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11 luglio 1601 Simone Capello

Relazione

Relazione di Simone Capello ritornato di Provveditore a Cerigo
1601 luglio 11
ASVe, Collegio, Relazioni, busta 84

Serenissimo Prencipe
Sapendo io, Simon Capello, che quelli che ritornano de proveditori a Cerigo non sono soliti fare alla Serenità Vostra rellatione di quel suo loco, per tanto havevo rissoluto di passarmene anch’io con silentio, ma poiché dalli eccellentissimi signori Savii m’è stato commesso ch’io debbi dir alcuna cosa in scrittura intorno a quella fortezza et isola, dirò, per obedire alle loro Signorie eccellentissime, quello che per esperientia ho conosciuto, nelli due anni che son stato a quel governo, esser degno della sua notitia. Dico adunque come Cerigo, isola dell’arcipelago posta fra il Mar Ionico e l’Egeo, è di circuito di 60 miglia da Siroco Levante a Ponente Maestro et nel mezo allargandosi quasi 15 da Tramontana verso Ostro, riguarda con doi capi, che sono 12 miglia distanti l’uno dall’altro, il Regno di Candia, dal quale solamente 60 miglia è lontana, et girando dalla parte di fuori per Garbino et Ponenete verso il mare di Barbaria et di Sicilia termina la sua longhezza ad un luoco chiamato Armenopetia, discosto 40 miglia dal capo di Maina, et rivogliendosi poi dalla parte di Morea, verso il monte di San Giorgio, ch’è incontro a Capo Malea, et dove ella tiene di continuo tre guardiani pagati per scoprire i legni che vanno et vengono d’arcipelago, forma il canale di Vatica, longo più di 50 miglia, di modo che quell’isola, non tanto per sé medesima, quanto per gl’accidenti et per le consequenze rispetto al sito in che ella è posta, sendo la prima di quel’ampio mare nelle cui fauci giace et ove non può entrare né uscire vassello che non sia di la scoperto, è uno de più importanti lochi ch’habbi la Serenità Vostra in Levane. Vi è oltra il porto che è sotto la fortezza, non molto sicuro il verno per li venti di Garbino et d’Ostro che soffiano rabiosamente, quello di San Nicolò di Vlemona, porto Marzo a piedi del sopradetto(?) monte, vi sono li scogli delle Dragonare, ove molte navi sorgono, et sonovi altri ridotti di poco nome, ne quali si ricoverano le barche et altri legni picoli che traghettano in Morea et in Candia. Ha la Serenità Vostra di entrata in Cerigo fra le tezzarie del formento, affitti et dacii un anno per l’altro ducati 717, oltre li danni datti, le condanne et carati che a mio tempo sono assessi in tutto a ducati 187, et all’incontro ha di spesa ducati 6.347 che vanno in pagamento del proveditore, della militia, de stipendiati in spesa ordinaria et in fregate, in modo che essa vi rimette del suo circa ducati 5.444 all’anno, che rispetto a quello spende in molti lochi, che per il mio creder non sono tanto necessarii, si può dir pochissimo. Ha la Serenità Vostra tre sorte di gente, cittadini e privilegiati, archibugieri et maravigli, gli ultimi sono obligati alla guardia dell’isola, che si fa dal primiero(?) di april sin all’ulltimo di settembre, et alle angarie personali, che altre non ne sono in quel loco per ordinario; li secondi descritti al numero de 250 nelle cernede et ad un cenno sono pronti a correr con l’armi dove il bisogno invitta a far imboscate per coglier qualche filuca o altro simil vassello di corso, nel che riescono assai bene per esser ben disciplinati, sono anco obligati a far la brusca, quando per servicio publico si fa cuocer calcina; li primi poi ad altro non attendono che alle cure famigliari et a suoi rurali esercicii, esenti d’ogni fattione personale per gratia fattagli dall’eccellentissimo senato et da suoi eccellentissimi Capitani generali da mare, per benemeriti proprii o de gl’antenati loro o per haver perduta nelle passatte guerre la patria et le sostantie, et godevano di questa libertà (se libertà si deve chiamar lo stare in campagna aperta, così vicini all’inimico, esposti a mille pericoli, spensierati, inesperti et senza pur haver minima arma in casa da diffendersi), ch’io più tosto stimo servitù manifesta et misera servitù che libertà. Ma doppo ch’ella si degnò d’abbracciare quel raccordo, ch’io reverentemente le diedi al principio del mio reggimento et che l’illustrissimo signor Proveditor general Moro di sua commissione mi diede ordene di erigere di questi tali una nova ordinanza, anch’essi allegramente sono entrati a sostener quel peso, che per utile loro et per servicio publico confessano esser necessario e se ne ritrovano fin hora, a quali ho datto le armi, descritti più di cento et fra poco tempo seranno molto più, dei quali in tutte le occorrenze si potrà servire la Serenità Vostra, non solamente contra legni armati che mostrassero il paese, come apunto sucesse delle galee di Toscana che a mio tempo capitorono cinque volte là et l’ultima sacchegiorono tre caramussali carichi di formento, contra le quali andarono non solo li archibusieri, ma anco di questi cittadini et privileggiati, con alquanti soldati italiani, et le fecero fugire et lasciar una loro barcheta, come le diedi riverente conto, ma in tutte le altre cose non meno che delle ordinarie cernede.
L’isola tutta è arida et molto sterile, tanto che a pena raccoglie grano che le basti otto mesi dell’anno, né può sperare aggiuto dalla sua communità per esser poverissima, né ha danari per comprarne da caramussali o farne venir di Turchia, da che ben spesso nasse che in gran parte vien dishabitato il paese da quelli che altrove si vanno procacciando il vivere, onde grandissimo sovenimento sarebbe a quei poveri sudditi, se come benignamente ella suol fare, tenisse anco là un deposito de mille cechini da poter esser da suoi rapresentanti investito nelle urgenti occasioni di carestia per sostenimento degl’isolani. È compartita in 3 distretti che si chiamano del Borgo, di Milopotamo et di San Dimitri, et ad ogn’uno de essi è messo dal provditore un capitano con il suo fante, che ha di sallario ducati 41, oltre gli incarti, et dura due anni, l’ufficio loro non è altro che d’haver cura che le guardie dell’isola et le angarie siano fatte regolarmente et d’avisare il proveditore di tutto ciò che ne loro distretti occorre. In quello di Milopotamo è principalmente un castello chiamato dell’istesso nome Milopotamo, che fu aggrandito l’anno 1567 dal clarissimo signor Piero Francesco Malipiero Proveditore, per dubio della soprastante guerra turchesca, dove si ridducono ogni sera quasi tutti quelli distrettuali, i quali stanno in guardie continue di giorno et di notte, sicuri d’ogni improviso assalto, né temono in occasione di guerra, quando però non sia battuto o assediato esso castello, delle vite loro, né delle proprie sostantie che dentro salvano. Ha esso destretto 768 anime, comprese alcune poche habitanti in certi casalli et tra queste tutte ne sono da fatti 142. Quello de San Dimitri è maggiore de tutti gl’altri destretti, così per lo territorio come per le persone, havendo 19 picoli casali nei quali habitano anime numero 1.654, et tra queste se ne ritrovano buone da fatti 415, in questo loco si raccoglie la maggior parte dell’entrate dell’isola, et per li pasquoli vi sono molti armenti et mandre, che rendono utili grandi alli patroni loro; ivi anco sarebbe necessario un castello, smile a quello di Milopotamo, di circuito però maggiore, perché oltre che sarebbe reffugio de populi, che adesso vivono sbandati alla campagna, apportarebbe anco maggior servicio alle cose publiche et renderebbe quella gente più obediente a suoi rapresentanti, ma non havendo i cerigoti modo di fabricarlo, senza l’aggiuto della Serenità Vostra, che in ciò si fa conto che potrebbe spendere al più 3000 ducati, reputarebbono grande gracia d’ottenerli ad imprestido da lei, anci dalli principali m’è stato detto, che di ciò ne dii conto alla Serenità Vostra con promessa di restituirli, nel termine d’anni dieci doppo che serà fornito il castello, ogn’anno la ratta di quel modo che da lei serà commandato, o veramente quando così le pari li raccordarei riverentemente che si potrebbe construire un censo perpetuo, da esser pagato a portione del fondi che toccherà ad ogn’uno che vi habiterà dentro. Vi è quello del Borgo che fu l’anno 1551 dal clarissimo signor Andrea Vicenzo Querini cinto di mura, acciò vivevano sicuri quelli che stanno in esso da qualche subita incursione o sbarco, che di notte facesse gente nemica, il quale ha casali dieci con anime in tutto 2.841, delle quali ne sono da fattione numero 724. È diffeso dalla fortezza, sotto la qual è posto dalla parte di Tramontana, intorno la quale fortezza, essendo quella che conserva tutta l’isola, io m’estenderò più longamente. Ella è adunque situata in monte o scoglio tutto di sasso, dalla parte verso Levante, discosta dal mare manco d’un miglio, è di forma longa e stretta et gira dentro via 290 passa, riguarda per longhezza Ostro e Tramontana, et per larghezza è volta dalla parte di terra, ove ha l’entrata a Maestro Tramontana et da quella di mare verso Sirocco, di dove batte il porto che le sta sotto, per la maggior parte è cinta dalla natura mediante d’inacessibil balze che servono per muraglia, dentro vi sono oltre la casa del proveditore et d’altri ministri publici 28 alloggiamenti per soldati et per bombardieri, la sala dell’armi, li magazeni del formento et del meglio, quello delle monitioni, un picolo per biscotto, un altro nel quale si conservano travi, taole o altri legnami et uno che ultimamente è stato da me fabricato di certe stanze, che comprai con licenza dell’eccellentissimo signor General Moro, per poco prezzo, qual è il maggiore de tutti, dentro al quale ho fatto riporre molti letti, rotte et altre cose necessarie per artigliarie, che marcivano allo scoperto; vi sono anco molte case de particolari, che habitano in esse al numero di cento anime, tra quali ne sono atte all’armi 52, et in occasione di guerra, non essendo nell’isola altro luogo forte né gente bastante a guardarla da gagliarda forza, ma solo da tenersi et resister a poca gente che per danificarla venisse, vi si sono riddotti altre volte quelli pochi isolani che sopravanzorono dalle uccisioni et dalle schiavitù, havendo i cerigotti riposta in essa fortezza (se ben picola) l’unica loro speranza di salvar le vite et la Serenità Vostra di conservar il dominio d’un tanto importante luogo, del quale, quando che l’inimico si disponesse d’impatronirsi (che prego Dio che non segua mai) dubitarei grandemente che difficilmente si potesse vietarglielo, per le molte sue imperfettioni, delle quali tre ne raccorderò alla Serenità Vostra, che sono principali. La prima è che verso Garbino ella è di modo sottoposta alla batteria reale, che le può esser fatta da un commodo et emminente monte detto la Palamida, che da quella parte è tutta scoperta alla furia dell’artigliarie del nemico, il quale (se ben così facilmente non può venir all’assalto, per esservi una valle in mezzo et perché in molti lochi vi sono più di tre passa di muraglia fatta nel vivo sasso), può ruvinare però le case, levar le diffese, né lasciar quasi alloggiamento o ricetto alcuno in essa sicuro, verso Maestro Tramontana similmente può esser battuta dal cole, ove già era un molino da vero(?) che perciò rittiene anco il nome del molino, et se bene non sta tanto a cavaliero, né scopre tanto il core della fortezza, quanto la Palamida, domina però assae(?) li alloggiamenti volti a Tramontana; la seconda é che patisse d’acqua sopra modo, perché non vi sono dentro che due piciolissime cisterne et un’altra poco maggiore, le quali nel tempo dell’estate non bastano a gl’habitanti, che tutto l’anno si servono di quella che togliono da due pozzi fuori della fortezza per bevere, et in occasione di guerra, così per la moltitudine di gente che in essa si ricoverebbe, come per l’accressimento del pressidio, non basterebbe quella sola delle cisterne un mese intiero, quando anco fossero sicure dai tiri dell’artegliarie, a quali sono pur tropo esposte, ne vi è dubio che sarbbono di subito cuccinate(?).
Questi sono quelli mancamenti che a mio giudicio ho potuto scoprir nella sua fortezza di Cerigo, li quali ho voluto rapresentare alla Serenità Vostra, a fine che con la sua molta prudentia possi deliberar quanto li parreria più a proposito. Non resterò anche di dirgli come per l’ordinario capitano in quel loco pochi vasselli venetiani, ma ben molti turchi, francesi, inglesi, spagnoli et italiani sudditi d’altri principi, con le gente di quali dovendo il proveditor ben spesso raggionare e contrattare, per li accidenti che possono occorrere, né potendo egli ogni volta uscire di là, convengonno esse andar dentro, et per che vi sono dui corpi di guardia, dove ella vi tiene se non ottanta fanti italiani, è di neccessità che le ronde vadano sole di notte e alle volte bisognando mandarne fuori qualche parte per le occasioni che vengono, pochi ne rimangono in essa, e quando v’entrano forestieri, convengono vederla così mal provista di diffensori, che è caggione che perde assae di quella repuatione in che deve esser, per l’utilità et per la necessità che hanno le cose della Serenità Vostra, per conservare col mezzo suo il dominio di quell’isola, la qual è molto a proposito, et per il sito che scopre ogni legno che viene o ritorna da Ponenete in Levante et da Mezzogiorno a Tramontana, et per l’intelligenza che tiene in quelli di Vatria et di Malvasia, da quali si sa quando l’armata turchesca è uscita et che si trova sino a Negroponte che è 200 miglia di là discosto, con tutto che da Costantinopoli s’[…] da di novo et per la commodità che ricevono le nostre galee nell’andar in Candia et nel ritornar al Zante, che là prendono lingua, che non si fidano mettersi in viaggio senza l’aviso di Carigo et quel che più importa per la sicureza con la quale vive et si mantiene il suo Regno di Candia, per la contimua custodia che gli fa quest’isola, dalla quale, et con fuochi et con fregate, in un subito riceve l’aviso di quello che succede et senza la quale bisognarebbe che si governasse alla cieca et stasse in continuo motto, per dubio d’esser colto alla sprovista, che in occasione di guerra difficilmente potrebbe esser soccorso, convenendo navigare la nostra armata più di 300 miglia per schena di mare, con temma sempre d’esser scoperta et offesa da questo medesimo luogo, che essendo in suo potere la diffende et assicura, per tutti questi rispetti (dico) Cerigo è tanto, per non dir più considerabile et più opportuno, quanto altro luogo del suo maritimo imperio, et perciò volendo ella conservare in suo potere questo capo dell’arcipelago, che somministra tutti gli avisi di Levante, l’occhio di Candia che la guarda et custodisse et è membro nobillissimo del suo stato di mare, che porge quasi a tutti gl’altri aggiuto, è necessario che la provedi a questi suoi diffetti, terminando in che modo si debba fortificar quel loco, o si come era già principiato o pure secondo l’opinione del clarissimo Garzoni, et similmente deliberi se sii bene terrapienare la casa già detta et in che maniera si debbi provedere d’acqua, o construendo la cisterna alla scarpa della muraglia, della quale già scrissi et a lei et all’illustrissimo signor Proveditor generale Moro, che per ciò promise di mandar persona intendente che la facesse, se ben poi non venne, o fabricandone dentro la fortezza et accommodando le fatte, et statuito questo, dar poi facoltà, clarissimi proveditori, di quel loco di subito mandarlo ad effetto et commetter loro che senza aspettar altro ordine da Venetia o da Candia, faccino le neccessarie preprationi et ridducano a perfettione la deliberatione fatta, senza voler trovar nove invenzioni, mandando anco là, se però così pare alla sua molta prudentia, 20 altri soldati almeno, acciò le ronde possano andar accompagnate et nelle occasioni di mandar fuori della fortezza per l’isola ne resti dentro numero sufficiente, che possa a forestieri far accresser più tosto che diminuire il concetto nel quale deve esser essa fortezza. Tutte queste cose, Serenissimo Prencipe, devono esser state da alcuno de miei precessori et scritte et raportate, con assae maggior ordene et con miglior maniera, tuttavia per non mancar al debito mio et al servicio della patria, ho voluto per obedir come ho detto alli eccellentissimi savii, anch’io al meglio ch’ho sputo rifferirglele, acciò che se per aventura non ne havesse prima havuta infomatione, resti ora informata, con aggiungerli di più che tutti quelli suoi suditi sono tanto fedelli et devoti a questa Serenissima Republica quanto più si può dire, il che così com’è stato di mia grandissima sodisfatione e consolatione tutto il regimento, così deve creder la Serenità Vostra et le Vostre Signorie eccellentissime che in ogni occasione le ne habbi da vedere segni evidentissimi; et in sua buona gratia humilmente m’inchino. Gratie.