabriche, che per altro sarebbero molto più deteriorate et alcune anco precipitate.
Resta ancora da rimettersi il magazen grande nella piatta forma della fortezza vecchia, con la rinovation di tutto il suo tetto, per cui anco scrissi ch’era capitato il legname stato ultimamente inviato a quella parte dall’eccellentissimo Magistrato alle fortezze in provision sufficiente al bisogno di tavole e travi, ma essendo stati disposti li medesimi materiali nella facitura d’un ponte, nell’occasione delli lavori delle fortificationi, è perciò restata imperfetta l’opera della restauration del magazeno stesso et è di necessità che Vostre Eccellenze ne commettino un'altra simile speditione, perché possi esser aggiustato, conforme ricerca il bisogno, prima che insorgano maggiori pregiudicii.
L’altre rimanenti fabriche poi della fortezza et li magazeni dell’arsenale tengono tutte universalmente bisogno di qualche riparo.
Li quartieri solamente dei soldati sono in buono stato, poiché in essi si va sempre facendo qualche buona operatione, ma l’altre case, destinate alli capi e maestranze et particolarmente quelle che vengono habitate da persone private, vanno sempre di mal in peggio, essendone per apunto anco una di queste ultimamente precipitata ed altre stanno per cadere.
Onde l’introdutione di concedersi l’alloggio in quelle case a persone venute d’altre parti, non può essere se non molto pernitiosa. Vi sono certi che le godono con approbatione dell’eccellentissimo senato et essendo questa da essi stata facilmente conseguita, non mancherà perciò ogn’un altro di procurarle, siché nel corso di pochi anni, trovandosi la maggior parte delle case occupate da molte persone private, non vi resterà poscia alloggio per li presidiarii.
Le munitioni di quella piazza hanno abbondante provisione solamente di polvere e balle, nel resto sono mancanti d’ogn’altro genere d’apprestamenti militari e da vitto, non essendovi che poca quantità di miglio, et pure li riguardi del servitio puono sufficientemente persuadere la prudenza di Vostre Eccellenze di qual importanza sia la necessità di tenerla hora ben proveduta de depositi d’ogni sorte di robba, come si praticava per avanti.
Il munitione c’ha al presente la custodia di quei capitali, Zorzi Cortesaro, è veramente uomo da bene, ma perché in mancanza d’altro soggetto di sufficienza che volesse essercitar la carica, mentre già molti anni mancato di vita il vecchio munitioner, restò questo diffettivo, senza esser pratticate le dovute consegne e revisioni, et sta tuttavia indeciso il negotio. Anzi vi è in monition una cassetta di ragion del medesimo con certi depositi et altro, della quale ne ha la chiave il proveditore et sarebbe bene far che resti ultimato l’affare, ha l’eccellentissimo signor Proveditor general Andrea Valier dovuto far assumere al Cortesan stesso l’impiego, né fu perciò egli mai obligato a prestar le solite piegiarie et professa più tosto di non voler continuar l’essercitio della caria stessa che gl’è stata destinata per modo di provisione. Anzi che per tal causa gli è stato accresciuto per necessità ultimamente il salario, mentre non havendo tolto mai in consegna molte balle et altri apprestamenti venuti da Candia, va ricevendo a parte a parte tutte le robbe, come pure doverà fare del resto.
Per liberar alcuno di quei magazeni di molte altre robbe vecchie di refudo, che colà s’attrovano inutili, ne ho io trasmesso buona  quantità in questi arsenali et all’eccellentissimo Magistrato all’armar, affinché possino esser impiegate in qualche fattura.
Per li letti dell’artiglieria di quella piazza, che ne tiene un sommo bisogno, particolarmente quella di fortezza nova ch’è tutta scavalcata, si è fatto, come n’hebbero notitia, una buona provisione di legname alla parte di Butintrò, ne vi resta hora che il ponervi mano all’opera colla farication de letti che occorrono, poiché già di tutto il legname stesso è seguito il suo trasporto a Corfù.
Si che a questo proposito mi cade anco il motivo di humilmente significare a Vostre Eccellenze, ch’essendo io stato incaricato da questo illustrissimo regimento a dover rispedir di qua li due segadori di questa casa, con oggetto che all’occorrenze si havesse dovuto servire di quei di Parga, stimai per tanto di farne partecipe di tal commissione anco l’eccellentissimo signor Proveditor general, ma conosciuta dall’Eccellenza Sua l’urgenza dell’opera e dell’impiego dei segadori stessi, oltre la facitura di letti per il bisogno anco dei lavori delle fortificationi, mi ha risposto ch’egli è in obligo di doverli in ogni forma ivi ancora trattenere.
Prima però che quel legname, come sopra proveduto per li letti di artigliaria, venisse disperso o impiegato in qualch’altro servitio, sarebbe molto bene che l’opera dei letti fosse senza minimo riardo intrapresa, per ridurla, con l’impiego anco di qualche numero de i segadori di Parga, con ugual celerità a perfettione, mentre poscia terminata questa li due segadori predetti dell’arsenale potrebbero all’hora esser di qua mandati, se ben si trovano sempre in continuo moto et per li bisogni delle fortificationi et per quelli insieme di tutta l’armata.
A questo passo mi trovo in oltre tenuto di riverentemente accennare alla Serenità Vostra che sopra quell’isola vi erano diversi boschi abbandonati di roveri, ma che per la frequenza de tagli stati pratticati in quelli più prossimi alle rive, tanto per l’uso dell’armata quanto per altri bisogni delle fortezze e saline, sono ridotti hora in pessimo stato et quasi tutti anco senza piante.
Più dentro nell’isola vien detto che ve ne siino alcuni di molta grandezza e fertilità d’arbori ancora, ma per esser questi situati tra montagne et per la difficoltà delle condotte non vengono mai toccati et si riducono sempre li tagli in quelli solamente alle marine; onde se ciò continuerà non passeranno certo quindici o vinti anni che l’isola si troverà senza legni, a riguardo massime che non vengono pratticate semine d’arbori, conforme si usa qui in Italia. Anzi li particolari in vicinanza dei boschi stessi, che liberamente si servono de legni nei medesimi, per distruggerli con più prestezza gl’accendono anco dentro il fuoco, estendendo in tal forma dentro li boschi i confini de proprii terreni et restringendo all’usurpationi quello de boschi.
Asseriscono di farlo con pretesa che per privileggi li boschi siano tutti suoi et che servitosi il Prencipe de gl’arbori che gli occorrono, habbi il fondo da restargli in loro libera padronanza.
Questo mi è accaduto di saperlo coll’occasione di denoncia capitatami, che per apunto uno di quei contadini vicinanti, col medesimo fine vi haveva attaccato in una parte il fuoco, che causò anco molto danno.
Per altro vien detto che ne i boschi medesimi vi possa essere molta quantità di legni buoni per il servitio della casa dell’arsenale et havendone di questi fatto seguire un taglio l’eccellentissimo signor Proveditore general Priuli, furono anco spediti a questa parte.
Se però fosse stimato di commettere qualch’altra provisione si rende necessario il farla pratticare con qualche regola, mentre si vede ch’essendo stato per il passato spedito fuori qualche d’uno per tal effetto, non hanno mai havuto riguardo di taglair quei pezzi d’arbori solamente che ricercava il bisogno, ma lasciando il soprapiù a discipare e marcire nel bosco et altro esposti alla trafugatione con rilevantissimo danno.
Ciò che si potrebbe stabilire in questo proposito, io crederei proprio et il più aggiustato compenso che quando havesse il proveditore da spedir fuori il protto o altra persona di cognitione per far qualche taglio di legname, dovesse accompagnarlo con mandato a stampa numerato et sottoscritto dal proveditore medesimo, con la dichiaratione in esso della quantità de legni ch’egli havesse da far tagliar, perché effettuato il taglio fosse tenuto farsi notar al roverso del mandato stesso dalli vecchiardi contestabili e papà della villa, con loro giuramento, il numero dei legni che fossero stati tagliati et quanti condotti alle rive, consegnando poscia di volta in volta nella cancellaria tutti li mandati, per esser ivi posti in filza e conservati a notitia della quantità de legni che fossero stati tagliati, facendo pertanto che il protto habbi l’obligo di restituir il mandato subito ritornato in città, affinché non possa valersi più d’una volta con un mandato.
De gl’interessi della città haverei apertura di esendermi in lunga digressione sopra l’affare particolarmente del conseglio di quella comunità, poiché nell’occasione di distribuirsi in esso le cariche e nella riduttion di quel conclave, ho veduti insorgere disconzi di molta importanza et che hanno ricercato una ben fissa accurata applicatione, per renderli rassetati. Ma perché questa è materia che incombe all’illustrissimo bailo, che ne deve haver la direttione, io tralascierò di portarlene altro tedio. Tanto più anco che attrovandosi colà nell’istesso tempo l’eccellentissimo signor Procurator Proveditor general da mar Corner, come andava egli contribuendo nel medesimo affare gl’effetti della propria singolar prudenza per ridurlo con regole più aggiustate in buona direttione, così devo anco persuadermi che ne possi haver portato già all’Eccellenze Vostre qualche notitia.
Su questo per tanto non mi diffonderò maggiormente. Aggiungerò solo quanto mi stimo tenuto di accennare circa l’essentione delle contributioni che godono quelli dell’isola et che hora si è stesa in ogni sorte di persone.
Ho osservato che tutte quelle genti restano essenti sopra le loro entrade dal pagamento di decime ed altre gravezze che si praticano bene nella terra ferma, credo in ordine a privileggi concessigli dalla publica munificenza, ma ho veduto anco che il medesimo beneficio viene universalmente goduto alla conditione delli nativi corfioti, da tutte quelle famiglie di greci ed altre nationi, che si sono ricovrate in quella città et isola. Questi però stabilita colà la permanenza hanno già fatto acquisto de beni stabili, s’applicano al negotio et trafficano con grossi capitali, senz’alcuna obligatione di decime o altro aggravio, nella conformità d’ogn’altro nativo del luogo. Ond’io con tutta l’humiliatione lo significo a Vostra Serenità in adempimento de proprii doveri et per quelle deliberationi che fossero giudicate più conferenti al publico interesse.
Per ciò che riguarda in fine all’affare di quelle publiche saline non posso dir altro, se non di haver tenuto sempre applicato tutto lo spirito alla più perfetta coltura delle medesime et di haver insieme dovuto provar nel corso di due anni di carica una gran sfortuna nella fabrica de sali, perché interroti frequentemente li lavori dalle pioggie, non mi è potuto sortir il contento di veder giunta la fabricatione a quel segno che mi ero prefisso et che potevo sperare dalle diligenze che continuamente venivano pratticate.
È ben vero che le saline stesse di trovano da qualche tempo ridotte in una gran deterioratione. Il diffetto proviene a causa che il terreno sempre più gli va mancando et essendosi perciò molto abbassate, l’acque in tutto l’inverno le tengono somerse et rendendo queste il fondo di cattiva qualità fanno poscia riuscir vano ogni studio, perché seguano abbondanti le fabricationi.
Per il suo riparo non vi sarebbe altro rimedio che quello di cingerle tutte di un gran’argere, che potesse guardarle dall’escrescenze dell’acque, ma perché so che in quest’opera vi correrebbe una grossa spesa, che non complirebbe al publico servitio, non ardisco né devo ne anco insinuarla.
Quelli che hanno principalmente il maneggio dei lavori nelle medesime saline sono li due capitanii. Uno a quelle di Alestimo et l’altro a quelle di santi San Demetrio e Potamò. Questi portano tutto il peso et devono esser di molta esperienza, per saper instradar bene li lavori e disponer le cose necessarie secondo il suo bisogno. Le cariche stesse sono vendute dal publico e bisognarebbe però venissero essercitate sempre da persone d’esperienza, perché il servitio restarebbe certo meglio adempito. Ha sostenuto l’anno passato quella di santi San Demetrio e Potamò il signor Spiro Marmeraro, che ha molto ben servito Vostra Serenità.
Per ultimo mi trovo in obligo di rappresentar anco alla Serenità Vostra il stato in cui ho lasciato le fortificationi esteriori di quella piazza, nelle quali presentemente si travaglia per ridurla in buona e perfetta diffesa.
Sino nel mese di genaro passato, così comandato dall’eccellentissimo signor Proveditor general da mar, io feci poner mano alli lavori sopra il monte di Abram, co’l mezo di qualche piccola squadra de soldati del presidio et delle genti di qualche galera, per instradar l’abbassamento del medesimo co’l lievo del terreno atorno il grebano et uso de fornelli per far schiopar il durissimo sasso che forma il grebano stesso del monte, et aggiontovi poscia anco qualche numero de villici, si è andata proseguendo l’opra con buon avanzamento e proffitto.
Alla mia partenza però lascia abbassata la cima di detto monte da sei piedi in circa, in longhezza di assi trenta et larghezza passi quatordeci. Le pietre escavatesi hanno servito nella facitura di quatro caleane di calcina, come pure all’incamisatura del muro dell’altre fabriche che si vanno erigendo attorno il recinto della città.
A quest’opera vi ha sempre assistito il tenente collonel Camillo Bolani, con la sopraintendenza appoggiata alla sua sperimentata virtù. Egli ha sempre servito et serve anco tuttavia in un si faticoso travaglio senz’alcuna minima recognitione, oltre la sola semplice paga che conseguisce per la compagnia.
Il di lui merito per tanto, che apparisce molto distinto dal lungo servitio che ha prestato nella piazza di Candia in tutto il corso della guerra, s’è aumentato a tal segno in quest’occasione, che può ben farlo degno del rimarco a tante fatiche, fedelmente contribuite nel servitio della Serenità Vostra.
Li lavori poscia delle fortificationi esteriori atorno il recinto della città, gl’ha fatti intraprendere nel mese di aprile passato la virtù dell’eccellentissimo signor Procurator Proveditor general Corner, con li villici angarici dell’isola e qualche numero della gente d’armata. Questi similmente si vanno proseguendo con buon incaminamento, perché all’hora della mia partenza ho lasciata la fossa grande escavata per cinque mille cinquecento passi cubi di terreno, co’l quale si è in parte formato il corpo di terrapieni delle fortificationi esteriori tanto del nuovo rivellino, posto dirimpetto la mezaria della cortina fra li bloardi della Rimonda et sant’Athanasio, quanto della contrafalsa braga alla fronte del medesimo rivellino et di tutte l’altre operationi dalla maturità dell’eccellentissimo signor General medesimo fatte principiare, qual con assidua zelante applicatione et personal assistenza accudisse, non meno all’avanzamento sollecito dei lavori che al maggior publico risparmio, procurando di coglier tutti quei vantaggi che in un opera di tanto rimarco puono minorar il dispendio alla publica cassa.
Così anco tutti gl’illustrissimi signori sopracomiti vi contribuiscono con intiero fervore il proprio impiego di sopraintendere al travaglio delle ciurme. Come similmente vengono in ogni parte essercitati dal signor cavalier Verneda gl’effetti della propria sperimentata virtù.
Coll’uso però di tali diligenze ne risulta certo un grandissimo proffitto, mentre riguardo alli molti lavori che si sono fatti in si poco tempo, la spesa si comprende assai avantagiata.
È ben vero che tutto il peso cade finalmente sopra li villici dell’isola, che sono in numero di tremille quaattrocento, come ho predetto, poiché essendo scarso quello delle militie che puono esser impiegate in tal opera, come viene stimato anco publico diservitio l’aggravar la troppa fatica le genti d’armata, si riduce perciò in essi soli tutto l’incommodo e il patimento. Il loro travaglio in questi lavori è continuo et sarà lungo, oltre l’obligo ch’hanno sempre di far le solite guardie dell’isola, proveder di legne et de sassi per le calcine, condurli alle rive et supplirà a tant’altre angarie che li tengono in un continuo essercitio, onde ho dubbio, che come non gli resta un momento di quiete, possino finalmente stancarsi e ridursi in qualche grave infermità.
Io stimarei per tanto che per ogni rispetto fosse bene far un publico invito, per quelli che volontariamente inclinassero di concorrervi ad operare, perché mi persuado certo che coll’allettamento di mercede più aggiustata vi concorrerebbero de gl’operarii in buon numero anco da altre parti. Né crederei che fosse per riuscir di minor servitio il levarne anco qualche numero dall’isole di Zante e Ceffalonia, per dar con questi un poco di sollievo a quelli di Corfù, che meritano effettivamente compatimento dalla publica paterna carità.
Sino al tempo della mia partenza continuava la mancanza de trapani, necessarii per li lavori sul monte di Abram, suppono poi che già ne saranno pervenuti sin hora colà di quelli da piedi sette, da piedi cinque et da piedi nove l’uno, della grandezza che contiene il modello trasmesso dal cavalier Verneda, e che ne occorrevano 150 de i primi, 40 dei secondi et 10 delli terzi.
Nel resto le fortificationi esteriori di quell’importantissima piazza, come se gli rendevano necessariissime et sono ben fondate, così si anderanno avvanzando sempre con fervore, quando non gli manchino l’assistenza e gl’apprestamenti bisognevoli. Et perfettionate che siano la constituiranno certo in buona diffesa, ma l’unica sua salvezza però doverà sempre sperarsi nella vigilanza dell’aramta, che co’l divertimento dei sbarchi su l’isola, haverà da tenerla custodita. Qui termino, ossequiosamente supplicando la Serenità Vostra et la bontà di cadauna di Vostre Eccellenze, che si compiaccino aggradir nell’adempimento de miei doveri a parti della propria debolezza, superata anco nella presente relatione dal zelo di ben servire, mentre i sentimenti dell’animo lo riconosceranno per effetto specioso della publica generosità ed io con questi unirò sempre al cimento di tutti gl’incontri, pronte le sostanze e la vita per pagare un proportionato tributo all’occorrenze tutte della patria. Gratie, etc.
Dat in Venetia li 28 novembre 1678
Marco Molin