7 ottobre 1732 Zaccaria Balbi
Relazione
Relazione di Zaccaria Balbi ritornato di Provveditore e capitano a Corfù
1732 ottobre 7
ASVe, Collegio, Relazioni, busta 85
Serenissimo Prencipe
Quell’aggradimento che in più ducali si è degnata Vostra Serenità donare al mio zelo, mentre impiegavasi nell’incombenze appoggiate alla carica di proveditor e capitano di Corfù, da me coi puri oggetti del publico miliore servicio per lo spacio di 26 mesi sostenuta, mi fa confidare disposta la sofferenza di Vostre Eccellenze pur ora che rassegno la positura degl’affari a quella rappresentanza appartenenti. Doverei in primo luogo, descrivendo lo stato di quella piazza, rappresentare le sue fortificazioni, tanto nei recinti della città e fortezze, quanto l’esteriori ormai vicine alla sua perfezione, ma come sopra di ciò molte e tutte esatte ne tiene l’eccellentissimo Senato dalla primeria carica e da altri riguardevoli soggetti, le informazioni, così lo credo pienamente illuminato, sarebbe dunque inopportuno quel che produr potessi intorno alle medesime, che costituiscono la piazza stessa, per quelle congiunture che Dio Signore allontani, in condizione d’adoperarsi con una lunga e giova sperarla anche inespugnabile diffesa. Quando però venga questa animata dalla publica providenza colle neccessarie munizioni di cadaun genere e con quel numero di milicie che vi si ricercano per esseguirla.
Mi rivolgerò dunque all’altre publiche fabriche e per prima mi farò lecito di replicare la ristrettezza di quei quartieri incapaci a dar ricovero, non solo nei tempi di guerra per li sei milla, ma ne pur in quelli di pace per li quattro milla soldati che dai publici recenti decreti vengono stabiliti al suo presidio. Per allogiarne una minor quantità nell’inverno decorso, mi è convenuto, non senza ribrezzo, dissocciare dalle proprie case colle loro famiglie gl’abitanti delli due borghi di Castrades(?) e Mandruchio, con grave incommodo e costernazione di quei sudditi, ma con publico rimarchevole pregiudicio, perché ivi ristretta in grosso numero quella militia patisce nella salute e disgiunta dai suoi principali uffici perde la disciplina. A commendabile vigilanza pur in ciò dell’eccellentissimo signor Proveditor general Erizzo ha commessa per tali raggioni alla mia rasseganzione la fabrica d’un nuovo quartiere in quella fortezza vecchia, per cui ho contribuite quant’esser potevano(?) ferricile(?) le mie applicazioni ed una incurante assistenza per il più sollecito, miliore e men dispendioso suo inalzamento. Egli è capace di ricovrare mille duecento soldati e dona commodo aloggio, quasi per l’intiero degl’ufficiali che coprano tre reggimenti.
Ma pur questo unito agl’altri che si ritrovano nella medesima fortezza, nella nuova, nella città e borgo di Castrades, quand’anche siano riparati quei vecchi alla porta Raimonda, che abbisognano d’un rillevante ristauro, non bastano che per sole tre milla duecento persone. Rifflessibile pur il caso stesso, anche per li ufficiali, che non’ostante di rassegnino all’aggravio degl’affitti, incontrano con tutto ciò di frequente non poca difficoltà a ritrovare abitazioni, convertite essendo in altro uso quelle nella fortezza vecchia, che prima di publica raggione ed ora concesse a particolari, servivano a quest’oggetto.
Anche la mala situazione e l’incapacità dei due luoghi destinati per armamenti fanno che non succeda, come si dovrebbe, la presservazione di quell’arme, cosi che si può ben presto rendere inutile, per quanta sia stata la mia diligenza, perché fossero puliti e liberati dalla rugine, che li aveva resi incapaci di più servire, dieci milla di quei fucilli; ed oltre la raggione predetta, vi concorre altra difficoltà rispetto alla persona d’un solo armaruolo destinato a questa esiggenza, molto maggiore di quel ch’egli possa contribuire, onde stimo indispensabile dar ad esso il soccorso d’alcun’altro operario per quella incombenza.
Ora che delle patite rovine, col risparmio e coi melioramenti che ho rassegnati nel mio riverente dispacio del numero 13, viene restituito all’uso di prima anch’il deposito in Versiada, credo possano supplire, compreso questo, gl’altri che si ritrovano nelle due fortezze e castel da Mar ad una sufficiente proviggione di polveri. Stimerei ad ogni modo ben cauta la fabrica d’alcun altro, quale servir dovesse per somministrar quelle che frequentemente occorrono per piciole essigenze, a motivo di cadauna delle quali non convenisse, come ora si fa, aprire per estraerne anche minutissima summa uno dei depositi grandi. E se lo ritrovasse l’eccellentissimo senato del suo reggio servicio, raccorderei in luogo dell’uso de barilli quello delle cassette, poiché l’esperienza mi ha fatta vedere la dispersione delle polveri prodotta dall’arrendersi che fanno l’uno sopraposto, a causa del peso, cui la raggione mi persuade che resister potessero le accennate cassette.
Li depositi che servono per i publici biscotti, medianti li ristauri provvisionali d’ordine della primaria carica, che a tutto invigila, applicati col mezo della mia prestata assistenza, promettono per ora la buona presservazione dell’importante requisito. Tre di essi però non ancora intavellati nei loro colmi, a causa delle defficienze a Vostre Eccellenze significate, in caso d’alcun tempo di pioggie abbondanti, lasciarebbero penetrare qualche notabile pregiudicio, per il che viene a rendersi neccessario il loro stabile e sodo ristauro. Quanto alla loro capacità possono supplire ad una raccolta sufficiente, rispetto al pressidio della piazza, ma com’ella dovrebbe nelle congiunture di guerra somministrare questo soccorso anche all’armata navale ed all’altre piazze del Levante, si rende indispensabile a tal fine l’errezione d’altri depositi, capaci di contenere tutto quel di più che abbisognasse per le occorrenze predette.
Quando siano nell’accommodamento in cui ho ridotto le sei cisterne in cittadella, tre in castel da Mar, una in fortezza vecchia et altra in Spianata, anche le due che s’aggiustano presentemente, a merito dell’eccellentissimo signor proveditor general che ne ha commandato il ristauro, e poche altre parimenti in bisogno, averà quella piazza sufficiente il soccorso neccessario dell’aque, tanto più che mi è successo di ritrovare nella fossa una buona e copiosa sorgente.
Di giorno in giorno deteriorando sempre più si renderà anche gravoso il ristauro del mandrachio, rovinato nel materiale che da più parti va cadendo con pregiudicio del suo fondo, per il che si rende neccessarissimo un sollecito compenso. Ne sarà fuor di proposito a presservazione del fondo predetto, rinovare i publici decreti che inhibiscono a qualunque bastimento, si publico che privato, lo spalmare in quel mandrachio.
Avendo rassegnato, prima nelle note umiliate 20 giugno 1730 a Vostre Eccellenze et in essecuzione poi delle loro riverite ducali anche a codesto eccellentissimo magistrato, un diligente piano di tutte le artiglierie ed attrezzi destinati alle medesime, mi dispenso dal ripeterlo pur ora, tanto più che la virtù dell’eccellentissimo signor proveditor general e quella del signor felt marescial, ancora tiene proveduto con frequenza e con esattezza di tutto ciò l’eccellentissimo senato. Replicherò unicamente il mio divotissimo sentimento intorno la custodia tanto neccessaria dei letti alle artiglierie inservienti, i quali, quando mi sono onorato d’ubbidire alle commisisoni della primaria carica, di riparare i vecchi e costruirne de nuovi, ho ritrovati con dei gravissimi pregiudicii prodotti dai luoghi umidi e mal a proposito in cui si risservano. E pure con tutto lo studio del mio zelo, fervidamente donato anch’in quell’incarico per il minor publico dispendio, ho riconosciuto l’aggravio di mantenere quest’essentiale requisito degno, anche per i riguardi della publica economia, d’alcun ripiego che in maniera meliore proveda alla loro presservazione. Ho perciò suggeriti li tre posti interni di Sant’Attenasio, San Mauro e San Nicolò, oltre alcun’altro negl’esterni, dove si potrebbero costruire ricoveri ben aggiustati all’oggetto, ed oltre a ciò anche più commodo per trasferire i letti medesimi sopra i siti destinati per l’armo di quelle mura, da che ne riuscirebbe, oltre la più cauta conservazione, anche più breve e men dannoso il loro trasporto.
Umilierò nel proposito quel ch’io pur sensa(?) rispetto li capi, sottocapi e bombardieri di quel presidio ai quali procurando, giusta il mio dovere, il loro essercizio, ho ben ritrovati capaci quelli che ho veduti in fazione, ma crederei però opportuna la promulgazione d’alcun decreto o la sua rinovazione quando fosse emanato, con il quale venisse prescritta precisamente l’età per quelli ch’abbino a rimettersi, ingiongendo l’obligo a publici rappresentanti d’accompagnare, com’è già di publica notoria intenzione, al magistrato eccellentissimo dell’artiglierie tutte le rimesse che facessero, con questo però di più che abbiano ad unirsi ogni volta alla fede della capacità anche quella del battesimo di quelli che siano stati rimessi.
Oltre a questi capi, sotto capi e bombardieri vengono al servitio delle artiglierie assegnate duecento persone in figura di scolari, che giusto il pratticato ho divisi in quattro squadre, senza veruna mercede e senz’altro che pochi non rillevanti privileggi, quantunque vengano adoperati, come pur io ho voluto, nell’essiggenze di trasferire o sestare le artiglierie et altre simili funzioni, da così senza verun publico aggravio supplite. Per questi mi sembra giusto animarli colla speranza almeno del loro avvanzamento e di rittraerne un giorno alcuno frutto delle loro fatiche. Perciò se vi concorrà la publica clemenza può uno sovrano decreto donar loro il benefficio dell’ottazione(?), così che in caso di vacanza d’alcuno dei sottocapi, abbiano ad essere sempre sostituiti dal corpo di questi scolari, quelli però ch’abbiano i dovuti requisiti di guerra e siano capaci di melio servire. Ciò sarebbe dar ad essi alcun allettamento per essercitarsi con più fervore nelle loro funzioni et all’Eccellenze Vostre riusciriano più esperti ed utili nelle occasioni dell’importante servicio. Ciò detto intorno allo stato di quella real piazza, che per le sue conseguenze e per se stessa merita più gelosi riflessi della publica predilezione, come ha esatte dal mio divotossimo zelo nell’incombenze appoggiatemi le più fervide applicazioni, mi rivolgo ad alcuni particolari intorno alla positura di quella fiscal Camera.
Accompagnato dal mio dovere alla Serenità Vostra fin nei primi tempi di mia residenza a quella parte distinto bilancio di tutte le rendite ed aggravii della Camera predetta, sarebbe sovverchiamente incommodare la publica sofferenza il replicarlo, quand’oltre di ciò servono li semestri spediti e la resa imminente de miei conti. Essendomi però risservato nella sudetta congiuntura di rifferire opportunemente le alterazioni che producesse nella publica essazione il commandato ribasso delle monette, punto ch’in all’ora pendeva sopra molte insorte difficoltà sotto le decisioni della primaria carica, umilio l’annessa nota che dichiara la condicione in cui ho lasciate quelle publiche rendite. Ho fatto che in essa vengano descritte prima col ritratto nell’ultimo anno in cui ha sostenuta la carica col noto benemerito zelo il nobil(?) huomo(?) Vicenzo Loredano mio precessore e poscia con quello dell’anno parimenti ultimo della mia amministrazione, acciò rissultino li degradi e li accrescimenti apposti ad ogn’una rispettivamente di tutte.
Per verità quando fu publicato il decreto che rifformava il valore delle monette: per i gazettoni dai quattro ai tre bezzi e del zecchino dalle lire trenta sei alle trenta tre, si temeva di conseguenza anch’il publico discapito del quarto nelle riscossioni in gazette e di tre libbre per zecchino nelle riscossioni da farsi in oro, specialmente da quelle affittanze et abboccamenti nei quali gl’abboccatori non erano per ricevere da questo ribasso nell’essazione dei loro dritti alcun benefificio, pratticar dovendo anzi le riscossioni alla condicione di prima, come sono le poste a parte nella carta umiliata. Questo raggionevole dubio ha reso tanto più fervido il mio studio nel procurare colla maggior frequanza degl’incanti ed altri sperimenti più vantaggiose le deliberazioni e mi è successa la consolazione ch’io desideravo di poter far comparire non inutili alla Serenità Vostra per il publico interesse le mie donate applicazioni. Degneranno perciò Vostre Eccellenze rillevare nell’umiliato ristretto accresciute quelle publiche rendite per la summa di lire 83.329, dalle quali, battuto il degrado in alcune come nel conto stesso, resta netto in lire 67.695 soldi 1 l’accrescimento, al quale se vi si aggiunga quello che rissulta dall’affittanze sostenute, non’ostante il degrado delle monette alli prezzi di prima e l’altro pur dell’aggio minorato dei cecchini, ascende il vantaggio in tutto a lire 85.323 soldi 6. Non fu di poco peso al mio fiacco talento, come successe di somma consolazione al mio divotissimo zelo, nella predetta contingenza questa fortunata riuscita rimarchevole più ch’in ogni altra di quelle publiche rendite, nella più doviciosa ch’è la dogana grande, la quale veniva nel tempo della vicina sua deliberazione combattuta dalle gravissime difficoltà dell’antecedente sua decadenza e dai noti litiggi promossi dai mercanti ai doganieri, cui contendevano una parte considerabile dei loro dritti, sempre riscossi prima, oltre la commune del ribasso all’ora promulgato delle monette, il quale oltre il maggior aggravio nei pagamenti in cassa publica, inferiva ai doganieri sensibile pregiudicio anche nelle esazioni minori, di tanto quanto diminuivano le rifformate valutte dei cecchini il capitale delle merci, a proporzione di che succeder dovevano le loro riscossioni. Tutto ciò non ostante vene deliberata col melioramento non sprezzabile il reale cinque milla duecentocinquanta dalla precedente condotta, summa che ben comprende la publica maturità quanto sarebbe per essere maggiore se voglia considerarsi disciolta dalle rifferite opposizioni.
Il vantaggio appunto d’averle superate, io lo considero superiore ad ogn’altro, poich’egli porta per l’avvenire la conseguenza d’un più felice ascendente per quella publica rendita, che ho redenta fin dal pericolo di soccombere all’infelicità di non ritrovare abboccatori. Da questa condicione non ha potuto il mio zelo liberar quella del dacio dell’aque vite, rimanendo tutta via nel suo abbandono, per le due raggioni, rassegnate nel mio riverente dispacio del numero 5, della fraudolente introduzione dell’aque vite forastiere e dei cinque privileggiati lambichi. Sopra l’una e l’altra ho anche esseguito prontamente le sovrane commissioni di Vostre Eccellenze, con adoperare rispetto alla prima quei compensi che ho giudicati capaci per impedire il dannato abbuso e quanto alla seconda con accompagnare all’eccellentissimo senato i ricercati esemplari che muniscono li cinque rifferiti lambichi. Non fu inofficioso il primo impiego, anzi calcolandosi in proporzione al riscosso, quando ho cessa la carica, quello che doveva riscuotersi fin al compimento dell’anno, venirebbero a pareggiarsi, con quelle ch’egli rendeva affittato, le summe che rende giacente. Per scardinare ad ogni modo il disordine che procede dal prettesto con cui vengono introdotte le aque vite forestiere, come fossero fabricate nell’isole del Zante e Ceffalonia, crederei miliore ad unico, quando fosse possibile, il ripiego di formare sopra di tal genere per tutte l’isole del suddito Levante un solo appalto, così che uno solo appaltadore venisse d’assummerne l’interresse e le obligazioni. Si toglerebbero affatto con ciò tutte le vie alla contrafazione, poiché fatto di raggione d’uno solo in cadauna dell’isole, tentassero l’introduzione dell’aque vite, incontrerebbero da per tutto la neccessità di soccombere allo stesso dacio, né averebbero più luogo per manipularsi le collusioni.
Rittornando poi all’altro punto dei privileggiati cinque lambichi, sussiste ancora contro l’abboccamento di questo dacio così gagliarda opposizione, perché pendono ancora sopra dei loro privileggi le sovrane deliberazioni, senza le quali non potrà così aggevolmente, anche la nota virtù del nobil(?) huomo(?) Agostin da Riva mio successore, redimere dalla presente disavventura quell’importante dacio. Dalla di lui singolar attività ed esperienza ben può la Serenità Vostra confidare risarcite quelle mancanze, che per l’insufficienza mia, non mai per fiachezza di zelo o risparmio di fattiche, fossero successe nel tempo di mia amministrazione nei publici affari, che ho sempre con tutto il più efficace fervore riguardati.
Donando perciò le mie attenzioni anche sopra li debiti vecchi, mi è successa, come dimostra l’unita fede, la riscossione di tal natura per la summa di lire 16.364 soldi 9, non così tenue se si riflettano le presenti angustie di quell’isola.
Obligata l’isola medesima dai publici decreti di corrispondere ogn’anno 75 marinari, con oggetto ch’essercitandosi nelle funzioni di marina possa il Principe Serenissimo nelle proprie occorrenze adoperarli, forniti della neccessaria sperienza, per armo delle publiche navi, tuttoché ne succeda annualmente la consegna, non seconda ad ogni modo, per mio credere, l’espettazione dei decreti medesimi la loro riuscita, a causa del mettodo con cui vengono questi destinati. Da cadaun casale e tutti quelli che non eccedano li anni 45 e siano giunti alli 18 si devono porre in bossolo, dal quale vengono estratti poi uno, due, tre o quattro secondo la maggior o minor popolazione del rispettivo casale, con questo però che quei i quali hanno servito non devono più essere inbossolati, fin a che non abbino servito anche tutti gl’altri del suo commune. Accade perciò che molti in tempo di tutta la loro vita, non fanno che una sola campagna ed in conseguenza un inutile sperimento, particolarmente se siano di quelle ville situate fra terra e che sopra nessuna sorte di bastimento hanno mai pratticato la navigazione. Melio perciò corrisposte stimerei le publiche intenzioni, se l’obligo venisse ristretto per quei villaggi solamente che hanno le loro situazioni vicine alle rive dell’isola, i quali sogliono navigare colle barche, assuefatti al mare e non come gl’altri affatto inesperti delle navigazioni.
E perché non riuscisse dispiacevole tutto il peso sopra di questi, potrebbero obligarsi li casali dispensati, in gracia della loro esenzione, oltre il publico stipendio, contribuire pur essi alcun esborso alle persone che venissero destinate al servicio ed ho raggione di persuadermi non fosse difficile esiggere da essi per ciò di buona voglia una discreta contribuzione.
Più di questa de marinari dà pesante impiego alla carica del proveditore e capitanio di Corfù l’importantissima inspezione di tenere munito da guardie il giro tutto di quei littorali, onde esimerli egualmente dai pericoli della salute e dell’insidie de corsari. Le visite che per l’una e per l’altra delle predette raggioni e quella che di quattro in quattro anni commandano le publiche leggi venga essequita dalla carica predetta, m’hano dato campo, come già mi sono onorato in quegl’incontri di rifferirlo, per provedere a questa essigenza, con quelle regole e con quelle rifforme che ho già signifficate e che l’esperienza in alcun caso le ha pur dimostrate efficaci, onde non incommodo Vostre Eccellenze con replicarle. Lascio pur di ripetere la rassegna data alla gente di quell’isola e l’aver completo in tale incontro il numero dai publici ordini prescritto di mille cernide, prescieglendo i più capaci per età e per disposizione al servicio; per il publico lume aggiungo solamente la precisa quantità di quei villici e quella poi che da essi estraer se ne potesse di atti all’armi per qualche estraordinaria occorrenza. Consistono tutti quei dell’isola compresa ogni età in venti milla e due milla trecento sono quelli dei borghi, dal primo corpo dei quali di capaci al maneggio dell’armi servir potrebbero sei milla sei cento ottanta otto e novecento dal secondo, così che dai venti due milla trecento che ascendono in tutti, può formarsene una raccolta di settemilla cinquecento ottanta otto, su di cui non sarebbe mal fondata la speranza d’un qualche valido soccorso, all’ora che nelle occasioni di adoperarlo venisse diretta con buone assistenze la loro inesperienza. Ben vantaggioso al publico servicio sarebbe intanto dar alcuna instruzione della militare disciplina a quelle cernide, con rinovare l’uso di quegl’essercizii che con esse venivano pratticati una volta e che la publica prudenza prescrive anche per queste della terra ferma, onde al caso di valersene non avessero a riuscire affatto ignare nelle loro funzioni.
Anche la benemerita nazione stradiotta, trasferita fin nel 1400 sopra quest’isola, doppo l’aquisto fatto da turchi della città di Romania, può venire considerata in alcuna publica urgenza. Nell’incontro del passato assedio di Corfù ha dimostrato il proprio coraggio e fede, prestando tutta via in varie altre occorrenze un utile servicio, senza alcun publico aggravio, benché munita dalla sovrana benefficenza di singolari privileggi. Ascende il loro numero, compresi i vecchi et i fanciulli, a 134, sessanta dei quali sono atti all’armi.
Altro non restandomi intorno allo stato di quella piazza, della Camera e dell’isola, ch’io creda degno della cognizione dell’eccellentissimo senato, mi fo lecito in fine di suggerire alla sua religiosa pietà tre gravissime essiggenze, le quali sovvenute, ridonderebbero in maggior culto di Dio Signore et in rillevantissimo vantaggio di quei fedelissimi sudditi. Viene per prima il ristauro del tempio in cittadella, che giace ancora involto nelle rovine successe per il fatale incendio della fortezza fin nell’anno 1718, stato una volta la residenza degl’arcivescovi latini ed il solo ch’esista dentro di quei recinti. Rimane in ora per ciò sproveduta quella gente che vi abita di chiesa, d’ufficiatori(?) e d’ogni altro spirituale soccorso. Oltre però l’indecente suo abbandono e più disprezzi che da ciò ne succedono ingiuriosi alla venerabile memoria di quelle sacre mura, riceve la cura di quell’anime dalla publica paterna clemenza questo pietoso ristauro. Riparato che fosse il tempio sacro e le fabriche occupate una volta dagl’archivescovi, averebbe commodo alloggio, se si ristaurasse anche una religione che vi venisse introdotta.
Altra delle più valide assistenze che la publica carità donar possa all’indegenza di quei populi, dipende dalla rinovazione del santo Monte di pietà, eretto fino nell’anno 1631 dall’eccellentissimo(?) signor(?) Antonio Pisani Proveditore generale dell’isole, con intenzione di sollevare quei popoli dai pesantissimi aggravii che loro porta la neccessità d’essere sovvenuti dai particolari. Aveva egli per questo introdotte tutte le buone regole e per il suo mantenimento, oltre alcuni altri assegnamenti, ha ordinato che tutti quelli venissero investiti di qualche benefficio ecclesiastico di publico iuspatronato, dovessero contribuire al santo Monte la metà di tutta l’entrata per il primo anno e nel secondo la decima solamente. Questa pia instituzione ha potuto presservarlo, sino che levato dagli eccellentissimi rappresentanti a causa delle publiche ristrettezze in tempo di guerra il peculio, ha dovuto soggiacere alla sua distruzione. Ora più che mai, ritrovandosi quell’isola dal 1716 fin al presente gravissimamente pregiudicata nella sola preciosa sua raccolta d’ogli e prodotte perciò maggiori le angustie di quei poveri sudditi, sarebbe caritatevole il ravivarlo, anzi potrebbe la publica carità, accordando questo sommo benefficio anche a sollievo dei militanti, aggiugnere al mantenimento del santo Monte, oltre la metà, come sopra, delle rendite degl’investiti nel primo anno, la decima poi non solo nel secondo, ma in tutti gl’altri susseguenti ancora. Se questo assegnamento però non lo ritrovasse la somma prudenza dell’eccellentissimo senato opportuno, per i riguardi del publico interesse, commandar potrebbe in luogo di ciò una prestanza che far dovesse quel fontico al Monte, di qualche summa di soldo, con che prender potesse il suo incaminamento et in prossecuzione poi degl’utili che ne succedessero avesse ad essere restituito, riscuotendo intanto il fontico stesso anche l’onesto suo censo.
Se meritano le due accennate essigenze il pietoso concorso dell’Eccellenze Vostre per il loro provedimento, non è punto inferiore di merito la terza, che ricerca la restituzione dell’Ospital di pietà, dove possano ricovrarsi gl’innocenti fanciulli. A mala condicione ridotta la fabrica, che a ciò serviva, patì poi l’intiera sua desolazione a causa dei fornelli che si facevano per occasione delle publiche fabriche nel mote d’Abram, cui vicino era situato il ricovero predetto. Senza di questo e senza la sostituzione d’alcun altro, corre con sommo disordine e pericolo la gelosa cura di raccogliere bambini, deputata a ciò persona con titolo di priora, ma in neccessità di averli a distribuire in più luoghi presso le balie, che li prendono per allattarli. Procede da ciò, oltre la confusione e l’impossibilità in chi vi pressiede di visitare i fanciulli, che non si ricevano poi per non esservi luogo destinato quelle ellemosine e sovvegni che a simile pio oggetto sogliono offerirsi.
A differenza di questo corre ben proveduto e diretto quello per li soldati infermi, che vi ritrovano un caritatevole trattamento, al qual fine tanto ha contribuito colle prudentissime sue disposizioni e colle frequenti sue visita l’eccellentissimo signor Marc Antonio Diedo, quando fungeva quella primaria carica, ed altrettanto vi dona di vantaggio doppo essergli successo l’eccellentissimo signor Nicolò Erizzo, egualmente informato ed assiduo nel visitarlo, et al presente, a melior commodo degl’ammalati, applicato ad ampliarlo.
Quella di servire nel tempo di mia ressidenza in Corfù a due così illustri soggetti, riguardevoli non meno per la loro virtù che per il loro merito, io la riconosco una mia somma fortuna e perciò fu la mia più efficace premura quella di render sempre puntualmente obbedite tutte le commmissioni che l’Eccellenze loro si sono compiaciute d’ingiongermi, ciecamente dippendendo in cadauna mia operazione dalle loro sovrane e sapientissime disposizioni. Con questa divota rassegnazione e con quell’ardore di zelo che mi ha sempre acceso in cadauna congiuntura di servire l’Eccellenze Vostre, ereditato dai miei maggiori e conforme a quello de miei fratelli, non ho punto trascurati tutti i mezi che potessero comparirmi valevoli a promuovere alcun vantaggio al publico interesse o milior la sorte e la quiete di quei fedelissimi sudditi, ai quali ho sempre amministrata quella giustitia che fosse per essere corrispondente alle publiche venerate intenzioni. Alla quiete che per ciò in me ne rissentivo, hanno aggiunta tutti quei popoli, con universali dimostrazioni, la maggior consolazione di sentire acclamata e benedetta da ogn’uno la sovrana giustitia e clemenza di Vostra Signoria, alle di cui inclinate disposizioni si farà sempre gloria di sagrifficarsi il mio umilissimo ossequio, con cui umilmente imploro pertanto(?) per questo prestato servicio l’onore del publico generoso compatimento.
Si restituisce all’onore di servire l’Eccellenze Vostre in questo Serenissima Dominante il fedelissimo Aurelio Bartolini, figlio del circospetto(?) Biasio, doppo avere degnamente sostenuto l’impiego di secretario presso di me, con quella sufficienza e puntualità che ha dimostrata in tutti gl’altri incontri d’essercitarsi. Accompagnato oltreché dal proprio merito, anche da quello de suoi maggiori e fratelli, che nelle più difficili e dispendiose occasioni del loro ministerio hanno prestato e prestano un benemerito servicio, non mi resta a desiderare in esso che la giusta consolazione di conseguire alcun generoso contrasegno della publica clementissima gracia. Grazie.
Venezia 7 ottobre 1732